1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
L'evoluzione della fauna ittica del lago Trasimeno
Dr. MAURO NATALI
Responsabile dell'Ufficio Gestione Fauna Ittica della Provincia di Perugia
1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
L'evoluzione della fauna ittica del lago Trasimeno
Il lago Trasimeno, situato a 257 m sul livello del mare, rappresenta per estensione il quarto lago italiano ed il più
grande dell’Italia peninsulare.
Folco Quilici fece tempo fa, in un suo documentario, una gaffe clamorosa parlando del Trasimeno come lago
toscano, il che scatenò un putiferio in Regione, tanto che poi il famoso giornalista si scusò ufficialmente, però qui
possiamo dire che è umbro solo da un punto di vista politico perché in realtà è al confine molto vicino ad Arezzo.
E’ un lago tipicamente laminare in quanto abbina una grande estensione (126 Kmq di superficie, 54 Km di
perimetro) ad una scarsa profondità (massima 6.30 metri, media 4.72 metri).
Il Trasimeno è un lago di grandissima importanza, il quarto lago d’Italia, il più grande dell’Italia peninsulare,
erroneamente è assimilato agli altri laghi dell’Italia centrale Bracciano e Bolsena in realtà è simile soltanto come
profilo perché è un lago di origine tettonica quindi non vulcanico, i laghi di Bracciano e di Bolsena sono dei coni
vulcanici quindi formati ad imbuto con oltre 100 metri di profondità. Il Trasimeno ha invece una grandissima
superficie, circa 12 mila ettari, 126 chilometri quadrati, ma con quella profondità media sopra riportata, quindi è un
lago laminare dovuto ad uno sprofondamento di una vasta area per movimenti tellurici, movimenti epirogenetici,
che nel Quaternario medio interessarono le zone occidentali dell’Umbria. Quindi un lago antico che si è creato con
il riempimento di questa depressione a seguito di pioggia, il lago Trasimeno infatti non ha dei veri e propri affluenti,
ma una serie di torrentelli che a seguito di piogge scaricano tutta l’acqua nel lago. Il Trasimeno è un lago chiuso,
privo cioè di un emissario naturale ed è alimentato prevalentemente dalle acque piovane; di conseguenza il suo
regime idrologico, strettamente dipendente dall’andamento pluviometrico, presenta forti oscillazioni stagionali e
pluriennali. Un lago che sulla carta ha un tempo di ricambio molto lungo 24 –30 anni, in realtà molto superiore.
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Per questo motivo nel corso della storia fin dall’epoca dei Romani furono realizzati una serie d’interventi per la
costruzione di canali artificiali che consentissero di porre rimedio ai fenomeni d’impaludamento che si verificavano
nei periodi di scarse precipitazioni e a quelli di allagamento nei periodi di piogge abbondanti.
Attualmente il Trasimeno presenta un solo immissario importante, il canale artificiale dell’Anguillara che raccoglie le
acque dei torrenti Tresa, Rio Maggiore, Moiano e Maranzano.
L’emissario anch’esso artificiale, è ubicato nei pressi di San Savino e funge da regolatore del livello del lago,
facendo defluire verso il Tevere le acque di piena. Considerate che nel ‘600 si innalzò in un solo inverno di oltre 4
metri, quindi per limitare questo problema venne creato questo emissario artificiale.L’imbocco dell’emissario è
sbarrato da una paratoia di metallo che serve alla regolazione della quota di sfioro e quindi del livello del lago e
costituisce un ostacolo insormontabile alla risalita del pesce da valle, rendendo il Trasimeno un invaso totalmente
chiuso dal punto di vista ittico.
Attualmente, a causa della perdurante siccità, da circa dieci anni il livello del lago è al disotto del livello di sfioro.
Dallo specchio lacustre emergono tre isole, Maggiore, Minore e Polvese che insieme non raggiungono una
superficie totale di un Kmq.
Le coste, generalmente basse e paludose, con l’eccezione dei promontori di Monte del Lago e Castiglione del Lago,
sono circondate da una fascia di canneto di ampiezza variabile, in relazione al grado di acclività delle rive e con
estensione massima in zona “La Valle” dove il canneto supera anche 1 Km di larghezza.
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Dal punto di vista biologico il Trasimeno per le sue caratteristiche fisico-chimiche e morfologiche (scarsa
profondità, uniformità della temperatura e di altri parametri in superficie e sul fondo) è molto ricco di vita sia
animale che vegetale.
La vegetazione acquatica è rappresentata da alghe sessili e libere (fitoplancton) e da idrofite sommerse, galleggianti
ed emerse che, data la scarsa profondità, crescono anche sul fondo del lago.
La ricchezza di vegetali determina una forte presenza di vita animale che, partendo dallo zooplancton (rotiferi,
protozoi, copepodi e cladoceri) e dai numerosissimi invertebrati acquatici (molluschi, anellidi, crostacei, insetti )
giunge fino ai vertebrati.
Tra questi particolarmente importante, soprattutto da un punto di vista quantitativo, risulta essere la fauna
ornitica con un’abbondanza di specie stanziali e migratorie per le quali il Lago rappresenta un’insostituibile zona
di sosta o di svernamento.
Tale ricchezza di vita trova riscontro anche per quanto riguarda la fauna ittica la cui abbondanza ha anche dato
vita, soprattutto in passato, ad una fiorente attività di pesca professionale, con un pescato annuale che ha più
volte ampiamente superato, negli anni ’60 e ’70 i 10.000 q.li (Gianotti, 1962, 1964, 1969; Gianotti et al. 1975,
Gianotti e Giovinazzo 1975, Gianotti et al. 1984).
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La comunità ittica del lago Trasimeno ha però nel tempo subito stravolgimenti tali da
poter essere preso come esempio di come e quanto l’uomo possa influire con i suoi
interventi.
Le informazioni esistenti, facendo riferimento anche a testi antichi, dimostrano che le
specie autoctone del lago originariamente erano pochissime, solo sei: Luccio (Esox
lucius L.) Cavedano (Leuciscus cephalus L.), Tinca (Tinca tinca L.), Scardola (Scardinius
erythrophthalmus L.), Anguilla (Anguilla anguilla L.) e Rovella o Lasca (Rutilus rubilio
Bp.).
Quest’ultima si è estinta in tempi recenti, visto che figurava ancora nell’elenco delle
specie presenti nel 1966 (Moretti e Gianotti1966). Le motivazioni di tale scomparsa non
sono del tutto chiare, ma sicuramente riconducibili a fenomeni di competizionepredazione causati da specie alloctone ( es. Lepomis gibbosus L. ) ed a mutamenti di
tipo ambientale (Natali, 1993).
Anche il Luccio è ritenuto autoctono anche se la tradizione vuole che sia stato immesso nel 1358 dai Senesi,
nell’intento di danneggiare i Perugini, perché distruggesse con la sua presunta voracità la fauna ittica del lago
(Moretti G.1977), ma tale riferimento non trova fondamenti storici attendibili.
Del resto già nel 1500 Matteo dall’Isola nella Trasimenide cita di aver assistito all’attacco di un grosso Luccio
(“Lupus”) ad una volpe intenta ad abbeverarsi (Moretti G. 1977). Anche nell’affresco “ La Creazione del Mondo” della
Basilica Superiore di S. Francesco (parete Nord) in Assisi, dipinto dal pittore romano Jacopo Torriti tra il 1290 ed il
1295, vengono rappresentate specie ittiche che in quel tempo erano evidentemente presenti nella zona, fra le quali è
ben riconoscibile il luccio (Magro P.1997). Il dipinto rappresenta la creazione ed è molto interessante il fatto che tutti
hanno considerato questo affresco come rappresentativo della vita del mare, in realtà un pittore del ‘200 che doveva
dipingere dei pesci, non essendoci a quell’epoca internet o rappresentazioni fotografiche, per dipingere dei pesci
doveva prima andarli a vedere, e guarda caso in questo affresco troviamo i pesci del Trasimeno, troviamo delle
Anguille, un Luccio, troviamo dei pesci che, con un po’ di fantasia, rappresentano Tinche e Scardole.
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Nel 1710 invece il lago è oggetto della prima immissione ufficiale; il
barone Ancaiani introdusse dal lago di Bolsena la Carpa o regina
(Cyprinus carpio L.), entrata da allora a fa parte della comunità ittica del
lago Trasimeno (Moretti G., 1977), che vide il numero delle specie salire a
sette.
Nel 1813 fu tentata l’introduzione della Trota fario (Salmo trutta L.), ma
ovviamente senza successo, per l’incompatibilità delle condizioni
ambientali del lago con le esigenze di tale specie (Moretti G., 1977).
Nel 1900 invece iniziarono, anche a seguito dell’istituzione nel 1917 del
Consorzio Pesca ed Acquicoltura del Trasimeno, ricorrenti ed in certi
casi massicci interventi di ripopolamento volti a sostenere e potenziare
l’attività di pesca professionale, anche attraverso l’introduzione di
specie nuove, ritenute di maggiore interesse economico.
Lo stravolgimento totale lo abbiamo nel ‘900 perché si comincia a
prendere in seria considerazione il ripopolamento, vale a dire potenziare
la produzione ittica del lago, che era già notevolissima, perché era una
risorsa alimentare di notevole importanza, ci sono documentazioni
storiche da cui risulta che la pesca era regolamentata anche in maniera
severa anche nel settecento nel cinquecento. Mentre oggi abbiamo la
catena del freddo per cui abbiamo pesce fresco senegalese sulle nostre
tavole, un tempo per avere pesce fresco bisognava attingere a risorse
vicine, quindi il pesce del Trasimeno, oggi un po’ bistrattato, a quel
tempo era il Pesce, la risorsa alimentare per il perugino
le immissioni, per arricchire questo popolamento ittico; nel 800 si
sperimentò la Trota per esempio, senza successo perché le
caratteristiche ambientali del lago non sono compatibili con la Trota.
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Negli anni Venti cominciarono le immissioni massicce, di specie
che potevano essere d’interesse. Attualmente ci troviamo con
venti specie, quindi sono quasi quadruplicate, molte immesse
accidentalmente, altre volontariamente, per alcune è stato un
successo dal punto di vista della specie e anche dal punto di
vista della pesca, il Persico reale, il Latterino, localmente sono
delle risorse importantissime.
A partire dagli anni ’20 le immissioni si susseguirono con
frequenza crescente, tanto che nel 1966 la comunità ittica del
Trasimeno contava ben diciassette specie di cui sei indigene,
sette esotiche acclimatate e quattro esotiche non acclimatate
(Mugilidiae) (Moretti e Gianotti, 1966).
E’ importante sottolineare che molte introduzioni sono state
accidentali (es. Latterino), causate dall’utilizzo di materiale ittico
non abbastanza selezionato, anche se poi hanno avuto
successo. Altre immissioni purtroppo sono state devastanti,
tipo il Pesce gatto che negli ultimi tempi ha avuto un’espansione
a macchia d’olio, ma che per fortuna è ritornato entro limiti
accettabili.
Altre ancora non hanno avuto esito, quali quella del Coregone
(Coregonus sp.) e della Spigola (Dicentrarchus labrax), sempre
per l’inadeguatezza delle caratteristiche del lago a quelle
biologiche di tali specie.
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Dicevamo che la maggior parte delle specie ittiche però sono state immesse accidentalmente, frammiste a materiale da
ripopolamento non abbastanza selezionato. Ad esempio l’immissione di Muggini, che non si riproducono in acqua
dolce, ma crescono benissimo, anche perché il Trasimeno ha delle acque molto ricche di sali, se non ci sono inverni
troppo freddi, perché sapete che le specie eurialine che vengono dal mare temono il freddo e se il lago va al di sotto di
una certa temperatura muoiono. Ora il clima dell’Umbria è abbastanza mite, quindi riescono a sopravvivere abbastanza
bene. Tale immissione però ha comportato l’ingresso di due Ghiozzi di acqua salmastra e del Latterino, che non è stato
immesso volontariamente, è stato introdotto accidentalmente anche se poi ha avuto un grande successo.
L’Anguilla, che un tempo giungeva al lago dal mare risalendo il Tevere, con cui l’emissario è in comunicazione
attraverso i torrenti Caina e Nestore, è ormai da lungo tempo impedita nella rimonta dagli sbarramenti idroelettrici
realizzati nella zona di Roma. La presenza di tale specie è pertanto garantita nel lago da immissioni di materiale
giovanile (ceche e ragani) il cui reperimento è comunque sempre più difficile ed il cui costo è divenuto in certi momenti
proibitivo.
Nel 1988 (Natali, 1989) le specie censite furono diciannove,
ma in realtà i nuovi ingressi sono stati più di due in quanto
nel frattempo dal 1966 si è registrata la scomparsa della
Rovella o lasca (Rutilus rubilio Bp.), di un Cobite
(Sabanejewia larvata De Fil.) e di tre delle quattro specie di
Mugilidi (non più oggetto di semine e non acclimatati).
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Nel 1990 (Mearelli et al., 1990) il numero delle specie venne riportato a diciotto in quanto il mondo scientifico stabilì che
i carassi presenti, sia nella colorazione selvatica che in quella rossa, appartengono ad un’unica specie Carassius
auratus L., escludendo la presenza nel lago e su tutto il territorio nazionale di Carassius carassius L. L’introduzione del
Carassio è stata devastante perché ha costituito una popolazione di dimensioni immense. Abbiamo in corso piani di
contenimento, ma vi immaginerete cosa significa tirare fuori seimila quintali di pesce, e poi smaltirle, immaginate i
costi e le problematiche. Stiamo cercando di potenziare le specie competitrici, con il Centro Ittiogenico che abbiamo a
Sant’Arcangelo, stiamo potenziando Carpa e Tinca e allo stesso tempo stiamo cercando un utilizzo di specie che non
hanno forme di commercializzazione, ad esempio stiamo testando la possibilità di farne mangime per gatti.
Nel 1997 nella zona di Castiglione del Lago (Freyhof, 1998) vennnero rinvenuti numerosi esemplari di un piccolo
Ghiozzo di origine salmastra Pomatoschistus canestrinii Ninni (Gobidae), anche questo sicuramente entrato a far parte
della comunità ittica dal Trasimeno mescolato a novellame di cefalo (Mugil cephalus L.), immesso a fini di
ripopolamento
Nell’inverno 1999-2000 vennero catturati i primi esemplari di
Pseudorasbora parva Sch..
Oggi le segnalazioni non sono più occasionali, ma molto
frequenti, tanto da poter considerare la Pseudorasbora la
ventesima specie ittica acclimatata nel lago Trasimeno.
Anche per quanto riguarda gli invertebrati negli ultimi anni
si segnala la comparsa di specie esotiche come il mollusco
bivalve Dreissena polymopha Pallas (Spilinga et al., 2000)
ed il gambero Procambarus clarki.
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L’evoluzione della comunità ittica del lago Trasimeno, è un valido esempio che dimostra quanto incisiva e rapida possa
essere la mano dell’uomo nello stravolgere un ecosistema acquatico. In pochi decenni la comunità ittica del lago ha,
infatti, visto quasi quadruplicare il numero delle specie che per decine di migliaia di anni era rimasto immutato.
L’introduzione di specie ittiche esotiche o di ceppi di specie già presenti, diversi da quelli autoctoni, anche se in alcuni
casi ha conseguenze positive immediate per la pesca sportiva e professionale, comporta modificazioni permanenti non
solo delle comunità ittiche, ma degli stessi ecosistemi coinvolti, i cui effetti sono molto difficili da prevedere e
valutabili solo a distanza di molto tempo.
Si auspica che in futuro l’accresciuta sensibilità verso queste problematiche inducano gli Enti preposti ai
ripopolamenti ed il mondo della pesca sportiva, come del resto si sta verificando, ad assumere atteggiamenti più
prudenti e responsabili, anche se per molte realtà come appunto il lago Trasimeno il danno è già fatto ed è ormai tardi.
Credo che nel Tevere prima di Montedoglio non ci fossero certe specie ittiche come il Pesce Gatto, il Carassio, il
Persico Sole perché l’ambiente torrentizio probabilmente non era idoneo a queste specie. Ma come si crea un nuovo
invaso compaiono nuove specie ittiche e la storia delle uova attaccate alle zampe delle Anatidi, ormai fa parte della
tradizione popolare, è dimostrato non vera, sono i pescatori sportivi che, spesso in buona fede, il pesciolino vivo
invece di ammazzarlo, lo portano in giro. Questo ha comportato per esempio in Umbria la comparsa del Siluro nel
lago di Corbara, non c’è arrivato certo da solo, non volano i Siluri. Bisogna lavorare molto sull’educazione e sul
coinvolgimento dei pescatori sportivi, grazie anche alle associazioni dei pescatori che possono essere un
importante tramite tra le istituzioni e i praticanti. Però, vi dico sinceramente che su situazioni come queste c’è poco
da fare, bisognerebbe trovare il modo di limitare ancora. Tra tecnici ormai l’argomento più comune è:”che ti è
arrivato di nuovo?”
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Quando un pesce supera (sicuramente non a piedi) l’arco alpino poi nel tempo pian piano dilaga, con ripopolamenti
malfatti o per iniziativa di privati, comunque il pesce si espande e purtroppo forse non ci rendiamo conto di quanto
danno si è fatto, danno permanete, noi stiamo incidendo su un qualche cosa di cui si parlerà, se ancora il genere
umano ci sarà, tra diecimila anni, perché noi stiamo agendo addirittura sulla speciazione. Probabilmente se certi ceppi
di Trota, o anche altre specie, fossero rimasti isolati fra diecimila o cinquantamila anni forse sarebbero diventati
qualcosa di diverso, noi mescolando pesci, specie, ma anche ceppi della stessa specie, noi stiamo inconsciamente
interferendo con l’evoluzione e questa è una cosa che deve coinvolgerci a livello morale.
Oggi si è parlato del fenomeno degli uccelli Ittiofagi, è un fenomeno che sul Lago Trasimeno può essere retto da un
ecosistema così vasto, ma se vi venissi dire quello che abbiamo calcolato come pescato dai Cormorani sul Lago
Trasimeno, (abbiamo dei dati estremamente precisi perché abbiamo fatto fare degli studi sulla quantità qualità e
sull’età dei pesci catturati), vi impressionereste. Nell’inverno 95/96 una tonnellata di pesce al giorno se ne andava con i
Cormorani per sei mesi, quindi intorno ai 1500 quintali dei pesci se ne è andata con i Cormorani. Attualmente la
popolazione è cambiata, è cambiato anche l’insieme delle specie, mantenendo un prelievo non devastante per un lago
così grande, ma comunque in valore assoluto enorme.
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