IL PRINCIPE DI SANSEVERO Le vicende, il mistero, le testimonianze su uno dei personaggi del Settecento napoletano più discussi in assoluto IL ‘700 è IL SECOLO DELLE RIVOLUZIONI Rivoluzione culturale Rivoluzione industriale Rivoluzione americana Rivoluzione francese Il ‘700 a Napoli Napoli è stata città protagonista del ‘700: proprio nella città partenopea tante idee, invenzioni, scoperte, hanno preso vita e si sono poi diffuse in tutta l’Europa. Artisti, scienziati, filosofi, uomini di lettere, politici, sovrani illuminati hanno fatto del ‘700 napoletano una delle pagine più belle e ricche della storia umana. Vicende gioiose e drammatiche hanno lasciato un segno profondo, ancora visibile persino nella vita attuale della città. Con Carlo III di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, Napoli tornò ad essere una grande capitale. Si aprì un periodo di grande vitalità, specie in campo artistico, per la presenza a Napoli di architetti importanti, come Luigi Vanvitelli e Ferdinando fuga, che dettero nuovo decoro alla città più popolosa d’Europa. Luigi Vanvitelli – Nacque a Napoli, nel 1700, e morì a Caserta, nel 1773. Era figlio dell’artista olandese Gaspar Van Wittel, da cui deriva il nome italianizzato Vanvitelli. Ferdinando Fuga – Nacque a Firenze, nel 1699, e morì a Napoli, nel 1781. Si costruirono le regge di Capodimonte, di Portici, la reggia di Caserta, il Teatro S. Carlo l’incompiuto Albergo dei Poveri, voluto per accogliere migliaia di vagabondi, abbandonati per le strade, le cui misere condizioni non facevano onore al regno illuminato di Carlo. A Ferdinando IV si deve la creazione, nel 1789, dell’Opificio di San Leucio, presso Caserta, nel quale si lavoravano tessuti pregiati. L’Opificio era una sorta di colonia, che sperimentò una forma di vita comunitaria dotata di particolari regole sociali. fu iniziato lo scavo sistematico dei siti archeologici di Ercolano e Pompei. Il ‘700 fu anche il secolo di un personaggio davvero unico, che ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura e nella storia della città: il principe Raimondo de’ Sangro. Nel 1759, Carlo divenne re di Spagna e lasciò il trono napoletano al figlio Ferdinando IV, divenuto Ferdinando I, come re di Napoli. Durante il suo regno emersero in città le figure di molti intellettuali innovatori: Francesco Caracciolo, Vincenzo Cuoco, Eleonora Pimentel Fonseca, Gennaro Serra di Cassano. Questi insigni personaggi, sulla scia della rivoluzione francese, furono tra i protagonisti a Napoli della effimera Repubblica Partenopea, proclamata il 23 gennaio del 1799 e repressa nel sangue, il 23 giugno dello stesso anno. Molti repubblicani furono giustiziati sulla ormai ben nota piazza del Mercato Francesco Caracciolo - Nacque a Napoli, nel 1752, e morì a Napoli, nel 1799. Fu ammiraglio e aderì alla Repubblica Partenopea. Vincenzo Cuoco - Nacque a Civitacampomarano, vicino Campobasso, nel 1770, e morì a Napoli, nel 1823. Fu un letterato e un uomo politico. Aderì alla Repubblica Partenopea e, per questo, fu esiliato. Tornò a Napoli al tempo di re Gioacchino Murat. Noto è il suo “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”, scritto nel 1801. Eleonora Pimemtel Fonseca - Nacque a Roma, nel 1752, da nobile famiglia, e morì a Napoli, nel 1799. A Napoli diresse un giornale, “Il Monitore Napoletano”, sul quale inneggiava alla Repubblica Partenopea. Ad ogni modo, quella del principe di Sansevero è la figura leggendaria più inquietante del ‘700. Fu un uomo che sempre si dedicò allo studio delle lettere e delle scienze. Ma l’innata eccentricità, la genialità e la passione per l’alchimia contribuirono a costruire intorno alla sua figura un alone di mistero, nel quale l’immaginario collettivo, affollato di pregiudizi, volle vedere la presenza della magia nera e del demonio. Nacque a Torremaggiore, vicino Foggia, il 30 gennaio 1710, e morì a Napoli il 22 marzo 1771 Già da giovanissimo parve distinguersi nelle attitudini scientifiche ed umanistiche. Infatti, alla soglia dei diciannove anni, egli esordiva con originali invenzioni meccaniche, che a quei tempi suscitarono meraviglia e scalpore. E’ forse proprio di questi anni l’ideazione di un singolare congegno teatrale, che permetteva un rapidissimo cambio delle scene sul palco. Nel 1730 il principe inventore arrivò a Napoli ed ottenne il titolo di “Grande di Spagna”. Si stabilì nel sontuoso palazzo di famiglia, che subirà, proprio grazie al nuovo ospite, un radicale rinnovamento settecentesco e diverrà ben presto, insieme con la Cappella Sansevero, la sede misteriosa di strani prodigi Nel 1734, Raimondo fu nominato Gentiluomo di Corte, diventò praticamente ministro di re Carlo di Borbone, estremamente interessato alla personalità eclettica del principe, con il quale strinse una profonda amicizia. L’amicizia tra i due fu tale, che il principe fece a Carlo omaggio di molte sue invenzioni, interessanti anche in campo militare. Del 1739, infatti, fu la messa a punto di un archibugio innovativo. Archibugio – Arma da fuoco, simile allo schioppo, in uno tra il XV e il XVII secolo. fu, in seguito, soppiantata dal fucile. Intanto, era già iniziato il rifacimento della Cappella di famiglia, luogo di meraviglie e di inquietanti misteri, che ancora oggi fanno parlare. Ad esempio, gli affreschi della volta, realizzati dall’artista Francesco Maria Russo, nel 1749, con misture che il principe in persona ricavò da interiora animali, ancora oggi emanano una luce vivissima che sfida il tempo. Nel 1746, all’interno del suo poderoso palazzo, Raimondo fece istallare una Stamperia da lui stesso inventata: si trattava di una macchina tipografica con la quale si riusciva ad imprimere contemporaneamente su una pagina caratteri di colori diversi. Aggeggio che allora appariva straordinario e che il principe, nel 1751, volle regalare alla “Reale Stamperia Borbonica”. E intanto, il nobile inventore aveva già da qualche anno perfezionata una stoffa impermeabile, inconcepibile a quei tempi, con la quale il de’ Sangro fece cucire due mantelli, uno per sé, l’altro per re Carlo, e nelle giornate di pioggia si divertiva a sbalordire i passanti. E nel 1755 escogitò un’altra trovata per le cariche di artiglieria, che permetteva di sparare più colpi in poco tempo. Tuttavia, l’invenzione che procurò a Raimondo la fama di stregone, fu quella delle due macchine anatomiche, che ancora si conservano e possono visitarsi nella cripta della cappella. Per capire, in realtà, cosa siano quelle impressionanti figure umane, bisogna sapere che Raimondo, nel silenzio del suo laboratorio, era capace di creare sostanze stupefacenti, che potevano persino trasformare in pietra dura i liquidi o le materie molli. Solo oggi noi non ci stupiamo più di queste reazioni chimiche, ma - è proprio il caso di dirlo -, il principe di Sansevero precorse davvero i tempi, e di parecchio, con le sue “stregonerie”. Infatti, con quei reagenti e con l’aiuto di validi anatomisti del tempo, il principe realizzò due perfetti corpi metallici di un uomo e di una donna in stato di gravidanza, che riproducono l’intricato sistema di vene e arterie. Ma, effettivamente, agli occhi di comuni osservatori e di gente poco istruita, quell’esperimento dovette fare molta paura. Insomma, proprio da allora si moltiplicarono all’infinito le storie e le leggende sul conto del “principe pazzo e malvagio”, che, per quell’esperimento si pensava avesse uccisi e messi in mostra due poveretti, frequentatori della sua casa, ai quali aveva fatto bere un filtro pietrificante. E quella stessa casa si pensò fosse arredata con oggetti malefici, come le sette sedie costruite con pelle e ossa di sette vescovi. Anche sulla cappella privata, annessa al palazzo, non si risparmiarono le dicerie: molti sostenevano che agli artisti chiamati ad arricchire la chiesa di belle opere, il principe riservasse atroci torture, come l’accecamento. Sorte che, si dice, sia toccata allo scultore Giuseppe Sammartino, dopo che questi ebbe finito il “Cristo Velato”, semplicemente perché il principe non voleva che egli ripetesse altrove una così meravigliosa scultura. E il principe, intanto, dall’alto della sua sapienza e della sua nobiltà, forse rideva divertito della superstizione, della credulità di tanta gente; ma soprattutto rideva della disapprovazione della Chiesa, la quale vedeva in Raimondo un personaggio pericoloso, un sovvertitore dell’ordine che Dio aveva dato alla natura. Re Carlo, però, provvide sempre a proteggere il suo buon amico, affinché questi continuasse indisturbato con le sue alchimie. E insieme, quasi per burlarsi di tutti, il re di Napoli e il re della “magia”, se ne andavano in giro su un’altra strana invenzione: una carrozza galleggiante, in grado, chissà come, di scivolare sulle onde del mare. Forse quella fu una delle ultime invenzioni del principe stregone, di cui, anche dopo la morte, si raccontarono leggende senza fine. Si dice, ad esempio, che Raimondo intendesse ritornare dal regno dei morti e che, per questo, avesse incaricato due fedeli servitori di somministrargli una pozione magica, un elisir di lunga vita, qualche minuto dopo la sua morte. Per prudenza, aveva fatto bere ai due giovani una sostanza che lentamente avrebbe dato loro la morte sicura e della quale, solo dopo essere tornato in vita, avrebbe fornito l’antidoto. Evidentemente, i servi non dovettero credere al principe moribondo, in quanto, riempito un sacco di cose preziose, pensarono di svignarsela e di non aiutare il de’ Sangro a risvegliarsi dal sonno eterno. Ma non andarono molto lontano, che la mistura iniziò a produrre i suoi tremendi effetti; ed essi divennero tragicamente due blocchi di pietra. Ancora un’altra leggenda dice che, quando il principe sentì avvicinarsi la fine, istruì un servo, affinché questi provvedesse a fare a pezzi il suo corpo e di chiuderlo bene nel sepolcro, dal quale il principe assicurava sarebbe riapparso più in forma di prima, allo scadere di un certo tempo. Ma sembra che la famiglia, ignara di questo sortilegio, avesse aperta la bara prima del tempo debito; e il principe, si narra, saltò fuori ancora non ricomposto, per poi ricadere subito dopo, urlando in modo pauroso. C’è chi assicura che non è andata proprio così e riferisce che Raimondo de’ Sangro, principe di Sansevero, morì il giorno del 22 di marzo, nel 1771, di una morte assolutamente naturale e dopo aver ricevuta l’estrema unzione. Con il principe scomparve una personalità poliedrica, un grande estro, sul quale ancora si discute per fugare ombre e misteri. Tutti sanno, però, che a far discutere di sé non sono certo i semplici: del principe stregone, a far più paura non furono le stregonerie, quanto piuttosto la genialità e l’intelligenza. Palazzo Sansevero PALAZZO SANSEVERO Piazza San Domenico Maggiore N°9 Cappella Sansevero