Prova scientifica, scienza e
processo
l’apporto delle neuroscienze in
tema di imputabilità e psicologia
della testimonianza
Scienza e processo penale
• Scienza e processo si trovano in un rapporto di
reciproca integrazione : da un lato , con
l’evoluzione tecnologica il rito penale si apre
sempre di più all’ingresso della scienza;
dall’altro , si assiste ad una sorta di
“processualizzazione del metodo scientifico” ,
che passa attraverso il contraddittorio tra gli
esperti e il vaglio giudiziale delle
prospettazioni scientifiche introdotte nel
processo.
Scienza e processo penale
• I rapporti fra scienza e processo penale e l’analisi
della problematica inerente al contributo che la
scienza è in grado di dare alla ricostruzione
giudiziale del fatto e dell’eziologia dell’evento
orizzonte dei rapporti fra scienza e processo
penale.
• La nostra disamina prende le mosse dal quesito:
quale è la concezione della scienza accettata nel
pensiero epistemologico e scientifico
contemporaneo?
Scienza e processo penale
• Fino alla seconda metà dell’Ottocento, gli scienziati non
mettevano in dubbio che la scienza fosse in grado di farci
conoscere la verità «con una perfezione altrettanto grande
quanto quella che i cultori della teologia razionale
attribuivano un tempo alla conoscenza divina».
• Era dunque naturale considerare il progresso della scienza
come conquista della verità: il fine cognitivo della scienza
consiste nello scoprire teorie perfettamente vere circa il
mondo e nel raggiungere una completa certezza circa la
verità di tali teorie.
• L’infallibilismo rappresentò la concezione epistemologica
dominante dall’antichità sino alla seconda metà
dell’Ottocento.
Scienza e processo penale
• La verità rappresenta così l’elemento ontologico
dell’infallibilismo; alla verità si collega la certezza del
sapere, che ne rappresenta l’elemento epistemico, cioè
uno dei possibili atteggiamenti verso una teoria.
• In tal modo, veniva stabilita una chiara relazione tra
scienza e diritto ispirata ad una logica di ausiliarietà,
descritta attraverso una immagine assai stereotipata,
in base alla quale la scienza doveva fornire al diritto
una serie di informazioni che il diritto non era in grado
di acquisire autonomamente, sulle quali poi esprimere
valutazioni deontologiche.
Scienza e processo penale
• In tal modo alla scienza vengono riferite aspettative di
tipo cognitivo, mentre al diritto prevalentemente
aspettative di tipo critico-normativo-valutativo.
• La distinzione, tra oggetto di analisi e criterio di
valutazione, era netta e ben delineata e ne garantiva
coesistenza e stabilità: diritto positivo, non–sapere,
prodotto della decisione, e scienza, prodotto della
conoscenza.
• Vedremo che questa distinzione è destinata ad andare
in crisi con l’avvento di un orizzonte fallibilista della
scienza.
Scienza e processo penale
• A partire dalla metà del XX secolo questo ruolo ausiliario della
scienza a favore del diritto comincia a incrinarsi.
• Emerge una nuova, possibile, relazione in cui è la scienza a chiedere
al diritto di decidere ciò che, da un punto di vista scientifico, sembra
non apparire più conoscibile. L’equilibrio si infrange nel momento in
cui il riferimento alla natura perde stabilità ed univocità,
dimostrandosi insufficiente a garantire contenuto e stabilità alle
norme.
• Nel XX secolo, in conseguenza di alcune grandi scoperte
scientifiche, come la fisica relativistica e la meccanica quantistica,
divenne sempre più chiaro che l’infallibilismo era indifendibile e
che ci si doveva quindi accontentare di “ideali metodologici” più
modesti. Vennero allora esplorate due diverse concezioni
fallibilistiche della conoscenza scientifica.
Scienza e processo penale
• La prima indebolisce l’elemento epistemico
dell’infallibilismo, vale a dire la certezza, che veniva
rimpiazzata dalla probabilità.
• Abbandonando la pretesa che la certezza sia l’unico stato
epistemico compatibile con la scienza genuina si afferma la
concezione probabilistica secondo cui, nella maggior parte
dei casi, gli scienziati possono raggiungere soltanto gradi di
verità delle ipotesi prese in considerazione, vale a dire gradi
di credenza rappresentati da probabilità di verità.
• La seconda indebolisce l’elemento ontologico, vale a dire la
verità, che veniva sostituita dall’approssimazione alla verità
cioè la verosimiglianza.
Scienza e processo penale
• Occorre prendere atto che nella scienza non vi
sono certezze, né verità definitive, e che la storia
vera della scienza è una storia tortuosa e
complessa di errori commessi, commessi e poi
eliminati, un cimitero di errori (o una gran
quantità di falsi).
• Ciò accade perché ogni legge scientifica è solo
un’ipotesi di ricostruzione intellettuale di un dato
accadimento del mondo reale, periodicamente
soggetta a revisione e critica, in qualche caso a
totale discredito.
Scienza e processo penale
• La scienza prende atto della sua paradossale e
preoccupante condizione: quella di dover
costantemente aspirare ad una conoscenza
che è spesso solo parziale.
• Oggi dunque si riconosce generalmente che la
storia delle singole scienze – dalla fisica alla
chimica, alla biologia, alla medicina – è storia
di limiti incontrati e di errori compiuti e poi
superati.
Scienza e processo penale
• La scienza, negli innegabili progressi, appare dunque
come un cimitero di errori e vi è ampia convergenza,
nella più moderna epistemologia - che si ispira, in larga
misura, al pensiero di Popper - sull’asserto che le leggi
scientifiche non perdano mai la loro natura di ipotesi,
di cui è sempre possibile dimostrare la falsità.
• Nessuna legge universale infatti è mai certa giacché,
per quante conferme essa abbia ottenuto, i casi non
ancora osservati sono infiniti e, in qualunque
momento, può accadere che venga in osservazione un
caso che smentisca la più venerabile delle teorie.
La ridefinizione dei rapporto tra
scienza e diritto
• Da una logica di ausiliarietà tra sfere separate, che si
risolveva nella incorporazione acritica e passiva della
norma tecnica in quella giuridica, si è passati alla
sussunzione a livello normativo di concetti la cui
convenzionalità è data per scontata. Il rinvio del diritto
penale al sapere scientifico avviene attraverso una
libera e sovrana ricognizione e reinterpretazione della
norma etica, sociale, scientifica richiamata, cui viene
riassegnata ad essa una qualificazione normativa.
• Questo cambiamento di paradigma rimarca, d’altro
lato, il continuo, incessante, bisogno di sapere
scientifico del diritto.
La ridefinizione dei rapporto tra
scienza e diritto
• Queste trasformazioni del sapere scientifico hanno
rilevanti conseguenze sul “modo” in cui la scienza è
osservata dal sistema giuridico, ponendo
definitivamente in crisi il ruolo che alla scienza era
stato finora affidato dalla prospettiva del sapere
giuridico.
• L’impossibilità di un sapere scientifico su cui fondare
teoreticamente un valore assoluto capace di conferire
regolarità alla successione degli eventi, un punto di
vista privilegiato, mette in atto un processo di
separazione tra scienza e diritto, cui attualmente
assistiamo.
La ridefinizione dei rapporto tra
scienza e diritto
• Il sapere scientifico non è più in grado di fornire
risposte definitive e incontrovertibili: la scienza
stessa deve affrontare la complessità, convivendo
con un certo grado di instabilità e di capacità del
sistema di evolversi in continuazione.
• Ogni volta che il regolatore fa propria una
spiegazione causale scientifica, si corre il rischio,
elevatissimo, che questa possa essere falsificata
da una successiva elaborazione e che quindi non
corrisponda alla verità
La ridefinizione dei rapporto tra
scienza e diritto
• A partire dalla metà del XX secolo questo ruolo ausiliario della
scienza a favore del diritto comincia a incrinarsi. Emerge una nuova,
possibile, relazione in cui è la scienza a chiedere al diritto di
decidere ciò che, da un punto di vista scientifico, sembra non
apparire più conoscibile. L’equilibrio si infrange nel momento in cui
il riferimento alla natura perde stabilità ed univocità, dimostrandosi
insufficiente a garantire contenuto e stabilità alle norme.
• Il sapere scientifico non è più in grado di fornire un apporto sicuro
alla formazione delle disposizioni normative (sentenze, norme) e
proliferano rigogliose le definizioni normative e convenzionali, in cui
concetti originari di altre scienze e di altri saperi, una volta inclusi
nelle fattispecie legali, diventano concetti giuridici che fanno
propria una “certa” scienza, che assume determinati presupposti, e
non altri.
La ridefinizione dei rapporto tra
scienza e diritto
• L’evoluzione è quella dello sviluppo di un “diritto della scienza
incerta”, ovvero di un diritto più flessibile che, essendo chiamato a
risolvere in via normativa l’irresolutezza della scienza, partecipa
necessariamente ai suoi processi di apprendimento e ne diviene in
qualche misura parte integrante. Malgrado questo senso di
relatività del processo cognitivo, è tuttavia insopprimibile il bisogno,
per il giudice e il giurista in genere, di ancorarsi saldamente ad un
sapere scientifico. L’applicazione della norma penale può aver
bisogno del sapere scientifico quando vi è un rinvio al sapere
scientifico contingente, che può sempre essere rielaborato e
ridefinito all’interno del linguaggio giuridico, sia quando esso
acquisisce rilevanza indirettamente sul piano probatorio per
fondare in termini di certezza condizioni e presupposti fattuali su
cui si ancòra la responsabilità penale.
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
• Il fatto nel processo penale è un evento naturalistico accaduto nel
passato, che diventa oggetto di indagine (procedimento penale) e di
giudizio (processo penale).
• Il giurista ha -come lo storico- il compito di ricostruire il fatto; in
quest'attività dobbiamo subito segnalare un limite invalicabile: sarà
comunque impossibile verificare il fatto in sé e mai si avrà la
certezza che il fatto ricostruito ed il fatto in sé siano perfettamente
identici.
• l fatto all'inizio del processo ha le forme dell'ipotesi, che è
contenuta nel capo d'imputazione; il processo penale mira a
verificare la fondatezza dell'ipotesi e lo fa attraverso la
“ricostruzione” dell'ipotesi accusatoria e sulla base dei dati che
emergeranno nel corso del dibattimento.
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
La ricostruzione del fatto ha una qualifica: deve essere
razionale, e cioè:
a) deve essere basata sui principi della logica, della
scienza e dell'esperienza;
b) deve essere ancorata ai risultati delle prove
legittimamente assunte;
c) deve essere quanto più possibile oggettiva, epurata di
ogni soggettività.
Il fatto che esce dalla gestazione dibattimentale è
un'entità diversa, rispetto il fatto storico; dal processo
penale scaturisce il fatto processuale.
•
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
La ricostruzione del fatto nel processo penale viene offerta dalle
parti al giudice, affinchè questi emetta un giudizio sull'ipotesi
d'accusa. Il nostro sistema processuale penale si fonda sul principio
del cd. libero convincimento del giudice; è come se fossimo in un
campo tutto liberamente accessibile perchè tutto potenzialmente
illuminabile dai raggi del sole; nessuna zona d'ombra in cui la regola
sia quella della prova legale (lo speculare opposto del libero
convincimento).
• quando, come nel nostro sistema, non ci sono regole di prova
legale, il giudice si forma il proprio convincimento liberamente,
valutando l'esito delle prove e dandone una coerente giustificazione
e motivazione.
•
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
Primo limite al principio del libero convincimento sta
nell'obbligo di motivazione imposto al giudice nel momento
in cui emette la propria decisione: il giudice è ancorato alla
necessità della indicazione specifica dei risultati acquisiti e
dei criteri adottati, onde evitare che il libero convincimento
si trasformi in (libero) arbitrio;
• in altre parole il giudice dovrà indicare sia i risultati emersi
dall'assunzione delle prove sia -ed è la cosa più importantei criteri adottati nella sua valutazione critica.
La motivazione, strutturata nell'indicazione dei risultati
delle prove e nei criteri adottati per argomentarli,
garantisce ai protagonisti del processo la possibilità di un
controllo sul percorso seguito dal giudice nel decidere
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
I criteri adottati possono essere individuati in tre grandi classi:
• le massime di esperienza: giudizi ipotetici di contenuto generale,
indipendenti dal caso concreto, guadagnate mediante l'esperienza
ed autonome rispetto al singolo caso;
• i fatti notori: fatti conosciuti pubblicamente e pacificamente, che
non necessitano di formare oggetto di prova;
• le leggi scientifiche di copertura: leggi universali e leggi statistiche,
munite di una minore certezza scientifica, in ragione delle quali si
può affermare che, in una certa percentuale di casi, la realizzazione
di un atto è seguita dal verificarsi di un evento.
•
La ricostruzione giudiziale del fatto
storico e i limiti al libero
convincimento
il giudice è libero di auto-convincersi, ma non è libero dalle
regole della logica, ed uno dei primissimi fondamenti della
logica è quella di porre in dubbio i dati a disposizione.
• In questo contesto si inserisce la regola generale dell'oltre
ogni ragionevole dubbio nella sentenza di condanna, che
riguarda tutta la ricostruzione del fatto; ogni elemento del
fatto dev'essere provato “al di là di ogni ragionevole
dubbio”.
• Il ragionevole dubbio funziona come ulteriore limite del
libero convincimento: se il giudice non si convince oltre
ogni ragionevole dubbio, la sua decisione potrà essere solo
di assoluzione, giammai di condanna.
Ragionamento giudiziario e sapere
esperto
• Al ragionamento e alla decisione giudiziale contribuiscono
diversi attori: investigatori, giudici, parti, testimoni, esperti.
• In particolare, gli esperti offrono all’organo giudicante il
sapere esperto di cui non è a conoscenza e garantiscono
l’affidabilità della dimostrazione di un fatto, in quanto
scientificamente vero.
• Secondo lo schema del ragionamento giudiziario, il sapere
esperto entra nel ragionamento probatorio per sostenere
l’ipotesi, la congettura iniziale esplicativa di un evento
significativo, elaborata nella fase c.d. di abduzione e per
suffragare, esplorare, le conclusioni che sono state
generate dalla ipotesi iniziale nella c.d. fase deduttiva.
Il valore probatorio della consulenza
tecnica
• Ai sensi dell’articolo 225, primo comma, e dell’art. 233. co. 1, c.p.p.,
le parti, quando hanno interesse a provare un fatto in campo
tecnico o scientifico utile ai fini della causa, hanno la facoltà di
nominare propri esperti che espongano il loro parere al giudice.
• Il sistema adottato dal codice di procedura penale del 1930 è stato
abbandonato radicalmente con il nuovo codice del 1988, di stampo
accusatorio. Strettamente legato al sistema accusatorio è il
cosiddetto “diritto di difendersi provando”. Esso si manifesta, da un
lato, nel diritto di interrogare i testimoni a carico, dall’altro lato nel
diritto di ottenere l’ammissione di prove a discarico.
• Di conseguenza, qualora le prove a discarico siano relative a materie
di alto contenuto tecnico scientifico, la efficacia dei diritto di difesa
impone che l’imputato abbia la possibilità di avvalersi di soggetti
dotati delle necessarie competenze tecnico scientifiche (o nel caso
che ci interessa, psicologiche).
Il valore probatorio della consulenza
tecnica
• Dall’art. 233 c.p.p. si desume la natura di vero e proprio
mezzo di prova della consulenza tecnica extraperitale.
• Questo valore probatorio della CTP viene confermato
da ulteriori dati normativi (art. 422 c.p.p.).
• Il consulente tecnico si è quindi affrancato dal ruolo di
semplice ausiliario e consigliere della parte per
assumere quello di fonte di prova:
• la consulenza tecnica extraperitale può ormai ben
considerarsi un mezzo di prova tipico e nominato
nell’ordinamento processuale italiano, distinto sia dalla
perizia che dalla testimonianza.
La consulenza psico-forense
• In Italia la consulenza psico-forense - nota nei paesi anglosassoni
come trial consultation – ha conosciuto finora una scarsa
applicazione.
• Invero lo psicologo forense e la psicologia forense invero può
offrire molti strumenti e contenuti di conoscenza e di scienza al
processo penale che vanno ben oltre la consulenza tecnica di parte
o la perizia: si pensi alle applicazioni nella fase delle investigazioni
(la c.d. psicologia investigativa forense applicata alla spiegazione dei
fatti accaduti), alla psicologia della testimonianza finalizzata alla
preparazione dell’audizione del teste in generale o l’audizione
protetta del teste minore, alle applicazioni nell’esame incrociato
(cross-examination), alle tecniche dell’argomentazione giuridica.
Queste ipotesi tratteggiano un ambito di collaborazione tra il
consulente e le parti di tipo informale.
La metodologia dell’indagine peritale
• Nell’adempimento del suo compito il perito possiede
autonomia decisionale rispetto alla scelta dei mezzi, dei
luoghi per le indagini, delle metodologie utilizzate.
• Tuttavia non può affidarsi a metodologie scientifiche non
riconosciute come affidabili dalla comunità scientifica
internazionale ed è anche tenuto ad esplicitare nella perizia
o consulenza i modelli teorici di riferimento e gli strumenti
di indagine utilizzati ai fini della risposta al quesito posto dal
giudice o dalle parti.
• Occorre inoltre che modelli teorici di riferimento e metodi,
otre che riconosciuti scientificamente, siano appropriati ai
fini dell’indagine e dell’espletamento dell’incarico
La metodologia dell’indagine peritale
In tema di prova scientifica, il giudice deve essere nelle condizioni di valutare
il livello di scientificità contenuto nell’elaborato peritale dovendo verificare la
corretta applicazione di criteri e metodologie, soprattutto qualora queste non
siano consolidate ( tasso di scientificità).
Si richiamano quindi i requisiti di scientificità scolpiti nella sentenza Daubert
nella giurisprudenza statunitense:
• controllabilità e falsificabilità della teoria o della tecnica scientifica alla
base della prova,
• valutazione percentuale di errore, noto o potenziale,
• la risonanza e l’accreditamento scientifico della teoria,
• il controllo da parte di altri esperti e il tentativo di falsificazione.
• Il metodo utilizzato in ambito peritale deve essere oggettivo, ripetibile e
fondato su evidenze scientifiche controllabili e confrontabili: anche
specialisti diversi, usando i medesimi strumenti, giungerebbero alle
medesime soluzioni.
• In tal modo i risultati di quella metodologia sono: validi e attendibili.
Le regole auree di una perizia accurata
e precisa
1) All’esperto non deve mai essere richiesto di
esprimersi, nemmeno indirettamente, circa l’accadimento
e la dinamica dei fatti. E’ vietata la valutazione giuridica o
la valutazione personale.
2) Il giudice, nel valutare l’ammissibilità e la fondatezza
degli asserti scientifici introdotti dagli esperti, il giudice,
in quanto peritus peritorum, deve esercitare criticamente
il vaglio epistemologico dei medesimi. Preliminare
attenzione dovrebbe essere orientata al grado di
affidabilità della teoria, valutando in che misura la stessa
possa fornire concrete e attendibili informazioni a
sostegno dell’argomentazione probatoria inerente al caso
di specie.
Le regole auree di una perizia accurata
e precisa
Rispetto al metodo, sarà necessario valutare:
a) l’autorità e l’indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca
nonché la finalità che lo muove;
b) la correttezza metodologica (oggettività e rigorosità), vagliando
criticamente gli studi che sorreggono la tesi premessa nonché gli
strumenti e le tecniche utilizzati;
c) la discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello
studio, soffermandosi sulle diverse opinioni formatesi e tenendo conto
del grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica.
• Ove sia presente un dibattito alimentato da posizioni conflittuali, il
giudice, nello scegliere tra le tesi emerse, dovrebbe valutare anche
le posizioni minoritarie o non ancora consolidate ai fini del
superamento del ragionevole dubbio. In ogni caso, la tesi prescelta
dovrà essere dotata di un elevato grado di affidabilità facendo
riferimento alle ricerche e agli studi più accreditati.
Regole auree di una consulenza
accurata
Riassumendo:
Occorre selezionare gli strumenti di valutazione,
la logica da seguire, le teorie e i modelli teorici di
riferimento in quanto accreditati dalla comunità
scientifica e pubblicati su riviste scientifiche,
valutare il livello di errore, controllare e
falsificare le teorie, utilizzare metodi che
possiedono le caratteristiche della ripetibilità,
accuratezza e precisione
La prova scientifica
• Nell’ambito della problematica afferente ai rapporti tra
scienza e processo si pone quello relativo alla
classificazione della prova cd. Scientifica intesa come
esperimento probatorio che si vale di un metodo scientifico
nella ricostruzione della re giudicanda.
• L’espressione “prova scientifica” designa un fenomeno
complesso che si estrinseca in una molteplicità di forme e
si articola in una serie di operazioni probatorie per le quali
si usano strumenti di conoscenza attinti dalla scienza e
dalla tecnica.
• Infatti i metodi scientifici non possono offrire nuove
categorie di prove, ma possono servire ad una migliore
ricerca della verità.
La prova scientifica
• 1)Il primo fattore è attinente all’inquadramento e
riconducibilità della cd. prova scientifica all’interno
della costellazione delle categorie probatorie tipizzate.
• 2) Il secondo fattore attiene alla dinamica acquisitiva
della cd. prova scientifica nel processo penale. Le
peculiarità derivati dall’impiego del metodo scientifico
nella ricostruzione del fatto devono confrontarsi con il
metodo dialogico nella formazione della prova, con il
favor per l’ingresso della prova contraria e per
l’esaltazione del contraddittorio attraverso il metodo
della cross-examination.
La prova scientifica
• Se è assodato che, in materia di prova scientifica, occorre
che vi sia una possibilità di smentita della legge applicata
nel caso concreto (cd. tentativo di falsificazione), occorre
che ciò avvenga anche quando nel processo penale sono
utilizzate le massime di esperienza. Anzi, il tentativo di
smentita è reso ancora più impellente dalle caratteristiche
di queste ultime, che non sono "sperimentabili" e non sono
"generali", perché le regole del comportamento umano
ammettono eccezioni”.
• Si evidenzia che, in riferimento alle massime d’esperienza, il
compito delle parti sia quello si sottoporre la singola
massima a un rigoroso processo di falsificazione,
esattamente come dovrebbe accadere per le leggi
scientifiche.
La prova scientifica
• Rileva il disposto dell’art 111 co 4 Cost , secondo cui il processo
penale è regolato dal principio del contraddittorio nella
formazione della prova.
• Ne deriva che ciascuna parte deve essere posta in condizione di
mettere in dubbio l’ipotesi che è stata formulata dal consulente
della controparte e dal perito nominato dal giudice.
• Ciascuna della parti deve dunque poter dimostrare se , ad esempio,
non siano applicabili al caso in disamina differenti leggi scientifiche
che diano una spiegazione alternativa dell’accadimento o se non
fossero presenti alcuni fattori idonei ad esplicare efficienza causale
il cui peso sia stato trascurato nell’analisi giudiziale ; o se , sul piano
squisitamente tecnico, l’accertamento non sia stato eseguito a
regola d’arte
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• Giudice e perito lavorano insieme:
• il giudice nell’ambito delle regole del suo libero
convincimento;
Il perito stabilisce:
A.in primo luogo, lo stato mentale in cui versava il
soggetto agente alla momento della commissione
del fatto,
B. a seguire, se esso possa aver influito in maniera
determinante sulle sue capacità di discernimento
o controllo degli impulsi (art. 85 c.p.).
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• La capacità di intendere e di volere costituisce la
“sintesi delle condizioni fisio-psichiche che consentono
l’ascrizione di responsabilità all’autore di un fatto
corrispondente ad una previsione legale e che rendono
pertanto tale fatto un reato meritevole di pena”.
• Indica la costituzione fisica e spirituale di una persona
che, al momento in cui ha commesso il fatto, era
maggiore di età, “sana” (di fisico e) di mente e si
trovava in una situazione di normalità.
• E’ l’attitudine ad autodeterminarsi. Costituisce la base
del giudizio di disapprovazione soggettiva de fatto
commesso dall’agente.
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• La capacità di intendere e di volere deve essere
presente al momento del fatto e con riferimento al
singolo fatto concreto. Ne consegue logicamente che la
verifica dell’imputabilità non avviene nel momento in
cui il soggetto ha agito o omesso di agire.
• Il perito esamina lo stato mentale dell’imputato in un
“altro” tempo ed in un “altro” luogo (rispetto a quello
reale della commissione del fatto reato).
• La “delocalizzazione della scena giudiziaria” o indiziaria
in altro setting affranca dal contesto di riferimento le
diverse modalità di manifestazione della mens rea, con
perdita ulteriore di dati tecnici, storici.
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• Infine, si afferma un concetto di imputabilità
settoriale: affermata in relazione ad un dato
fatto e negata, invece, in relazione ad altro e
diverso fatto. Es. l’autore di violenza sessuale
che affetto da cleptomania s’impossessa di
cose di valore patrimoniale della vittima.
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
Art. 88. Vizio totale di mente.
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era,
per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità
d'intendere o di volere.
Art. 89. Vizio parziale di mente.
Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale
stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità
d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è
diminuita.
Corte di Cassazione, S.U., 25.01.2005-08.03.2005, n. 9163:
include i disturbi della personalità nel concetto di infermità,
ampliando i confini della nozione di imputabilità.
Va ricercata la concreta attitudine a compromettere gravemente la
capacità di percepire il disvalore del fatto commesso, nonché a
recepire il significato del trattamento punitivo
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• Oggi si afferma una concezione più ampia di malattia
psichica, su basi psicologiche, determinata da alterazioni
qualitative e perciò non comprensibili ne riproducibili del
vissuto: non si richiede processo morboso organico
dimostrato, ma disturbo psicopatologico – evoluzione del
concetto di malattia mentale comprensivo di anomalie
psichiche riconducibili alla psicopatologia clinica.
• Malattie psichiatriche in senso stretto: psicosi caratterizzate
dalla perdita dei nessi logici e del senso della realtà.
• Psicosi esogene: disturbi psichici riconducibili a processo
morboso che agisce a livello anatomico organico
Consulenza o perizia in tema di
imputabilità
• Difficoltà pratiche si pone per il conflitto che
potrebbe sorgere tra la valutazione di
imputabilità, legata allo stato mentale
dell’individuo, e il giudizio di responsabilità
penale, connesso alla presunzione di innocenza
costituzionalmente garantita.
• Il perito dichiara imputabile o non imputabile il
soggetto da valutare rispetto a fatti cui lo stesso
potrà risultare estraneo o essere dichiarato
innocente.
Standard di affidabilità di una
metodologia
• La scienza, la psichiatria o psicologia, è
oggettiva?
• La metodologia d’indagine utilizzata in sede
forense si avvale di procedure standard,
affidabili a tal punto da assurgere a prova
scientifica, non confutabile?
Standard di affidabilità di una
metodologia
• Collegio peritale con garanzie di indipendenza,
imparzialità e scientificità:
• si richiede una comprovata professionalità degli esperti
negli appositi albi, corredata da general acceptance
test,
• l’approvazione della comunità scientifica di riferimento,
attraverso certificazioni chiare, documentate dalla
rilevanza delle ricerche effettuate,
• la cosiddetta peer review, una costante e continua
verificabilità delle stesse, attraverso la pratica del
testing per mitigare al minimo gli effetti dell’errore
commesso
Standard di affidabilità di una
metodologia
Un quesito peritale che comprenda l’approccio funzionale, cioè, oltre
quella categoriale potrebbe essere il seguente:
• “accertino i periti quali sono le attuali condizioni di mente di (nome
e cognome);
• valutino se versasse o meno, in riferimento al fatto per cui si
procede, in stato di infermità di mente tale da escludere o scemare
grandemente la sua capacità di intendere o di volere;
• ricostruiscano criminogenesi e criminodinamica del reato
addebitato al soggetto e esaminino il funzionamento mentale dello
stesso, in riferimento sia al contesto in cui esso è avvenuto, sia alla
possibilità o meno di comprendere il significato dell’atto da lui
commesso e di agire in conformità a tale valutazione”.
Standard di affidabilità di una
metodologia
• L’indirizzo giurisprudenziale più recente tende invece
ad attribuire maggiore autonomia alla valutazione
sganciata dalle classificazioni medico nosografiche e
riconosce l’infermità anche in presenza di un disturbo
psichico insuscettivo di un preciso inquadramento
clinico, purchè abbia in concreto compromesso la
capacità di intendere e di volere.
• Ne è derivato un ampliamento della valenza semantica
di infermità, unitamente al superamento della
tassatività imperante nella individuazione tra cause
attenuanti od escludenti la capacità di intendere e
volere.
In tema di imputabilità: i disturbi della
personalità
• Sono così rientrati nel concetto di infermità, in primis,
le “reazioni a corso circuito”; le nevrosi, le psicopatie,
ma soprattutto i disturbi di personalità di tipo border–
line, nonché le psicosi in senso lato.
• Si sottolinea anche la sussistenza di un rapporto
motivante e causalmente rilevante tra l’anomalia
psichica, il fatto di reato e la capacità di intendere e di
volere, tale da far fondamentalmente ritenere che il
soggetto non fosse in grado di percepire il valore e il
significato del proprio agire nel momento in cui ha
commesso il fatto
I disturbi della personalità
Ed infatti la giurisprudenza delle Sezioni Unite ha statuito:
• «ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i
"disturbi della personalità", che non sempre sono inquadrabili nel ristretto
novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di
"infermità", purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere
concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o
scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico
con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato
sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale. Ne consegue
che nessun rilievo, ai fini dell'imputabilità, deve essere dato ad altre
anomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della personalità che non
presentino i caratteri sopra indicati, nonché agli stati emotivi e passionali,
salvo che questi ultimi non si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro
più ampio di "infermità"» (Cass. Sez. Un. 25 gennaio 2005, n. 9163, Raso,
Rv. 230317).
I disturbi della personalità
• La sentenza delle SS. UU. (Raso), sebbene abbia riconosciuto che le
infermità di mente non sono solo quelle a base organica
clinicamente accertabili, ma possono essere anche i disturbi della
personalità o comunque tutte quelle anomalie psichiche non
inquadrabili nelle figure tipiche della nosografia clinica, è stata ben
chiara nel precisare che queste ultime, per comportare l’esclusione
o l’attenuazione della imputabilità, devono essere di gravità ed
intensità tali da escludere o scemare grandemente la capacità di
intendere o di volere.
• Fermo restando l’accertamento in concreto del nesso eziologico fra
il disturbo rilevato, che può essere anche transeunte, e l’azione
delittuosa commessa, possono acquistare rilievo, ai fini
dell’applicazione degli artt. 88 ed 89 c.p., solo quei disturbi della
personalità, che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità
tali da incidere concretamente sull’imputabilità.
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