Petra: collocazione geografica Il Khasneh Analisi e religione Origini di Petra Il genio ingegneristico Il sistema di irrigazione I Nabatei I commerci dei Nabatei Petra oggi introduzione Petra attualmente è un grandioso complesso di rovine nello Wādī Mūsā, in Giordania. È scavata all’interno di una gola nell’area del deserto giordano a 200 km a sudest di Gerusalemme e a 120 km a nord di Aqaba ed è accessibile da nord-ovest per uno stretto sentiero di montagna e da est attraverso il Siq, un canyon lungo circa 1,5 km e profondo fino a 200 metri che fungeva da strada principale. Dagli Arabi era chiamata Wadi Musa (Valle di Mosè), città menzionata nell’Antico Testamento, in cui si legge che fu la capitale del regno di Edom. L’insediamento più antico della località risale al XII-X° sec. a.C., ma Petra fu costruita e resa un centro importante solo quando gli Edomiti, nel VI secolo a.C., sotto la pressione dei Nabatei l'abbandonarono per spostarsi nella regione di Hebron. I Nabatei dunque vi si stanziarono stabilmente e fecero di essa la loro capitale. Ma chi erano i Nabatei? I Nabatei erano nomadi, di tradizioni e idee appartenenti al mondo arabo dal quale provenivano, che divenuti sedentari si organizzarono secondo la monarchia. Il loro maggior sovrano fu Areta III (85-60 a.C.) sotto il cui dominio la città di Petra potè godere del suo periodo di massimo splendore. La storia nabatea è documentata meglio delle altre epoche dell'antichità, ma la maggior parte dei documenti essendo scritti su papiro è andata distrutta e le uniche fonti dell'epoca che ci sono pervenute sono quelle degli scrittori Diodoro Siculo e Strabone, che ci consentono di intravedere la loro evoluzione; analizziamole. Diodoro Siculo alla fine del IV secolo a.C. scrive: “Vivono in libertà, considerano come loro patria un deserto che non possiede né fiumi né sorgenti d’acqua abbondanti per cui un esercito nemico non riesce a procurarsi dell’acqua. Non sono soliti seminar grano, piantare alberi da frutto né costruir case”. (Bibl. Hist. Xix, 94,3-4). Strabone cinquecento anni dopo descrive i nabateni in termini opposti: “I nabateni sono un popolo intelligente e sono a tal punto portati a acquisire ricchezze che puniscono pubblicamente chiunque abbia perso proprietà mentre conferiscono onoreficenze a chiunque le abbia aumentate … le loro abitazioni, grazie all’uso della pietra sono solide … gran parte della nazione è provvista da alberi da frutto tranne l’olivo. Le pecore hanno il vello bianco e gli armenti sono robusti, ma non posseggono cavalli. I cammelli svolgono il lavoro dei cavalli”. (Geogr. xvi 4,26). Nel periodo descritto da Diodoro il sovrano-sceicco svolge una funzione molto simile a quella del capo tribù, ma con l’espandersi della federazione nabatena, cioè nel periodo descritto da Strabone, vede rafforzata la propria posizione anche se ha poteri mal definiti e dipendenti dal consenso popolare. È lecito pensare alla popolazione nabatena come una federazione di piccole tribù, le principali avevano sede a Petra in Arabia e in Siria, governate ognuna da un proprio sceicco che rispondeva all’autorità di un capo comune o re. La civiltà dei nabatei oltre che dagli scrittori classici, è nota dai reperti archeologici, dalle monete e dalle iscrizioni, in lingua aramaica e con un alfabeto derivato dall’aramaico. La scelta di Petra come loro capitale fu motivata da ragioni di sicurezza: essendo infatti la valle nascosta tra le montagne, con pochi e facilmente controllabili accessi, costituiva un sicuro rifugio delle ricchezze che essi avevano accumulato col commercio carovaniero e assumeva anche la funzione di magazzino. Si trovava infatti al centro di alcune delle più importanti vie commerciali del mondo antico. I Nabatei erano famosi per le loro attività commerciali e controllavano il commercio di incenso, spezie, seta, pietre preziose attraverso il deserto arabo con carovane di centinaia di cammelli. Costruirono una via di accesso al Mar Rosso e istaurarono comunicazioni con l'Arabia Felix e la Mesopotamia, mentre la strada del Negev verso Gaza gli dava la possibilità di sbocco al Mediterraneo. Avevano dunque contatti con Greci e Romani a ovest e con i Persiani a est. Le immense ricchezze accumulate servivano per costruire edifici pubblici e privati scolpendo e scavando nel corpo stesso della montagna. Soffermiamoci ora sull’architettura del loro popolo. Nuovi studi stanno iniziando a svelare i segreti dell’ ingegneria Nabatea. Le prime tomba di Petra presentano una linea semplice, dominata da un coronamento a gradoni che sembra essere stata la caratteristica tipica delle facciate Nabatee, ma il Khasneh è qualcosa di completamente diverso: i costruttori realizzano infatti una vera e propria impresa. Cerchiamo di spiegarla con le considerazioni del dottore Shaher Rababeth, un ricercatore, che studia come è stata costruita Petra e come i Nabatei siano riusciti a scalare una parete di roccia quasi verticale, fino a raggiungere l’ altezza di trentanove metri per realizzare il Khasneh. I Nabatei sconvolsero le tecniche di costruzione. L’ edificio non venne costruito secondo tradizione dal basso verso l’ alto, ma intagliato nella roccia da sopra a sotto con attrezzi semplici e in ferro che incisero la morbida pietra arenaria senza consentire errori. Usarono un metodo di costruzione radicale, ma furono geniali anche per come trattarono le grandi quantità di materiale di risulta. La roccia veniva rimossa in grossi blocchi di pietra e gettata dalla piattaforma, veniva poi trascinata via e riutilizzata per costruire strutture nelle vicinanza. Nelle costruzioni libere i costruttori possono assicurarsi che i muri e le colonne siano abbastanza resistenti prima di aggiungere peso alle sezioni superiori, ma con la tecnica dall’ alto verso il basso non è così: se il peso delle sezioni superiori è troppo, l’ intera struttura potrebbe crollare. I Nabatei non lasciarono nulla al caso e gli ingegneri moderni hanno rivelato come abbiano potuto costruire una struttura capace di sostenere il proprio peso e così ridurre il rischio di crollo. Invece di quattro mura ha una sola facciata omogenea strutturalmente integrata nella roccia. L’ unico punto che potrebbe correre dei rischi è il portico che domina la sezione inferiore; centinaia di tonnellate di roccia sono sospese sopra il vasto ingresso. La soluzione è l’ enorme architrave in pietra largo come l’ edificio stesso, unito alla parete di roccia per evitare l’ eccessivo peso che potrebbe gravare le sei grosse colonne, quattro incastonate nella roccia e due centrali libere. E’ difficile ipotizzare un crollo della struttura con il cedimento delle colonne centrali. Prova convincente a supporto di questa teoria è che nel 1960 il Khasneh è stato ristrutturato dopo il cedimento di una colonna centrale. Non sono le colonne a sostenere il peso, l’ architrave è infatti sostenuta dalla grossa parete di roccia in cui risiede. Queste scoperte dimostrano che i Nabatei sapevano cosa volevano e come farlo e che la costruzione venne progettata meticolosamente e gestita con attenzione. Questo significa che non c’era solo una squadra di taglia pietre, scultori e calatori, ma che c’ era anche un supervisore e che la facciata principale fu progettata da un architetto. Gli archeologi avevano datato il Khasneh tra il primo secolo A.C. ed il primo D.C. , un periodo troppo lungo per poter capire quale re Nabateo abbia potuto costruire una tale struttura. Senza altri indizi da seguire sembrava che la vera funzione del Khasneh non sarebbe mai stata scoperta. Poteva essere un tempio, un monumento, una tomba. Ma nel 1996 Suleiman Farajat direttore del Petra Archaeological Park ebbe un’ intuizione: la superficie lastricata del Siq, la tortuosa gola che conduce a Petra, scompare sotto la sabbia trecento metri prima di arrivare al Khasneh. Se la strada continuasse la sua traiettoria verso il basso, arriverebbe sotto l’ attuale livello del suolo, perciò secoli di sabbia potrebbero aver sommerso un intero livello della costruzione. Nel 2003 si diede il via ad un’ imponente scavo e sei metri sotto la superficie si scoprirono quattro camere funerarie con al loro interno le ossa di 11 individui. Il Khasneh dunque è più di un semplice monumento, è un mausoleo con una cripta sotterranea. Per identificare il re che la costruì, Farajat cercò di datare le tombe analizzando i beni ritrovati e tutti i manufatti. Si scoprì che risalivano all’ inizio del I secolo D.C. quando il re dominante era Aretas IV, forse il regnante più grande e potente di Petra. Durante il suo regno i Nabatei raggiunsero l’ apice della loro potenza e ricchezza; gli venne attribuita la costruzione di grandi templi e delle strade e per queste ragioni gli esperti ritengono che sia stato il più grande costruttore di Petra. Inoltre oltre l’ ottanta percento di tutte le monete Nabatee rinvenute hanno incise la sua immagine. Anche se si pensa che Aretas IV sia stato sepolto altrove, queste tombe sotterranee potrebbero contenere i resti dei sui parenti perciò l’ Khasneh è considerato un luogo sacro. Gli scavi rivelano che giace nel cuore di un importante centro religioso, la scoperta dell’ esistenza di altari e offerte rituali, fa pensare che questo fosse un luogo di pellegrinaggio aprendo a nuove considerazioni su Petra e sulla concezione che si aveva del popolo dei Nabatei . Erano molto più che commercianti del deserto, erano architetti esperti che combinarono gli influssi delle altre culture con il loro genio ingegneristico. Il Teatro che fu ampliato dopo l`annessione del regno Nabateo all`impero Romano, nel 106 d.C. La facciata imita l’architettura del mondo classico e si vede l’influenza della monumentalità dell’Egitto. Ci sono quattro aquile che simbolicamente portano le anime dei defunti in cielo, la corona di Iside, dea egiziana, la testa di medusa e sei amazzoni danzanti con ascia bipenne. Alla base troviamo Castore e Polluce che secondo il pensiero nabateo guidavano le anime dei defunti nel regno dei morti. Animali, fronde e fiori si contrappongono allo stile dei Nabatei che usavano disegni geometrici e raffigurano i propri Dei con blocchi rettangolari, in stile arabo, per tutto il III e IV secolo a.C. Questi però finirono per cambiare di aspetto assomigliando a Zeus, Iside, Afrodite e agli Dei delle nazioni che li circondavano. All’interno troviamo sei stanze , l’equivalente di sei mila metri cubi di pietra, vuote e piccole che si contrappongono alla sfarzosità della facciata. Le dimensioni ridotte sono causa della enorme forza esercitata dalla pietra sovrastante. Un sistema di vasche, bacini, canali e dighe copre l’intera zona della città. La portata e la complessità del progetto lo rendono una delle più incredibili imprese di ingegneria idraulica del mondo antico con una efficienza senza eguali. I Nabatei scelsero con attenzione il sito in cui costruire Petra per poter avere una costante scorta d’ acqua. Questa è infatti costruita sul fondo di un bacino perciò l’ acqua da ogni angolo confluisce verso il cuore della città. Oltre a raccogliere l’ acqua piovana, gli ingegneri sfruttarono le scorte provenienti da ogni ruscello entro un raggio di 24 km dal centro di Petra. Trasportare acqua per una distanza così lunga è un processo complesso e bisogna ricordare che tutto ciò di cui disponevano erano dei semplici tubi di terracotta. Corte sezioni di tubi venivano collocate in solchi scavati nella roccia fissate con la malta e le giunture venivano sigillate con intonaco impermeabile, inoltre per evitare che la pressione facesse spaccare i fragili tubi, trovarono un sistema per trasportarla in sicurezza, utilizzando una pendenza costante. Questa determina le forze interne dei tubi controllando il flusso dell’ acqua. Nei tubi pieni il flusso dell’ acqua esercita una grossa pressione sulle pareti sottili, tuttavia se c’è un po’ d’ aria, tra l’ acqua e le pareti, la pressione diminuisce fortemente per questo veniva usato il cosiddetto sistema a canale aperto. L’ angolo d’ inclinazione dei tubi d’ acqua di Petra è perfettamente progettato per permetterle di fruire nella massima quantità in totale sicurezza. Una cosa è raccogliere le acque nella stagione delle piogge, altro è avere una fonte d’acqua durante i mesi di secca. Come facevano dunque i Nabatei? La soluzione è immagazzinare l’ acqua sotto terra. Ci sono duecento cisterne nella città. Nella parte più alta delle sue montagne erano state scavate delle immense vasche che raccoglievano sia l’ acqua piovana e quella scaturita dalla roccia porosa che filtrava dalla cima della montagna ed erano persino in grado di raccogliere la condensa dell’ umidità mattutina. Attraverso sistemi di canali la convogliavano in una serie di vasche e veniva poi canalizzata a valle attraverso una rete di migliaia di piccoli canali e grondaie che la portavano fino ai Templi. L’ estro ingegneristico dei tubi di terracotta sopra terra è uguagliato da questa complessa rete di cisterne. La loro capienza fa capire che potevano provvedere per diversi mesi ad una grossa popolazione e, se sommiamo la portata del sistema idrico, si può ipotizzare una città di 50.000 persone. Secondo gli standard del mondo antico doveva dunque essere una delle più grandi. Verso l'VIII secolo fu abbandonata in seguito alla decadenza dei commerci e a catastrofi naturali. Un intrepido esploratore svizzero di nome Johann Burckhardt nel 1812 attraversò l’arido deserto meridionale della Giordania, inseguendo le voci di una antica città perduta: Petra. La casa dei Nabatei, risalente a più di 2.000 anni fa, fu portata così a conoscenza del mondo occidentale. In un sondaggio fatto, nel 2007, via internet e telefono, su 100 milioni di persone intervistate (il più grande sondaggio mai fatto), Petra è risultata essere tra le Sette meraviglie del mondo moderno. La nostra conoscenza su Petra cambia ogni giorno perché quanto è stato scoperto finora è ancora ben poco, rispetto a quanto ancora rimane celato. Grazie agli archeologi provenienti da varie parti del mondo costantemente emergono nuovi reperti che approfondiscono ciò che sappiamo sul suo passato. Scienziati ed ingegneri di tutto il mondo si stanno impegnando a preservare questo sito archeologico per trasmetterlo alle generazioni future. Documentario: http://www.youtube.com/watch?v=zE5mq4ehYeU Immagini : http://www.globopix.net/fotografie/petra_1.html Libro : Le grandi stagioni(enciclopedia) “I primi arabi”