


Spazio e tempo sono
continui.
La meccanica
quantistica ha
introdotto
discontinuità
nell’energia e in altre
osservabili.
In un certo senso il
principio di
indeterminazione di
Heisenberg definisce
atomi che al loro
interno sono continui.

Un sistema fisico viene rappresentato da
un punto nello spazio delle fasi.
v
S
p
Δp
Δq
q
x
Δx
Δy
y
Domanda: quanti punti ci sono in un
segmento?
 Risposta di Zenone: se i punti avessero
grandezza nulla, anche se fossero infiniti, il
segmento risulterebbe di lunghezza nulla.
 Se i punti avessero grandezza finita, ma
molto piccola, se sono infiniti,
produrrebbero un segmento di lunghezza
infinita.
 Risposta di Democrito: i punti hanno
grandezza finita, sono indivisibili e in numero
finito.

Per ovviare a questo
problema i cosiddetti
pitagorici provarono a
concentrare la loro
attenzione sui rapporti.
 Ad esempio la terna
pitagorica. In un
triangolo rettangolo, se
l’ipotenusa è lunga 5x,
allora i cateti possono
essere lunghi 4x e 3x.

Tuttavia intorno al 430 a.C. venne scoperta
l’incommensurabilità.
 Non esiste nessun rapporto fra la lunghezza
della diagonale del quadrato e il suo lato.
 Logos=rapporto. Da qui numeri alogoi, cioè
senza rapporto. Ma logos significa anche
ragione. Per questo numeri irrazionali.
Logos vuol dire anche discorso. Gli arabi li
chiamavano infatti numeri sordi. Così
anche nel Rinascimento.

Propongo
una
versione di
quella che
è forse
stata la
prima
dimostrazio
ne
dell’incom
mensurabili
tà.
Nel Menone
platonico,
Socrate
insegna a
uno schiavo
che il
quadrato
che ha aria
doppia di un
quadrato
dato non ha
il lato
doppio.
Il quadrato
costruito
sulla
diagonale
ha l’aria
doppia.
1.
Ipotizziamo
per assurdo
che il
rapporto fra
il lato del
quadrato
rosso e la
sua
diagonale
sia dato da
m su n.

PRIMO PASSO
Dunque n è più
grande di m.
Riduciamo la
frazione n/m ai
minimi termini, in
modo che n
non sia divisibile
per m.
2. L’area del
quadrato in
azzurro è il
doppio di quella
del quadrato in
rosso e il
quadruplo di
quella del
quadrato
piccolo.

SECONDO PASSO
Perciò l’area
del quadrato
azzurro è
divisibile per 4
e quella del
quadrato rosso
per 2.
3. Quindi il lato
del quadrato
rosso è pari e
lo stesso vale
per il lato del
quadrato
azzurro.

TERZO PASSO
4. Ma il lato
azzurro è
uguale a
quello verde.
E quello
verde è la
diagonale
del quadrato
rosso.
Dunque n e
m sono
entrambi
pari, contro
l’ipotesi che
avevamo
ridotto n/m ai
minimi
termini.

QUARTO PASSO
Perciò è
impossibile
che il lato e
la diagonale
di un
quadrato
siano in un
rapporto fra
numeri
naturali.

CONCLUSIONE
Dunque anche la soluzione dei pitagorici
non funziona.
 Ancora Newton alla fine del Seicento è
preoccupato da questo problema,
tanto che forse proprio per questo, pur
essendo un algebrista di grande valore,
riscrive i Principi matematici di filosofia
naturale senza usare l’algebra che si era
sviluppata sul continente ad opera di
Descartes e Fermat.

Due insiemi sono equinumerosi quando è
possibile costruire fra essi una
corrispondenza biunivoca.
N
1
2
3
4
5
6
7
8
N2
2
4
6
8
10
12
14
16
N
1
2
3
4
5
6
7
8
N100
101
102
103
104
105
106
107
108
……
.
……
..
……
.
……
..
Dunque i numeri naturali sono
equinumerosi rispetto ai numeri naturali
pari e rispetto ai numeri naturali senza i
primi cento numeri.
 I numeri naturali possono essere messi in
corrispondenza biunivoca con un loro
sottoinsieme.
 Questa è una caratteristica degli insiemi
infiniti.

1/1
2/1
3/1
4/1
………………
…….
1/2
2/2
3/2
4/2
………………
……..
1/3
2/3
3/3
4/3
………………
……..
1/4
2/4
3/4
4/4
………………
……..
………………
………………
…….
………………
………………
…….
………………
………
1 2 1 1 2 3 4 3 2 1
, , , , , , , , , ,.....
1 1 2 3 2 1 1 2 3 4
1 2 1 1 3 4 3 2 1
, , , , , , , , ,.....
1 1 2 3 1 1 2 3 4
Ipotizziamo per assurdo che esista una
corrispondenza biunivoca fra i numeri
naturali e i numeri reali compresi fra 0 e
1.
 Scriviamo i numeri reali fra 0 e 1 così:
 0,S11S12S13S14…..
 In Sij i è il numero naturale
corrispondente e j la posizione nella lista
dei decimali che definisce il numero
reale.

1
0,
S11
S12
S13
2
0,
S21
S22
S23
3
0,
S31
S32
S33
……
…..
……
….
……
….
……
…
……
……
……
……
……
….
……
……
……
……
Consideriamo il numero:
 D=0,S11S22S33…………..Sii…………..
 Facciamo la seguente trasformazione:
 S’ii=Sii+1; se Sii=9 allora S’ii=0
 Otteniamo il numero
 D’=0,S’11S’22S’33………….S’ii…………….
 E’ chiaro che D’ non è contenuto nella
tabella, contro l’ipotesi.

Consideriamo le successioni infinite
convergenti di numeri razionali, cioè
quelle del tipo:
 q1,q2,q3……….
 Tali che per ogni ε piccolo a piacere
esiste un n tale che per ogni m e m’
maggiore di n il valore assoluto di qmqm’<ε.
 A ognuna di esse associamo il suo limite.

Dunque i numeri reali sono le successioni
convergenti di numeri razionali.
 Cantor mette in guardia da un sottile
errore logico.
 Non possiamo dire che i numeri reali
sono i limiti delle successioni convergenti,
poiché fino a quando non abbiamo
introdotto i numeri reali, spesso non
sappiamo quale sia il limite della
successione.

Possiamo dimostrare che a ogni punto del
segmento, comunque geometricamente
costruito – ricordiamoci la diagonale del
quadrato – corrisponde un numero reale.
 Dunque i numeri reali sono sufficienti a
identificare tutti i punti del segmento.
 E’ vero anche il contrario? Cioè a ogni
numero reale corrisponde un punto del
segmento?
 Da Cantor in poi questo lo si assume come
assioma.

Possiamo allora nuovamente chiederci
quanti sono i punti di un segmento.
 Cantor, per primo in modo del tutto
fondato, sostiene che in un segmento ci
sta un numero infinito non numerabile di
punti.
 Resta però l’obbiezione di Zenone: se i
punti hanno lunghezza nulla, infinito per
zero dà sempre zero.

Come si misura la “lunghezza” di un
insieme di punti?
 Un insieme continuo e unidimensionale
di punti corrisponde a un intervallo di
numeri reali.
 Se gli estremi dell’intervallo sono a e b,
allora possiamo dire che la lunghezza
dell’insieme è data dal valore assoluto di
b meno a.

In questa teoria della misura, un punto
ha lunghezza zero.
 Un segmento è costituito da punti di
lunghezza zero.
 Come è possibile, allora, che il segmento
abbia lunghezza diversa da zero?

Nella teoria della misura la lunghezza
dell’unione di insiemi di punti è data
dalla somma delle lunghezze degli
insiemi.
 Questo, però, vale solo per l’unione di
un’infinità numerabile di insiemi di punti.
 Per cui l’unione di un’infinità più che
numerabile di punti non è determinata.

Esiste un teorema, ancora una volta
dovuto a Cantor, secondo il quale
qualsiasi unione di insiemi di punti
(numeri reali) anche non numerabile, è
rappresentabile da un insieme
numerabile di insiemi di punti.
 Di questo insieme si può poi calcolare la
misura.
 Misura che sarà il valore assoluto di b
meno a, se a e b sono gli estremi.

E’ importante distinguere fra lo spazio
come entità geometrica, lo spazio e il
tempo come entità fisiche e lo spazio e il
tempo come contenuti percettivi.
 Sappiamo che un segmento geometrico
è costituito da un insieme infinito non
numerabile di punti.
 Ora la domanda è: che cosa accade a
un intervallo continuo di spazio o di
tempo fisici?






Finora lo spazio e il tempo nelle teorie fisiche
sono stati rappresentati come insiemi continui
di punti o intervalli di numeri reali.
Questo vale per tutta la fisica classica, da
Galilei a Hertz.
Vale anche per le teorie relativistiche. Anche
se in quella speciale spazio e tempo sono
“mescolati”. E in quella generale lo spazio può
cambiare di curvatura da punto a punto, a
seconda della distribuzione della materia e
dell’energia.
Vale di sicuro nelle teorie quantistiche.
Caveat della quantum gravity.
Se S1…SN sono le possibili spiegazioni di
un dominio di oggetti D e Si è la migliore
di queste spiegazioni, allora Si è
parzialmente vera.
 Verità nella scienza vuol dire per lo più
corrispondenza con la realtà.
 Dunque se Si è parzialmente vera, allora
essa descrive almeno in parte la realtà.

Lo spazio e il tempo fisico sono descritti
dalle nostre migliori teorie come insiemi
infiniti non numerabili di punti.
 Queste teorie sono dunque parzialmente
vere.
 Dunque fino a oggi è ragionevole
supporre che lo spazio e il tempo siano
effettivamente insiemi infiniti più che
numerabili di punti inestesi.

Un’altra domanda: che struttura hanno lo
spazio e il tempo percettivi?
 Su questo filosofi e psicologi si sono
ampiamente divisi.
 La migliore risposta sembra essere: lo spazio
e il tempo percepiti sono continui se il
contenuto percepito è continuo, altrimenti
sono discontinui.
 Non confondiamo questo problema con il
fatto che la nostra percezione ha una
soglia minima.

I normali monitor su cui lavoriamo sono divisi
in alcuni milioni di pixel che hanno tutti la
stessa estensione.
 Per questa ragione con un numero finito di
bit possiamo costruire delle immagini.
 Tuttavia il continuo fisico è composto da
un’infinità più che numerabile di punti.
 Per cui, per rappresentare un’immagine
fisica occorrerebbero un’infinità più che
numerabile di bit.

Nella retina del nostro occhio troviamo un
numero grande ma finito di fotorecettori.
 Ognuno di questi è in grado di recepire un
treno di fotoni e dare origine a una
quantità finita di informazione.
 Ci chiediamo allora come fa il nostro
cervello a costruire un’immagine continua.
 I bit che il cervello ha a disposizione si
perderebbero nell’infinità più che
numerabile di punti dello spazio.

Come il nostro monitor, il cervello divide lo
spazio fisico in un numero grande ma finito
di micro-zone di uguale estensione.
 A ognuna di esse attribuisce le informazioni
che ha a disposizione estrapolando
all’intera zona quello che conosce per un
singolo punto fisico.
 Il problema resta: come fa il cervello a
costruire il continuo fisico, se il continuo è
costituito da un numero infinito più che
numerabile di punti?

Per Aristotele il continuo non è composto
da punti.
 Definizione 1: il continuo è ciò che ha i
limiti interni coincidenti.
 Definizione 2: il continuo è ciò che è
infinitamente divisibile.
 I punti non hanno parti e quindi non
possono avere confini coincidenti.

Intuitivame
nte la
definizione
1 significa
che
all’interno
di un
continuo
non è
possibile
trovare
divisioni.

Il continuo di Aristotele
Domanda: quando un insieme è continuo
nel senso aristotelico?
 In topologia un insieme è connesso quando
non è possibile scomporlo in due
sottoinsiemi disgiunti che non contengano
l’uno punti limite dell’altro.
 Esempio: l’insieme dei numeri reali è
connesso. Prendiamo x>a e x<a; se
attribuiamo a al primo o al secondo
insieme, comunque il taglio non è netto,
cioè a è un punto limite dell’altro insieme.

In realtà, più banalmente, Aristotele
avrebbe detto che un insieme è
continuo quando non è possibile
scomporlo in due sottoinsiemi disgiunti.
 La definizione di Aristotele è più forte.
 Brouwer ha provato a definire il continuo
in questi termini.

Consideriamo ora la seconda definizione
di Aristotele: un continuo è infinitamente
divisibile.
 Brouwer prova a sostenere proprio
questo. Cioè che qualcosa è continuo
quando esiste una sequenza
potenzialmente infinita di sue divisioni.

Una sequenza di divisioni è
potenzialmente infinita, quando è
sempre data solo una serie finita di
divisioni, che però può essere
continuata.
 Per questo Brouwer parla di sequenza di
scelte libere.

Sulla base di questo concetto è possibile
anche definire i numeri reali come
sequenze di scelte.
 Un intervallo di numeri reali così definito è
continuo nel senso forte che dicevamo
prima, cioè non è possibile dividerlo in due
insiemi disgiunti, come avrebbe sostenuto
Aristotele.
 Il difetto di quest’approccio è che non si
riesce a ricostruire un insieme infinito più
che numerabile di numeri reali.






Nell’approccio standard il continuo è un
insieme infinito più che numerabile di punti. E’
cioè emergente.
Questo è il concetto che ha usato finora la
fisica matematica.
Tuttavia questa nozione diventa paradossale
quando vogliamo spiegare la percezione del
continuo.
Allora possiamo provare a utilizzare la nozione
intuizionista di continuo. Il continuo qui è
invece un primitivo.
Ma così perdiamo la ricchezza matematica
degli insiemi più che numerabili.
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il continuo e l`infinito fra matematica e filosofia