Bice Mortillaro Salatiello è una «madre nobile» del
femminismo che con l' associazione di volontariato
Laboratorio Zen Insieme è diventata figura di riferimento
anche per le donne per nulla intellettuali del quartiere San
Filippo Neri.
Nata nel 1928, è circondata fin da bambina dai valori
risorgimentali e rivoluzionari, quelli delle camicie rosse e dei
fasci siciliani, che si respirano all’interno della famiglia. Il
nonno era stato un garibaldino; la madre si era diplomata
all’Accademia delle Belle Arti e aveva trasmesso alle figlie il
suo grande spirito “emancipazionista”; la zia, Italia
Mortillaro, era stata una scrittrice ed era morta di parto
ancora giovane. Quest’ultima sarà un modello di ispirazione
per Bice, che si iscrive a Giurisprudenza nel 1946, quando la
facoltà era frequentata da solo cinque donne. Si sposa
giovanissima,ancora studentessa universitaria, ha tre figli e
per alcuni anni fa la casalinga.
Ma l’amore per la libertà, l’autonomia e il
rifiuto delle ingiustizie sociali causano una
svolta nella sua vita durante gli anni della
rivoluzione sessantottina, quando si iscrive alla
Scuola di Servizio Sociale. Bice comincia a
lavorare nella periferia urbana. Fa tirocinio a
Borgonuovo in una zona di edilizia popolare,
dove le assistenti sociali aiutano gli abitanti che
lottano per avere servizi dall’amministrazione.
Poi va a lavorare a Bonagia, per conto di un
ente regionale di edilizia popolare che si era
ritrovato con le case abusivamente occupate.
Quindi, arriva nel quartiere con un ruolo già
stabilito, ma le circostanze spingono lei e una
sua collega a mettersi dalla parte degli abusivi:
le case erano state ultimate da anni e mai
assegnate; la scuola rimaneva vuota e chiusa,
per ritorsione verso i bambini figli degli
occupanti o per banale disservizio.
Lei adesso dice «a fare politica me l’hanno
insegnato gli operai del cantiere navale, che
avevano occupato e lottavano per ottenere i
servizi». Nel 1972 entra a far parte dell’Assemblea
nazionale dell’Udi, da indipendente, e del consiglio
di amministrazione della cooperativa Libera
Stampa che “editava” il giornale Noi donne.
Partecipa a tutte le grandi lotte: il nuovo diritto di
famiglia, la legge sui consultori, sugli asili nido,
sull’aborto. In quegli anni ’70 inizia anche a fare
volontariato presso il reparto di neuropsichiatria
infantile del Policlinico di Palermo; insieme ad
alcune mamme di bambini handicappati, si batte
per eliminare le cosiddette “classi speciali”, contro
la ghettizzazione. Gli anni ’80 per Bice sono pieni
di militanza femminista, di lotte per i diritti dei più
deboli e di impegno sociale e culturale. Nell’88
fonda assieme ad altri volontari l’Associazione
Laboratorio Zen Insieme, di cui è presidente, e da
allora lavora con le donne e i ragazzi del quartiere.
Ed è qui che Bice incontra le storie di solitudine
e di violenza delle donne della mafia: mogli e
madri di uomini in carcere o morti per overdose
o malati di AIDS, vivono isolate in depressione,
controllate perché non si ribellino. Grazie al suo
lavoro e a quello delle sue colleghe adesso le
donne hanno preso coscienza, si riuniscono,
frequentano corsi di ceramica, pittura, musica.
Ma l’esperienza più importante per Bice è stato
il corso di educazione e assistenza per l’infanzia
che, grazie al contributo dell’Associazione
Libera e di Rita Borsellino, ha ristrutturato un
ampio locale in un’insula dello Zen, dove i
bambini e gli adolescenti si riuniscono, fanno
musica, studiano informatica e non spacciano.
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Bice Mortillaro