L’origine del termine lavoro I significati originali del termine “lavoro”: pena e fatica Il lavoro come operatività e risultato L’era industriale e l’evoluzione dei vocaboli inerenti al lavoro I nuovi vocaboli del lavoro : maggiore libertà o perdita di diritti? Il lavoro, così come lo stiamo vivendo oggi, cominciò in Gran Bretagna alla fine del ‘700, mentre nei secoli precedenti era completamente diverso. C’è tuttavia un filo che collega il lavoro di un tempo a quello di oggi. Questo filo è rappresentato dai VOCABOLI che, nel corso della storia, hanno designato tutte le attività umane. Noi cercheremo di rintracciare in essi i significati e i valori che il lavoro ha assunto nel tempo. I significati originari del termine “lavoro”: Pena e Fatica Il significato originario della maggior parte dei vocaboli che oggi designano il lavoro ha una tonalità negativa, prossima al valore che oggi hanno in italiano le parole: pena, sofferenza, fatica, travaglio, lavoro duro, bisogno. Il latino labor, antenato dell’italiano lavoro, ad esempio, significava fatica e sforzo. Il vocabolo francese che significa lavoro è travail. La stessa radice si ritrova in spagnolo (trabajo), in portoghese (trabalho), in sardo (trabadhu) e in siciliano (travagghiu). Si tratta di vocaboli d’origine medioevale che derivano dal nome di uno strumento di tortura, il tripalium (cioè costituito da tre pali), ma anche di un attrezzo, che i maniscalchi adoperavano per ferrare i buoi. Nell’Italia meridionale il vocabolo con cui si designa il lavoro è fatica o fatiga. Il verbo latino corrispondente, faticare, significava “far crepare” e si usava, tra l’altro, a proposito di animali da tiro sottoposti a sforzi eccessivi. In conclusione, si può osservare che i vocaboli originari, che designano il lavoro nel suo complesso, hanno una forte connotazione emotiva, amara e dolorosa. Il lavoro come operatività e risultato Alcuni vocaboli che riguardano il lavoro alludono, invece, al suo risultato o all’ operatività tecnica dello stesso. Tale è il vocabolo operare, sia latino che italiano, connesso a opus, il prodotto del lavoro. E’ questa la radice comune anche al tedesco werk, all’inglese work e ad altri vocaboli il cui senso è agire, far funzionare. Nel momento in cui il prodotto del lavoro diventa fonte di ricchezza, i vocaboli che indicano l’attività lavorativa vengono associati al concetto di patrimonio. Così in latino pecus = pecora, cioè il prodotto dell’allevamento, dà vita al vocabolo pecunium =pecunio, che significa patrimonio in un’ epoca in cui questo era costituito dal bestiame. Analogamente, i vocaboli italiani guadagno, guadagnare derivano dagli antichi vocaboli della lingua dei Franchi, waida = pascolo e waidajan = pascolare. La stessa formazione è quella in italiano del vocabolo grana (derivato dal plurale del latino granum = grano, cioè il prodotto tipico del lavoro agricolo) col significato di denaro, ricchezza. L’era industriale e l’evoluzione dei vocaboli inerenti al lavoro Con l’avvento dell’era industriale si sviluppa un nuovo paradigma del lavoro che da importanza al mercato, al denaro e all’organizzazione. Vengono introdotti vocaboli quali: fabbrica,, forza lavoro, organizzazione, sciopero, ecc…. Così abbiamo scioperare dal latino exoperare = = uscire dall’operatività. Organizzazione: un vocabolo che muove dal vocabolo greco antico ergon = lavoro, opera. Fabbrica (dal verbo latino fare) o azienda (dal latino agenda = le cose da fare). Nella fabbrica i nomi che indicano i lavoratori fanno allusioni: - al corpo (braccio, mano, capo), - a relazioni gerarchiche o sociali (impiegato, mestiere, padrone). Inizialmente l’insieme dei lavoratori viene denominato forza lavoro, dal nome dell’oggetto che essi esclusivamente scambiano col datore di lavoro. Così abbiamo: -I manovali (da mano al posto del braccio del bracciante agricolo), -Gli operai comuni (cioè intercambiabili), -Gli operai di mestiere (dal latino ministerium, derivato da minus = quelli che sono meno), -I capi (da capo = testa, cioè operai a capo di altri operai). -Gli impiegati (dal latino implicatus) cioè implicati negli affari del padrone (pater > patronus > padrone). In seguito il termine forza lavoro viene sostituito da personale per indicare l’insieme dei dipendenti. E’ questo un vocabolo che allude alle persone e alle caratteristiche distintive di ogni individuo. Oggi si parla di risorse umane e questa designazione allude all’idea che ogni persona può nascondere, come il sottosuolo, risorse impreviste che possono giovare alla comunità aziendale. I nuovi vocaboli del lavoro: maggiore libertà o perdita di diritti? Negli ultimi anni sono comparsi altri vocaboli che designano nuove forme di lavoro: -lavoro flessibile (da flettere), cioè elastico; -lavoro precario (da prece = preghiera), cioè ottenuto per grazia e non per diritto. Flessibilità mette l’accento sull’ opportunità per il lavoratore di mutare lavoro nel corso della vita, di crescere e svilupparsi senza restare ancorato al posto fisso a tempo indeterminato. Precarietà mette l’accento sugli aspetti degenerativi del contratto di lavoro flessibile (intermittenza lavorativa, limitazione di alcuni diritti tradizionali, incertezza previsionale, con riflessi sulla pianificazione della vita personale e familiare). Torna a contare la percezione emotiva del lavoro da parte del lavoratore. La continuità/discontinuità nel rapporto di lavoro è percepita da alcuni come sicurezza contrapposta a insicurezza e da altri come limitazione del proprio talento contrapposta a opportunità di apprendimento e sviluppo. Ultimamente sono nati addirittura due vocaboli per indicare due tipi di lavoratori in rapporto alla disponibilità o alla resistenza ai contratti di lavoro flessibili: • il surfista (quello favorevole) che affronta il passaggio da un lavoro temporaneo all’altro come un’occasione per cimentarsi e formarsi in attività diverse. • il naufrago (quello sfavorevole) che si aggrapperebbe a qualsiasi scoglio pur di avere un futuro lavorativo, anche modesto, ma certo. I precari sono presenti in internet, in forum ed associazioni ed hanno addirittura identificato, tra il serio e il faceto, un loro santo patrono, San Precario, in onore del quale hanno scritto preghiere, stampato immagini, stabilito un’ improbabile data dedicata alla sua celebrazione, il 29 di febbraio. Responsabile Progetto Matteo Filieri Collaboratore Cristian Libetta Curatore Musiche Pierpaolo Dell’Anna Collaboratori Alessio Benassai - Alessandra Senofonte Ideatori Slides Storia del lavoro nella società occidentale: - Ilenia Epifani - Matteo Filieri - Luigi Nobile - Giulia Tedesco - Desirè Zuccalà Il concetto di lavoro nel tempo: I significati del termine lavoro: - Lucrezia Zecca - Desirè Zuccalà - Rita Romeo Approfondimenti La fabbrica delle donne: - Pierpaolo Dell’anna - Gregorio Presicce La bottega degli artisti: La conquista delle pari opportunità: - Roberta Raho -Marco Ferilli -Matteo Filieri Selezione Immagini: - Gianmarco Cavalera - Antonio Del Duomo - Luca Filoni - Gabriele Marcucci - Gianmarco Polo - Alessandro Taurino - Giuseppe Zecca