Linee guida per l’accoglienza e integrazione alunni stranieri Valentina Di Cesare Mediatrice culturale e linguistica • Già nel 2006 una circolare del Ministero dell’Istruzione aveva emanato le linee guida per l’accoglienza e integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane, ma a distanza di quasi 10 anni si è reso necessario rinnovarne e rivederne alcuni punti, alla luce dell’aumento degli studenti stranieri nelle scuole italiane. L’’Articolo 2 della DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO DICE CHE: • Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. • Nel nostro paese la tutela e l’ingresso di studenti stranieri nelle scuole italiane trovano le loro fonti normative nella Legge sull’Immigrazione del 6 marzo 1998 e nel Decreto Legislativo del medesimo anno. • Nel 2014 gli alunni non italiani nelle nostre scuole sono circa 840.000, dunque un numero cospicuo che ha spinto il Ministro Carrozza a rivedere ed ampliare le nuove linee guida. • Le nuove norme sono dedicate a dirigenti scolastici, insegnanti e genitori e ribadiscono che gli studenti di origini straniere sono “un’occasione di cambiamento per tutta la scuola”. Il nuovo testo mira ad un’ educazione interculturale che “rifiuta sia la logica dell’assimilazione sia quella della convivenza tra comunità etniche chiuse”, ed è centrata sul dialogo e sul “reciproco riconoscimento e arricchimento”. • Il contesto è una scuola nell’arco di dieci anni ha visto aumentare gli alunni stranieri da 100mila a oltre 800 mila, con una crescita di 60-70mila unità l’anno che però ultimamente sta rallentando. Una popolazione che è cambiata, con l’aumento progressivo dei nati in Italia, a fronte di una riduzione dei neo arrivati, “due lati opposti del pianeta alunni stranieri” con esigenze molto diverse. • Tra le novità principali, l’aumento degli studenti stranieri alle medie e superiori, dove i nati in Italia sono ancora minoranza e ci sono più problemi di insuccesso e dispersione scolastica. Le seconde generazioni dunque sembrerebbero più a rischio. • C’è anche una “segregazione formativa”, con i ragazzi stranieri che si concentrano in istituti tecnici e professionali, lasciando i licei agli italiani. Scelte che al ministero sembrano “determinate più dalla condizione socioeconomica che dalle capacità e dalle vocazioni elettive degli studenti” e sulle quali bisognerebbe intervenire con un adeguato orientamento. • Si può ipotizzare che molti studenti stranieri preferiscano intraprendere percorsi scolastici professionali per questioni soprattutto pratiche. La precaria situazione economica e le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro li spingerebbero a scegliere un percorso di studi teoricamente meno rischioso e subito spendibile. • Nel testo del Ministero si parla anche di seconde generazioni, e quindi non poteva mancare un accenno all’attuale legge sulla cittadinanza.“ Essa pone la cittadinanza – denunciano le Linee Guida – come traguardo troppo lontano per chi arriva in Italia, ma soprattutto per chi vi nasce, cresce, studia, dovendo aspettare la maggiore età per ottenerla”. Diventa poi sempre più importante lo studio della Costituzione, che può fornire una “mappa di valori indispensabili per esercitare la cittadinanza da parte di chi ha scelto di vivere stabilmente in Italia”. • Le linee guida, pur non citando il famoso tetto del 30% introdotto dalla circolare Gelmini, che però rimane in vigore insistono sulla necessità di evitare concentrazioni di alunni stranieri in una scuola o in una classe. Ciò avrebbe “conseguenze negative, sia dal punto di vista scolastico, che dal punto di vista sociale e individuale, sia per gli studenti stranieri che per i nativi. (ESEMPI) • Tra le indicazioni operative c’è quella di costituire reti di scuole al cui interno, tramite opportune intese, sia possibile una distribuzione equilibrata degli alunni stranieri. Rispettare il limite del 30% (cfr Gelmini 2010) delle iscrizioni nei singoli istituti e per garantirlo gli ex provveditorati possono anche rivedere i bacini d’utenza come pure promuovere azioni mirate a regolare i flussi di iscrizioni. • Nel percorso di accoglienza e integrazione degli alunni stranieri il coinvolgimento e la partecipazione delle famiglie alle attività della scuola è fondamentale. Un obiettivo che secondo il ministero si può centrare anche utilizzando mediatori culturali e interpreti, creando materiale informativo in più lingue e favorendo lo scambio di esperienze e suggerimenti all’interno delle associazioni dei genitori. • Gli alunni con cittadinanza non italiana sono diventati un dato strutturale, non si può più pensare a loro come a un’emergenza, ma occorre quindi ragionare su una didattica ordinaria, che riconosca le differenze fra un alunni appena arrivato in Italia e alunni che abbiano fatto qui tutte le scuole, che non pensi più solo all’alunno straniero come a colui che non sa l’italiano, che prenda atto del fatto che ormai gli alunni stranieri non sono più solo alle scuole dell’infanzia o al massimo alla scuola primaria, ma anche alle secondarie e all’università, con le questioni specifiche che questo comporta. • Le linee guida emanate nel 2014 si concentrano molto sulla scuola secondaria, quella in cui al momento sono state rilevate le maggiori criticità: gli alunni stranieri alle superiori hanno performance scolastiche mediamente più basse, più spesso vengono bocciati, e spesso abbandonano la scuola. (Esempi: Rom) • Se quindi da un lato la forte presenza di alunni non italiani nelle scuole secondarie – specifica solo dell’ultimo decennio – è un positivo segnale di un’immigrazione che, stabilizzandosi, punta sempre di più sull’istruzione come ascensore sociale per i propri figli, resta forte il tema di come migliorare l’orientamento degli alunni e delle loro famiglie, visto che c’è attualmente una fortissima concentrazione di alunni stranieri nei percorsi professionali e tecnici e una tendenza alta alla ripetenza e all’abbandono scolastico. • Uno degli aspetti sui quali le linee guida insistono molto è, naturalmente, l’ apprendimento dell’italiano come lingua seconda, soprattutto nelle scuole medie e superiori. I ragazzi stranieri che non parlano italiano, dice il ministero, vanno inseriti in classe con gli italiani, che “rappresentano la vera autorità linguistica e il modello d’uso al quale riferirsi”. Servono però anche laboratori linguistici dedicati e appositi. • “L’esperienza consolidata ci dice che sono necessari tempi, strumenti, risorse di qualità” scrive il ministero, che per i neo arrivati propone questa formula: “circa 8-10 ore settimanali dedicate all’italiano L2 (circa 2 ore al giorno) per 3-4 mesi”. In questi moduli intensivi si dovrebbero raggruppare ragazzi di classi diverse e potrebbero essere organizzati corsi “in collaborazione con gli enti locali e con progetti mirati”. • Quali sono le risposte reali che le scuole italiane danno alle migliaia di studenti non madrelingua che affollano i loro banchi, specie alla luce dell’autonomia scolastica? Quali sono le competenza che un docente incaricato di insegnare la lingua italiana a studenti stranieri deve possedere? • Innanzitutto precisiamo subito che si è verificato in molti casi nella storia della nostra nazione,e anche in questo settore che i mutamenti sospinti dai movimenti sociali, economici e culturali sono stati quasi del tutto ignorati dalle istituzioni amministrative e dagli esponenti politici che le governavano. Quando ciò avviene sempre si determinano storture. Alcune delle storture più grandi che possiamo testimoniare nel campo dell’insegnamento dell’italiano a non nativi sono le seguenti: • nei CTP o nei corsi a qualsiasi titolo attivati nelle strutture afferenti alla scuola pubblica, non vengono prese in considerazione preferenziale esperienza e titoli specifici per l’insegnamento della lingua italiana a parlanti non nativi. Su di esse fa sempre aggio l’abilitazione all’insegnamento a studenti parlanti nativi • nelle graduatorie per l’insegnamento dei corsi di lingua italiana finanziati dal MAE a vario titolo, chi ha esperienza e titoli specifici non viene preso in considerazione preliminarmente rispetto a chi ha titoli non direttamente pertinenti, tuttavia invece riconosciuti amministrativamente ormai trenta o quaranta anni fa quando l’insegnamento linguistico non aveva ancora diffuso nella pratica quotidiana d’insegnamento le rivoluzioni didattiche degli approcci comunicativi • i molti finanziamenti provenienti da diverse fonti, che vengono messi a bando per l’insegnamento della lingua italiana a stranieri, raramente definiscono e richiedono precisi standard di qualità degli insegnanti assunti dagli enti vincitori dei bandi, nonostante esistano Master legalmente riconosciuti dal Ministero per formare docenti specializzati. • Il Ministero dovrebbe creare un riconoscimento ufficiale della professionalità di insegnante di italiano l2. Uno sforzo di sistematizzazione e omogeneizzazione di questa professione è essenziale, soprattutto per evitare che l’estrema confusione e disinformazione spinga giovani ignoranti della situazione del mercato del lavoro ad investire soldi e tempo senza avere un quadro chiaro di possibili sbocchi lavorativi. Formazione per insegnanti di italiano L2 • Corsi di formazione teorico/pratici. • Esistono alcune scuole afferenti all’ASILS (Associazione Scuole di Italiano come Seconda Lingua) che offrono corsi di formazione. I corsi sono in genere propedeutici per l’inserimento nell’organico della stessa scuola, anche se sono offerti a pagamento e a chiunque. Sono quindi spendibili anche in istituzioni differenti da quella organizzatrice. È una realtà assai eterogenea, in cui esistono punti di assoluta eccellenza e punti di assai dubbia qualità • Queste certificazioni sono nate per “un pubblico già formato nella didattica a stranieri o che già opera in questo settore e vuole vedersi riconosciute delle competenze già acquisiti in vario modo sul campo” come recita una pagina web della Università per Stranieri di Siena. Si tratta quindi di attestazioni che nascono dalla constatazione che molti professionisti hanno acquisito negli anni capacita’ e conoscenze in assenza di un percorso formativo universitario specifico. Si valuta per l’ammissione a sostenere l’esame quindi soprattutto l’esperienza e l’autoformazione. (ESEMPI DITALS ) • Master I e II livello (60 CFU) I master in questione sono corsi di specializzazione che già oggi vengono spesso valutati nelle graduatorie della scuola pubblica con 3 punti. Si tratta di percorsi formativi articolati, che durano almeno 1500 ore, in alcuni casi basati sull’insegnamento a distanza misto ad sessioni in presenza. I master sono strutturati in I e II livello. Questa struttura è figlia della riforma universitaria che ha accolto il sistema 3+2 di origine anglosassone (laurea triennale + specializzazione biennale). • Una ricerca dei Cobas Scuola ha stimato che solo considerando le universita’ piu’ dinamiche nel settore, Venezia, Siena e Perugia, i mediatori linguistici e insegnanti di italiano L2 dovevano essere fra le 2000 e le 2200 nel 2012. • Insegnare l’italiano come L2 richiede professionalità specifiche attualmente non riconosciute dallo Stato italiano, benché esistano Certificazioni (DITALS, CEDILS, DILSPG), Lauree specialistiche e Master erogati dalle stesse Università. Ciò rappresenta una contraddizione e un danno per tutti. (esempio) • La nostra scuola da anni è popolata da alunni e alunne straniere-i . Più di cento lingue etniche sono state censite nella nostra scuola pubblica. Insegnare in classi plurilingui, non è uguale a insegnare a classi di soli italofoni. Dobbiamo pertanto adeguare l’offerta formativa e le modalità di azione didattica a questa nuova realtà. Dobbiamo prevedere nuove figure professionali all’interno della scuola che in questi anni hanno maturato un’esperienza pedagogico-didattica d’insegnamento ad alunni stranieri. L’italiano per molti studenti non italofoni è la lingua seconda, mediante la quale devono studiare discipline non linguistiche, come la storia, la geografia, la matematica ecc. Portiamo nella nuova e buona scuola le competenze professionali dell’insegnante d’italiano L2. • Nel 2013 gli insegnanti di italiano L2 hanno indetto una petizione sul sito internet Avaaz per ribadire le proprie ragioni. Ve ne riporto il testo. • La figura professionale dell' insegnante di italiano L2/LS non è stata ancora riconosciuta ufficialmente dallo Stato Italiano e questa è un'ingiustizia sociale anche per tutti coloro che, sia in Italia che all'estero, studiano la nostra lingua. • Questa petizione vuole essere uno strumento per divulgare e far conoscere il più possibile questa problematica, affinché i vari schieramenti politici e forze sociali simpatizzanti diano finalmente ascolto alle argomentazioni degli insegnanti qualificati nella Didattica dell'Italiano L2/LS: • . Per la burocrazia del MIUR noi non esistiamo, in quanto non sono state ancora istituite né una classe di concorso specifica né una certificazione univoca che attesti le nostre qualifiche (comprendendo le certificazioni DITALS, CEDILS, DILS-PG, le lauree specialistiche e i master in Italiano L2). • - Per questo motivo ci vengono frequentemente precluse molte offerte di lavoro che riguardano precisamente il tipo di professione che svolgiamo e per cui siamo qualificati. • Alcuni esempi: • a) Nei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti - ex CTP), che organizzano corsi di italiano per stranieri adulti, in genere noi non veniamo presi neanche in considerazione perché i dirigenti scolastici devono assumere in via prioritaria insegnanti interni o esterni e/o abilitati per una classe di concorso esistente (es. Lettere) • Malgrado l’elevato e crescente numero di studenti stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, non essendoci una cattedra di Italiano L2, a noi non è consentito lavorare in queste istituzioni per facilitare l’integrazione linguistica e culturale di questi studenti. • Le selezioni di personale per le Scuole Italiane all'estero sono riservate, in genere, a docenti di ruolo nella scuola italiana. Per quanto riguarda l’insegnamento dell’Italiano LS, queste istituzioni pubbliche e private finanziate dal MAE richiedono abilitazioni in classi di concorso legalmente riconosciute dalla Stato italiano che non includono la nostra formazione. Noi non siamo ammessi a queste selezioni, proprio per la mancanza di una cattedra specifica. • Negli Istituti Italiani di Cultura all'estero, in genere, le selezioni non sempre avvengono tramite concorso ma spesso vengono invece reclutati insegnanti locali (non madrelingua) laureati in italiano, soprattutto per problemi burocratici o italiani che vivono all’estero e che pur svolgendo un altro mestiere, si improvvisano insegnanti per arrotondare lo stipendio.