LA VALUTAZIONE
nella Didattica digitale
di
Luca Piergiovanni
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La valutazione è un processo molto complesso ed estremamente delicato.
Una valutazione poco accurata e superficiale, può generare un tale
scoraggiamento e delusione nel discente da incidere nel suo rendimento
futuro e nel rapporto di stima e rispetto reciproco su cui si deve fondare
l’atto dell’insegnare.
Talvolta può sortire lo stesso effetto anche una valutazione obiettiva e
meditata, perché non coincidente con le aspettative e la valutazione che il
soggetto che apprende assegna al suo agire e al suo impegno.
Le variabili in gioco sono dunque innumerevoli, ed anche il background di
ogni docente, costituito dal suo bagaglio culturale ed esperienziale,
dall’educazione ricevuta, dalle proprie credenze e convinzioni, dal
contesto sociale in cui opera, dai suoi pregiudizi e persino insicurezza e
timore a sbagliare, esercita in maniera decisiva un’influenza, dando
spesso origine a “distorsioni nella valutazione”, definite dalla psicologica
cognitiva BIAS valutativi.
Tra i più comuni, ricordiamo il bias di genere, che si basa sul pregiudizio
diffuso che le ragazze siano più portate per le materie umanistiche, mentre
i ragazzi per quelle tecnico-scientifiche, generando inconsciamente
situazioni che andranno a sopravvalutare ora l’uno ora l’altro discente.
Il bias dell’errore per somiglianza o per contrasto, che vede un insegnante
dal forte carisma e autostima, o al contrario con poca fiducia in se stesso,
premiare quegli studenti che sente a lui più affini, perché molto sicuri di sé
o al contrario con bassa autostima.
Il bias dello status-quo, tipico di quei docenti restii al cambiamento e
quindi molto poco propensi ad apportare innovazioni al proprio metodo
d’insegnamento, finendo per dare vita a situazioni valutative molto simili
fra loro e ripetute.
Per approfondire il concetto di Bias, potete cliccare qui, ma anche soltanto
questi accenni ci hanno fatto capire bene quante variabili agiscano nel
nostro valutare uno studente.
Le valutazioni in attività di didattica digitale, strutturate secondo una
progettazione formativa, risultano forse essere ancora più complesse in
quanto rompono gli schemi tradizionali, facendo nascere nel docente la
sensazione di “perdere il controllo della situazione”, poiché egli si ritrova a
valutare prestazioni complesse in un intreccio di valutazioni e
autovalutazioni che vanno ad esaminare gli effetti dell’attività sui diversi
attori, sulla qualità del prodotto e sulla qualità dell’intero processo.
E così gli studenti sono impegnati a valutare la propria interiorizzazione dei
contenuti proposti, il prodotto realizzato, la capacità di gestirsi all’interno
di lavori in cooperative learning, mentre il docente è portato ad una
riflessione profonda sul cambiamento avvenuto nella propria modalità di
insegnamento, sulle competenze relazionali, sulla qualità del percorso
didattico scelto rispetto ai risultati ottenuti dagli studenti e all’offerta
formativa della scuola.
Con attività di didattica digitale, come ad esempio i percorsi di FlipClass
visti assieme, si ricorre per le fasi di valutazione alla Tassonomia di Bloom.
Vediamo in cosa consiste!
TASSONOMIA DI BLOOM
Una delle tassonomie in campo didattico più conosciute, è
quella dello psicologo e pedagogista statunitense
Benjamin S. Bloom, famoso per le sue ricerche sui
problemi della valutazione scolastica, con particolare
attenzione alla comparazione del profitto in diverse
situazioni ambientali.
La Tassonomia che andò elaborando nel 1956, utilizzata per definire le fasi
dell’apprendimento e centrata su obiettivi inerenti l’area cognitiva, quella
affettiva e quella psicomotoria, venne rivista nel 2001 da due suoi allievi,
Lorin Anderson e David Krathwohl, che la modificarono partendo dal
principio che la maggior parte delle abilità possono essere acquisite e
impiegate simultaneamente o senza un ordine preciso.
Secondo questi due studiosi, il loro schema tassonomico era diverso da
quello di Bloom. Quest’ultimo affermava infatti “che non si può applicare
se non si è compreso, o che si deve capire prima di poter analizzare”.
Mentre Anderson e Krathwohl puntualizzarono che “in molti casi, questi
processi possono essere appresi simultaneamente, o anche in ordine
inverso”.
Con queste premesse, l’attenzione si sposta chiaramente dai prodotti
dell’apprendimento di Bloom, ai processi di pensiero. Per questo motivo il
prodotto “conoscenza” diventa il processo “ricordare”, da “comprensione”
si passa a “comprendere”, e così via.
Il passaggio inoltre dai nomi ai verbi, non fa altro che sottolineare la
natura attiva dei processi di pensiero. E così la categoria “comprehension”
si trasforma in “understanding” e poiché la categoria “knowledge” non
rappresenta di fatto un processo di pensiero, viene sostituita dalla
categoria “remembering”. Di seguito uno schema che rappresenta bene
questi cambiamenti.
Alcuni strumenti e
ambienti di Rete,
utili allo sviluppo
nello studente di
quei livelli di Bloom
rivisti da Anderson
e Krathwohl.
Med Kharbach, insegnante all’università canadese Mount Saint Vincent e
fondatore di Educational Technology and Mobile Learning, ha aggiunto alla
Tassonomia di Bloom le competenze digitali del nostro secolo, come mostra il
diagramma seguente.
COMPETENZE DIGITALI DEL XXI SECOLO
La competenza digitale è la quarta competenza chiave indicata dalla
Comunità Europea.
Di definizioni ne sono state date tante, ma quella che a mio avviso si avvicina
di più al mondo in cui stiamo vivendo, recita che la digital literacy, più che un
insieme di abilità tecnico-informatiche, è quella varietà di complesse abilità
cognitive, motorie, sociali ed emozionali.
Pertanto, l’emarginato digitale è chi non sa vivere in maniera saggia e
responsabile la Rete, ancor prima di chi non sa utilizzare il Pc.
L’insegnante del 21° secolo, deve essere
quindi un insegnante-social, capace di
informarsi e aggiornarsi tramite il Web, di
produrre contenuti digitali da condividere
con i colleghi, di utilizzare i Social nella
didattica, di saper selezionare le
informazioni della Rete, insomma, un
insegnante che abbia acquisito le 33
competenze digitali descritte qui. E lo
studente?
Ai giovani di oggi, per inserirsi nel
mondo del lavoro con soddisfazione, è
richiesto tra l’altro di saper comunicare
e saper fare squadra, lavorando con
successo in gruppo; dimostrare
originalità e creatività nelle attività; di
saper risolvere problemi e avere spirito
critico; sapersi adattare a ruoli e
responsabilità diversificati; mostrare
spirito di iniziativa; saper gestire il
carico di lavoro; ricorrere all’intelligenza
collettiva dei gruppi; dimostrare
un’etica lavorativa che giovi all’interesse
della comunità; mostrare capacità di
leadership. Riguardo alle Competenze
digitali, allo studente del 21° secolo è
richiesto, ad esempio, di saper vivere la
Rete in maniera positiva e responsabile,
conoscendone rischi e opportunità; di
saper gestire le informazioni del Web, e
così via.
Per entrare più nello specifico, queste competenze possono essere
declinate nelle seguenti abilità:
- interazione: sperimentare l’ambiente-web con un approccio di
problem-solving;
- simulazione: interpretare e costruire in Rete modelli dinamici di
fenomeni reali;
- appropriazione: sintetizzare e re-mediare contenuti multimediali;
- multitasking: scansionare il proprio ambiente mantenendo poi fuochi di
attenzione;
- cognizione distribuita: interagire in modo significativo con gli strumenti
di Rete;
- intelligenza distribuita: mettere a confronto i vari punti di vista
dell’informazione;
- giudizio: valutare affidabilità e attendibilità delle fonti di informazione
in Rete;
- navigazione crossmediale: seguire il flusso informativo di svariati canali;
- networking: fare rete per sintetizzare e disseminare informazione;
- negoziazione: confrontarsi con modalità di comunicazione diverse,
rispettando il punto di vista altrui.
STRUMENTI PER VALUTARE
Considerata la Tassonomia di Bloom e le Competenze digitali del 21° secolo,
alcuni strumenti utili per la valutazione di studenti impegnati in attività di
didattica digitale, sono i cosiddetti diari di bordo, i test con domande a scelta
multipla, le relazioni, le check list (griglie che permettono di ottenere risultati
quantitativi circa comportamenti visibili dei soggetti osservati), le mappe, i
resoconti individuali o di gruppo.
Risulta tuttavia ottimale per la valutazione di prestazioni complesse, la
cosiddetta RUBRÌC (ne dà un quadro esauriente lo studioso Enzo Zecchi qui).
Mentre qui è raccolta una serie di tools, utili per la
creazione di queste griglie di valutazione. In
piattaforma, inoltre, troverete alcune Rubrìcs che
vi forniranno un modello per creare quelle più
adatte alle vostre attività in classe.
SECONDA INVERSIONE: problem solving, cooperative learning
BIBLIO-SITOGRAFIA
L. Guasti, Competenze e valutazione metodologica. Indicazioni e applicazioni pratiche per il curricolo, Erickson
2013;
P. Weeden, J. Winter, P. Broadfoot, Valutazione per l'apprendimento nella scuola. Strategie per incrementare la
qualità dell’offerta formativa, Erickson 2009;
I Bias valutativi;
La Tassonomia di Bloom;
Strumenti per valutare attività di didattica digitale: le Rubrìc.
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