Artù
La forza del mito 01-03
La forza del mito 01
Nel tardo Medioevo, coesistono due tipi di produzione: i
manoscritti riccamente miniati, commissionati da
committenti importanti, come il duca di Berry, i duchi di
Borgogna e Jacques d'Armagnac e una produzione
corrente che le librerie vendono a una variegata clientela
di nobili e borghesi.
Un Lancelot en prose del
duca di Berry
Lancelot-Graal (Estoire)
Parigi, verso il 1404 e Francia centrale,
terzo quarto del XV secolo
Provenienza: Jean de Berry; Jacques
d'Armagnac; Pierre de Beaujeu;
biblioteca del conestabile di Borbone a
Moulis; nella biblioteca del re sotto
Francesco I
BnF, Manuscrits, français 117 [série
français 117-120] (f. 1)
Un Lancelot en prose del duca di Berry
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La miniatura del frontespizio, dedicata alla vita di Lancillotto, serve d’introduzione generale
alla copia del ciclo del Lancelot-Graal (Bnf, fr. 117-120), divisa in quattro volumi nel XVII
secolo. Si apre così anche l’ Estoire del Saint Graal, prima parte del ciclo direttamente ispirato
al Giuseppe d'Arimatea, scritto in prosa da Robert de Boron. E 'stata realizzata nello stile del
Maestro delle Clères femmes. Verso il 1465, la bardatura del cavallo di Lancillotto è stata
rielaborata, probabilmente da Espinques Evrard, uno degli artisti di Jacques d'Armagnac.
Un manoscritto "gemello", che contiene la stessa versione del testo, si trova nella Biblioteca
dell'Arsenale (Ms. 3.479-3.480), acquisito nel febbraio 1406 dal duca di Borgogna Giovanni
Senza Paura presso Jacques Raponde, un commerciante parigino originario di Lucca. E‘
probabile che la realizzazione dei due manoscritti fosse stata programmata dal Du Montet.
Sulla base degli inventari delle collezioni del duca di Berry, avrebbe dato il suo manoscritto
prima del 1413 a Bernardo VII (circa 1360-1418), conte di Armagnac e di Rodez e
connestabile di Francia, secondo marito di sua figlia Bonne: è così che suo nipote, Jacques
d'Armagnac scoprì la letteratura arturiana, della quale fu così appassionato. Quando venne
arrestato nel 1476, Pierre de Beaujeu, il futuro duca di Borbone, s’impadronì della più parte
della sua proprietà: qui, un orso (simbolo del duca di Berry) regge le arme d’Armagnac,
ancora visibili sotto lo scudo dipinto con le arme dei Borbone.
La forza del mito 02
Un modello di società
Nei secoli XII e XIII secolo,
i romanzi della Tavola
Rotonda sono scritti
quasi esclusivamente per
l’alta nobiltà. Si tratta di
una letteratura
ideologica che esalta la
cavalleria, che disprezza i
contadini, i commercianti
e gli abitanti della città.
Artù è un re feudale.
Tristan en prose, seconda parte Manoscritto dei Visconti-Sforza
Lombardia (Milano?), verso il 1320-1330
Provenienza : biblioteca dei Visconti-Sforza, a Pavia; poi, Luigi XII nel 1498; libreria del re a Blois
BnF, Manuscrits, français 755 (f. 150v-151)
Tristan en prose, seconda parte Manoscritto dei Visconti-Sforza
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Il ciclo iconografico di questo manoscritto, il più importante che ci è giunto del Tristan en
prose, è dovuta a un artista fortemente influenzato da maestri bolognesi, il cui tratto appare
qua e là, sotto i colori. La sua mise en page originale riflette la ricerca di rinnovamento di quel
tempo in Lombardia ad opera dell'arte dell'affresco, e in particolare di Giotto. Essa annuncia
il capolavoro che sarà il Guiron di Bernabò Visconti. L'abbondanza di miniature, la gamma di
colori che impiega in modo vario e frequente oro e argento, suggeriscono una committenza
aristocratica: tra le arme disegnate sugli stemmi e sui tessuti degli abiti degli eroi, ci sono
quelle delle grandi famiglie lombarde, ma il ricco personaggio che ha commissionato questo
manoscritto, passato prima del 1426 nella biblioteca dei duchi di Milano a Pavia, rimane
sconosciuto.
La versione contenuta in questo manoscritto combina il testo del Tristan en prose e degli
episodi tratti dal ciclo noto come Post-Vulgate, forse scritto in Italia, da dove proviene la
maggior parte dei manoscritti che la tramandano. Le scene si svolgono da sinistra a destra
secondo una continuità caratteristica del manoscritto: dopo il castello di Camelot, dove Artù
sta scrivendo un messaggio ai cavalieri per convocarli a corte, il giorno di Pentecoste,
comincia la conversazione di Tristano e Isotta, che si prolunga fino al foglio successivo.
La forza del mito 03
La leggenda arturiana
diffonde oltre la nobiltà:
in Germania, in Francia,
ben presto in Italia,
piccoli signori, ma anche
contadini portano nomi
arturiani.
Bernabò Visconti cavaliere
arturiano
Guiron le Courtois
Milano, verso il 1370-1380
Provenienza: Bernabò Visconti (?) ;
acquistato nel 1891 dalla BN
BnF, Manuscrits, NAF 5243 (f. 30v-31)
Bernabò Visconti cavaliere arturiano
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Il lungo romanzo Guiron le Courtois si svolge nei primi tempi arturiani, prima dell'arrivo di
Lancillotto alla corte e dell’inizio della ricerca del Graal. Esso integra degli episodi del Tristan
en prose. Composto prima 1240, è stato spesso inserito in altri testi arturiani, in particolare
nella Compilation composta dopo il 1273 da Rustichello da Pisa - al punto che queste due
opere sono state spesso confuse. Essendo questo manoscritto incompleto, è difficile
determinarne il posto nella tradizione del testo. L’estetica e l'intensità poetica di questa copia
rappresentano il culmine della ricerca iniziata verso il 1320, in Italia, sull’illustrazione dei
romanzi, ma deve la sua perfezione artistica e la padronanza dello spazio all’artista che l’ha
progettata e guidato la sua realizzazione. Anche se ristretto tra i margini, l'episodio in cui
Brunor e Morholt lasciano Arthur per raggiungere i loro alloggiamenti, insieme a Gauvain e
Bliobléris, per poi arrivare al castello della Douloureuse Garde, nelle sue mani vi guadagna
un’ampiezza senza precedenti. Queste immagini sono anche una testimonianza inestimabile
sui costumi, la moda e le armature dell'aristocrazia nell’Italia del XIV secolo.
Bernabò Visconti cavaliere arturiano 2
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Sebbene non faccia parte dei volumi requisiti a Pavia da Luigi XII, il manoscritto è stato
realizzato per un membro della famiglia ducale di Milano, probabilmente Bernabò Visconti
(1354-1385). La decorazione dipinta non contiene emblemi o stemmi, ma due iniziali con
filigrana sono decorate con l’emblema della famiglia Visconti (una serpente) accompagnata,
nella prima, dalle lettere D.B., che potrebbero riferirsi ad un emissione monetaria di Bernabò
(46 v.). Nella lettera Q, f. 31, la piccola figura seduta su una cassa finemente disegnata con
inchiostro è una replica di un cavaliere che parla con Meliadus dopo una cavalcata (71 v.).
Sarebbe un ritratto di Bernabò Visconti, il cui assassinio nel 1385 potrebbe spiegare il fatto
che la decorazione sia rimasta incompiuta.
Il terzo libro del Guiron
Guiron le Courtois, seguito dalla
compilazione di Rustichello da Pisa
Parigi, tra il 1420 e il 1450
Provenienza: Jean-Louis di Savoia;
Luisa di Savoia; Francesco I; biblioteca
del re (fine del XVI secolo)
BnF, Manuscrits, français 357 (f. 241)
Il terzo libro del Guiron
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Questa voluminosa raccolta in due tomi (BnF, fr. 356-357) contiene il Roman de Guiron le
Courtois, seguita dalla compilazione di Rustichello da Pisa, in una configurazione particolare:
al f. 241 del secondo tomo, inizia infatti, sotto il titolo "le tiers livre de Guyron", una nuova
versione del secondo libro già copiato i ff. 1-240 v. Questa versione appare anche in un
manoscritto “gemello” proveniente dai duchi di Borgogna (Arsenal, MSS 3.477-3.478 ) ed è
stato realizzato dalla stessa bottega parigina, o almeno copiato da un modello identico.
L’illustrazione è stata realizzata dal Maître de Dunois, che deve il suo nome al Libro d'Ore del
conte di Dunois, figlio illegittimo di Luigi d'Orleans (Londra, BL, Yates Thompson, MS. 3).
Quando gli inglesi lasciarono Parigi nel 1436, Maître de Dunois, discepolo del Maître de
Bedford, andò a lavorare per i nuovi signori della guerra, clienti e dignitari di alto livello
dell’entourage di Carlo VII. Secondo François Avril, Maître de Dunois sarebbe identificabile
con Jean Haincelin, che contava tra i suoi clienti il duca d'Orléans e l'ammiraglio Prigent de
Coëtivy. Nel 1444, Haincelin realizzò per lui un Lancelot e un Guiron le Courtois, oggi perduto.
Senz’altro familiare a questi temi, affrontò con originalità ed eleganza la scena dell’incontro,
su di uno sfondo boscoso, verde pallido.
Il destinatario del manoscritto è sconosciuto, ma le arme di Jean-Louis di Savoia (1447-1482),
vescovo di Tarantasia (1456) e Ginevra (1460), sono state aggiunte a margine.
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