IL MONDO ISLAMICO:
IERI E OGGI
L’islamismo è l'insieme di credenze, di leggi, di riti fondati sul Corano, diffuso da
Maometto. Il termine deriva dal verbo “aslama” che vuol dire completa sottomissione,
dipendenza, del fedele da Dio (Allah). La parola “musulmano” proviene da “muslim”,
cioè credente, dedito a Dio. I simboli dell'Islamismo, ancora oggi, sono: un minareto,
un fedele inginocchiato su una stuoia rivolto verso la Mecca, la mezzaluna e la stella,
impresse, queste ultime, su bandiere, cupole di moschee ed anche su autoambulanze.
La mezzaluna e la stella hanno un significato particolare in quanto determinano l'inizio
del pellegrinaggio e del digiuno del mese di ramadan.
Minareto del centro islamico
L'Islàm nasce all'inizio del VII secolo nella penisola arabica. In quella zona vivevano
molte tribù nomadi, ma c'erano anche gruppi di commercianti concentrati nelle
due città principali, La Mecca e Yathrib. È a una delle famiglie agiate della Mecca
che apparteneva Maometto, il fondatore della religione musulmana.
I musulmani, oggi, nel mondo sono circa un miliardo e trecentomila, il che fa
dell'Islam la seconda religione, dopo il cristianesimo, più diffusa nel mondo.
Bisogna evitare di confondere le parole "arabo" e "musulmano". Gli arabi sono
coloro che vivono nei paesi la cui lingua ufficiale è l'arabo e possono essere
musulmani, cristiani o ebrei. I musulmani o islamici, invece, sono coloro che
seguono la religione musulmana, e non si trovano solo nei paesi arabi, ma anche in
Iran, in Turchia, in diversi paesi africani, presso alcune popolazioni dell'Asia
centrale, in Afghanistan, in Pakistan, in India, in Cina, in Malesia, in Indonesia ed
Europa occidentale.
I fondamenti della religione islamica sono raccolti nel corano.
Il testo sacro è stato letto da alcuni in modo letterale senza distacco, rifiutando
ogni forma di razionalità ed interpretazione. Altri invece hanno scelto la strada della
razionalità, dicendo che dio ha dato agli esseri umani la possibilità di agire
liberamente e con responsabilità. Sulla natura del libro sacro, quindi, vi è stato un
dibattito violento. Ecco perché vi sono due visioni della religione mussulmana,
anche se prevale ancora oggi la visione tradizionalista che spiega il fatto per cui
molti stati mussulmani di oggi continuano ad interpretare il corano in modo
letterale e ad applicare la shari’a che era in vigore all’epoca in cui l’islam si impose
in Arabia. Tutto ciò ha risvolti negativi in ambito politico e sociale. Una questione
che si pone ancora oggi è di ordine più sociologico che religioso.
Il Corano è diviso in 114 capitoli,
detti sūre, a loro volta divise in
6236 versetti, 77.250 parole e
3.474.000 consonanti.
In base al Corano, le donne sono uguali agli uomini di fronte a Dio. La Sharia (legge
islamica) include differenze tra i ruoli di genere, i diritti e gli obblighi della donna e
dell'uomo. Dal punto di vista religioso non sembrano esserci problemi; per la legge
islamica la donna è uguale all’uomo, ha gli stessi doveri, non c’è per essa alcuna
discriminazione nella vita eterna che l’attende dopo la morte. I problemi
cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale. In pratica, la
donna, finché rimane in famiglia, è sottoposta all’autorità del padre e dopo, quando
si sposa, passa sotto l’autorità del marito. Negli Stati più tradizionalisti e in quelli
che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della shari’a, dove le norme del
Corano sono interpretate ed applicate in maniera più rigida e rigorosa, le donne
non vivono una situazione di uguaglianza in termini di libertà, e sono considerate
ad un livello inferiore rispetto all’uomo. Gli uomini sono preposti alle donne, a
causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre. Così, in virtù di
questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e
civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di
parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire
cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso.
L’ISLAM E LA CONDIZIONE FEMMINILE
La condizione delle donne nella cultura islamica è uno degli aspetti più controversi
e più aspramente dibattuti nell'ambito di questa religione, dal momento che la
figura femminile è indubbiamente oggetto di varie discriminazioni in molti Paesi
arabi. Una delle questioni più controverse del mondo islamico è l’obbligo per le
donne di indossare il velo. Il velo è ampiamente diffuso in tutti i Paesi islamici e
trova una diversa applicazione a seconda della diversa cultura. Vi sono del resto vari
tipi di velo islamico: quello forse più diffuso è l'hijab, poi vi è il chador che è una
vera e propria tunica che ricopre anche il resto del corpo; il niqab è simile al chador,
mentre il burqa, noto velo integrale islamico, copre interamente la figura femminile
e lascia solo una reticella in corrispondenza degli occhi.
Il burqa era in uso soprattutto in Afghanistan prima dell'intervento americano che
ha rovesciato il regime dei Talebani nel 2001, anche se l'abito è ancora diffuso in
quel Paese e in alcuni altri dell'area ad esempio il Pakistan.
Il velo non è sempre visto dalle donne musulmane come un'imposizione, ma
spesso è frutto di una libera scelta ed espressione della propria appartenenza
culturale e dell'osservanza religiosa. Attualmente il velo è diffuso nei Paesi sciiti e in
quelli dove il Corano trova una più rigorosa applicazione, viene usato anche nelle
nazioni più laiche ed aperte allo stile di vita occidentale come la Turchia; in alcuni
casi invece indossare il velo significa rifiuto dei modelli culturali dell'Occidente e del
mondo moderno, atteggiamento che si riscontra soprattutto in Paesi come l’iran,
l'Egitto e in parte l'Arabia Saudita.
Diffusione del velo nel
mondo islamico oggi
Un’altra questione molto profonda è quella del matrimonio e dell’adulterio
femminile. La shari'a consente all'uomo musulmano di avere più mogli e di sposare
anche donne ebree o cristiane, mentre la donna di fede islamica può avere un solo
marito e questi deve essere musulmano: la poliginia trova però scarsa applicazione
nei Paesi arabi e il matrimonio è quasi sempre un'unione tra un uomo e una donna,
concepito come un contratto giuridico piuttosto che come un sacramento. Il
consenso della sposa è condizione essenziale perché il matrimonio sia valido,
tuttavia il marito ha il diritto di ripudiare la moglie qualora il vincolo non sia più
ritenuto valido e ciò avviene soprattutto per l'adulterio della sposa, considerato
una colpa grave e passibile in molti casi anche di pene assai severe, come la
lapidazione. La posizione della donna è comunque subalterna al marito e secondo
alcune interpretazioni del Corano l'uomo ha il diritto di punire la moglie qualora lei
si mostri troppo ribelle, arrivando anche alle percosse fisiche.
L 'adulterio femminile è aspramente condannato sul piano religioso e spesso
punito con severità dalla legge penale, che prevede pene corporali da infliggere alla
donna e in alcuni casi prescrive la condanna a morte per lapidazione. L'Iran è il
Paese dove tale pena è più frequentemente applicata contro le donne, come il
recente caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani.
Sakineh Mohammadi Ashtiani è una donna iraniana condannata alla lapidazione
per adulterio nel 2006. La sua esecuzione è stata più volte rimandata grazie alla
campagna promossa da Amnesty International. Questa organizzazione si occupa
della difesa dei diritti umani nel mondo.
Attualmente è detenuta in carcere a Tabriz, nell’Azerbaijan orientale.
Anche per quanto riguarda l’istruzione, la donna ha sempre occupato una
posizione secondaria rispetto all’uomo. Tuttavia oggi in paesi più evoluti, come la
Turchia, molte ragazze frequentano l’università e svolgono professioni qualificate.
In ambito politico le donne musulmane, oggi, hanno il diritto di voto quasi
ovunque tranne in Arabia Saudita, mentre non possono ancora essere elette a
cariche pubbliche né partecipare pienamente alla vita polita. In alcuni paesi
islamici, però, vi sono donne che siedono nei parlamenti nazionali o che addirittura
svolgono un ruolo da leader politico, come il triste caso di Benazir Bhutto.
Benazir Bhutto (1953-2007), donna politica
pakistana, fu Primo Ministro del suo Paese per
ben due volte e morì assassinata in un attentato
il 27 dicembre 2007. Più volte arrestata e
perseguitata per il suo impegno politico, la
Bhutto è diventata il simbolo della lotta per
l'emancipazione delle donne islamiche, spesso
relegate in una posizione marginale nei Paesi
musulmani ed escluse dalla piena
partecipazione politica.
Non è facile definire la posizione che la donna islamica assume ed ha assunto nel
corso dei secoli all’interno della società. La condizione femminile nell’Islam è
rimasta invariata per 13 secoli. Solo verso la fine dell’800 alcuni intellettuali
tentarono di porre la questione femminile sotto un’ottica diversa.
Passano poi altri anni e si affaccia un movimento femminista guidato da due
egiziane, Nasif e Sharaw. Quest’ultima nel 1933 stracciò il suo velo sul marciapiede
della stazione del Cairo. Oggi numerose donne musulmane accedono alle massime
cariche nell’amministrazione, ma la condizione della donna comune è rimasta
immutata. La donna musulmana deve sopportare l’autorità del padre, dei fratelli,
del marito, è considerata un “motivo di vergogna” e perciò va velata. Ma la
condizione della donna varia da paese a paese. In Algeria le donne vengono
violentate e uccise dai fondamentalisti islamici.
La Tunisia è invece il paese di cultura islamica che ha la legislazione più avanzata.
Secondo le leggi tunisine è prevista la parità fra uomo e donna nel matrimonio,
l’uomo è tenuto a pagare gli alimenti alla moglie in caso di divorzio, la madre deve
dare il suo consenso in caso di matrimonio di una figlia minorenne. Ci sono molte
donne che rivestono un ruolo importante in politica ed altre che svolgono lavori
eseguiti principalmente da uomini. Le leggi non riescono, però, a garantire la parità,
perché la mentalità popolare è ancora legata alle antiche tradizioni.
Molto gravi sono le condizioni delle donne che vivono nei Paesi governati dalla
teocrazia, come l’Iran e l’Afghanistan. La discriminazione attuata dall’Islam nell’Iran
è piuttosto forte.
Oggi le donne possono votare, cosa che prima non avveniva, possono accedere
all'istruzione pubblica e alle università, cosa che prima non era permessa, possono
accedere a lavori e cariche istituzionali, possono decidere delle proprie gravidanze,
hanno più diritti civili. Insomma, possono decidere della propria vita, non sono
costrette a sposarsi per essere mantenute dal marito. L’enorme progresso fatto dal
movimento di idee emancipatrici è stato un movimento storico irreversibile che
nessun potere sulla terra potrà cancellare. La donna, oggi, dimostra maggiore
maturità nella gestione della maternità non subendola ma assumendola in modo
più maturo ed equilibrato, “guadagnare la propria vita” porta la donna a
considerare diversamente il proprio corpo, le proprie responsabilità, la qualità della
vita propria e dei figli. Bisogna, però, ancora percorrere molta strada per migliorare
la condizione della donna islamica di oggi.
Fonti: “il mondo islamico” di Gari Ulubeyan e Yves Thoraval
Geostoria .it
“l’islam spiegato ai nostri figli” di Tahar Ben Jelloun
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