OTRANTO Le origini più antiche di Fabiana Colucci e Valentina Palma LE CARATTERISTICHE GENERICHE Otranto è un comune italiano della provincia di Lecce, in Puglia. Situato sulla costa adriatica della penisola salentina,è il comune più orientale d’Italia:il capo omonimo,chiamato anche Punta Palascìa,a sud del centro abitato,è il punto geografico più a est della penisola italiana. L’origine del nome della città di Otranto è molto antica. Si ritiene che derivi da Hydruntum,un fiumicello che attraversa la valle dell’Idro.Si ritiene inoltre che il nome possa derivare da Odronto,che in quei tempi indicava un’altura a ridosso del porto. Notizie più certe sull’ origine del nome della città si hanno però con Hydruntum nel periodo romano con lo sviluppo e il successivo consolidamento del Cristianesimo, testimoniato dalle numerose cellette presenti nella valle delle memorie e nella valle dell’ Idro. La storia millenaria della città di Otranto è stata da sempre influenzata dalla sua proiezione verso oriente. Grazie a questo la città è stata anche definita come la Bisanzio del Salento e non solo anche Tiro d’Italia nome dato da Cassiodoro, romano della gens Aurelia, per il commercio ed il commercio. L’altra sponda adriatica è molto vicina tanto che Pirro aveva progettato di unire Otranto con Valona attraverso un ponte di navi.Pochi anni fa,un gruppo di storici ha individuato delle testimonianze riguardo i primi insediamenti nella città di Otranto. Si tratta di oltre 3.000 pittogrammmi realizzati in ocra e guano di pipistrello che decorano le pareti interne di una Grotta poi denominata “Grotta dei Cervi” per via delle numerose raffigurazioni presenti dell’animale. Le pitture riprendono momenti di vita quotidiana, tra i quali danze, scene di caccia nonché riti magici e religiosi. Piuttosto interessanti sono risultati anche i ritrovamenti effettuati in altre cavità carsiche poste a ridosso dell’odierna Santa Cesarea che presentano segni di una pittura schematica similare a quella rilevata a Porto Badisco. OTRANTO MESSAPICA E BIZANTINA Nel periodo Messapico la città conosce un importante sviluppo grazie al suo porto che diviene il punto di riferimento per gli scambi con l’Egeo di importanti centri messapici interni come Muro e Vaste. Con la fondazione della spartana Taranto ed il suo impetuoso sviluppo, Otranto entrò presto nelle mire della città Jonica che puntava così ad avere un ruolo di primo piano sulle rotte che passavano da questo lato dell’Adriatico. Per sopperire alla perdita dell’importante porto sull’Adriatico, i Messapi fondarono Brindisi che sarebbe destinata nei secoli a contendere alla città del Canale il ruolo di Porto di riferimento per i collegamenti con l’Oriente. Taranto si sentì minacciata nei propri interessi e fu costretta alla guerra. Le lunghissime lotte tra Greci e Messapici indebolirono i due popoli e prepararono il terreno all’ascesa anche in queste terre della Repubblica Romana. Nel 151 A.C. la città (Hydruntum) diviene municipio Romano. In questo periodo Otranto entra in competizione con Brindisi per divenire il porto di riferimento per gli scambi con l’area orientale dell’Impero. L’apostolo Pietro nel suo viaggio verso Roma approdò proprio sulle coste del Salento. Su queste terre la religione cattolica attecchì in maniera significativa quasi da subito favorita dalla presenza di una nutrita comunità ebraica e dagli intensi scambi che intercorrevano con l’oriente. In particolare la comunità ebraica favorirà lo sviluppo della città attraverso l’incremento dei commerci che passavano dal porto. Essa rimarrà piuttosto numerosa anche in epoca medioevale allorquando ne viene attestata una consistenza numerica pari a 500 unità. Nel VIII secolo ci furono delle tensioni tra Bisanzio e Roma,che con il passare del tempo divennero molto forti a causa dei decreti iconoclastici voluti a Costantinopoli e avversati dai Papi Gregorio II e Gregorio III. Proprio in questo periodo si riversano sul Salento ed a Otranto in particolare, una moltitudine di monaci basiliani che andranno a fondare un gran numero di cripte religiose. Molto interessanti da questo punto di vista sono le celle create da quest’ultimi nelle pareti tufacee della valle della Memorie a Otranto. Nell’838 d.C. Brindisi viene presa dai berberi e i suoi abitanti vengono in parte uccisi ed in parte fatti schiavi e deportati in Nord Africa. Nell’840 tocca a Taranto. I saraceni si insediano nella città e vi rimangono per decenni. Stessa sorte tocca a Bari e ad alla Sicilia. Solo Otranto è nelle condizioni militari e difensive di resistere agli attacchi. Le sue poderose mura, infatti, reggono bene ai vari assalti. Sul finire dell’XI secolo i Bizantini abbandonarono definitivamente la Puglia a favore dei Normanni. Otranto fu l’ultima città a cedere al nuovo invasore. Nel 1088, sotto il loro dominio, viene consacrata la maestosa cattedrale, che, nel secolo successivo, il monaco greco Pantaleone ornerà con un grandioso mosaico pavimentale sintesi geniale della tradizione culturale occidentale ed orientale. Sempre in questo periodo nasce fuori della città l’abbazia di San Nicola di Casole, che diverrà il più ricco monastero dell’Italia meridionale. Quest’ultima sarà fondata da Boemondo I, principe di Taranto e Antiochia al ritorno da una crociata in Terra Santa. Il principe Normanno cercherà in questo modo di aggraziarsi la simpatia dei monaci greci salentini che appoggiavano la religiosità greca. Dalla sua ricchissima biblioteca uscirono molti testi che attestavano ancora una volta il profondo legame con l’Oriente. Nella città nel periodo medioevale era presente una folta comunità ebraica dedita ai commerci che passavano per il porto. Il mercante e viaggiatore Beniamino ben Yonah intraprese un viaggio tra il 1159 ed il 1167 attraverso gran parte del mondo allora conosciuto fornendo notizie sulle comunità ebraiche. Otranto rappresentò l’ultima tappa del suo viaggio e su di essa attestò che vivessero oltre cinquecento famiglie di ebrei, terza per numero in Italia e preceduta da Salerno con seicento famiglie e Palermo con millecinquecento famiglie.Gli ebrei otrantini, oltre a sviluppare i commerci, crearono un centro culturale di livello e noto in tutta l’Europa Giudaica. La convivenza tra la città e la comunità ebraica si raffredderà nel periodo dell’avvento del Monastero di San Nicola di Casole ed in particolare con Nicola di Casole che scriverà “Dialogo contro gli ebrei”. Nella città è stata rivenuta una epigrafe funeraria in pietra leccese, alta 50 cm e larga circa 40, scritta in greco ed in ebraico. In particolare presenta sette righe in greco e due in ebraico e riporta in alto a sinistra il tipico candelabro giudaico a sette bracci. GLI 800 MARTIRI DI OTRANTO Uno degli avvenimenti principali della storia di Otranto riguarda l’anno 1480. Infatti Il 28 luglio 1480 un'armata turca proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto.La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini.Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono ed in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L’11 agosto, dopo 15 giorni d’assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l’attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello.Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città].I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l’uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini - che il 12 agosto si erano opposti alla conversione all'Islam - era anche il vecchio sarto Antonio Pezzulla, detto Il Primaldo. Il 14 agosto Gedik Ahmet Pascià fece legare i superstiti e li fece trascinare sul vicino colle della Minerva, dove ne fece decapitare almeno 800, costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni. Il primo a essere decapitato fu Antonio Primaldo. La tradizione tramanda che il suo corpo, dopo la decapitazione, restò ritto in piedi, a dispetto degli sforzi dei carnefici per abbatterlo, sin quando l'ultimo degli Otrantini non fu martirizzato.Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco, tal Bersabei, si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anche lui il martirio, impalato dai suoi stessi compagni d'arme.Tra gli 800 martiri d'Otranto, si ricorda per l'eroica morte, in testimonianza della fede, la figura di Macario Nachira, colto monaco basiliano, appartenente ad antica e nobile famiglia di Viggiano (oggi Uggiano la Chiesa).Dopo tredici mesi Otranto venne riconquistata dagli Aragonesi, guidati da Alfonso d'Aragona, figlio del Re di Napoli.Il 13 ottobre 1481 i corpi degli Otrantini trucidati furono trovati incorrotti e vennero successivamente traslati nella Cattedrale di Otranto.A partire dal 1485, una parte dei resti di quei martiri furono trasferiti a Napoli e riposano nella chiesa di Santa Caterina a Formiello, dove furono collocati sotto l'altare della Madonna del Rosario (che ricorda la vittoria definitiva delle truppe cristiane sugli Ottomani nella famosa battaglia di Lepanto); successivamente furono collocati nella cappella delle reliquie, consacrata da papa Orsini, e solo dal 1901 deposte sotto l'altare in cui si trovano oggi. Una recognitio canonica, effettuata tra il 2002 e il 2003, ne ha ribadito l'autenticità. Nel 1930 monsignor Cornelio Sebastiano Cuccarollo, vescovo di Bovino dal 1923, fu nominato arcivescovo di Otranto e, in segno di affetto e riconoscimento verso la sua ex diocesi, donò parte delle reliquie al Santuario di Santa Maria di Valleverde in Bovino, dove attualmente si trovano nella cripta della nuova basilica. Reliquie dei beati martiri sono venerate in molti luoghi della Puglia, in particolare nel Salento, e a Napoli, a Venezia e in Spagna. Un processo canonico iniziato nel 1539 terminò il 14 dicembre 1771, allorché papa Clemente XIV dichiarò beati gli 800 trucidati sul colle della Minerva, autorizzandone il culto; da allora essi sono protettori di Otranto.Nel suo ultimo discorso prima di dimettersi,precisamente l’11 febbraio 2013 il papa Benedetto XVI ha deciso che i Martiri di Otranto il 12 maggio 2013 saranno nominati “Santi”. SITOGRAFIA: -WWW.WIKIPEDIA.ORG -WWW.OTRANTOPOINT.COM