I transit point favoriscono gli spostamenti tra autotreni, con operazioni di scarico, smistamento e ricarico merci in tempi brevi. Tale caratteristica rende queste infrastrutture particolarmente utili per quelle filiere che necessitano di rapide operazioni di trasporto, come per la catena del fresco. Le operazioni in tali strutture prendono il nome di cross docking e il vantaggio principale è l’eliminazione della sosta a terra e dei relativi costi. Il coordinamento è necessario per smistamento in assenza di soste a terra. favorire lo 30 Le city logistic areas sono aree a supporto della gestione della logistica (dell’ultimo miglio) nei centri urbani. Il tema è di particolare interesse per il proliferarsi delle aree a traffico limitato e per gli obiettivi di riduzione degli impatti ambientali sui centri storici. I piani di logistica urbana non nascono per risolvere un problema aziendale, ma piuttosto urbano e di logistica economica al fine di elevare la sostenibilità economica e la qualità della vita nelle città. 31 La city logistics usa come strumento principale la ndi city distribution center. Questi ultimi sono solitamente collocati nella periferia della città o subito al ridosso di essa. In Europa i casi di maggior successo sono Basilea, Brema, Monaco, Parigi, Utrecht, Zurigo e Amsterdam. Se l’obiettivo è, invece, quello di favorire la mobilità nei centri urbani con aree a traffico limitate, i city distribution centers si trovano a ridosso del centro e consentono il transhipment delle merci con le infrastrutture principali (porti, ferrovie, aeroporti). 32 I distripark indicavano inizialmente un'area in prossimità di un porto e di strutture di trasporto multimodale, dove collocare le merci in arrivo, in attesa della successiva distribuzione. In particolare si usava questa struttura per le piattaforme logistiche appartenenti a multinazionali americane e giapponesi, la cui strategia aveva previsto l'ingresso nei mercati europei con un solo magazzino centrale. Nel tempo l’interesse suscitato nelle compagnie di shipping ha portato ad uno sviluppo di tali strutture. 33 I distripark indicano oggi un’area posta a monte dei terminal portuali e integrata con un sistema di trasporto intermodale per favorire il carico e lo scarico delle unità di carico (container). Al fine di garantire maggior valore aggiunto alcuni distripark in Estremo Oriente sorgono all’interno di zone franche, in maniera tale da favorire la realizzazione di attività di trasformazione e la ricollocazione dei prodotti verso le destinazioni finali, secondo il modello definito ITRIET (importazioni terrestri e riesportazioni terrestri). 34 Il sistema di distripark per eccellenza è quello sorto in Olanda, presso il porto di Rotterdam. Ben tre sono, difatti, i distripark sorti nell’area e tra loro integrati. In quest’area le attività non sono quelle di mero transhipment, ma sono sorti ben 16 tra trade, distribution e marketing center. Recente è, infine, anche lo sviluppo di show room all’interno dei distripark di Rotterdam. In Italia sono stati approvati i progetti di realizzazione di distripark a Taranto, Brindisi e Genova, dato il ruolo strategico dei porti che hanno sede in queste città. 35 Le attrezzature Le imprese possono utilizzare le infrastrutture presenti sul territorio, ma per far ciò è necessario che le attrezzature di cui dispongono siano idonee alle connessioni con esse. In particolare le attrezzature possono essere classificate in due categorie: - stoccaggio - movimentazione 36 Le aree di stoccaggio non sono più orientate alla sola conservazione di materie e prodotti finiti, ma alla collocazione funzionale allo svolgimento delle altre attività e dell’utilizzo delle nuove strumentazioni. Si parla, difatti, di magazzini informatizzati. Il magazzino informatizzato è una struttura di stoccaggio dotata di sistemi di monitoraggio informatico dei livelli delle merci. Allo stesso modo la movimentazione è variata ed è anch’essa automatizzata con l’ausilio di strumentazioni meccaniche che per effetto del monitoraggio informatico possono essere attivate a distanza. 37 Wal-Mart, colosso della distribuzione negli Stati Uniti, ha basato la propria strategia di ottimizzazione della struttura dei costi sugli investimenti logistici. I risultati positivi realizzati da Wal-Mart sono stati integrati nelle supply chains di riferimento e hanno consentito il miglioramento delle performance per tutti i partner. 38 L’informatizzazione e le nuove tecnologie hanno portato all’introduzione di una strumentazione di particolare rilevanza: le apparecchiature rfid. La tecnologia rfid consente l’identificazione e la memorizzazione di prodotti mediante radiofrequenze. Wal-Mart, Tesco e MetroGroup sono state pionieristiche nell’impiego di tale tecnologia per identificare i propri prodotti prescindendo dal consolidato sistema dei codici a barre. 39 La tecnologia rfid permette la lettura a distanza di informazioni contenute all’interno di un’etichetta (tag) apposta sui prodotti, mediante l’utilizzo di appositi lettori ottici. Le tags sono costituite da microchip e ciò rende il sistema dispendioso se non utilizzato su larga scala e se non comporta ampi benefici in termini di riduzione di costi (e/o tempi) dell’attività di riconoscimento e movimentazione in magazzino. 40 I sistemi rfid sono composti da un lettore e un ricettore connessi mediante antenne. Entrambi gli strumenti possono essere fissi o portatili, in base alle esigenze dell’impresa utilizzatrice. Negli ultimi anni si tende a superare un ulteriore ostacolo dipendente dai tags, vale a dire la loro eccessiva vulnerabilità che ne comporta difficoltà di lettura. 41 I sistemi rfid sono stati implementati anche da imprese di media dimensione con delle modifiche volte a ridurre l’impatto dei costi. È il caso di imprese della Grande Distribuzione Organizzata (Onda Market e Conad Toscana) che hanno dotato i propri carrellisti di lettori ottici rfid collegati con l’elaboratore centrale. Le modifiche realizzate consistono nel raggio d’azione dei segnali radio, ma i risultati sono stati giudicati soddisfacenti dalle imprese stesse. 42 Caso di dimensioni estremamente diverse è rappresentato dalla Leclerc. L’impresa francese ha impostato la propria attività di movimentazione merci interna e di depallettizzazione con un sistema rfid che agisce fin dall’ingresso delle merci, consentendo l’indicazione dello scaffale di collocazione. Il sistema rfid è collegato mediante l’elaboratore centrale anche ai mezzi di trasporto utilizzati dall’azienda e alle altre aree aziendali. 43 Come detto in apertura, l’attività di gestione del magazzino può diventare un’occasione di business e ciò viene confermato anche rispetto alla tecnologia rfid. La “Optiscan Group” ha implementato numerose tecnologie a supporto dell’rfid e la sintesi dei risultati conseguiti è sintetizzabile nel giudizio dei propri clienti che hanno eliminato i sistemi di controllo interni a valle dell’implementazione degli strumenti messi a disposizione dall’impresa. 44 Le performance La finalità delle attività di magazzino è l’ottenimento di livelli di efficacia (raggiungimento dell’obiettivo) ed efficienza (relazione tra costi sostenuti e risultati ottenuti). Per verificare che ciò accada è necessario predisporre un sistema di indicatori. L’attività che ruota intorno a tali indicatori prevede: - sistema di misurazione - sistema di elaborazione dati - analisi di benchmark - interventi di miglioramento - individuazione dei punti critici 45 Sin dall’inizio dello svolgimento di attività di gestione del magazzino è necessario impostare un sistema di misurazione, volto a definire il modo in cui gli strumenti disponibili possano consentire la raccolta dei dati. In questa fase andranno, inoltre, definiti i fattori che richiedono una misurazione, in quanto oggetto di possibili interventi di ottimizzazione. I parametri solitamente individuati sono i tempi, i costi e i risultati (o i volumi). 46 I dati raccolti saranno oggetto di elaborazione e, al fine di analisi sintetiche, verranno costruiti degli appositi indicatori, alcuni dei quali sono presentati nel seguito. L’indice di rotazione delle scorte di magazzino è dato da: quantità prelevata nel periodo scorta media nel periodo e consente di misurare quante volte il magazzino viene completamente “utilizzato” nel periodo di riferimento. Il dato, opportunamente rapportato al periodo, può essere trasformato in unità di tempo. 47 L’indice di utilizzo delle superfici è dato da: superficie utilizzata superficie disponibile per lo stoccaggio e rappresenta la capacità del magazzino utilizzata. Uno scarso utilizzo può dar luogo ad una ristrutturazione del magazzino, a patto che non vi siano motivazioni congiunturali retrostanti. L’indice di utilizzo dei volumi è dato da: volume occupato dagli scaffali volume disponibile e rappresenta la capacità del magazzino occupata dagli scaffali. Un eccessivo utilizzo potrebbe essere un segnale di difficoltà di movimentazione all’interno dello stesso. 48 L’indice di utilizzo dei vani è dato da: volume occupato dall’unità di carico volume del vano e rappresenta l’adeguatezza dello spazio messo a disposizione (vano) rispetto all’unità di carico impiegata. È utile a valle di ristrutturazioni del magazzino per verifiche di adeguatezza. Il lead time di produzione (o messa a disposizione) è dato da: tempo di uscita del prodotto finito – tempo di ingresso delle nuove materie prime e rappresenta la capacità del magazzino di rifornire con continuità l’apparato produttivo aziendale. 49 L’indice di qualità delle movimentazioni di magazzino è dato da: (movimentazioni effettuate– movimentazioni errate) movimentazioni effettuate e rappresenta la corretta funzionalità delle strutture disponibili e il corretto svolgimento dell’attività del personale nelle movimentazioni di magazzino. L’indice di flessibilità degli ordini è dato da: numero di modifiche ordine evase numero di modifiche ordine ricevute e rappresenta la capacità di intervenire tempestivamente in caso di modifiche degli ordini ricevuti. 50 Accanto agli indici individuati, anche alcuni dati elementari possono essere fonte di informazioni utili per l’impresa. Tra essi troviamo: •Tempo di scarico del mezzo •Tempi di condizionamento (reimballo o etichettatura) •Pallet o Colli scaricati per ora •Colli danneggiati durante lo scarico •Giacenza media per codice •Frequenza della rottura di stock •Tempo di preparazione pallet •Tempo di gestione di un reso 51 I dati raccolti e rielaborati saranno poi oggetto di benchmark, in quanto nella modalità in cui si trovano potrebbero fornire informazioni di scarsa rilevanza, in assenza di un adeguato riferimento. In quest’ottica entra in gioco l’attività di benchmark che si realizza individuando, innanzitutto, un parametro di confronto. Tale parametro può essere di tipo temporale o spaziale. Nel primo caso i dati vengono confrontati con dati precedentemente raccolti, solitamente dell’impresa stessa. In termini spaziali, invece, si fa riferimento alle imprese concorrenti o alle performance ideali stimate. 52 Le considerazioni derivanti dall’attività di benchmark, unitamente ai feedback provenienti dagli operatori di magazzino e, prima ancora, dal responsabile, consentiranno di individuare i possibili interventi correttivi e/o migliorativi. In tal senso dal benchmark verranno evidenziate le motivazioni che hanno comportato la rilevazione del gap tra risultato atteso (o risultato obiettivo) e risultato registrato. 53 Il management dovrà conseguentemente individuare le modalità con cui intervenire per colmare i gap rilevati. Per lo scopo indicato intervengono i sistemi DEA (data envelopment analysis) che consentono una valutazione del magazzino rispetto a parametri standard, fissati sulla base degli indicatori e dei legami intercorrenti tra essi. I sistemi DEA possono fornire soluzioni caratterizzate dalla minimizzazione delle risorse da impiegare rispetto agli obiettivi, suggerendo delle best practices. 54 Allo stesso tempo il management potrà definire i fattori critici di successo dell’attività di magazzino svolta e tramutarla in vantaggio competitivo. A tal proposito può valere l’esempio di Zara. L’impresa di abbigliamento, partendo dall’osservazione dei dati relativi all’apparato logistico dei servizi inizialmente affidati a terzi (unitamente ai dati del reparto produzione e di quelli relativi alle vendite), ha iniziato a realizzare in proprio l’attività, fino a diventare addirittura un modello per le imprese di logistica. 55 L’impresa che predispone degli interventi di miglioramento del funzionamento del magazzino dovrà valutare l’impatto atteso dal punto di vista economico-finanziario e in termini di risultati per l’attività. In tal senso i soggetti decisori dovranno agire come in presenza di un’opportunità di investimento e definire: - capitali da investire - disponibilità del capitale da investire - ricadute economiche attese - tempi di recupero dell’investimento - benefici immateriali realizzabili (immagine, fiducia) - benefici indiretti derivanti dal miglioramento del livello di servizio per il cliente 56 Trattandosi di un vero e proprio investimento, l’impresa potrà valutarne la convenienza economica utilizzando strumenti come il VAN (valore attuale netto). Dal punto di vista finanziario andrà, invece, valutata la fattibilità, che si basa sul confronto tra risorse finanziarie necessarie e risorse disponibili (proprie e ottenibili da soggetti finanziatori). Nel caso di ricorso a finanziamenti andrà tenuta in considerazione la componente “costo” derivante dall’operazione. 57 Tuttavia l’approccio per indici presenta delle limitazioni. Alcuni degli indicatori, infatti, pur essendo generalmente accettati non consentono una corretta applicabilità a tutte le imprese per effetto delle diversità nelle attività svolte. Ne consegue un’ulteriore difficoltà anche al momento del benchmark. Da ciò deriva la necessità per l’impresa di definire eventuali indici ad hoc per l’attività svolta, ispirati agli obiettivi di fondo dell’efficacia e dell’efficienza. 58 La sostenibilità La misurazione delle performance sta andando sempre più in una direzione che oltrepassa gli aspetti economici e va verso la sostenibilità, vale a dire la misurazione dell’impatto ambientale. Il concetto di sostenibilità assume diverse vesti, ma in un’ottica generale è legato alle esternalità negative che le operazioni di magazzino possono generare sul contesto ambientale in cui l’impresa opera. La visione di una supply chain sostenibile mira al miglioramento delle performance ambientali di tutti i soggetti che collaborano con l’impresa considerata. 59 Gli interessi ambientali possono avere un andamento più o meno convergente rispetto a quelli economici. Facendo riferimento alla riduzione di sprechi, sfridi e con la conseguente diminuzione delle attività di smaltimento, l’impresa riesce a conciliare i due aspetti. In altri casi, invece, la riduzione di scarichi/scarti o la depurazione degli stessi, possono risultare contrastanti rispetto agli interessi economici dell’impresa. 60 L’”approccio Gray” consiste nella predisposizione di un modello che viene messo a disposizione dei soggetti con potere decisionale in azienda. A costoro verrà assegnata la responsabilità di assegnare un peso ai diversi impatti derivanti dalle attività svolte in magazzino e, conseguentemente, verranno proposte delle soluzioni che consentiranno di scegliere una delle alternative ottimali ed ottimizzanti proposte. Tale approccio esprime il suo massimo potenziale in fase di progettazione del magazzino o di ristrutturazione dello stesso. 61 La terziarizzazione Nella realizzazione delle attività di magazzino la terziarizzazione riveste una possibilità non sempre valutabile con facilità. In particolare l’impresa si trova nella scelta tra l’affidarsi ad uno specialista dell’attività e la volontà di voler mantenere il controllo su una serie di operazioni divenute ormai strategiche. La scelta di terziarizzare non si presenta soltanto qualora l’impresa abbia già optato per una gestione just in time che le consenta di dover movimentare soltanto i prodotti finiti. 62 Al di là del fattore strategico l’impresa dovrà, altresì, valutare l’impatto economico della scelta di terziarizzazione. Tale valutazione è solitamente nota come make or buy e va considerata anche in ottica prospettica. In dettaglio l’impresa dovrà sì valutare se affidarsi ad un partner per la gestione del magazzino consente un beneficio economico, ma dovrà farlo anche guardando alle prospettive di evoluzione che le si presentano. Cosa accadrebbe in caso di espansione internazionale? E in caso di diversificazione della gamma? 63 Lo studio realizzato da Kearney nel 2009 mostra come l’impatto economico delle attività di magazzino sulla totalità delle attività aziendali stia crescendo. 64 La valutazione del management andrà, inoltre, al di là dell’aspetto economico perché l’impresa potrà beneficiare anche di ulteriori risorse dall’affidarsi a terzi. In particolare l’impresa dovrà valutare l’impatto in ottica relazionale ed in ottica di learning. In dettaglio una visione relazionale potrà consentire all’impresa di instaurare nuovi collegamenti con gli operatori della logistica e con i partner dell’operatore stesso. Il ritorno sarà quindi misurabile con aspetti qualitativi e non quantificabili. In quest’ipotesi il partner opererà, in maniera più o meno diretta, come sales manager o come relation manager. 65 L’ottica di learning consiste, invece, nella possibilità di apprendimento del personale dell’impresa delle attività svolte dal soggetto al quale si è deciso di terziarizzare la gestione del magazzino. Posta tale possibilità il management dell’impresa potrebbe anche decidere di impostare una strategia volta all’acquisizione di nuove competenze e mettere a frutto, nel tempo, l’effetto esperienza che verrà espresso dal proprio personale. 66