IO E LA MATEMATICA
CARTA DI IDENTITA’
Nome e Cognome: Salvietti Anna
 Titolo di studio: Laurea in Filosofia
 Professione: Insegnante precaria
 Stato civile: Nubile

INFANZIA
I ricordi infantili sul mio rapporto con la
matematica sono molto piacevoli.
Sono stata introdotta in questa
disciplina da mio padre, è stato lui che ha
fatto conoscere i numeri prima della
scuola e ha sempre poi sostenuto i miei
apprendimenti matematici, con giochi di
numeri.
Mi ricordo che da piccolissima, mi faceva contare il
numero dei gradini quando salivamo oppure mi
faceva fare i salti “prima da un gradino, e 1, ora 2, e
poi 3”, aiutandomi con la mano. Così imparai a
contare!
Con mio padre gicavamo anche, mentre si passeggiava per
la strada, a fare la somma con i numeri delle targhe delle
automobili. Durante le salite delle nostre gite tra i monti della
Garfagnana, mi faceva anche ripetere le numerazioni delle
tabelline, mentre camminavamo, un passo un numero, il
secondo il suo multiplo e così via (probabilmente si era
accorto che memorizzarle sul quaderno non era per me una
cosa piacevole).
La matematica, soprattutto la geometria mi piaceva
molto, tanto che dopo le scuole Medie decisi di
iscrivermi al Liceo Scientifico.
I primi due anni furono piacevoli, poi in terza superiore,
la frattura!!
L’incontro con un Professore di matematica e fisica
freddo, insensibile e incapace di entusiasmare, rovinò
ogni cosa. Non c’era mai una seconda spiegazione della
sua lezione, andava colta la sua arte al primo assaggio
“Paganini non ripete” rispondeva a chi richiedeva le cose
già spiegate perché poco chiare.
La trigonometria e la fisica diventarono i miei incubi
peggiori, fino a quando esasperata dai fallimenti non
decisi di smettere di andare a scuola.
Fui convinta dai miei genitori a non mollare e a
riprendere gli studi, magari cambiando indirizzo, così
arrivai alla Scuola Magistrale.
Da subito alla nuova scuola arrivarono subito grandi i
successi, soprattutto a matematica, ma a me quella
materia non interessava più, convinta che esistesse solo
per rovinare la vita agli studenti.
Non la studiavo e non ci mettevo più passione, quello che
sapevo erano i ricordi degli anni di liceo; vivevo di rendita
e vivevo molto bene.
Dopo il diploma, avrei voluto fare Medicina, ma
consultando il piano di studi, scorsi l’esame di Fisica e
di Matematica, per cui accantonai l’idea e m’iscrissi a
Filosofia.
Studiando Logica e Filosofia della scienza, capì che la
matematica non è così lontana dalla nostra realtà,
anzi:
essa serve a interpretare il mondo dei fenomeni
della natura .
è un linguaggio, che permette di semplificare ciò che
ci sta attorno, tutto il mondo reale, che può essere
ordinato attraverso segni matematici.
Dopo la Laurea cominciai a lavorare e alla matematica non pensai più
fino a quando non contenta della mia precedete attività lavorativa non
iniziai a fare la maestra alla Scuola Primarie.
Inizialmente mi feci dare l’incarico di Lingua, Inglese o Ricerca,
cercando di evitare di fare il resto delle materie. Sapevo che per
insegnare matematica occorreva essere in grado di appassionare i
bambini, fargliela amare e questo era un po’ un problema per me, visto
il mio rapporto ambivalente con la disciplina.
Poi un corso di aggiornamento per insegnanti di matematica con il
prof. Pea e l’entusiasmo per la matematica mi è tornato: infatti
ripercorrendo la disciplina insieme a lui e osservando le tappe di
acquisizione dei concetti nei bambini, ho capito che la matematica può
diventare ad essere un gioco piacevole per i miei bambini; sì come
quelli che io facevo con mio papà.
Quest’anno sono sul
sostegno
ho
due
bambini con ritardo,
appena
arrivata
il
bambino uno non aveva
ancora acquisito in
seconda il concetto di
numero: così siamo
andati sulla nostra
scala numerata. Prima
per acquisire i numeri
poi per operarci sopra.
L’altra bambina, in terza, all’inizio
dell’anno non conosceva la
differenza tra unità e decine:
insieme abbiamo fatto tutto un
lavoro con i ceci (unità), poi
abbiamo costruito dei sacchettini
da 10 ceci (decine), quando
l’alunna ha imparato ad operarci
con sottrazione e addizioni,
abbiamo fatto i sacchettini da 100
con 10 decine.
Utilizzando i singoli ceci abbiamo
fatto anche gli schieramenti ed ha
appreso
la
moltiplicazione.
Successivamente facendo la loro
distribuzione , la divisione.
Ho inventato pure una favoletta dei nove
bambini (unità) che quando arrivano a dieci
fanno tanto chiasso che il lupo li sente e arriva
per mangiarli, ma per difendersi i piccoli si
stringono insieme e fanno una decina-fortezza
che il lupo non può espugnare, così se ne va
amareggiato. Da allora i bambini-unità tutte le
volte che diventano dieci, hanno imparato a
diventare una fortezza- decina per giocare più
sicuri.
Questa è la mia vita: l’insegnamento e i bambini.
La matematica, la lingua, la storia, le scienze … alla fine
sono tutti modi di parlare in modo più preciso e
competente della realtà che ci circonda: un minuto
usiamo un linguaggio, il minuto dopo un altro.
Il mio fine insegnare agli alunni ad amare queste diverse
modalità di descrivere il mondo, in modo dà dar loro le
chiavi per entrare in questo complesso nostro sapere; in
modo tale che quando non sarò più con loro, possano
continuare questo processo di apprendimento da soli, e
se avrò lavorato bene li accompagnerà per tutta la vita.
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