MUSSOLINI E HITLER La Conferenza di pace di Parigi negò all’Italia l’annessione della Dalmazia e di Fiume. In segno di protesta, la delegazione italiana abbandonò la Conferenza e gli Alleati spartirono tra loro le ex colonie tedesche, senza tener conto dell’Italia. Così, i nazionalisti, nel settembre del 1919, con a capo G. D’Annunzio, che sventolava lo slogan della vittoria mutilata, e con alcuni reparti ribelli dell’esercito, occuparono la città di Fiume. Ma G. Giolitti pose fine a questa avventura fiumana, durata circa 15 mesi, firmando il trattato di Rapallo, con cui l’Italia otteneva l’Istria e la città di Zara, ma proclamava Fiume Stato libero. D’Annunzio fu raggiunto dall’esercito regolare italiano e dovette far ritorno in Italia. Dopo la sconfitta del 1918, il kaiser Guglielmo II fu costretto ad abdicare e venne proclamata la Repubblica di Weimar, dal nome della nuova capitale. Questo nuovo Stato aveva però nemici di destra e di sinistra; persino i partiti di governo non riuscivano a costruire maggioranze forti e stabili e subivano i continui attacchi delle opposizioni. C’era infatti l’estrema destra nazionalista che considerava la Repubblica un ripiego causato dalla disfatta in guerra; dalla parte opposta i comunisti rifiutavano ogni moderazione e volevano una rivoluzione sul tipo di quella russa per reagire alle umiliazioni inferte alla Germania sconfitta e alla grave crisi economica che tra il ‘29 e il ‘31 aveva toccato livelli tali da causare la fine della repubblica e l’inizio dell’era nazista. Anche i lavoratori italiani, affamati e disoccupati, guardavano con ammirazione la rivoluzione russa ed erano istigati anche dai sindacati ad agire. Furono per primi i contadini ad insorgere contro i proprietari terrieri e a occupare le terre, nel 1919; seguirono le rivolte degli operai di fabbriche e industrie. Come reazione alle proteste, molti industriali del nord adottarono una “serrata delle fabbriche”, nel marzo del 1920. E il 30 agosto dello stesso anno 500.000 lavoratori del nord penetrarono negli stabilimenti chiusi e ne tentarono l’occupazione e l’autogestione. Ma senza tecnici specializzati, dirigenze e finanziamenti delle banche, l’autogestione ebbe vita breve e gli operai tornarono delusi a casa accontentandosi di un piccolo aumento dei salari. Questa sconfitta causò anche divisioni nel Partito socialista: nel gennaio del 1921, dopo il Congresso di Livorno, Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e altri membri dell’ala rivoluzionaria ruppero con i riformisti più moderati di Filippo Turati e fondarono il Partito comunista d’Italia. Tuttavia, i proprietari terrieri e gli industriali non credevano più che le forze di centro-sinistra moderate e liberali avrebbero potuto ricomporre l’ordine e puntarono sull’estrema Destra del nuovo Movimento fascista di Benito Mussolini, che inizialmente sembrava volesse risolvere i malcontenti di tutte le parti sociali, ma presto mise giù la maschera e con le “squadre d’azione” dichiarò apertamente la sua volontà oppressiva dei lavoratori e dei partiti e sindacati a loro favorevoli. Anche in Germania il consenso sociale si concentrò intorno all’estrema Destra e al Partito Nazionalsocialista o “nazista” di Adolf Hitler, che organizzava le squadre d’assalto delle “camicie brune” contro i lavoratori, proprio come Mussolini faceva in Italia con le “camicie nere”. Hitler convinse le masse sventolando un programma di grandezza e di rifiuto da parte della Germania di sottostare alle condizioni umilianti ad essa imposte dopo la guerra. Nel 1933 egli fu nominato cancelliere, ma già l’anno dopo Hitler aveva trasformato una democrazia in dittatura, facendo incendiare il Palazzo del Parlamento e incolpando i partiti di sinistra, che furono dichiarati fuorilegge e dei quali furono aboliti i Sindacati e i Giornali. Le SS furono insomma incaricate di nazificare la Germania: ad esse fu affidata la gestione dei lager, nei quali vennero rinchiusi fin dal 1933 gli oppositori del regime, gli emarginati, gli omosessuali, ma soprattutto gli Ebrei, perché di questi ultimi servivano le notevoli ricchezze. Sempre nel ‘33 fu istituita la Gestapo, la “Polizia segreta di Stato”, con il compito di reprimere e assassinare tutti i cittadini “sgraditi”, tra i quali c’erano anche le “camicie brune”, che non servivano più e che furono trucidate dalle SS nella cosiddetta “Notte dei lunghi coltelli”, nel 1934. Il Presidente del Consiglio Giolitti, in occasione delle elezioni del ’21, propose a Mussolini una coalizione con liberali e democratici, sicuro che, una volta ottenuta la maggioranza per governare, avrebbe tenuto sotto controllo l’esuberanza politica di Mussolini. Ma questi in realtà, con il gioco delle alleanze, cominciò a costruire un gruppo di opposizione di Destra contro lo stesso Governo e si lanciò presto nella sua corsa al vertice dello Stato. Quando poi fondò il Partito nazionale fascista, Mussolini rifiutò apertamente lo Stato liberale e il regime parlamentare. Forte del consenso popolare e della simpatia del re V. E. III, Mussolini, nell’ottobre del ‘22, a Napoli, annunciò la marcia su Roma, che ebbe inizio il 27 ottobre. Al re, che era il comandane in capo delle Forze armate, fu chiesto di fare intervenire l’esercito per fermare gli squadristi. Il sovrano invece si rifiutò di firmare lo stato d’assedio e il 30 ottobre affidò addirittura a Mussolini l’incarico di formare il nuovo Governo. Mussolini quindi aveva vinto e non con la rivoluzione, bensì grazie alla debolezza delle forze politiche e alla volontà del re. Da quel momento in poi i cambiamenti furono rapidi in direzione di uno Stato autoritario. Nell’aprile del 1924 i fascisti stravinsero le elezioni con il 66% dei voti. Il deputato Giacomo Matteotti accusò i fascisti di soprusi e brogli elettorali. Pochi giorni dopo fu rapito e assassinato. Il 3 gennaio del ‘25, in un discorso tenuto alla Camera, Mussolini si assunse la responsabilità del delitto Matteotti. Dopodiche, annullò i poteri del Parlamento. Era l’inizio del regime totalitario. Nel ‘26 sopraggiunsero le “leggi fascistissime”, che soppressero le libertà di sciopero, di associazione e di stampa; sciolsero i partiti e i sindacati; istituirono l’Ovra, la Polizia politica, e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, con il compito di condannare chiunque si opponeva al regime a pene che andavano dal confino alla morte. “Mein Kampf”, tradotto “La mia battaglia”, è un libro che Hitler pubblicò nel 1925 e nel quale egli aveva già esposta l’intera ideologia del nazionalsocialismo. Questa ideologia era tutta fondata sull’idea della “superiorità della razza germanica, che si presumeva discendente diretta della “razza ariana”. In base a questa ipotesi, i Tedeschi ritenevano di dover dominare il mondo, di ridurre in schiavitù le razze a loro inferiori e di eliminare chiunque avesse difetti fisici e mentali per difendere, anche attraverso il matrimonio tra soli “puri”, la purezza ariana. Il programma della Germania era quello di conquistare il cosiddetto “spazio vitale”, cioè di annettere alla Germania tutta l’Europa dell’est; c’era inoltre il preciso proposito di annientare la Francia e di vendicarsi in sostanza dell’umiliazione subita a Versailles nel 1918 Dopo aver eliminato i dirigenti politici e sindacali democratici, Mussolini cercò il consenso delle masse e per fare questo egli inquadrò tutti i lavoratori nei sindacati fascisti, che apparentemente avevano come principio-guida la collaborazione tra datori di lavoro e manodopera per il bene del Paese. Dei lavoratori il fascismo organizzò il lavoro, la vita politica, sociale e persino il tempo libero, durante il quale si offrivano distrazioni e soprattutto propaganda del fascismo. Tuttavia, era specialmente sui bambini che Mussolini riponeva le maggiori speranze di creare gli “uomini nuovi” della società fascista. Per cui intervenne con riforme importanti sulla scuola e vi introdusse più frequenti e incisive occasioni di aggregazione, per una più forte educazione fisica e morale dei ragazzi. Inoltre, Mussolini sapeva che non sarebbe riuscito ad andare molto lontano senza il consenso anche delle masse cattoliche e della Santa Sede, che non vedeva con simpatia il fascismo, specie dopo che gli squadristi si erano accaniti anche contro le associazioni cattoliche. Così, dopo lunghe trattative, l’11 febbraio 1929, I Patti Lateranensi riconciliarono Lo Stato Italiano con la Chiesa, in un nuovo accordo che sin dalla Questione Romana si erano bruscamente interrotti. Alla Chiesa fu riconosciuta la piena sovranità sulla Città del Vaticano, l’insegnamento della religione nella scuola pubblica, una ingente somma di denaro e un maggiore peso politico negli affari dello Stato e del Paese. Nel 1935, quando ormai i comunisti e tutti gli altri oppositori attivi erano strati uccisi o mandati in esilio, il Terzo Reich emanò le “leggi di Norimberga”, dal nome della città da cui esse furono emanate. Dette leggi dichiararono gli Ebrei razza inferiore e li privarono dei diritti civili e politici. Funzionari, impiegati, insegnanti, giornalisti furono licenziati. Poi toccò ai commessi dei grandi magazzini, agli operai, ai domestici e così via. Scolari e studenti ebrei furono cacciati da scuole e università. I negozi degli ebrei furono ripetutamente saccheggiati e si proibiva alla gente di farvi acquisti. Presto, tutte le comunità ebraiche furono confinate in quartieri ghetto e fu loro impedito di fare qualsiasi cosa per vivere. La persecuzione raggiunse il culmine nella cosiddetta notte dei cristalli, ai primi di novembre del 1938, durante la quale in tutta la Germania le vetrine di 7500 negozi andarono in frantumi, furono uccisi quasi cento ebrei e s’incendiarono 200 sinagoghe. Ormai agli ebrei tedeschi restava soltanto la vita; ma Hitler e i suoi gerarchi avrebbero tolto loro anche quella, per compiere la cosiddetta “soluzione finale”, cioè l’annientamento del popolo ebreo nei campi di sterminio. La politica economica del fascismo conobbe due fasi nettamente distinte: il periodo liberista e il periodo protezionista. Nel periodo liberista, dal ‘22 al ’25, Mussolini favorì l’iniziativa privata e facilitò le esportazioni. Nel periodo protezionista, dal ‘25 alla caduta del regime, i prezzi internazionali delle merci salirono molto e l’Italia dovette ridurre le importazioni e aumentare le produzioni interne, come quella del grano, ad esempio. Tuttavia, le esportazioni presto ebbero un crollo, perché i prodotti italiani all’estero costavano troppo. Pertanto la produzione rallentò, molte aziende chiusero e crebbe la disoccupazione. Per giunta, la crisi mondiale aveva frenato anche l’emigrazione. I salari in Italia furono tagliati, ma per rimettere in moto l’economia, il regime potenziò i lavori pubblici. Fra il ‘31 e il ‘34 vi fu anche la bonifica delle Paludi Pontine, conquistate all’agricoltura. Inoltre, fabbriche e banche furono rifinanziate con denaro pubblico Il Terzo Reich è l’impero che viene dopo l’impero del Keiser e la Repubblica di Weimar. Per rafforzare l’impero, alcune misure erano risultate efficaci per superare la crisi di quegli anni: ad esempio, la confisca dei beni degli Ebrei portò molto denaro nelle casse dello Stato; Hitler aveva inoltre ottenuto la sospensione del pagamento dei danni di guerra. Queste e altre misure permisero a Hitler di finanziare opere pubbliche e imprese, specie per le produzioni belliche e la creazione di materie sintetiche capaci di sostituire le materie prime importate dall’estero e di assicurare alla Germania l’autarchia. In politica estera, dopo aver rafforzato l’economia dello Stato, Hitler mise in atto una serie di violazioni del Trattato di Versailles e provvide al nuovo riarmo delle regioni al confine con la Francia. Le democrazie europee, in un primo momento pensarono che, dando libertà di movimento alle manovre del fuhrer, si sarebbe evitata l’escalation di tensioni. In Europa si pensava che, dopotutto, i regimi totalitari servissero come baluardo contro il comunismo sovietico. Pertanto, si chiuse un occhio su quanto stava accadendo sia in Italia, che in Germania. Ma fu un grave errore. Così, in un clima di relativa indifferenza da parte dell’Europa e del mondo, quel che sembrava una mera ostentazione di forza e di potere, nascondeva in realtà un disegno diabolico, che di lì a poco avrebbe portato il mondo intero verso una nuova ecatombe, la seconda guerra mondiale Con l’intento di trasformare l’Italia in una grande potenza, Mussolini nel ‘35 aggredì l’Etiopia. L’obiettivo era anche quello di dare a tanti disoccupati l’illusione che le conquiste coloniali portassero occasioni di lavoro e sviluppo. La vittoria, nel ‘36, ad Addis Abeba, permise al duce di proclamare la nascita dell’impero. Ma questa guerra d’Africa, combattuta tra l’altro con mezzi e metodi brutali, isolò l’Italia fascista dalle democrazie occidentali. Non tardò infatti una condanna all’Italia da parte della Società delle Nazioni e l’imposizione di pesanti sanzioni economiche. Al che, Mussolini non perse tempo a demonizzare l’atteggiamento all’estero nei confronti dell’Italia, convincendo gli Italiani di poter vivere nell’autarchia, cioè senza l’importazione dei beni dall’estero.