I deficit cognitivi in corso di psicopatologia Dott.ssa Lucia Ioime Prof Luigi Janiri Il concetto di base della neuropsicologia è che i normali processi cognitivi siano correlati con il funzionamento di specifici sistemi cerebrali I danni a tali sistemi possono generare peculiari disturbi che si manifestano con una serie di alterazioni osservabili del comportamento e valutabili con prove formalizzate. E possono essere provocati da eventi patologici di diversa natura: NEOPLASIE PROCESSI DEGENERATIVI INFEZIONI Le funzioni cognitive si dividono in: Funzioni esecutive o di controllo organizzazione delle azioni in sequenze gerarchiche di mete ed obbiettivi; spostamento flessibile dell'attenzione sulle informazioni rilevate; attivazione di strategie appropriate e l'inibizione di risposte non adeguate. Le aree prefrontali sono considerate le funzioni intellettive superiori Nell’uomo questa regione è molto più sviluppata rispetto alle altre aree corticali; È estremamente ricca di connessioni efferenti ed afferenti che la collegano a tutti i sistemi funzionali del cervello; È una delle strutture filogeneticamente ed ontogeneticamente più recente, assume l’aspetto definitivo solo durante la pubertà Il direttore d’orchestra… Questa regione è stata spesso paragonata ad un direttore d’orchestra che riceve dalle restanti zone cerebrali le informazioni relative all’ambiente esterno ed interno e ai segnali emotivi e motivazionali e li utilizza per decidere e pianificare i comportamenti futuri controllando l’attività dei singoli moduli cerebrali. Si ritiene che le funzioni esecutive siano anatomicamente correlate a diverse aree della corteccia cerebrale prefrontale, ed ai relativi circuiti cortico-sottocorticali associati: l'area prefrontale dorsolaterale sarebbe coinvolta particolarmente nella astrazione e pianificazione di azioni. l'area orbitofrontale (o ventromediale)sarebbe coinvolta nella regolazione delle emozioni e nei processi decisionali. l'area del cingolo anteriore (soprattutto nella parte dorsale) sarebbe coinvolta nel controllo della motivazione e degli stimoli interferenti. Nonostante queste caratteristiche anatomo-funzionali Lesioni dei lobi frontali non producono deficit intellettivi evidenti (Hebb 1945; Stuss e Benson 1984; 1987) Goldstein (1944) questi pz non presentano deficit intellettivi quando i processi cognitivi operano su informazioni già da tempo acquisite Le loro prestazioni sono altamente deficitarie quando il soggetto deve generare nuovi schemi di comportamento Le lesioni delle aree prefrontali sono state associate a disturbi : nei processi decisionali intenzionali motivazionali ed emotivi deficit di concentrazione su compiti specifici Attenzione disturbata Aumentata distraibilità Difficoltà nell’afferrare un insieme complicato di eventi La sindrome frontale 1. 2. 3. 4. 5. Incapacità di valutare, pianificare e programmare strategie per l’esecuzione di un compito (Torre di Londra) Incapacità a passare da un concetto all’altro e da uno specifico comportamento a un altro (WCST) Incapacità di inibire risposte comportamentali automatiche non congrue con la situazione stimolo (sindrome da dipendenza ambientale con comportamenti d’uso e di imitazione) Incapacità di inibire reazioni emotive inadeguate (sindrome pseudodepressiva o pseudopsicotica) Disturbi nei processi attentivi volontari (Trail making test, Stroop test) 1 Incapacità di valutare, pianificare e programmare strategie per l’esecuzione di un compito Questo tipo di deficit è rilevabile in tutte quelle prove in cui la soluzione del problema richiede la pianificazione di una serie di azioni coordinate La flessibilità nell’adottare strategie diverse a seconda delle circostanze La comprensione delle cause di errore per la scelta di strategie alternative Un test molto utilizzato a questo scopo è: Il test della “Torre di Londra” (Shallice 1988) in cui si chiede al paziente di muovere delle palline forate, poste in una certa configurazione in un’apposita struttura, fino a raggiungere una nuova configurazione bersaglio. I pazienti con deficit esecutivi durante il test non riescono a formare la nuova configurazione perché non comprendono la necessità di passare attraverso una o più configurazioni intermedie per raggiungere quella bersaglio 2 Incapacità di passare da un concetto all’altro e da uno specifico comportamento all’altro Uno dei motivi che giustifica l’insuccesso dei pazienti frontali consiste nelle perseverazioni: Mettere in atto un comportamento rigido, non flessibile, che porta ad palesemente inadeguate insistere Infrangere di continuo le regole in strategie Un test molto impiegato per lo studio delle persverazioni è: Il Wisconsin Card-Sorting Test (Milner 1963) in cui ai pazienti vengono mostrati, uno alla volta, delle carte con disegni che differiscono per numero, forma, colore e viene loro chiesto di disporli in pile secondo un criterio da scoprire per prove ed errori I pazienti frontali hanno prestazioni paragonabili ai controlli per quanto riguarda l’apprendimento del primo criterio, ma mostrano gravissime difficoltà per l’apprendimento dei criteri successivi, perché tendono ad applicare il primo criterio appreso anche se risultato sbagliato. 3 Incapacità di inibire risposte comportamentali automatiche Questo tipo di deficit causa la “sindrome ambientale” (Lhermitte, 1983) caratterizzata da: Comportamenti d’uso Il paziente posto di fronte ad alcuni oggetti li utilizza senza ragioni precise né inviti a farlo. Comportamenti di imitazione Il paziente imita gli atteggiamenti dell’esaminatore 4 Incapacità di inibire reazioni emotive inadeguate Due classi di sindromi: Sindrome pseudodepressiva caratterizzata da apatia, abulia, inerzia e tono dell’umore depresso Sindrome pseudopsicotica caratterizzata da impulsività, scherzosità, egocentrismo, volubilità e tono dell’umore euforico-maniacale. Cranio di Phineas Gage, 1848 5 Deficit attentivi Deficit dell’attenzione volontaria Deficit dell’attenzione protratta nel tempo (attenzione sostenuta) Intensificazione patologica dell’attenzione automatica Alcuni test per la misurazione delle capacità attentive Stroop test (Stroop, 1935) Trail Making test (Reitan, 1938) Memoria Funzioni strumentali Linguaggio Calcolo Prassie gestuali Abilità visuo-spaziali e costruttive Gnosie La memoria Test per lo studio della memoria Test delle 15 parole di Rey (Rey, 1958) Test della figura complessa di Rey (Rey, 1959) Deficit di memoria La MBT e la MLT possono essere danneggiate selettivamente, così come le componenti delle stesse HM: Dopo lobectomia temporale deficit di MLT (amnesia anterograda e retrograda)con risparmio della MBT e del priming (Scoville e Milner 1957) KF: Dopo lesioni alle regioni temporo-parietali sinistre riportò solo deficit di MBT (Warrington e Shallice; 1970) Il linguaggio Sistema di comunicazione che permette di trasmettere informazioni e conoscenze tra gli individui. L’afasia è forse il disturbo cognitivo più evidente ed invalidante e consiste in un deficit profondo delle capacità di comprendere, elaborare e produrre messaggi linguistici I disturbi del linguaggio: Le afasie Si distinguono in due classi principali AFASIE FLUENTI: Deficit nella comprensione verbale (Wernicke, 1870) area 22 AFASIE NON FLUENTI: Deficit nella produzione verbale (Broca, 1861) area 44,45 I test linguistici Test dei gettoni (De Renzi e Faglioni, 1978) Valuta la comprensione verbale Gli stimoli del test sono costituiti da trentasei ordini verbali di difficoltà crescente, che il soggetto deve eseguire operando su alcuni gettoni diversi per forma, colore e grandezza Test di fluenza verbale (Novelli, 1986) Valuta la fluidità verbale Si chiede al soggetto di dire tutte le parole che gli vengono in mente e che cominciano con una determinata lettera Il linguaggio scritto: lettura e scrittura I disturbi nelle abilità di lettura Dislessie I disturbi nelle abilità di scrittura Disgrafie Spesso si aggiungono anche Discalculie La programmazione dei gesti Riguarda la capacità di programmare ed eseguire correttamente i gesti. L’aprassia è un disturbo specifico della programmazione motoria, se ne distinguono due tipologie: Aprassia ideativa, difficoltà nel programmare quali movimenti eseguire. Aprassia ideomotoria, non riuscire a programmare come eseguire i movimenti. Le abilità visuo-spaziali e costruttive Riguardano tutte quelle capacità che permettono di muoversi ed orientarsi nello spazio e progettare strutture a partire da elementi semplici e comprendono: Disturbi spaziali Disturbi dell’orientamento topografico Disturbi del disegno o aprassia costruttiva Il riconoscimento: Gnosie Capacità di riconoscere oggetti o altre classi di stimoli tramite i diversi canali sensoriali. Per ciascuna modalità esistono agnosie specifiche, le quali determinano un’incapacità di riconoscimento attraverso quello specifico canale sensoriale con risparmio degli altri canali e in assenza di deficit delle abilità percettive elementari e di altri disturbi cognitivi. Le origini dei deficit cognitivi nella schizofrenia Benché già Kraepelin (1919) avesse formulato una sofisticata descrizione dei vari sottotipi di disturbi dell’attenzione presenti nella Schizofrenia è stato tuttavia Bleuler (1950) che ha fornito il contributo storicamente più rilevante alla caratterizzazione dei deficit neurocognitivi della schizofrenia, per come essi sono attualmente concettualizzati. Egli sostenne che i disturbi primari delle funzioni cognitive elementari rappresentavano i fattori determinanti dei cosiddetti disturbi del pensiero dei pazienti con schizofrenia. Secondo Bleuler il disturbo dell’attenzione passiva assomigliava più al ritiro sociale o alla scarsa sensibilità di risposta all’ambiente esterno: “è evidente che i pazienti indifferenti o autistici prestano pochissima attenzione al mondo esterno”. Le altre alterazioni dei disturbi dell’attenzione, descritti da Bleuler erano maggiormente assimilabili ai deficit dell’attenzione sostenuta: “la tendenza generale ad affaticarsi in alcuni casi comporta anche una rapida diminuzione dell’attenzione”. Nonostante Bleuler avesse già allora elaborato un modello interpretativo che rappresenta tuttora il punto di partenza degli studi riguardanti le disfunzioni cognitive non è stato tenuto in adeguata considerazione. Le ipotesi sviluppate successivamente tendevano ad attribuire i deficit cognitivi a fattori quali la scarsa motivazione, i disturbi del pensiero e/o le allucinazioni, la menomazione funzionale conseguente ai sintomi positivi e gli effetti iatrogeni dell’istituzionalizzazione. Nel corso degli anni ’80 dello scorso secolo è stata formulata l’ipotesi che la schizofrenia rappresenti una possibile conseguenza a lungo termine di una anomalia precoce dello sviluppo neuronale (cosiddetto modello del ‘neurosviluppo’). Questo modello, che vede la schizofrenia come un disturbo dello sviluppo prenatale e postnatale di origine neuroevolutivo, ha costituito il punto di partenza per una serie di studi in cui la malattia è stata indagata in una prospettiva neurocognitiva. Queste ricerche hanno introdotto un nuovo punto di vista relativamente alle disfunzioni cognitive, facendo ipotizzare che queste rappresentino una caratteristica centrale e persistente della malattia, nonché uno dei sintomi più importanti in relazione alla menomazione del funzionamento psicosociale ed alle disabilità che ne derivano. I deficit cognitivi nella Schizofrenia Le numerose evidenze oggi disponibili convergono nell’indicare che nei pazienti con schizofrenia sono presenti e dimostrabili deficit cognitivi multipli e di differente gravità. Una estensiva meta-analisi, che ha sintetizzato i risultati di ben 204 differenti studi condotti su un totale di 7.420 pazienti con schizofrenia confrontati a 5.865 controlli sani ha mostrato con chiarezza questo dato (Heinrichs at al; 1998). L’attenzione in corso di Schizofrenia… I dati disponibili fanno pensare che molti, ma non tutti, i processi attenzionali (come l’allerta, l’attenzione sostenuta, la rapida codifica e lo spostamento) sono deteriorati a qualche livello nei pazienti con schizofrenia. Gli studi sui soggetti a rischio hanno inoltre dimostrato che il deficit dell’attenzione sostenuta è presente anche nei figli di pazienti con schizofrenia (Asarnow at al; 1991). Che relazione c’è tra i deficit attentivi della Schizofrenia e quelli dell’ADHD? Uno studio (Oie et al. 1999) ha confrontato le performance cognitive di adolescenti all’esordio schizofrenico e di soggetti con ADHD. I soggetti con schizofrenia sembrano presentare un pattern più generale di disfunzione cerebrale rispetto ai soggetti con ADHD. Il risultato dello studio dimostra che la menomazione presente nella schizofrenia non può essere agevolmente spiegata sulla base di un’anormalità dei processi attentivi: il gruppo dei pazienti con ADHD ha capacità attentive inferiori, ma nonostante ciò esibisce performance superiori a numerosi test cognitivi che esplorano altri tipi di funzioni cognitive. I deficit di memoria nella Schizofrenia Alcuni studi hanno riscontrato, nei pazienti con schizofrenia, una prestazione scadente ai test che esplorano la memoria a lungo termine episodica; i dati ottenuti sembrano indicare una più marcata compromissione della memoria verbale rispetto a quella visuospaziale (Gold at al; 1992). Deficit delle facoltà mnesiche sono stati osservati sia in pazienti al primo episodio di malattia che in pazienti cronici, il che rappresenta un’ importante conferma del fatto che i disturbi della memoria rappresentano una caratteristica essenziale della malattia (Tamlyn at al; 1992; Duffy at al; 1994). Inoltre, i deficit della memoria sembrano essere quelli maggiormente discriminativi allorquando si sottopongono a valutazione neuropsicologica dei pazienti con schizofrenia o con altri disturbi psicotici o affettivi (Verdoux at al; 2000). Le funzioni esecutive nella Schizofrenia Numerosi ricercatori, attraverso la somministrazione del WCST, hanno potuto evidenziare che i pazienti con schizofrenia presentano difficoltà nel comprendere i cambiamenti nella modalità di categorizzazione, nel rispondere ad un feedback e nella capacità di astrazione (Fey at al; 1951), essi hanno difficoltà nei concetti astratti e perseverano in risposte sbagliate. In numerosi studi la prestazione al WCST non è apparsa compromessa nei familiari di primo grado né nei gemelli monozigoti non affetti dei pazienti con schizofrenia, ciò suggerisce che, diversamente da quanto riportato per altri deficit attentivi riscontrabili in questo disturbo, la disfunzione delle più generali abilità esecutive è legata non alla vulnerabilità alla malattia, bensì alla sindrome schizofrenica stessa; tuttavia ci sono anche risultati discordanti. Goldberg at al; 1995 Inoltre, non è del tutto chiaro il ruolo di variabili quali la durata della malattia e dell’ospedalizzazione; solo in una limitata percentuale di pazienti con sintomatologia lieve o moderata, non ospedalizzati, è stata osservata una compromissione significativa della prestazione al WCST, il che potrebbe indicare la possibilità che un’aumentata perseverazione sia in realtà specifica di un sottogruppo di pazienti, più spesso cronici ed ospedalizzati affetti da una più generalizzata compromissione cognitiva. (Heinrichs at al; 1990; Butler at al; 1992) Quale disturbo neurologico presenta anch’esso come reperto cognitivo dominante i deficit esecutivi? La malattia di Parkinson VS Schizofrenia Ipotesi dopaminergica (Schizofrenia) Degenerazione dopaminergica (Parkinson) Deficit di linguaggio nella Schizofrenia Nello studio della schizofrenia, forse la più ampia discrepanza tra osservazione clinica e valutazione neuropsicologica formale emerge nell’ambito dello studio del linguaggio. Se la conversazione del paziente affetto da un disturbo schizofrenico è spesso caratterizzata dalla mancanza di pronomi, dall’illogicità e dal deragliamento, la performance a molti test per documentare i deficit nei pazienti afasici, è di regola conservata. La percezione visuospaziale nella Schizofrenia La performance di pazienti con schizofrenia è spesso risultata non compromessa. I test di localizzazione, che coinvolgono l’analisi spaziale, come il disegno con blocchi, la ricostruzione di figure (entrambi subtest della WAIS-R) ed il giudizio sull’orientamento di linee hanno generalmente evidenziato performance normali (Goldberg at al; 1990). I test di riconoscimento degli oggetti, come il “facial perceptual matching”, hanno invece dimostrato differenze di gruppo più ampie rispetto a quelle riscontrate nei test sulla localizzazione dell’oggetto (anche se spesso non significative dal punto di vista statistico). Funzioni motorie nella Schizofrenia Esiste un’ampia letteratura che evidenzia l’esistenza di anormalità nelle funzioni motorie in pazienti affetti da schizofrenia. Tendono, infatti, ad essere lenti nell’iniziare i movimenti, come è dimostrato dai prolungati tempi di reazione; tale lentezza è spesso complicata dalla complessità del compito richiesto. Questa anormalità non rappresenta semplicemente un ritardo psicomotorio, ma vi sono prove elettrofisiologiche che dimostrano come l’elaborazione preparatoria volontaria, che precede tipicamente l’inizio dell’atto motorio nei soggetti normali, sia ritardata nei pazienti con il disturbo (Sing at al; 1992). Sono stati riportati anche comportamenti gravemente perseverativi in pazienti con schizofrenia che eseguivano compiti grafomotori (Bilder at al; 1987). Le anormalità motorie più estesamente documentate nella schizofrenia coinvolgono il sistema oculomotorio. I farmaci neurolettici non sembrano avere effetti significativi sul movimento oculare di inseguimento, anche se altri farmaci psicotropi, come il litio, possono peggiorarlo. Questi deficit sono stati associati con una prestazione deficitaria ai test neuropsicologici che esplorano le funzioni frontali, suggerendo che il disturbo dei movimenti oculari possa costituire un’altra manifestazione della patologia frontale (Levy at al; 1993). Conclusioni L’ampio corpus di ricerche condotto negli ultimi 50 anni mostra con forza che ‘Una menomazione cognitiva significativa nella schizofrenia è la norma’ (O’Carroll; 2000). Alcune aree sono più marcatamente deteriorate, in particolare l’area delle funzioni esecutive. I deficit cognitivi insorgono precocemente, molto spesso prima dell’esordio conclamato del disturbo, indicando quindi una predisposizione allo sviluppo della patologia stessa. Conclusioni/2 I pazienti con schizofrenia condividono con i parenti di primo grado alcuni deficit cognitivi; tuttavia, le menomazioni dei pazienti sono molto più estese e gravi soprattutto al momento dell’esordio schizofrenico. La relazione tra sintomatologia positiva e disturbi neuropsicologici è debole, ed anche la relazione tra questi ultimi e la sintomatologia negativa è di limitata entità. Disturbo Bipolare Il disturbo bipolare è oggi maggiormente considerato come un continuum di gravità rispetto alla schizofrenia e non come un disturbo categoricamente separato; Lo studio neuropsicologico di questi 2 disturbi può aiutare nel definire meglio tale continuum di gravità; Deficit cognitivi nel disturbo bipolare peggiorano la prognosi clinica se non trattati adeguatamente; Presenza costante di deficit cognitivi anche durante le fasi eutimiche del disturbo bipolare. Disturbo Bipolare VS Schizofrenia Pz bipolari e schizofrenici mostrano entrambi deficit cognitivi rispetto ai controlli sani. Hanno dei profili simili di disfunzioni cognitive, ma i deficit sono più severi negli schizofrenici. Le differenze sembrano essere quindi solo quantitative e non qualitative; La severità dei deficit cognitivi nel disturbo bipolare aumenta in soggetti con storia di psicosi, oltre ad un esordio più precoce dei sintomi. Fase Eutimica Una recente metanalisi ha comparato 1423 soggetti bipolari eutimici con 443 parenti di primo grado e 1524 controlli sani. Pazienti e parenti presentavano entrambi deficit: delle funzioni esecutive (inibizione della risposta, set-shifting e attenzione sostenuta) e di memoria verbale; Solo i pazienti: deficit in velocità di processamento, memoria visiva, e fluenza verbale. Rallentamento psicomotorio legato ai farmaci; Deficit memoria verbale legata ad un’età precoce d’insorgenza del disturbo; Deficit d’inibizione della risposta endofenotipo del disturbo bipolare (indizio delle basi genetiche della malattia) Bora et al, 2009 Eutimia VS fasi di malattia Diversi studi hanno messo in luce come i deficit cognitivi (in particolare funzioni esecutive e memoria) siano relativamente stabili anche durante le fasi eutimiche, in maniera più lieve: La fase eutimica non può quindi essere vista come recupero clinico, a causa della persistenza di deficit cognitivi. Deficit cognitivi ed esiti funzionali Un follow-up a 30 anni dalla dimissione ha messo in luce come il 33% dei pz bipolari mostrino una scarsa performance a lavoro ed un ulteriore 24% abbiano smesso di lavorare a causa della malattia (Tsuang et al, 1979); Test di richiamo verbale e per le funzioni esecutive correlano con un basso funzionamento sociale in bipolari eutimici (MartinezAran et al, 2007); Una review ha messo in luce come la maggior parte degli studi (12/13) riportino correlazioni significative tra deficit cognitivi e scarso funzionamento nella vita quotidiana (Wingo et al, 2009); Gli scarsi outcome sociali e lavorativi in pz bipolari sembrano maggiormente correlare con i disturbi cognitivi che non con gli stati dell’umore, a causa della loro persistenza durante le fasi eutimiche (Latalova et al, 2011); I deficit cognitivi in corso di dipendenza alcolica Il corpus di lavori che indagano i deficit cognitivi degli alcolisti è notevole, in particolare i reperti cognitivi maggiormente riscontrati sono: il deficit delle funzioni esecutive (Bickel et al 2012; Ioime et al 2014) e del processamento visuo-spaziale (Bagga et al 2014). Uno studio sperimentale In uno studio prospettico longitudinale condotto presso il DH del Policlinico Gemelli, i primi risultati: No deficit della memoria verbale a breve e lungo termine; 2. Il 53% presenta deficit di memoria visuo-spaziale (componenti rappresentazionali più carenti di quelle costruttive); 3. Dopo 6 mesi d’astensione alcolica si evidenzia miglioramento della memoria visuo-spaziale; 1. Uno studio sperimentale 2 Rey - RI; 9% SPM 38; 18% TMT P(B-A); 3% STROOP IT; 12% STROOP IE; 3% Rey - RD; 9% Rocf - RI; 29% COPIA; 35% Rocf - RD; 53% MCST - EP; 24% MCST - CAT; 18% Conclusioni La riproducibilità e la forza di questi risultati suggeriscono: La necessità di integrare una approfondita valutazione neuropsicologica nella più generale valutazione diagnostica dei pazienti con disturbi psichiatrici; Stimolare la ricerca in quest’area, al fine di individuare dei sicuri marker di vulnerabilità, che potrebbero svolgere un ruolo di grande importanza per la pianificazione e realizzazione di interventi precoci in pazienti ad alto rischio. Mirare all’inserimento del deterioramento cognitivo tra i criteri diagnostici nel DSM. (Ioime et al 2014)