Capitolo I:
Storia, Fatti ed
Istituzioni
Economia Europa
Università di Parma
Valentina Cattivelli
[email protected]
Due guerre mondiali e due
dopoguerra



La gestione economica e finanziaria della prima guerra
mondiale aveva rappresentato una novità che aveva
colto pressoché del tutto impreparati stati e operatori
economici.
Altrettanto era stato per il difficile dopoguerra e la
gestione di una fase di drammatica instabilità
economica, sociale e politica che aveva interessato
tutta l’Europa.
L’esperienza compiuta nella prima guerra e nel
dopoguerra sono largamente utilizzate nella seconda e
nel suo dopoguerra per evitare gli errori che avevano
favorito (1) l’instabilità valutaria e (2) la drastica
riduzione dei rapporti economici e finanziari
internazionali durante la grande crisi e la depressione
degli anni Trenta.
Il secondo dopoguerra
 Le
difficoltà della ricostruzione;
 Non autosufficienza alimentare;
 Instabilità politica.
Il confronto morti/PIL
L’eredità della guerra
Per molti stati la guerra produce un netto
peggioramento della bilancia dei pagamenti;
alcuni sono appesantiti da un consistente
debito estero (per es. UK: £ 16 mld).
Praticamente in tutti i paesi coinvolti la guerra
lascia una pesante eredità in termini di spinte
inflazioniste. O perché la spesa pubblica ha
incrementato enormemente la liquidità dei
sistemi economici o perché i saldi attivi delle
bilance dei pagamenti hanno avuto
conseguenze simili, anche se di portata più
contenuta.
L’inflazione può avere un forte impatto sulle
società;
può
risultarne
una
forte
disorganizzazione economica, per esempio
cancellando la capacità di finanziare nuovi
investimenti (dopo una fase iniziale in cui,
invece, può favorirli).
L’eredità della guerra
Vi
sono
gravi
carenze
di
approvvigionamenti
alimentari,
aggravate
da
cattivi
raccolti.
La
produzione agricola europea nel 1945 è
50% del 1938; quella industriale del 33%.
La carenza di merci aggrava le spinte
inflazioniste.
La ripresa commerciale è gravemente
ostacolata dal Dollar gap (valuta USA
molto forte).
Le prime questioni da risolvere
 Il
controllo della Germania;
 Capitalismo vs comunismo?
 Nazionalismo da combattere;
 Il problema della guerra fredda;
 Primi desideri di integrazione.
Nuovi obiettivi e strumenti di
politica economica.
Viene anche attentamente valutata l’esperienza
 del ristagno economico sofferto già negli anni 1920 da alcuni paesi
(UK e Italia in particolare) in relazione a politiche di cambio errate;
 e soprattutto quella della gravissima recessione degli anni 30 e
delle soluzioni che avevano consentito in alcuni sistemi economici
di limitare i guasti.
Le lezioni tratte dagli anni 30 portano a elaborare nuovi indirizzi di
politica economica.
Vengono diffusamente applicate da amministrazioni statali ormai
investite di ampie responsabilità in campo economico misure di
stabilizzazione congiunturale mediante (1) politiche monetarie (ed
eventualmente fiscali) e (2) politiche di investimento per favorire la
ricostruzione e l’occupazione.
C’è però
crescita…
chi
registra
una
I paesi produttori di materie prime e i paesi
coinvolti come retrovie del conflitto in Asia,
Australia e Medio Oriente ricevono un forte
impulso alla crescita perché favoriti dalle
spese degli alleati.
Il reddito monetario insolitamente alto creato
da esportazioni verso i belligeranti e/o dalla
spesa di truppe stanziate sul loro territorio
fornisce
abbondanti
risorse
valutarie.
Raramente
possono
essere
spese
immediatamente. Soprattutto i conti in £ (i più
consistenti) sono bloccati dalle disposizioni
valutarie britanniche.
10
Gli anni ’50 e 60’: tra ricostruzione e ripresa
 Convergenza
dell'economia
italiana
verso quella europea e di promozione del
suo nuovo reinserimento nel contesto
internazionale;
 La produzione era orientata non solo
verso il mercato interno, ma anche verso
l’esportazione nei mercati più progrediti;
 Rallentamenti
culturali e forme di
dualismo (Industrie leggere vs industrie
pesanti; Piccola vs grande impresa; città
vs campagna).
Ricostruzione e riqualificazione
economica
Forte esigenza di industrializzazione per garantire
un livello di reddito più elevato (1) nei paesi già
industrializzati (ma preoccupati di combattere
la disoccupazione che minaccia la stabilità
sociale) e (2) in quelli non industrializzati.
Si vuole rimediare alle distruzioni e riqualificare
sistemi produttivi rimasti separati dal flusso di
rinnovamento tecnologico;
La spinta all’industrializzazione é collegata alla
formazione di stati indipendenti partendo da
paesi che erano stati per lunghi periodi colonie
o comunque subordinati, politicamente ed
economicamente, a potenze europee (UK,
Olanda, Belgio e Francia).
Il ruolo dello Stato



Durante il conflitto i compiti economici dello
stato nella produzione e distribuzione si
dilatano.
Comportano un aumento della spesa
pubblica che solo in parte può essere
affrontato, in economie di mercato, con
incrementi del prelievo fiscale.
Cresce l’indebitamento e cresce la creazione
di liquidità attraverso emissioni di moneta
fiduciaria che crea pressioni inflazionistiche
(eventualmente nascoste da disposizioni
restrittive su prezzi e distribuzione delle merci
e dei servizi che sono adottate durante la
guerra e possono durare nel dopoguerra).
Il ruolo dello Stato

Pressioni per il ridimensionamento del ruolo dello
Stato,



Le politiche di sviluppo economico-territoriale degli
anni ‘50 poggiavano sulla convinzione che la mobilità
dei fattori fosse l'elemento che, da solo, fosse in grado
di determinare il riequilibrio tra le aree più sviluppate e
quelle meno sviluppate;
Il modello di matrice neoclassica assume che la
produttività marginale del lavoro e del capitale siano
proporzionali alle rispettive remunerazioni e quindi i
fattori della produzione tendono a spostarsi dove sono
maggiormente
remunerati
perché
più
scarsi
determinando cosi un riequilibrio generale, sia nelle
produttività che nelle remunerazioni.
ma necessità di ricostruzione...
14
Gli orientamenti prevalenti
 Rosenstain
Rodan: sviluppo equilibrato di tutti i
settori;
 Hirschman:
fiducia al mercato e
infrastrutture.
 Poi, anni 50’: Revisione ruolo dello Stato in
economia.
ruolo
L’ispirazione keynesiana nelle
politiche economiche
Le proposte avanzate da John Maynard Keynes si erano affermate
nel mondo accademico anglosassone. L’affermazione fu
agevolata dal ruolo inedito che gli economisti svolsero come
consulenti dei governi di UK, Canada e USA durante la guerra.
Inoltre vi contribuì il grande prestigio che lo stesso Keynes aveva
acquisito grazie al suo ruolo
 nel dibattito politico e culturale fra le due guerre;
 come consigliere del primo ministro e della Treasury britannica
dal 1939;
 come principale negoziatore internazionale per il governo
britannico.
Progressivamente, ma lentamente e in maniera non omogenea,
esse ispirarono i responsabili della politica economica anche
degli stati europei continentali.
La scuola keynesiana


La General theory proponeva ricette
innovative per la politica economica in
condizioni di parziale impiego delle risorse
disponibili
(disoccupazione
diffusa
e
sottoutilizzo della capacità produttiva degli
impianti) e presupponeva un approccio non
ortodosso
all’esigenza
di
stimolare
l’economia.
Sostenere la domanda tramite l’aumento
della spesa pubblica.
17
Punti di forza
dell’orientamento prevalente
 Irrilevanza
del vincolo di bilancio;
 Lo Stato sicura sede di equità;
 Ricostruzione ed attrazione degli investimenti
fondamentale.
18
Punti di debolezza
 Scarsa
mobilità del capitale;
 Sviluppo settoriale e regionale e non diffuso;
 Sviluppo polarizzato;
 Inefficienza
delle politiche nazionali a
sostegno dello sviluppo;
 Non tutta la ricchezza prodotta rimane
nell’area di origine.
 Favorita permanenza di una economia di
sussistenza.
Gli USA
 Necessità
di accelerare la ricostruzione
dei paesi europei;
 Stabilità monetaria (Bretton Woods, 1944);
 Impegno per la costituzione di organismi
internazionali (Banca Mondiale, FMI).
I primi passi per l’integrazione:
OEEC ed EPU
 Piano
Marshall;
 Costituzione
OEEC (Organization for
European Economic Cooperation) nel
1948;
 Aiuti finanziari a 15 paesi europei;
 Imposti tentativi di unificazione (riduzione
delle barriere doganali intraeuropei e
costituzione del sistema unico dei
pagamenti EPU).
I primi passi per l’integrazione:
OEEC ed EPU
 Nel
1949 gli USA rimproverarono i paesi
membri per una maggiore integrazione,
soprattutto per quanto atteneva la
liberalizzazione
degli
scambi
commerciali;
 I paesi europei utilizzarono le risorse
finanziarie del piano Marshall per
finanziare il proprio debito pubblico e
anche interno all’EPU.
Il piano Marshall



Gli aiuti sono dati come grants (doni) per il
90% e loans (prestiti, gestiti attraverso la
Export-Import Bank) per il 10%. Sono finanziati
dal bilancio federale USA. Permettono di
comperare merci e servizi (trasporto)
prevalentemente da produttori americani per
cederle ai governi membri dell’ERP.
Questi ricevono gli aiuti in natura e possono
venderli agli operatori economici e agli enti
che ne fanno richiesta contro pagamenti
nelle diverse monete nazionali.
L’ERP assicura circa ¼ delle importazioni
europee fra 1947 e 1950.
Il piano Marshall
 Gli
importi pagati affluiscono ai “conti di
contropartita” a favore delle rispettive
amministrazioni statali, integrandone il
bilancio.
 Sono utilizzati in diverso modo: dal
finanziamento di lavori pubblici (senza
accendere prestiti o appesantire il
prelievo fiscale) all’accumulazione di
riserve. Gli effetti in termini di stimolazione
dell’economia e dell’occupazione sono
diversi. L’ECA (European Cooperation
Agency) nel 1949 criticherà i governi
troppo cauti nell’utilizzare i fondi di
contropartita per finanziare investimenti.
Il piano Marshall
 Nei
primi 15 mesi arrivano in Europa
soprattutto cereali, carbone e materie
prime per l’industria. Successivamente
vengono forniti soprattutto macchinari
impianti. Questo è il contributo diretto
all’ammodernamento dei processi di
produzione e alla riduzione del divario
tecnologico rispetto agli Stati Uniti.
Le erogazioni del piano

Fonte: Oecd, 2009
Le erogazioni del piano

Fonte: Oecd, 2009
Altri fattori di crescita…





Negli anni 1950 la divaricazione tra il Pil pro capite
di USA e Europa è alta; c’è spazio per un rapido
aumento di produttività tramite il recupero del
ritardo accumulato.
La liberalizzazione degli scambi commerciali e
degli investimenti permette di superare i limiti dei
mercati nazionali.
C’è disponibilità illimitata di mano d’opera per
diversi anni. L’automazione agevola l’uso di
addetti non qualificati.
Il prezzo dell’energia e di molte materie prime
resta relativamente basso per diversi anni, salvo
impennate di durata relativamente breve (per es.
guerra di Corea). Le ragioni di scambio sono
favorevoli ai manufatti piuttosto che ai prodotti
grezzi.
Diverse condizioni istituzionali agevolano il
processo di sviluppo.
I primi passi per l’integrazione:
OEEC ed EPU
I
paesi europei cominciarono a ridurre le
restrizioni quantitative alle importazioni
private.
 La liberalizzazione importò una crescita
dei commerci e dei redditi, oltre che del
PIL;
 Diffusione
della convinzione che la
liberalizzazione dei traffici fosse misura
utile per la crescita dell’economia.
Rapporto crescita ed
esportazioni
La via per una più profonda
integrazione
 Idea
per una integrazione più profonda e
generalizzata dell’OEEC;
 Problema Germania e Guerra Fredda;
Federalismo e
intergovernamentalismo
 Dubbi
sulla
capacità
dei
sistemi
democratici circa la prevenzione di
guerre (esempio Hitler);
 Volontà
di
costituire
una
realtà
istituzionale sovra nazionale e una
struttura federale;
 In opposizione, alcuni stati (sop. GB)
credeva che la cooperazione interstatale
fosse la soluzione migliore.
Federalismo e
intergovernamentalismo
 Del
primo gruppo
Francia, Austria;
 Del
Italia,
Germania,
secondo GB, Norvegia, Danimarca.
 Spagna
e Portogallo sotto dittatura fino
agli anni ’70.
Preferenza per
l’intergovernamentalismo
 Nel
dopoguerra l’unico paese con una
struttura di governo solida era la GB;
 L’OEEC si ispira a questo principio;
 Sono costituiti il Consiglio di Europa (1949)
e la Corte dei diritti umani (1950) tuttora
attivi.
L’idea di Schuman
 Porre
sotto controllo la produzione di
acciaio di Germania e di Francia.
 A questi si unirono Italia, Paesi Bassi,
Belgio e Lussemburgo;
 Nasce così la CECA.
Crescita economica ed
integrazione
Problemi…
 Rafforzamento
asse Germania-Francia;
 Necessità di estendere ad altri settori e
paesi;
 Integrazione politica passa per quella
economica.
Il trattato di Roma 1957





Costituzione CEE ed EURATOM;
Maggiore integrazione economica;
Rimozione dazi per le transazioni intereuropee
e tariffazione comune per quelle extra;
Promessa per la libera circolazione dei
capitali e del lavoro;
Costituzione degli organi (Parlamento, Corte
di Giustizia e Commissione Europea).
La CEE
 Eliminò
tutte le barriere al commercio
intraeuropeo;
 Le importazioni da paesi non membri non
furono interessate;
 Reazione: EFTA.
CEE vs EFTA
CEE vs EFTA
 All’interno
delle due istituzioni niente dazi
doganali;
 Tra i due sistemi, condizioni agevolate;
 Il mercato e il GDP della CEE era il doppio
di quelli dell’EFTA.
 Se
l’obiettivo era l’integrazione, la
costituzione di questi due organismi
spingeva verso la non integrazione.
I primi problemi…

La bilancia dei pagamenti USA si modifica: il dollar
gap scompare e la liquidità internazionale cresce
nettamente preparando una situazione nuova che
emerge entro l’inizio degli anni 1960. La massa di $
in circolazione nel mondo è nettamente > a
qualunque possibilità di conversione se qualche
stato decidesse di chiederla.

L’incremento degli scambi internazionali ha fatto
consistenti progressi.
Vengono trovate soluzioni specifiche per
mantenere rapporti di > vantaggio con i paesi
tropicali ex coloniali rispettivamente di Francia e
UK.

I primi problemi…
 Particolari
problemi emergono nella
formulazione e gestione di politiche
agricole per i paesi europei a partire dal
1964: bisogna conciliare (1) la garanzia di
prezzi agricoli remunerativi per le
agricolture nazionali con (2) l’esigenza di
limitare rincari di beni salario e con (3)
quella di offrire sbocchi alle produzioni
agricole di paesi ex coloniali.
I primi problemi…

Il ruolo internazionale della £ e del mercato
finanziario londinese viene confermato in
misura ridimensionata e nuova. Londra
diventa la prima piazza per trattare
eurodollari, cioè $ che possono essere
ottenuti da banche che non operano negli
USA, consentendo di disporre della principale
valuta mondiale, suscettibile di ampia
circolazione, senza doversi adattare ai vincoli
e alle prescrizioni delle autorità monetarie
USA.
I primi problemi…
 La
crescita della domanda di materie prime
e il progressivo avvicinamento al limite del
pieno impiego delle risorse disponibili (in
particolare manodopera e materie prime)
favorisce l’incremento dei prezzi. L’elevata
liquidità internazionale facilita questo esito.
L’incremento dei prezzi è diverso fra paesi,
in funzione (1) delle rispettive strutture
economiche, (2) delle rispettive istituzioni
finanziarie e monetarie, e (3) delle diverse
capacità di realizzare avanzamenti di
produttività che permettano di mitigare
l’aumento dei prezzi.
I primi problemi…

Benché le monete dei paesi occidentali siano
quasi tutte legate da cambi fissi, alcune
tendono ad apprezzarsi e altre a svalutarsi.
Nel corso degli anni 1960 si verifica un
indebolimento del potere di acquisto del $
che si traduce in fragilità del cambio. Le
banche centrali sviluppano un’intensa e
sofisticata attività di intervento sul mercato
dei cambi e di collaborazione. Pool dell’oro,
doppio prezzo dell’oro, swaps, obbligazioni
Roosa e finalmente Diritti speciali di prelievo
sono strumenti utilizzati per consentire di
mantenere il sistema di parità fisse.
I primi problemi…
 Si
sviluppa però un’offensiva teorica in
favore dei cambi flessibili, considerati più
efficaci
per
frenare
le
spinte
inflazionistiche.
 L’inflazione
deve essere combattuta
anche riducendo la spesa pubblica, tanto
più che essa è considerata, quasi
ontologicamente,
fonte di spreco e
inefficienza, mentre il mercato ha la
capacità di autoregolarsi.
I primi problemi…
 Per
i fautori della teoria monetarista che
va aumentando la sua influenza negli
anni 1960-70 l’inflazione è il frutto di una
crescita eccessiva della liquidità.
 Per evitarla bisognerebbe:
 regolare
abilmente l’incremento di offerta di
liquidità;
 Controllare la spesa pubblica.
I primi problemi…


Per gli economisti influenzati da J.M.Keynes
l’inflazione è il risultato di uno squilibrio fra
offerta e domanda; cioè una domanda da
parte di imprese e famiglie superiore alla
disponibilità di risorse. Va corretta con misure
che modifichino il livello dei redditi e quello
dell’offerta (sul breve periodo, per es.,
importando di più; su tempi più lunghi
aumentando la produzione e il reddito).
Le rigidezze nella ripartizione del reddito fra
detentori del capitale e lavoratori dipendenti
possono alimentare l’inflazione.
I primi problemi…
 Inflazione
deriva anche da tendenza
all’aumento dei costi di produzione
associati all’aumento dei prezzi dei
prodotti di base e dall’appesantimento
degli oneri salariali e sociali sulle imprese.
 La dimensione e il carattere delle imprese
influisce sulla loro capacità di controllare
lo scarto fra costi e prezzi.
Il primo allargamento
 La






GB volle entrare nel 61 per:
Affermare il proprio dominio nei cieli;
Eccesso di discriminazione commerciale
(la CEE non era l’EFTA…);
Spinta per altri paesi verso l’adesione
(Danimarca, Irlanda e Norvegia).
Opposizione iniziale francese all’ingresso;
Norvegia negò per un referendum;
Ancora squilibri commerciali tra paesi CEE
e EFTA.
Cambiamenti strutturali tra gli
anni ‘60 e ‘70
 Il
commercio internazionale è aumentato più
velocemente della produzione mondiale.
 Cambia la composizione merceologica.
 Cambia
di
conseguenza
anche
la
ripartizione geografica dei flussi commerciali.
 Chi ha ampi saldi attivi teme di importare
inflazione. I produttori di combustibili (specie
petrolio) concentrano dal 1974 abbondanti
disponibilità di valuta, da usare per impieghi
finanziari.
Cambiamenti strutturali tra gli
anni ‘60 e ‘70
I
cambi sono instabili (abbandono
sistema dei cambi fissi).
 Lo sviluppo del commercio, l’espansione
delle imprese multinazionali e le maggiori
opportunità di comunicazione agevolano
la speculazione e ostacolano controlli
efficaci sui movimenti di capitali.
Cambiamenti strutturali tra gli
anni ‘60 e ‘70
 General
programme del 1969 fallisce il
tentativo di rimuovere barriere al
commercio tramite regolazione di ogni
singolo bene/mercato.
 A causa della maggioranza richiesta
(unanimità), fallì.
 Stagflazione.
La svolta degli anni ‘70


Il lungo periodo di alti tassi d’investimento (nei
paesi industrializzati e in quelli in via
d’industrializzazione) spinge in alto i prezzi di
prodotti energetici e materie prime.
L’aumento è sostenuto dal carattere non
omogeneo dei processi di crescita. Si
verificano disfunzioni fra settori che hanno
differenti capacità di sviluppo; ne derivano
tensioni dei
prezzi, oltre che minore
produttività. Per es., tra 1950 e primi anni 1970
l’arretratezza del sistema commerciale di
distribuzione provocò aumenti dei prezzi al
consumo superiori a quelli dei prezzi
all’ingrosso, rafforzando la richiesta di
incrementi salariali.
La svolta degli anni ‘70


I salari, con il procedere della lunga
congiuntura di espansione, tendono a
crescere per il
progressivo avvicinarsi a
condizioni di pieno impiego, anche se
operano a lungo specifiche condizioni che
permettono di attenuare le tensioni salariali:
(1) flussi migratori da nuovi bacini di lavoro
sottoutilizzato; (2) aumento della produttività
favorito dall’accumulo degli investimenti
pubblici (infrastrutturali ) e privati.
L’aumento di produttività consente anche il
recupero più o meno integrale degli
incrementi di retribuzione e compensa la
riduzione del numero di ore di lavoro.
La svolta degli anni ‘70
 Crescono
le tensioni nelle relazioni
industriali e nei salari.
 Rinnovo generazionale e sociale degli
occupati, effetti della concentrazione
urbana, irrigidimento dei processi di
produzione e tendenza all’uso intensivo di
soluzioni tayloriste.
58
Gli anni ’70: tra riforme strutturali e
maturità del sistema economico.
 Stabilizzazione
dei risultati degli anni Sessanta
o Difesa per limitare gli effetti sulle principali
variabili interne degli eventi internazionali?
59
Gli anni ’70: tra riforme strutturali e
maturità del sistema economico


Il passaggio da “cittadinanza industriale a
cittadinanza sociale” è in atto e muove
dall’assunzione dei diritti universali a diritti individuali
e soggettivi.
La regolazione del controllo diventa “socializzazione
allargata” in un sistema dinamico in cui si assiste al
superamento della massificazione della produzione,
all’affermazione della differenziazione produttiva e di
domanda, ad un aumento dei salari nominali, alla
nascita di forme di protezione sociale fino alla
costruzione del consenso attraverso il pieno
coinvolgimento della “società”.
60
Es. Principali riforme degli anni ‘70
in Italia















1969: Nuovo sistema previdenziale
1970: Statuto dei lavoratori
1970-1975: regioni e decentramento delle politiche sociali
1970 Legge sul divorzio
1971 Legge sugli asili nido pubblici
1974 Decreti delegati per la scuola
1975 Legge sulla scala mobile
1975 Legge sul diritto di famiglia
1975 Legge sulle tossicodipendenze
1975 Istituzione dei consultori famigliari
1976 Legge sulla partecipazione
1977 Abolizione classi differenziali
1978 Servizio Sanitario Nazionale
1978 Chiusura dei manicomi
1978 Legge sull’aborto
61
Gli effetti del riformismo

Gli effetti sono valutabili anche in campo economico
dove,
al
welfare
compassionevole
attuato
unicamente mediante politiche d’assistenza a
soluzione di situazioni di disagio sociale, si sostituisce
dapprima un welfare cosiddetto occupazionale che
eroga
più
consistenti
incentivi,
attraverso
meccanismi assicurativi, a più ampie categorie
sociali (prevalentemente lavoratori) e, in seguito, un
welfare universalistico che, disponendo di maggiori
risorse derivanti dalla fiscalità generale, prevede
l'implementazione di un sistema generalizzato
d’interventi di promozione sociale, estesi alla quasi
totalità della popolazione.
Gli effetti del riformismo
 La
conseguente inclusione di persone
che, per reddito, n’erano escluse, o
l'aumento e la qualificazione dei servizi
offerti,
l'affermazione
dell'importanza
delle pari opportunità, ma soprattutto il
coinvolgimento
di
nuovi
soggetti
nell’erogazione dei servizi relativi, sono i
principali
motivi
del
successo
dell'attuazione di una politica “fortemente
sociale”.
63
Gli effetti del riformismo
 Maggiore
presenza
sistema economico:
dello
Stato
nel
 Burocrazia;
 Spese
sociali;
 Spese militari;
 Ristrutturazione settori produttivi.
 Non
sempre le entrate tributarie riescono
a coprire l’aumento delle spese.
 Indebitamento pubblico.
Gli
effetti
economico
64
sul
sistema

La maturità delle produzioni e le diseconomie da
urbanizzazione, le conseguenze di shock interni su
salari ed esterni sul prezzo delle materie prime
impongono una generale revisione del modo di fare
impresa e delle politiche di bilancio.

I settori che avevano conosciuto un costante
sviluppo nel decennio precedente sono entrati nella
fase della maturità, se non nella fase di declino
produttivo, tanto da indurre il management
strategico ad attuare politiche di forte riduzione dei
costi.
Gli
effetti
economico

65
sul
sistema
La città diventa più costosa ed impone un’evidente
delocalizzazione produttiva, dapprima in aree
suburbane (decentramento a corto raggio) in aree
meridionali o in paesi vicini per cultura
imprenditoriale e struttura produttiva, e, in seguito, in
aree marginali (decentramento a lungo raggio) dove
la presenza di forme di dumping sociale, fiscale ed
infrastrutturale, è motivo di forte contrazione dei costi
o richieste d’interventi statali locali a pieno
soddisfacimento degli interessi esteri.
I tassi di cambio



Abbandono dei cambi fissi da parte negli Usa nel
‘71;
Abbandono
dell’oro
come
strumento
di
pagamento;
Nel marzo 1972 i membri della CEE danno vita al
“serpente monetario”, cui aderiscono anche UK,
Irlanda e Danimarca, che stanno per entrare nella
CEE. Prevede fluttuazione di ± 1,25%. Il serpente,
organizzato attorno al DM, fallisce perché i tassi di
crescita delle diverse economie sono molto
diversi, così come il livello dei loro prezzi; le
politiche monetarie e finanziarie che ciascuna
conduce indeboliscono il serpente perché non
riescono ad essere conciliate, date le differenze
strutturali fra economie.
Monete e speculazione




Il $ è debole ed è soggetto a pressioni
speculative
che
ne
accentuano
la
svalutazione.
La svalutazione del $ determina una forte
reazione da parte dei paesi aderenti all’OPEC
nel 1973 che contrattano nei primi anni ’70
migliori condizioni; nel 1973 riescono a
intendersi sulla riduzione dell’offerta di
petrolio e un netto aumento del prezzo. Allora
controllano il 54% della produzione, il 70%
delle riserve, l’81% delle esportazioni mondiali
di greggio.
Nel periodo 1971-1973 l’OPEC ottiene un
aumento dei prezzi ufficiali dalle compagnie
petrolifere considerevole.
Tra 1970 e 1973 diversi stati (Libia, Algeria,
Iraq, Iran) nazionalizzano le risorse petrolifere
La crisi petrolifera
 Dopo
la guerra del Kippur l’Arab
Organization of Arab Exporting Countries
decide l’embargo sulle consegne di
petrolio a Olanda, USA, Giappone,
considerati sostenitori di Israele, e decide
l’aumento unilaterale del prezzo del
greggio
ceduto
alle
compagnie
petrolifere. Il 16 ottobre 1973 i prezzi
vengono aumentati del 70%.
La crisi petrolifera




La fine del basso prezzo del petrolio causa
una severa recessione e impone una
profonda
riorganizzazione
dell’economia
mondiale.
I paesi OPEC controllano ormai grandi
disponibilità finanziarie che sono usate solo in
misura limitata per aumentare le importazioni.
Soprattutto gli stati del Golfo Persico e l’Arabia
Saudita, con popolazione molto limitata e
enormi surplus di bilancia dei pagamenti,
realizzano investimenti di portafoglio e alcuni
consistenti investimenti diretti nelle economie
industrializzate.
Contribuiscono così anche ad aumentare la
liquidità dei sistemi bancari e dei mercati
finanziari
delle
principali
economie
industrializzate.
Forte indebitamento delle altre economie ex
coloniali.
La bilancia dei pagamenti corrente dei
paesi importatori di petrolio, in mld $,
1973-81
71
Gli anni ’80: tra riflessioni circa il consolidamento dei risultati
socioeconomici del decennio precedente ed orientamento alla
innovazione






Crisi dello Stato;
Maggiore autonomia del mercato;
I valori sostenuti dai movimenti sociali perdono di
intensità;
Elevato tasso di disoccupazione;
Stabilità nel sistema dei cambi;
Alti tassi di inflazione e di interesse;
Negli anni ‘80
 Dal
1983 l’inflazione nei paesi OCSE
rallenta grazie a politiche di contrasto;
 La riduzione del tasso d’inflazione è
agevolata dalla caduta del prezzo del
petrolio. L’OPEC è più debole a causa
delle guerre in Medioriente.
 La crescita economica è timida, ma c’è.
Negli anni ‘80





Timori per un eccessivo indebitamento di imprese
e famiglie;
Timori per la contrazione del credito bancario
dettata dal timore di insolvenze.
Contrazione della produzione, licenziamenti
provocando un’ulteriore riduzione dei redditi e il
calo dei consumi e degli investimenti.
Sovvenzioni statali alle industrie ed agricoltura.
Si teme il ritorno del protezionismo: le tariffe
doganali sono scese fra i membri GATT a 4%, ma
crescono le restrizioni non tariffarie e le
compensazioni bilaterali [countertrade] entro la
fine degli anni 1980.
La riorganizzazione produttiva






Il rincaro delle materie prime e soprattutto dei
prodotti energetici insieme con la maggior
rigidezza del mercato del lavoro sollecitano
la riorganizzazione produttiva dei paesi
industrializzati.
La produzione è diversamente organizzata:
Maggiore coordinamento delle fasi di
processo;
Decentramento delle produzioni e ricerca di
economie di specializzazione;
Regolazione rapporti con i clienti fornitori,
Diffusione dei distretti= impresa a rete o rete di
imprese?
La crescita
finanziario






del
mercato
Nuovi strumenti finanziari;
Ricorso massiccio all’indebitamento da parte
degli Stati;
Perdita di incisività dei controlli sui movimenti
di capitale;
Carenza di norme internazionali sulle riserve
obbligatorie
rispetto
alle
passività
internazionali o di vincoli sul rapporto tra
risorse proprie d quantità di prestiti erogati;
Dilatazione delle esigenze di finanziamento
da parte di paesi non industrializzati che
tentano di svilupparsi.
Il debito dei paesi emergenti sale da $70 mld
nel 1970 a 264 nel 1977.
Il debito dei paesi emergenti
82-85




La prima crisi finanziaria successiva alle “crisi
petrolifere” è quella dei paesi debitori.
Le debolezze strutturali delle economie debitrici
portano nel 1981-82 a insolvenze (impossibilità di
pagare le rate di ammortamento e gli interessi sui
debiti), quando la seconda crisi petrolifera del
1979 modifica ancora il quadro economico e
finanziario introducendo rincari superiori a quelli
del ’73.
I pagamenti erano più difficili se i debitori
dovevano svalutare per rimediare a difficoltà di
bilance dei pagamenti passive, o se i tassi di
interesse aumentavano. La crisi colpisce in modo
particolare Messico, Argentina, Filippine, Polonia.
Di riflesso, vengono messe in difficoltà le banche
internazionali esposte verso tali economie. Le
difficoltà sono proporzionali all’esposizione di
ciascuna banca verso debitori poco affidabili.
L’aiuto a questi paesi
 Intervento
massiccio FMI;
 Aumento delle quote e dei prestiti al FMI
da parte dei paesi sviluppati;
 Rinegoziazione del debito.
Il passaggio dal serpente allo
SME
 Nel
marzo 1979 la CEE sostituisce il
serpente con un Sistema monetario
europeo per aumentare l’indipendenza
dal $ e dalla sua volatilità, rendendo
monetariamente
stabile
l’Europa
occidentale.
 Come il vecchio sistema, si basa su parità
reciproche delle diverse monete; utilizza
come riferimento una Unità di conto
europea, impiegata sul mercato delle
obbligazioni e dei titoli pubblici. Il valore è
definito in base al paniere di 9 monete
della CE che aderiscono al sistema.
Il passaggio dal serpente allo
SME



Le diverse monete possono oscillare rispetto
alla parità centrale (tasso base) ±2,25%.
All’Italia è concesso il 6%, data la fragilità dei
suoi conti con l’estero. Nei primi 4 anni si
procede a 1 riallineamento ogni 8 mesi; poi
fino al gennaio 1987 I riallineamenti si
riducono a 1 l’anno. Vengono allentati i
controlli sui movimenti di capitali nell’area
europea.
A differenza del “serpente” lo Sme prevede
che gli interventi correttivi di eventuali squilibri
non spettino solo ai paesi a valuta debole,
ma anche a quelli con valuta forte.
Ai 9 membri iniziali si aggiungeranno la
Spagna nel giugno 1989; UK nell’ottobre 1990
(per euroscetticismo); il Portogallo nell’aprile
1992. tutti godono dell’oscillazione al 6%.
The single Market Programme


Nel 1985, le imprese UE si impegnarono nel
creare un mercato libero per le imprese dei
paesi aderenti.
Permanevano però dei limiti:






Controlli sui capitali
Preferential public procurement
Formalità transfrontaliere
Regolazioni tecniche ed amministrative diverse
Differenze fiscali
Il principio della libera circolazione fissato
con il Trattato di Roma non è soddisfatto
The single Market Programme

Questo accordo fu firmato per rafforzare le 4
libertà (di movimento dei beni, di servizi, di
persone e di capitali) attraverso revisione:







Liberalizzazione del commercio di beni
Eliminazione delle formalità burocratiche
Armonizzazione dell’IVA
Liberalizzazione del government procurement
Armonizzazione
degli
standard
nella
produzione,
nel
confezionamento,
del
marketing
Rimozione dei controlli sui capitali
Integrazione nel mercato dei capitali
The single Market Programme
 Questo
accordo fu sottoscritto con
maggioranza
qualificata
(non
maggioranza)
 Attuazione
graduale
(assestamento
definitivo con Maastricht)
 Controllo sui capitali importa controllo sui
tassi=
i
paesi
sono
pronti
ad
abbandonarli??
Il single market e l’EFTA
I
paesi EFTA si sentono discriminati.
 Accordo
con Delors per estensione
accordi nel 1989
 Vantaggi
paesi EFTA= adesione a
mercato senza dover adeguare la propria
legislazione.
Produzione e esportazioni mondiali, 1953-1982:
valori correnti, mld $, e indici (1963=100)
1953
Esportazioni mondiali, valore totale
Id. prodotti primari agricoli
Id. prodotti minerari
Manufatti
Esport. mond., valore unitario, tot.
Id. prodotti primari agricoli
Id. prodotti minerari
Manufatti
Esportazioni mond., volume, totale
Id. prodotti primari agricoli
Id. prodotti minerari
Manufatti
Produzione mondiale, volume,
totale
Id. prodotti primari agricoli
Id. prodotti minerari
Manufatti
78
42
1958
1963
1968
1973
1977
1980
1982
105
50
154
45
240
54
574
121
1.125
288
1.990
299
1.845
272
55
100
103
26
82
100
100
41
140
105
100
96
347
161
185
266
648
271
255
567
1.095
423
330
493
1.049
403
292
98
70
74
100
100
100
100
111
104
149
121
192
152
231
147
550
232
269
166
1.200
337
305
203
1.254
314
300
209
44
66
100
100
144
166
195
280
188
344
185
400
153
410
60
77
74
88
100
100
133
115
180
128
205
139
224
146
223
154
69
100
100
129
141
171
197
191
227
196
253
183
249
36
100
107
94
52
60
54
Fonte: H. van der wee, Prosperity and upheaval, cit. Le cifre relative ai prodotti agricoli si riferiscono anche ai minerali nel 1953-58
Composizione merceologica delle esportazioni
mondiali (% del totale), 1950-1980
86
L’economia degli anni ’90
Perdita di competitività da parte delle
economie tradizionali;
• Analisi del modello di specializzazione
produttiva:
1. Industry specific (caratteristiche strutturali
di settori);
2. Firm specific (dimensione, governance
impresa famigliare);
3. Contry specific (politiche, finanza)
•
L’economia degli anni ’90
 Mantenimento
di
specializzazioni
aventi vantaggio comparato rispetto a
paesi concorrenti;
 Nuova formulazione di distretto: i
cluster.
 La spesa di R&S: tra rallentamenti e
incentivi;
 Nuove forme di partecipazione statale:
le imprese regolate;
88
L’economia anni '90
 Gli
orientamenti comunitari nella politica
regionale territoriale;
 Nuova formulazione degli aiuti di stato;
 Politica
dei redditi e nuove forme di
assistenzialismo
89
La nuova accezione di welfare
 E'
imposta una revisione nelle nozioni di
sussidiarietà, solidarietà, attivazione;
 Moralizzazione della dipendenza: il sistema
meritocratico è ottimo;
 Paradigma contributivo vs redistributivo
 Paradigma
contributivo:
selezione,
classificazione, accertamento dello stato di
bisogno;
 Paradigma redistributivo: aiuti a pioggia.
La crisi dello SME



Dal settembre 1979 al settembre 1992 vengono
realizzate 4 svalutazioni del Ff; 6 rivalutazioni del
DM. L’assetto valutario europeo richiede frequenti
aggiustamenti di segno diverso nei diversi paesi
Nel settembre 1992 precipita una drammatica crisi
dei cambi in Europa in seguito a massicci attacchi
al ribasso. Lo SME pare fragile per mancanza di
coordinamento effettivo fra le politiche dei diversi
membri e per la fragilità dei conti esteri di alcuni di
loro.
Peseta e lira vengono svalutate rispettivamente
del 5 e 7%. La lira e la £ escono dal sistema.
Il Trattato di Maastricht
 Il
successo del Single Market spinge
Delors a promuovere un’ulteriore forma di
integrazione, quella monetaria.
 Ciò si realizza con la firma del Trattato di
Maastricht, noto anche come Trattato
sull’Unione Europea.
Il Trattato di Maastricht
 Con
questo trattato, i paesi membri
decidono di trasferire la loro sovranità
nazionale
circa
la
componente
monetaria
ad
un
organismo
sovranazionale (la Banca centrale) ed di
abbandonare le loro monete nazionali
 Hanno
poi creato la «cittadinanza
europea» includendo il diritto di muoversi
e vivere in qualsiasi paese UE (il trattato di
Roma garantiva solo il diritto al lavoro) e
votare nelle elezioni locali in ogni paese
della UE
Il Trattato di Maastricht






Assicura la libera circolazione dei capitali
Rafforza la cooperazione tra paesi europei
anche nelle aree non economiche
Introduce il principio di sussidiarietà
Rafforza le competenze del Parlamento
europeo
Introduce il «capitolo sociale» sulle garanzie
sociali
Problemi di ratificazione!!!!!
The Europe Agreement





Stabilisce scambi bilaterali tra i paesi della Ue
ed ogni paese della CEEC (i paesi dell’Europa
centrale e dell’EST).
Ha stabilito di ridurre le tariffe e le restrizioni
quantitative agli scambi di prodotti industriali
entro il 1994.
Le restrizioni rimanevano per un sensibile
gruppo di beni, come i tessili e tutti i prodotti
agricoli.
L’adozione di norme sulla liberalizzazione,
sulla concorrenza aiutarono a rafforzare il
mercato unico.
Ritardo nell’applicazione.
L’accordo di Copenhagen
 Fissa
i criteri per l’ammissione nella UE
(tuttora attivi):



Stabilità politica delle istituzioni che
garantisce democrazia, il rispetto della
legge, i diritti umani e la protezione delle
minoranze;
Il funzionamento del mercato economico
capace di sopportare la pressione del
mercato della UE;
Accettazione dell’Unione laquis.
Aumento dei prezzi al consumo nei
maggiori paesi OCSE, 1967-1992: tassi
medi annui e tassi massimi e minimi
La crescita dell’integrazione economica internazionale.
% delle esportazioni sul Pil [prezzi 1990], 1950-1992
1950
1973
1992
Francia
7,7
15,4
22,9
Germania
6,2
23,8
32,6
Olanda
12,5
41,7
55,3
UK
11,4
14,0
21,4
Totale Europa occidentale
9,4
20,9
29,7
Spagna
1,6
5,0
13,4
URSS/Russia
1,3
3,8
5,1
Australia
9,1
11,2
16,9
13,0
19,9
27,2
3
5,0
8,2
Totale America Latina
6,2
4,6
6,2
Cina
1,9
1,1
2,3
India
2,6
2,0
1,7
Indonesia
3,3
5,0
7,4
Giappone
2,3
7,9
12,4
Corea
1,0
8,2
17,8
Taiwan
2,5
10,2
34,4
Tailandia
7,0
4,5
11,4
Totale Asia
2,3
4,4
7,2
Mondo
7,0
11,2
13,5
Canada
USA
Valori delle esportazioni di 56 paesi a prezzi
correnti, in $, 1870-1992
1870
1913
1929
1950
1973
1992
2.841
9.352
13.186
19.439
243.830
1.549.810
Paesi extraeuropei di recente
insediamento
571
3.295
7.149
15.484
109.996
634.586
Paesi europei del sud
154
338
910
1.027
11.944
127.472
Paesi dell'Europa orientale
259
1.025
1.944
4.113
47.066
98.704
Paesi dell'America latina
218
1.236
2.328
4.866
19.926
109.690
Paesi dell'Asia
439
1.802
3.929
4.823
61.631
679.543
86
560
993
2.824
14.921
52.512
Totale
4.568
17.608
30.439
52.576
509.314
3.252.317
Indice
100
385
666
1.151
11.150
71.198
56.247
236.330
334.408
375.765
1.797.199
3.785.619
100
420
595
668
3.195
6.730
Valori assoluti
Paesi europei industrializzati
Paesi dell'Africa
Valore di esp. mondiali in mln. $ 1990
Indice id.
Fonte: A. Maddison, L'économie mondiale 1820-1992. Analyse et Statistiques, OCDE, Paris, 1995, pp.152252,257.
Ripartizione percentuale delle esportazioni di 56
paesi a prezzi correnti, in $, 1870-1992
1870
1913
1929
1950
1973
1992
Paesi europei industrializzati
62,19
53,11
43,32
36,97
47,87
47,65
Paesi extraeuropei di recente
insediamento
12,50
18,71
23,49
29,45
21,60
19,51
Paesi europei del sud
3,37
1,92
2,99
1,95
2,35
3,92
Paesi dell'Europa orientale
5,67
5,82
6,39
7,82
9,24
3,03
Paesi dell'America latina
4,77
7,02
7,65
9,26
3,91
3,37
Paesi dell'Asia
9,61
10,23
12,91
9,17
12,10
20,89
Paesi dell'Africa
1,88
3,18
3,26
5,37
2,93
1,61
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
Totale
Fonte: A. Maddison, L'économie mondiale 1820-1992. Analyse et Statistiques, OCDE, Paris, 1995, pp.152252, 257.
Distribuzione per zone del commercio mondiale
(esportazioni), 1950, 1970, 1980
1950
1970
1980
CEE
23,3
28,4
33,3
EFTA
14,5
13,1
5,8
Resto di Europa occ.
2,5
2,9
1,6
Giappone
3,2
6,2
6,5
Canada
4,3
5,4
3,2
16,0
13,7
10,2
3,1
2,6
2,0
Economie a pianificazione centrale
11,8
10,6
8,9
Paesi in sviluppo
21,3
17,1
27,9
USA
Australia, Nuova Zel., Unione Sud Afr.
Fonte: H. van der Wee, Prosperity and upheaval, Harmondsworth, 1986, p. 263.
Problemi della UE
 Il
processo
decisionale
è
molto
complesso per il numero dei paesi e per
la maggioranza richiesta (unanimità)
 I cambiamenti della politica estera UE è
condizionata da eventi esterni (Fine della
Guerra fredda ed ex Jugoslavia)
Il Trattato di Amsterdam
 Nel
1997, si voleva attuare tutte le riforme
necessarie per allargare la UE.
 Rafforzamento della UE nelle politiche
sociali.
 Timido
rafforzamento
poteri
del
Parlamento.
 Introduzione del concetto di «closer
cooperation»
 Revisione del trattato nel 2000.
Il Trattato di Nizza
 La
revisione del Trattato di Amsterdam
portò alla firma del trattato di Nizza.
 Il risultato non fu un pieno successo.
 Le critiche al trattato di Amsterdam come
la composizione della Commissione o la
revisione delle procedure di voto del
Consiglio non furono considerate.
 Problemi con la ratificazione: l’Irlanda per
esempio
al
secondo
tentativo
referendario
A Nizza però « Declaration on
the future of the Union»
 Non
«sistema
l’Europa»
prima
dell’allargamento.
 Evince la necessità di effettuare una più
precisa separazione di poteri tra gli stati
membri e l’istituzione.
 Ipotizzare la redazione di una carta dei
diritti.
 Rendere i trattati più semplici da capire.
 Definire meglio il ruolo del parlamento.
La dichiarazione di Laeken
 Questa
dichiarazione è nota con il nome
di dichiarazione di Laeken.
 Conteneva 56 questioni raggruppate nei 4
temi in precedenza indicati.
 Contiene anche due novità:
La conferma che il trattato di Nizza era
insufficiente a favorire l’integrazione
 Mentre il trattato di Nizza non la reca, questa
dichiarazione parla per la prima volta di
Costituzione Europea

La dichiarazione di Laeken
 Non
dà però il via alla redazione della
Costituzione Europea
 …. Ma si pone il problema di cosa questa
costituzione dovrebbe sancire…
The European Convention
2002-2003
 Voluta
dalla Presidenza francese per
definire gli obiettivi di medio lungo
periodo, finì per diventare organismo
deputato alla scrittura di una costituzione
europea.
 Tutti
i
paesi
lamentarono
scarsa
democraticità e rappresentatività della
popolazione europea.
The European Convention
2002-2003



I tentativi di trasformare la convenzione che
ne uscì in Trattato fallirono.
I disaccordi sulle procedure di voto e sul
potere decisionale da attribuirsi a ciascun
paese rallentarono l’adozione.
Il passaggio con i paesi membri:
Alcuni di loro che avevano sempre optato per
la ratifica parlamentare per l’approvazione dei
trattati europei ora passano all’opzione
referendaria (Fr, NL, UK, ES, Lux)
 No di Francia ed Olanda alla ratifica

La Pausa di riflessione
 Dopo
queste vicissitudini i leader europei
decisero di abbandonare per un periodo
di riflessione il processo di ratificazione.
Il Trattato di Lisbona
 Il
processo fu ripreso nel 2007 su iniziativa
della Germania (che aveva la presidenza
di turno)
 I leader europei decisero che il trattato
costituzionale era morto e che gli accordi
di base ed i suoi elementi fondamentali
dovessero essere ripresi dentro il Trattato
di Lisbona
Il Trattato di Lisbona





La parola costituzione fu bannata
Cosi come quella «federalismo»
L’unica novità è l’abbandono di «Comunità
Europea» per «Unione Europea».
Per superare le difficoltà circa l’approvazione,
i leader europei decisero di farlo ratificare dai
parlamenti nazionali.
Eccezione: Irlanda=referendum vinsero i no
L’Irlanda ed il Trattato di
Lisbona
 Per
tornare alle urne, gli irlandesi chiesero
(ed ottennero) che:
 La
loro neutralità non fosse messa in
discussione;
 Si potesse mantenere un commissario
 e che il divieto di aborto non fosse messo in
discussione dal trattato.
 Nel
2009 anche gli irlandesi dissero di si.
113
Obiettivo del consiglio
Europeo di Lisbona
 Rendere
l’Europa
la
regione
più
competitiva e dinamica del mondo entro
il 2010, anche mediate l’attuazione di
politiche
volte
a
sostenere
la
competitività e la inclusione sociale.
114
Le strategie forti del Consiglio
Europeo di Lisbona
 L’affermazione
della società
mediante
dell’utilizzo
della
il
delle
informazione
rafforzamento
tecnologie;
 E-europe: è una iniziativa politica
intesa a garantire che la UE approfitti
dei cambiamenti indotti dalla società
della informazione;
 Obiettivi di E-europe Generalità e
coesione sociale.
Le strategie forti del Consiglio
Europeo di Lisbona
 Ridurre
il numero delle persone che
non accedono a studi superiori;
 Favorire la libera circolazione dei
ricercatori e l’integrazione della
ricerca europea;
 La creazione di posti di lavoro in settori
knowledge-based
deve
contare
almeno il 50% del totale dei nuovi posti
di lavoro creati nel 2010.
Le strategie forti del Consiglio
Europeo
di
Lisbona:
la
competitività
 Occorre
creare un clima favorevole alle
attività di impresa;
 Occorre ridurre i costi di transazione nel
funzionamento dei mercati;
 Occorre ridurre i costi dei servizi pubblici
gestiti in regime di monopolio;
 Occorre potenziare il mercato unico
interno;
 Occorre integrare i mercati finanziari.
La UE oggi… un po’ di statistiche
118
119
UE 25
In rosso le regioni con
PIL pro capite
inferiore al 75%
della media UE
al gennaio 2005
Fonte Commissione europea
DG Regio
120
Il Debito pubblico
La popolazione
125
Education
Employment
129
Circa 24 milioni
di posti di lavoro
addizionali
devono essere
creati entro il
2010, di questi,
almeno il 30% in
30 regioni in
Poland, Spain,
Romania and
southern Italy
Agricoltura
R&D
Un altro modo di leggere lo
sviluppo… (Fonte, JRC, 2013)
Ancora il JRC competitiveness
index
Scarica

Parte I: Storia, Fatti ed Istituzioni