Il Trapianto Allogenico
di cellule staminali emopoietiche
Dipartimento Ematologia Oncologia
U.O. Trapianto Di Cellule Staminali Emopoietiche
Istituto G. Gaslini - Genova
Versione 2
Aprile 2011
Ai genitori dei bambini che debbono eseguire
Trapianto Allogenico di Cellule Staminali Emopoietiche (Allo-TCSE)
Gentili Genitori,
vostro figlio sarà sottoposto a Trapianto Allogenico di
Cellule Staminali Emopoietiche (Allo-TCSE) presso il nostro Centro
trapianti. Questo libretto ha lo scopo di spiegare le tappe principali
del trapianto per fornirvi
informazioni generali su questa
procedura medica, sulle terapie di supporto e sulle complicanze
che potranno presentarsi.
Non è scopo del presente libretto fornire le più aggiornate
scoperte mediche o fornire informazioni su tutti i possibili scenari
che possono presentarsi durante la procedura di trapianto. Non si
farà riferimento a specifiche malattie né a considerazioni
statistiche riguardo i risultati a lungo termine del trapianto.
Informazioni personalizzate riguardo le singole patologie e i singoli
pazienti così come aggiornamenti sulla ricerca medica, che può
comportare modifiche dei trattamenti erogati, verranno fornite
caso per caso nei colloqui medici pre-trapianto.
Questo libretto non deve sostituirsi ai colloqui con i medici bensì
deve essere usato come vostro punto di riferimento per tali colloqui
che durante il ricovero saranno giornalieri. A tale scopo nella parte
strutturata come calendario-agenda come pure in fondo al libretto
vi sono spazi bianchi nei quali potete annotare domande o richieste
di spiegazioni.
Oltre al presente libretto vi verrà consegnato un altro opuscolo
redatto dal personale infermieristico del Centro Trapianti allo
scopo di fornire informazioni sul reparto di degenza, sui servizi di
supporto all’assistenza e sui comportamenti da adottate durante il
ricovero, in particolare su quelli che hanno implicazioni di natura
igienica ed alimentare.
I Medici dell'Unità di Trapianto
INDICE
IL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE (CSE)
Cosa è il trapianto allogenico di CSE (generalità sul trapianto allogenico) 03
Chi può essere donatore di CSE ( tipi di trapianto allogenico)
05
Perché fare il trapianto di CSE (le indicazioni al trapianto)
07
TAPPE FONDAMENTALI DEL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CSE
Valutazione pre-trapianto
Erogazione del regime di condizionamento
Infusione delle CSE (o Trapianto)
Periodo pre-attecchimento e le sue problematiche
Periodo dell’attecchimento e le sue problematiche
Dimissione dall’unità di trapianto
Primo periodo post-dimissione
A casa dopo il trapianto
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10
11
11
13
14
15
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CALENDARIO- AGENDA
Settimana -3 e –2
Settimana –1
Giorno 0
Settimana +1
Settimana +2
Settimana +3
Settimana +4 (primo mese)
Settimana +5
Secondo e terzo mese
Dal 4° mese a 1-2 anni
Dopo 1-2 anni
22
24
26
27
29
31
33
35
37
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46
DOMANDE COMUNI E RISPOSTE
Quanto dura un trapianto?
Che cos’è il rigetto?
Cos’è la GvHD?
Cos’è il trapianto autologo di CSE?
Ci possono essere conseguenze a distanza dovute
al trapianto?
Quanto costa effettuare il trapianto?
48
48
49
49
50
50
NOTE
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VOCABOLARIO
53
IL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE
STAMINALI EMOPOIETICHE (CSE)
1) COSA E’ IL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CSE
(GENERALITA’ SUL TRAPIANTO ALLOGENICO)
Il Trapianto di midollo osseo, attualmente meglio definibile trapianto di cellule
staminali emopoietiche (TCSE), è una strategia terapeutica che ha assunto nel
corso degli ultimi decenni un ruolo di primaria importanza nel trattamento di
molti tumori del sangue, tumori solidi, nelle aplasie midollari, nelle
immunodeficienze congenite nonché in numerose malattie metaboliche e
congenite dell’infanzia.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche prevede:
1) la eradicazione dell’emopoiesi e della risposta immune del ricevente mediante
la somministrazione di radioterapia e/o chemioterapia a dosi elevate (regime di
condizionamento)
2)
il
successivo
ripristino
delle
normali
funzioni
midollari
e
dell’immunocompetenza grazie all’infusione di cellule staminali prelevate da un
donatore idoneo.
La fonte delle cellule staminali utilizzata a scopo di trapianto è stata,
originariamente, il sangue midollare, ottenuto tramite prelievo di midollo osseo
mediante aspirazioni multiple dalle ossa del bacino (HPC-BM); in anni più recenti
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è divenuto possibile utilizzare cellule staminali raccolte da sangue periferico (HPCApheresis) Per questo motivo la vecchia terminologia di “trapianto di midollo
osseo” è stata oggi sostituita dalla più attuale di “trapianto di cellule staminali
emopoietiche”.
Tecnicamente il trapianto si riduce ad una semplice infusione di cellule staminali
midollari o periferiche tuttavia, definire questa operazione “trapianto” è
ampiamente
giustificato
se si pensa che dalle
cellule
staminali
emopoietiche presenti nel
materiale infuso avranno
origine sia un nuovo
sistema
emopoietico
(produzione
midollare
di
globuli
bianchi
polimorfonucleati, globuli
rossi e piastrine) sia un
nuovo sistema immunitario
(linfociti), uguali a quelli
del
donatore
e
che
dovranno essere in grado
di convivere e interagire
con con il ricevente.
Dunque
il
trapianto
allogenico
di
cellule
staminali
emopoietiche
non deve essere visto
come una difficile operazione chirurgica ma piuttosto come una delicata e
complessa trasfusione di cellule staminali che deve tener conto delle complesse
regole del sistema di istocompatibilità (HLA). La base della compatibilità tra
soggetto ricevente e soggetto donatore è infatti rappresentata da un sistema di
riconoscimento, disposto sulla superficie di tutte cellule (antigeni
d'istocompatibilità del sistema HLA) che vengono riconosciute dal sistema
immunitario. La compatibilità viene verificata attraverso accurati e ripetuti tests
di laboratorio
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Il successo di un trapianto dipenderà, in gran parte, dal grado di compatibilità
tra i due soggetti e in particolare dal comportamento dei due sistemi
immunitari che vengono a contatto.
Infatti tale convivenza non sempre è facile e pacifica, potendone derivare da un
lato il rigetto del trapianto, se hanno il sopravvento le difese immunitarie del
ricevente non adeguatamente condizionate, e dall’altro la malattia del trapianto
contro l’ospite (Graft-versus-Host-Disease: GvHD) se si manifesta in maniera
evidente l’aggressione del sistema immunitario trapiantato verso i tessuti del
ricevente
2) CHI PUÒ ESSERE IL DONATORE DI CSE
(TIPI DI ALLO-TRAPIANTO e FONTI DI CELLULE STAMINALI)
Nel trapianto allogenico il donatore può essere un familiare oppure un donatore
non familiare volontario, reclutato presso i registri mondiali dei donatori; tra i
trapianti allogenici va annoverato anche quello effettuato con cellule staminali
placentari prelevate dal cordone ombelicale (HPC-CB), che a sua volta può
appartenere a un familiare oppure provenire da una banca dei cordoni.
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A grandi linee si distinguono i seguenti tipi di trapianto allogenico:
Trapianto allogenico da familiare HLA identico: il donatore è solitamente un
fratello/sorella, non gemello, che ha casualmente ereditato dai due genitori gli
stessi componenti del sistema HLA (N.B. la possibilità che due fratelli siano
HLA identici è del 25%).
Trapianto allogenico da familiare HLA parzialmente compatibile: tra ricevente e
il familiare donatore possono esservi un certo numero di differenze HLA che
tuttavia vengono ritenute accettabili ai fini del trapianto.
Trapianto da donatore non consanguineo:
il donatore è un soggetto
totalmente estraneo al gruppo familiare, iscritto ad un registro donatori, che
casualmente ha caratteristiche
HLA uguali o molto simili a
quelle del ricevente.
E’ indispensabile che il
donatore
identificato
confermi la disponibilità ad
effettuare
la donazione
delle sue CSE midollari o
periferiche.
La donazione è un atto che avviene in
maniera volontaria, gratuita e
anonima.
L’attuale legislatura prevede che
l’anonimato
venga
mantenuto
indefinitivamente
pertanto
non
consente che vi siano rapporti diretti
tra donatore e ricevente mentre
sono possibili rapporti epistolari
mediati dai Registri Donatori.
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Trapianto aploidentico: Si tratta di un particolare tipo di trapianto in cui il
donatore è rappresentato da un familiare (solitamente un genitore, ma può
trattarsi di altro congiunto) che presenta una compatibilità con il ricevente
del 50%. Affinché possa essere eseguito è necessaria una manipolazione in
vitro o in vivo del prodotto da infondere.
Fonti di CSE
Midollo osseo (HPC-BM): il donatore viene sottoposto ad espianto.
Sangue periferico (HPC-Apheresis): il donatore viene trattato con un
fattore di crescita (GCSF) che provoca la mobilizzazione delle CSE dal
midollo al sangue periferico. Successivamente tali CSE vengono raccolte
tramite una procedura di aferesi extracorporea.
Sangue cordonale (HPC-CB): sono utilizzate le CSE raccolte dal cordone
ombelicale al momento della nascita che poi,fino al momento del loro utilizzo,
vengono conservate, congelate, in apposite banche.
3) PERCHÈ FARE IL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CSE
(LE INDICAZIONI AL TRAPIANTO)
Le indicazioni al trapianto allogenico di CSE sono molteplici e correlate a molti
e diversi fattori legati al paziente e alla sua malattia per cui ogni caso deve
essere visto singolarmente e come tale discusso con i medici curanti e i medici
che
eseguiranno il trapianto. Molto brevemente, senza entrare nello
specifico, ricordiamo che il trapianto allogenico di CSE può essere indicato in
una malattia neoplastica, soprattutto ematologica, come consolidamento dei
risultati ottenuti con la terapia tradizionale (leucemie acute ad alto rischio,
leucemie croniche); nel caso di malattia parzialmente resistente alla terapia
(leucemia acuta o linfomi recidivati, alcuni tumori solidi). In tali casi il
trapianto consente non solo di somministrare una terapia antitumorale a dosi
elevate, non limitata dai fenomeni di tossicità midollare, che hanno come
effetto la distruzione delle cellule neoplastiche ma anche, in un secondo
tempo, lo sviluppo di un nuovo sistema immunitario ad origine dal donatore che
potrebbe essere utile a combattere microscopici residui neoplastici ed
effettuare un controllo immunologico del tumore (effetto GvL = Graft Versus
Leucemia e effetto GVT = Graft Versus Tumor).
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Inoltre il trapianto di CSE può trovare indicazione nei casi in cui il paziente sia
affetto da un’aplasia del midollo osseo o da un difetto cronico di una delle
cellule del sangue come nel caso della talassemia o di alcune immunodeficienze,
o alcune malattie metaboliche. In queste ultime situazioni lo scopo del
trapianto sarà quello di fornire un elemento congenitamente deficitario
(aplasie congenite, immunodeficienze, malattie metaboliche congenite) o
sostituire un elemento non correttamente funzionante (talassemia, alcune
immunodeficienze). Infine il trapianto può trovare indicazione in alcune rare
malattie congenite come l'osteopetrosi o in alcuni casi di malattie autoimmuni
non responsive ai trattamenti classici. L’elenco delle indicazioni al trapianto di
CSE ha subito nel corso degli anni un continuo aggiornamento, con progressivo
aggiungersi di patologie che possono beneficiare di tale trattamento.
L’elenco delle indicazioni al
trapianto
allogenico
viene
aggiornato annualmente in
armonia con gli standard
nazionali ed internazionali. I
casi clinici non contemplati
nella tabella delle indicazioni
consolidate devono essere
discussi
nell’ambito
dell’
AIEOP (associazione italiana
ematologia
oncologia
pediatrica),
del
GITMO
(gruppo italiano trapianto di
midollo osseo) e commissione
MUD (donatore non correlato).
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TAPPE FONDAMENTALI DEL TRAPIANTO
ALLOGENICO DI CSE
1) VALUTAZIONE PRETRAPIANTO
La valutazione pretrapianto del ricevente è finalizzata a confermare
l’idoneità al trapianto.
Ciò vale soprattutto per le malattie neoplastiche nelle quali risulta importante:
A. Verificare lo stato di remissione della malattia tramite esami
ematologici oltre che strumentali (puntato midollare, puntura lombare,
TC, RMN, scintigrafie e quanto altro necessario).
B. Valutare le condizioni fisiche generali del paziente con studio
approfondito della funzionalità dei vari organi ed apparati come cuore,
fegato, polmoni, sistema nervoso centrale, etc.
Tali valutazioni richiedono in genere una decina di giorni e per lo più vengono
svolte in regime ambulatoriale o di D.H. La valutazione pre-trapianto è una
tappa fondamentale del percorso trapiantologico. E’ il momento in cui va
definitivamente confermata l’ indicazione al trapianto ma soprattutto viene
confermata la fattibilità del trapianto facendo un bilancio tra i rischi che
comporta la malattia di base rispetto al rischio insito nella stessa procedura
di trapianto, anche in relazioni alle attuali condizioni cliniche del paziente. Da
tale verifica scaturiranno le decisioni definitive riguardo l’ idoneità al
trapianto e potrebbero in tale momento essere apportate modifiche ai
precedenti programmi in termini per esempio di spostamento della data del
trapianto o di modifiche del tipo di condizionamento.
Poco prima dell’ingresso nel reparto di degenza del trapianto al paziente verrà
posizionato un catetere venoso centrale (CVC) bilume utilizzando come punto
di ingresso le vene giugulari, se integre dal punto di vista anatomico. Nel caso
il paziente sia già portatore di un precedente CVC monolume, questo viene
rimosso e sostituito con il bilume.
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In questa fase vi viene richiesto il consenso informato a procedere con il
programma di trapianto. Inoltre potrebbe anche essere richiesto il vostro
consenso informato ad inserire il paziente in studi clinici che solitamente
hanno lo scopo di verificare l’efficacia profilattica o terapeutica di particolari
farmaci.
2) EROGAZIONE DEL REGIME DI CONDIZIONAMENTO
Solitamente la somministrazione del regime di condizionamento inizia il giorno
successivo all’ingresso nel reparto di degenza e prosegue per un periodo di
tempo variabile da 5 a 10 giorni.
La terapia di condizionamento consiste nella somministrazione di dosi elevate
di farmaci antiblastici, eventualmente associati ad una radioterapia su tutto il
corpo (Irradiazione Corporea Totale = TBI). Gli scopi sono molteplici: 1)
Distruggere completamente le cellule neoplastiche come nel caso di leucemie,
linfomi o tumori solidi; 2) Rimuovere il midollo emopoietico del ricevente per
fare spazio alla nuova emopoiesi che originerà dalle CS del donatore; 3)
abolire la sorveglianza immunitaria del ricevente così da consentire alle CSE
del donatore di non essere aggredite dal sistema immunitario del ricevente; in
tal modo possono raggiungere la loro nuova sede e iniziare a produrre le cellule
del sangue.
Nel caso di trapianto da donatore non consanguineo nel corso del
condizionamento, verranno somministrati particolari farmaci (quale il siero
anti-linfocitario) indispensabili per ridurre il rischio di rigetto e di GVHD.
Durante la somministrazione del condizionamento possono presentarsi i comuni
disturbi della terapia antiblastica (nausea e vomito). Nel caso di
somministrazione del Siero Anti-Linfocitario o farmaci simili sono possibili
brusche reazioni febbrili o altre manifestazioni, anche molto gravi, a
patogenesi immuno-allergica. La radioterapia e i farmaci chemioterapici
utilizzati a dosi elevate comportano l’insorgenza di danni non solo al midollo
osseo ma anche ad altri organi, in particolare all'apparato gastroenterico e al
fegato. I danni prevedibili saranno più o meno gravi a seconda del tipo di
condizionamento che viene somministrato. Eccezionalmente si potranno
presentare problemi più rari, solo in parte prevedibili, quali convulsioni,
disturbi renali o cardiaci, che possono anche essere fatali.
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Alcuni regimi chemio/radioterapici inoltre possono indurre dei danni che
potranno manifestarsi anche ad alcuni anni di distanza (cosiddetti “effetti
tardivi del trapianto”) quali la sterilità e la cataratta. Desideriamo tuttavia
sottolineare che negli ultimi anni è divenuto sempre più diffuso l’utilizzo di
regimi di condizionamento detti “a bassa intensità o non mieloablativi” che
risultano meno tossici sia a breve che a lungo termine. Al momento, non
tutte le patologie possono beneficiare di tali regimi di condizionamento.
3) INFUSIONE DELLE CSE (O TRAPIANTO)
In pratica è una semplice infusione di sangue midollare o di un concentrato di
cellule raccolte dal sangue periferico del donatore. L’infusione viene fatta
attraverso il catetere venoso centrale in un tempo variabile a seconda del tipo
di prodotto da infondere. Tale giornata viene indicata come giorno -0- da cui
cominciare a contare i giorni post-trapianto. Gli effetti collaterali
dell’infusione sono gli stessi che possono aversi, generalmente su base immunoallergica, con la trasfusione di un emocomponente (concentrato di GR o
piastrine). In caso di incompatibilità di gruppo sanguigno ABO tra donatore e
ricevente, verranno attuate una serie di misure per prevenire l’insorgenza di
incidenti trasfusionali. Malgrado tali misure
sono comunque possibili
complicazioni a breve (emolisi immediata) , medio (emolisi ritardata), o lungo
termine (aplasia pura della serie rossa).
4) PERIODO PRE-ATTECCHIMENTO E LE SUE PROBLEMATICHE
Comprende il periodo di aplasia post-trapianto che è contemporaneo al periodo
di tossicità acuta del regime di condizionamento. E’ il periodo più rischioso per
le possibili complicanze, anche molto gravi, di natura tossica, infettiva,
emorragica. La mancanza di globuli bianchi predispone allo sviluppo di infezioni
e pertanto un periodo prolungato di febbre durante questa fase rappresenta
la norma. Va detto che, anche se raramente, le infezioni possono essere tanto
gravi da risultare letali malgrado venga instaurata prontamente una adeguata
terapia anti-infettiva. Tale eventualità è più spesso legata allo sviluppo di
germi multiresistenti agli antibiotici oppure allo sviluppo di infezioni fungine
diffuse o con grave danno d’organo oppure , infine, nel caso di evento
infettivo virale.
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L’assenza di piastrine predispone al rischio di emorragie, che possono essere
prevenute con la trasfusione regolare di concentrati piastrinici da aferesi.
Va tuttavia segnalato che in rari casi il paziente poli-trasfuso può sviluppare
anticorpi anti-piastrine con conseguente refrattarietà alla trasfusione. In
tal caso, se possibile, si cercherà un donatore di piastrine compatibile (che
potrebbe essere anche uno o tutti e due i genitori) senza avere tuttavia la
certezza che ciò possa risolvere il problema. In una situazione del genere il
rischio emorragico diviene elevatissimo e può essere letale.
La terapia di condizionamento che utilizza l’irradiazione corporea totale e/o
chemioterapici ad effetto mieloablativo produce prevalentemente una
tossicità a carico del tubo digerente (bocca, stomaco, intestino). Possono
svilupparsi lesioni al cavo orale estese e dolorose che provocano impossibilità
ad alimentarsi. Lo stesso tipo di lesioni visibili al cavo orale possono
estendersi a tutto l’intestino manifestandosi con dolori addominali e diarrea
profusa. A causa della tossicità sulle mucose dell’apparato gastroenterico
dopo un condizionamento mieloablativo viene regolarmente iniziata una
nutrizione parenterale totale (NPT) la cui durata si protrarrà fino alla
risoluzione della tossicità sulle mucose con ripresa dell’appetito.
Va inoltre segnalata la seppur rara possibilità di gravi complicazioni d’organo,
in genere legate a particolari tipi di condizionamenti. A tale proposito si
segnala la malattia veno-occlusiva (VOD) che generalmente si manifesta con
un grave danno epatico in grado di evolvere rapidamente in una insufficienza
fulminante. Il polmone, esposto in ogni fase del trapianto a complicazioni più
o meno gravi, in questo periodo può manifestare una delle più temibili
complicanze detta “emorragia polmonare diffusa”.
Legata alla somministrazione di alte dosi di Ciclofosfamide è la cosiddetta
cistite emorragica nella cui patogenesi probabilmente intervengono anche
fattori infettivi virali. Per quanto riguarda queste ultime complicanze si
segnala che vengono regolarmente poste in atto tutte le precauzioni ad oggi
note per prevenirle o diagnosticare precocemente la loro insorgenza.
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5) PERIODO DELL’ATTECCHIMENTO E LE SUE PROBLEMATICHE
Le CSE infuse raggiungono gli spazi midollari all'interno delle ossa del
ricevente, dove si moltiplicano e cominciano a produrre globuli bianchi,
globuli rossi e piastrine.
Il momento dell’attecchimento è variabile in base
a tipo di trapianto, fonte delle CSE, tipo di profilassi GVHD. Indicativamente
può variare tra il 10° e il 20° giorno con possibilità di arrivare vicini al 30°
giorno nel caso di trapianto con cellule staminali cordonali. Diretta
conseguenza dell’attecchimento è l’evidenza che i
globuli bianchi
polimorfonucleati (neutrofili) del sangue superano il numero assoluto di 500
mm/q, per poi arrivare a valori normali.
Nello stesso periodo le problematiche infettivologiche come pure le tossicità
d’organo tendono a migliorare e risolversi. In un momento successivo si
ridurrà per poi cessare la trasfusione-dipendenza di Globuli Rossi e
Piastrine.
In questa fase, a causa dell’attecchimento del sistema immunitario del
donatore nel ricevente, inizia il periodo a rischio per l’insorgenza di GvHD
acuta. La GvHD acuta può teoricamente colpire tutti i tessuti del ricevente
tuttavia i principali organi bersaglio sono la cute, l’intestino e il fegato. Tali
organi possono essere colpiti in varia associazione e con gravità variabile che
viene descritta con una gradazione da 1 a 4. Le forme di grado globale 3-4
rappresentano una grave complicanza che, se scarsamente rispondenti alle
terapie, possono essere letali. Il trattamento della GvHD prevede l’utilizzo
di farmaci (principalmente il cortisone e altri immunosoppressori, anticorpi
monoclonali, siero antilinfocitario) o di procedure particolari (linfocitoaferesi) che verranno decisi di volta in volta sulla base della gravità clinica
della GvHD, facendo riferimento a volte a dei protocolli consolidati e, altre
volte, specie nelle forme più gravi o non rispondenti alle terapie di prima
linea, applicando protocolli di trattamento sperimentali.
In questa fase, allo scopo di meglio inquadrare l’interessamento d’organo
della GvHD potrebbe essere necessario ricorrere a indagini invasive quali la
biopsia cutanea, la biopsia epatica, l’endoscopia dell’apparato digerente con
esecuzione di biopsie intestinali.
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Lo studio dell’attecchimento tramite indagini di laboratorio specifiche
(cariotipo, polimorfismi del DNA, etc) viene generalmente effettuato su
sangue periferico nel momento in cui si ha evidenza dell’attecchimento. In
alcune patologie (es. leucemie) è necessario eseguire gli stessi esami su
puntato midollare, solitamente 30-40 giorni dopo il trapianto.
6) DIMISSIONE DALL' UNITÀ DI TRAPIANTO
La dimissione dal reparto di degenza può avvenire dopo aver verificato le
seguenti condizioni:
1) attecchimento stabile in assenza di GvHD.
2) pronta risposta alla terapia nel caso di insorgenza di una GvHD acuta di
grado 1-2 .
3) svezzamento dall’ alimentazione parenterale con buona ripresa
dell’alimentazione spontanea.
4) assenza di problemi nella assunzione orale dei farmaci.
5) assenza di problematiche infettive
Se sono soddisfatte tutte le precedenti condizioni il bambino può essere
direttamente dimesso dall'Unità di Trapianto. Se invece le precedenti
condizioni sono soddisfatte solo parzialmente, il bambino, non necessitando
più di degenza nel reparto TCSE, potrebbe essere trasferito presso un
altro reparto del dipartimento di Emato-Oncologia per continuare la
preparazione alla definitiva dimissione. Mediamente la durata globale del
ricovero, in assenza di complicanze maggiori, è di circa 45 giorni, pertanto
la dimissione avviene approssimativamente in giornata +35, +40 posttrapianto. I pazienti che presentano una GvHD di grado 3-4, della cui gravità
si è già detto in precedenza, sono quelli che vanno incontro più
frequentemente a lungo-degenze che possono protrarsi anche per diversi
mesi. In quest’ultima situazione, solo nel caso di una risposta positiva, anche
parziale, ai
trattamenti instaurati
può essere programmato un
trasferimento presso altro reparto.
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7) PRIMO PERIODO POST-DIMISSIONE
Dopo la dimissione, per un periodo medio di circa 2 mesi, è necessario che il
bambino resti nelle vicinanze del Centro di Trapianto poiché deve essere
controllato mediamente due volte alla settimana presso il D.H. della Unità
Operativa Emato-Oncologia oppure presso la residenza protetta assegnatagli,
tramite il Servizio di Assistenza Domiciliare. Durante questo periodo sono
necessari frequenti visite mediche, prelievi di sangue per esami di laboratorio e
avverranno periodiche modifiche delle terapie. Lo scopo dei controlli in questa
fase è sostanzialmente mirato a monitorare le seguenti situazioni:
1) che all’attecchimento primario faccia seguito un valido e persistente
attecchimento di tutte le serie midollari (GR, GB, Piastrine). In questo
periodo è comunque probabile che il bambino abbia ancora necessità di
saltuarie trasfusioni di globuli rossi e piastrine;
2) che la “coabitazione” donatore-ricevente sia libera da eventi dannosi. Si
tratta di cogliere precocemente segni e/o sintomi di insorgenza ex novo o di
ripresa di GVHD acuta. Per altri paziente può essere necessario verificare
che la precedente GvHD acuta sia in costante miglioramento con la
conseguente possibilità di continuare a ridurre la terapia immunosoppressiva
in atto. Alcuni pazienti eseguiranno, con un preciso calendario, procedure
terapeutiche più complesse quale la linfofoto-aferesi.
Più avanti andrà
valutata una possibile evoluzione della GvHD acuta verso la cronicità oppure
l’insorgenza ex novo di una GvHD cronica;
3) diagnosticare precocemente riattivazioni endogene di patologie infettive di
natura virale (CMV, EBV) per poter instaurare un precoce trattamento;
4) seguire nel tempo il regolare ricostituirsi del sistema immunitario nelle sue
varie componenti (Linfociti T, B, NK; produzione immunoglobuline).
Durante questo periodo è probabile che il bambino necessiti di infusioni
periodiche di immunoglobuline.
Sempre durante questo periodo può rendersi necessario un nuovo ricovero,
che solo raramente significa ritornare presso il reparto di degenza di
Trapianto.
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Nel caso di problematiche infettive certe (per esempio documentate
riattivazione virali che necessitano di trattamento specifico) o solo sospette (per
esempio episodi febbrili di n.d.d.) il reparto di destinazione è rappresentato dal
settore di Malattie Infettive. Nel caso in cui le problematiche presentate
indirizzino verso la diagnosi GvHD acuta o cronica, microangiopatia, complicanze
immuno-ematologiche o, infine, sospetta ripresa di malattia, il reparto di
destinazione per competenza è rappresentato dai settori di Ematologia o
Oncologia. Solo in assenza di disponibilità di posti letto presso il reparto di
competenza, il ricovero può avvenire momentaneamente presso altro settore per
poi eseguire un successivo trasferimento presso il reparto definitivo. In tutti i
casi il medico trapiantologo sarà direttamente coinvolto nella gestione del
paziente trapiantato, in collaborazione con i colleghi del reparto ospitante.
Durante questo primo periodo post-trapianto (più spesso in vicinanza del giorno +
100) è probabile che il bambino esegua un puntato midollare per una seconda
valutazione dell’attecchimento midollare.
OSPEDALE
CASA
Istituto G. Gaslini
Assistenza.
Assistenza
Domiciliare
domiciliare
Istituto G. Gaslini
Assistenza.
Assistenza
Domiciliare
domiciliare
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8) A CASA DOPO IL TRAPIANTO
Mediamente, dopo i primi due mesi
trascorsi nelle immediate vicinanze del
casa
Centro trapianti, al bambino viene
permesso il ritorno a casa. A domicilio il
bambino richiederà ancora numerose
attenzioni.
Saranno ancora necessari controlli clinici e
laboratoristici
che
mediamente
verranno
eseguiti
inizialmente una volta alla settimana, poi ogni 15 giorni e
infine una volta al mese presso un reparto ospedaliero
competente in Emato-Oncologia Pediatrica vicino alla sede
di residenza
Mediamente ogni tre mesi per il primo anno è previsto un controllo presso
il Centro Trapianti. Durante tali controlli la permanenza presso il Centro
Trapianti, in assenza di problemi maggiori, si limita ad 1-2 giorni. In uno o più di
questi controlli è possibile che venga eseguito un puntato midollare così come è
possibile che venga decisa la rimozione del CVC.
Quando il bambino ritorna a casa (approssimativamente giornata +90/+120 dopo
il trapianto) e comunque per il primo anno dopo il trapianto, il paziente soffrirà
di un periodo più o meno lungo di immunodeficienza, ovvero di carenti difese
contro le infezioni. Tale stato sarà tanto più grave e prolungato se è presente
GvHD e se viene effettuata terapia immunosoppressiva utilizzando più di un
farmaco. Pertanto le seguenti raccomandazioni sono prevalentemente centrate
sulle problematiche di natura infettiva che possono presentarsi in tale periodo.
Infezioni possibili di questo periodo:
1) Infezioni virali: herpes zoster (compare con bruciore o dolore in zona
facciale e/o sul torace, più raramente sulle gambe o braccia, seguito da
comparsa di macchie rosse che diventano rapidamente bolle per lasciare il
posto a croste).
Provvedimento: contattare il medico curante e poi il Centro Trapianti.
2) Infezioni CVC correlate: (contaminazione del lume da non corretto lavaggio,
contaminazione del tunnel sottocutaneo o del foro di uscita da germi
opportunistici).
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Nelle infezioni del decorso sottocutaneo o dell’emergenza del CVC la
sintomatologia è rappresentata principalmente da manifestazioni
infiammatorie locali con associata o meno febbre. Nel caso di colonizzazione
del lume del CVC la sintomatologia può variare ampiamente di gravità: nessun
sintomo; rialzo termico con brivido dopo lavaggio/manipolazione del CVC;
quadro clinico di sepsi; shock settico.
Provvedimento: contattare il Centro Trapianti
3) Infezioni Bronco-polmonari: (insorgono con tosse, difficoltà di respiro,
aumento delle frequenza respiratoria, con o senza febbre).
Provvedimento: contattare il medico curante e poi il Centro Trapianti
4) Infezioni del cavo orale: (la più frequente è il mughetto o candida orale, con
lingua bianca e depositi biancastri sul palato e nella gola).
Provvedimento: lavaggi del cavo orale con anti-fungini, maggiore cura
dell’igiene della bocca, contattare il Centro Trapianti.
Prevenzione delle infezioni
I pazienti alla dimissione dovranno continuare terapia preventiva con
cotrimoxazolo (Bactrim) 3 giorni alla settimana: tale terapia previene una
eventuale infezione da Pneumocistis carini (un agente responsabile di alcuni casi
di polmonite post-trapianto). Qualsiasi contatto, certo o anche solo sospetto,
con soggetti affetti da malattie infettive contagiose deve essere
immediatamente comunicato ai medici del Centro Trapianto. I fratelli e gli altri
famigliari devono proseguire normalmente le loro attività (per esempio se un
fratello frequenta la scuola o l'asilo può continuare a frequentarlo) tuttavia è
necessario essere informati tempestivamente in caso di presenza di malattie
infettive nella comunità scolastica o lavorativa frequentata dal congiunto.
Sarà importante curare l’igiene del cavo orale,
dei genitali e della cute. Se il paziente viene
inviato a domicilio con il catetere venoso
centrale, si dovrà provvedere regolarmente
una volta alla settimana alla medicazione
dell’emergenza cutanea; solitamente a giorni
alterni o settimanalmente andrà effettuato il
lavaggio dello stesso con le apposite soluzioni
come indicato durante l’addestramento alla
manutenzione del CVC.
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E' importante che la casa venga ben pulita ed areata prima del ritorno del
bambino, con particolare attenzione alla camera da letto e al bagno. Il
bambino deve avere asciugamani personali cambiati almeno settimanalmente.
E' opportuno che per almeno alcuni mesi non vengano tenuti in casa animali
domestici.
A casa con i familiari o durante le passeggiate all'aria aperta non è necessario
portare la mascherina oronasale; essa deve essere indossata invece in luoghi
chiusi o durante i controlli in ambiente ospedaliero fino a nuove indicazioni da
parte dei medici.
Nel primo mese a casa è meglio che il bambino non abbia molte visite e solo
dai parenti più prossimi. Poi potrà iniziare a giocare con qualche amico ed
infine, dopo almeno 6 mesi dal trapianto, su permesso del medico, tornare a
frequentare la comunità scolastica. Bisogna evitare luoghi affollati (cinema,
supermercati, treni, autobus) ed evitare la frequentazione di soggetti con
malattie
esantematiche
sospette o in atto (varicella,
morbillo,
rosolia)
o
altre
malattie
virali
(parotite,
influenza) o anche solo episodi
febbrili da causa sconosciuta.
In linea generale la dieta di
questo
periodo
dovrebbe
essere libera. In caso contrario
verranno fornite a parte
indicazioni
dietetiche
cui
attenersi. Anche a domicilio
l'igiene personale del bambino è
molto
importante:
sarà
opportuno eseguire la doccia (o
il bagno) almeno a giorni alterni
con le necessarie precauzioni
riguardo l’emergenza del CVC.
La cute dovrà essere poi
asciugata accuratamente ed
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eventualmente massaggiata con creme protettive e idratanti specie nei casi in
cui sia presente secchezza della cute quale esito di una pregressa GvHD. Se il
bambino ha eseguito irradiazione corporea totale e/o assume ciclosporina sarà
opportuno evitare l'esposizione diretta ai raggi solari per tutto il periodo di
assunzione del farmaco.
Almeno due volte al giorno il bambino dovrà lavarsi i denti con uno spazzolino
morbido e pasta dentifricia. Lo spazzolino deve essere, conservato separato da
quelli del resto della famiglia e cambiato frequentemente. Dopo la sospensione
definitiva della terapia immunosoppressiva i medici del Centro Trapianti vi
forniranno informazioni riguardo la necessità di programmare un calendario di
vaccinazioni da eseguire.
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CALENDARIO-AGENDA
Abbiamo qui schematizzato cronologicamente le varie fasi del lungo percorso
terapeutico che è definito “trapianto di cellule staminali emopoietiche”. Vengono
elencati i momenti più salienti delle varie fasi con qualche nota di commento.
Questo capitolo è strutturato sotto forma di agenda in modo da consentirvi di
fissare appunti, domande, terapie come in una sorta di diario personale oppure
da utilizzare come promemoria per le richieste di spiegazioni alle infermiere e
ai medici.
SETTIMANA -3 E -2
 Periodo dell’accoglienza presso il D.H. dell’U.O. Emato-Oncologia
 Periodo della rivalutazione di malattia.
 Periodo della valutazione delle condizioni generali.
 Periodo in cui viene definitivamente confermata l’idoneità al trapianto.
 Periodo in cui viene richiesto il consenso informato al trapianto.
 Periodo dell’inserimento (o sostituzione) del catetere venoso centrale.
Dopo aver definitivamente confermato l’indicazione e l’idoneità del paziente ad
effettuare il trapianto, vengono fornite le necessarie informazioni e richiesto
il consenso informato a procedere. Nel caso di trapianto da cordone verrà
precauzionalmente eseguito al paziente un espianto midollare di back-up;
verranno cioè raccolte cellule staminali autologhe da reinfondere al paziente in
caso di rigetto.
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SETTIMANA -1
 Periodo in cui avviene il ricovero presso il reparto di trapianto
 Periodo in cui viene somministrato il regime di condizionamento
Inizia la fase di ricovero presso il reparto di trapianto. In questa settimana
cominciano le terapie, che possono essere somministrate sia per via orale sia
attraverso il catetere venoso centrale con l’ausilio di pompe infusionali. Se ci
sono difficoltà a ingerire le compresse, potranno essere polverizzate e
assunte disciolte nell'acqua. I bambini che riceveranno irradiazione corporea
totale, si recheranno presso il reparto di radioterapia dell'Istituto Scientifico
Tumori dell’Ospedale S. Martino per tre giorni consecutivi; in alcuni casi due
volte al giorno, in altri una volta soltanto. In questa fase possono comparire
nausea, vomito e diarrea dovuti alle terapie: sono sintomi fastidiosi, ma non
preoccupanti perché sono effetti collaterali dei farmaci previsti, e pertanto si
attenueranno progressivamente fino a scomparire nei giorni successivi. Vi
preghiamo di annotare tutti i sintomi che il bambino avverte, sia quelli di cui si
è già discusso insieme, sia altri, imprevisti, che eventualmente compaiono.
Tutto ciò va riferito alle infermiere e ai medici durante la visita giornaliera.
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GIORNO 0
 E’ il giorno del trapianto inteso come infusione delle CSE
Il trapianto viene effettuato tra il 7° e il 10° giorno dopo il ricovero. Questo
giorno è definito giorno “0” perchè è il punto di riferimento per tutti gli
avvenimenti successivi. Le CSE prelevate al donatore durante la mattinata
vengono solitamente infuse nel pomeriggio-serata. La durata dell’infusione è
variabile ma generalmente si protrae per
alcune ore. L'infusione può
comportare l’insorgenza di qualche disturbo di natura allergica (prurito,
arrossamento cutaneo, orticaria). A volte si possono avere problematiche
legate ad una incompatibilità di gruppo AB0. Nel caso di CSE cordonali
l’infusione viene fatta molto velocemente, dopo scongelamento delle cellule.
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SETTIMANA +1
 Periodo della tossicità
 Periodo dell’ aplasia post-condizionamento
 Periodo dell’inizio della Nutrizione Parenterale Totale (NPT)
Questa settimana è caratterizzata dalla progressiva diminuzione dei globuli
rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine. Per quanto riguarda i globuli bianchi
la loro scomparsa provoca l'insorgenza di infezioni con febbre, che verranno
trattate con vari tipi di farmaci: prevalentemente antibiotici e antifungini. In
questa settimana comparirà la mucosite quale tossicità causata dalle terapie; è
di fondamentale importanza curare scrupolosamente l'igiene del cavo orale. In
questo periodo viene generalmente iniziata la nutrizione per via endovenosa
che provvederà a rifornire l'organismo di tutte le sostanze e le calorie
necessarie. Non bisogna forzare il bambino a mangiare: il suo fabbisogno
nutrizionale sarà comunque soddisfatto della NPT.
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SETTIMANA +2
 Periodo di massima tossicità
 Periodo di massima trasfusione-dipendenza
 Periodo delle complicanze infettive
 Periodo delle complicanze tossiche
 Periodo delle complicanze emorragiche
 Periodo dell’iniziale attecchimento (in alcuni casi)
 Periodo delle sindromi da attecchimento e/o GvHD )
La maggior parte di questa settimana ricalca l’andamento della precedente.
Sono necessarie le trasfusioni. Il mal di gola e il fastidio in bocca persistono.
Se i dolori saranno particolarmente intensi verrà eseguita una adeguata
terapia antidolorifica. Può comparire diarrea.
In alcuni casi verso la fine di questa settimana i globuli bianchi potrebbero già
cominciare lentamente a risalire. In concomitanza con questa risalita alcuni
pazienti possono già iniziare a presentare segni di GvHD acuta (rossore e
prurito sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi). Bisogna ricordarsi di
continuare ad annotare tutti i sintomi, e soprattutto di riferirli alle infermiere
ed ai medici.
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SETTIMANA +3
 Periodo dell’attecchimento
 Periodo della GvHD
 Periodo della risoluzione delle infezioni
 Periodo della risoluzione delle tossicità d’organo
E' la settimana in cui nella maggioranza dei casi avviene l'attecchimento delle
CSE che è dimostrato dalla risalita più o meno rapida dei globuli bianchi. Si
parla di avvenuto “attecchimento” quando il numero dei neutrofili (che sono un
tipo di globuli bianchi) è superiore a 500 per mm/q. I globuli rossi e le
piastrine risaliranno più tardi e più lentamente. Se non già insorta è probabile
che insorga GvHD acuta della pelle o degli altri organi bersaglio (intestino con
diarrea; fegato con alterazione degli esami di funzionalità epatica).
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SETTIMANA +4 – PRIMO MESE
 Periodo di consolidamento dell’attecchimento
 Riduzione o cessazione della trasfusione-dipendenza
 Periodo della ripresa dell’alimentazione
 Periodo della riduzione delle infusioni endovenose
 Periodo dell’assunzione per os dei farmaci
 Periodo del trattamento intensivo delle GvHD di grado elevato
 Periodo delle riattivazioni virali endogene precoci (CMV, EBV)
E' la settimana in cui l'attecchimento si consolida. Aumentano ancora i globuli
bianchi e si riduce il fabbisogno trasfusionale di globuli rossi e di piastrine.
Sono ancora necessari frequenti prelievi di sangue e a volte la nutrizione per
via venosa può essere ridotta e sospesa. Alcuni farmaci verranno sospesi
(antibiotici) mentre altri verranno somministrati per via orale. In tal modo si
riduce gradualmente il numero di infusioni giornaliere. In alcuni casi il CVC può
essere chiuso per qualche ora durante il pomeriggio. Se si era presentata
GvHD, nella maggioranza dei casi è il momento in cui si può dare un giudizio
sulla sua gravità e quindi fornire elementi prognostici e può essere pianificato
il trattamento.
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SETTIMANA +5
 Periodo del primo puntato midollare dopo trapianto
 Periodo del trasferimento presso altro reparto
 Periodo della possibile dimissione
 Periodo dei trattamenti intensivi delle GvHD severe
La media della degenza per il trapianto è di 40-45 giorni totali, di cui 10 prima
e 30 dopo il trapianto. Quindi è una settimana in cui molti pazienti vengono
dimessi dal reparto. Quelli che devono proseguire terapie antibiotiche,
antifungine o antivirali verranno trasferiti presso il reparto di malattie
Infettive. I pazienti che hanno difficoltà di rialimentazione oppure forme di
GvHD in miglioramento ma non adeguatamente regredite posono essere
trasferiti presso altri reparti del dipartimento (Ematologia e/o Oncologia) In
questa fase è necessario non accelerare troppo i tempi di una dimissione se il
paziente non è ancora autonomo nella alimentazione e nell’assunzione dei
farmaci. Dimissioni troppo precoci si possono poi pagare con la necessità di un
nuovo ricovero presso un altro reparto. Purtroppo per i pazienti affetti da
GvHD scarsamente responsiva alle terapie o di gravità alta (3-4 grado) si
prospetta un periodo più prolungato di ricovero.
Se necessario (dipende dalla patologia di base) prima della dimissione viene
eseguito puntato midollare (PM)
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SECONDO E TERZO MESE
 Periodo dei controlli bisettimanali e poi settimanali presso il D.H (sala 2).
 Periodo dell’eventuale assistenza domiciliare
 Periodo del trattamento intensivo con linfo-fotoaferesi della GvHD
 Periodo del monitoraggio delle riattivazioni virali endogene
 Periodo dell’insorgenza di tipiche complicazioni (PPT, malattia da raggi etc)
 Periodo di cambiamenti, anche improvvisi, delle dosi dei farmaci.
 Periodo di possibile nuovo ricovero in altro reparto per problemi intercorrenti.
 Periodo di preparazione per il ritorno a casa.
Questa fase è quella che abbiamo definito “primo periodo post-trapianto”.
Spesso il paziente ha necessità di un nuovo ricovero oppure, per evitare il
ricovero, essere presente quasi giornalmente in day-hospital. Molto probabile
che il bambino necessiti ancora di trasfusioni o di infusione di immunoglobuline.
In questo periodo, in base al livello ematico, possono essere aumentate o
ridotte le dosi degli immunosoppressori. Se il paziente stava già assumendo
cortisone è possibile che si inizi una graduale riduzione fino alla sospensione.
In base anche al tipo di patologia e al tipo di protocollo eseguito potrebbe
essere necessario eseguire un puntato midollare. In rarissimi casi, quelli a
decorso particolarmente favorevole, si potrebbe rimuovere il catetere venoso
centrale. Nella maggioranza dei casi viene organizzato il ritorno a casa.
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DAL QUARTO MESE FINOA 1-2 ANNI
cioè fino al momento di sospensione di tutte le terapie
 Periodo dei controlli in una struttura sanitaria presso la sede di residenza, con
invio di periodici aggiornamenti al Centro Trapianti
 Periodo del ritorno ogni tre mesi circa presso il centro trapianti, per un
controllo di 1 – 2 giorni, in regime ambulatoriale o di D.H.
 Periodo della rimozione del CVC
 Periodo della progressiva riduzione e sospensione degli immunosoppressori
 Periodo di eventuali riprese di GvHD (spesso in forma cronica).
 Periodo di possibile evoluzione in forma cronica di una precedente GvHD acuta.
Anche se a casa, bisogna continuare ad eseguire controlli periodici e assumere
ancora diverse terapie per bocca. E' il periodo in cui lentamente, giorno per
giorno, si ritorna a dei ritmi di vita "normale". E' comunque un periodo ancora
delicato, occorre comunicare tempestivamente al Centro di Trapianto qualsiasi
problema o novità, in particolare sintomi a carico dell’apparato respiratorio
(tosse, difficoltà a respirare), gastroenterico (nausea, vomito, diarrea, perdita
di peso). In questa fase i controlli presso il D.H. saranno prevalentemente
rivolti ad escludere recidive della malattia di base e a controllare l’eventuale
GvHD. Dopo un anno dal trapianto solo una piccola minoranza ha ancora
problemi legati al trapianto stesso. Tali problematiche sono legate
prevalentemente alla GvHD o alla insorgenza di un’altra complicazione del
trapianto detta “osteonecrosi”.
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DOPO LA SOSPENSIONE DELLE TERAPIE IMMUNOSOPPRESSIVE
(circa 1-2 anni dopo il trapianto)
 Periodo del “fuori terapia”
 Periodo dei controlli a frequenza semestrale o annuale presso la sala numero 5
del D.H.
 Periodo delle vaccinazioni
 Periodo del monitoraggio degli eventuali effetti tardivi del trapianto.
La durata dell’immunosoppressione può variare notevolmente in rapporto alla
presenza o meno di GVHD cronica, alla malattia di base e al tipo di trapianto.
Dalla fine della terapia immunosoppressiva i controlli presso il nostro D.H.
avranno una cadenza semestrale o annuale e saranno orientati al monitoraggio
dei possibili effetti tardivi. Gli effetti tardivi sono le conseguenze del tipo di
terapia eseguita prima del trapianto, del regime di condizionamento e della
presenza o meno di GvHD cronica. In questa fase i controlli vengono
effettuati presso la sala N° 5 del D.H. dove il personale medico opera
congiuntamente ad una rete di consulenti preparati ad affrontare queste
problematiche.
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DOMANDE COMUNI E RISPOSTE
QUANTO DURA UN TRAPIANTO?
Il trapianto vero e proprio può durare da pochi minuti a poche ore poiché
consiste semplicemente nell'infondere endovena le CSE del donatore. Tuttavia
la fase di ripresa può durare molti mesi e talvolta anche anni. Quindi, dovete
avere la consapevolezza che probabilmente passerà un anno o più prima di
tornare a una vita normale. Naturalmente ciò non vuol dire che dovrete stare
un anno in ospedale. Il periodo di ricovero consiste in circa 7-10 giorni nella
fase pre-trapianto e 30-40 giorni nella fase post-trapianto. Dopo la
dimissione, 2 mesi circa verranno trascorsi presso una residenza protetta
situata in vicinanza del Centro Trapianti. Tra i 3 e i 4 mesi dopo il trapianto
potrà avvenire il ritorno a casa con controlli presso il Centro Trapianti ogni 1-3
mesi, a seconda delle necessità. Dopo un anno se tutto è a posto le visite
diventeranno meno frequenti (ogni 4-6 mesi). Dopo due o tre anni le visite
diventeranno annuali e avranno lo scopo di valutare l'eventuale insorgenza di
effetti collaterali tardivi.
CHE COS'È IL RIGETTO?
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Dopo l’ infusione, le CSE raggiungono il midollo osseo, si impiantano e
cominciano a differenziarsi. A questo punto, nel sangue periferico lentamente
aumentano prima i globuli bianchi (giorno 10-30 post-trapianto), poi le
piastrine e i globuli rossi (giorno 30-100 post-trapianto). Tutto questo
processo viene chiamato “attecchimento”. Se per un qualsiasi motivo le CSE
non riescono a raggiungere il midollo oppure lo raggiungono ma non riescono a
differenziarsi (magari dopo un iniziale periodo di normale differenziazione) si
parla di rigetto. Generalmente è causato da una insufficiente ablazione del
sistema immunitario del ricevente durante la terapia di condizionamento. Va
tenuto a mente che il rigetto di un trapianto di CSE è una complicanza
piuttosto rara, al contrario di quanto avviene nei trapianti d’organo. Una
problematica relativamente più frequente è invece rappresentata dallo
“scarso attecchimento” che può essere dovuto all’infusione di una quantità
insufficiente di CSE oppure è causato dall’’interferenza di qualche evento
esterno in fase di attecchimento. Se ciò si verifica, in alcuni casi, è possibile
eseguire un “rinforzo” del trapianto con una nuova donazione da parte dello
stesso donatore, senza necessità di ulteriori terapie di condizionamento.
COS'È LA GVHD?
Rispetto alla precedente problematica (rigetto) è molto più frequente il
fenomeno opposto, detto “malattia del trapianto verso ospite” o GvHD (Graft
= trapianto; versus = verso; Host = ospite; Disease = malattia) che
mediamente si sviluppa nella metà dei pazienti trapiantati. In termini molto
semplici la GvHD può essere definita la reazione provocata dal sistema
immunitario del donatore, originato dalla cellula staminali emopoietica, che non
riconosce gli organi e tessuti del ricevente come propri e pertanto li
aggredisce (“trapianto contro l'ospite”).
La GvHD può essere di gravità variabile e pertanto si va da forme lievi che
potrebbero non richiedere terapia fino a forme gravi letali malgrado tutte le
terapie instaurate. Al momento, a parità di compatibilità tra donatore e
ricevente, non esistono elementi laboratoristici che permettano di prevedere
l’insorgenza o la gravità di una GvHD. Strettamente legata alla GvHD è la
cosiddetta GvL (graft versus leucemia) e GvT (graft versus tumor) che può
teoricamente essere utile ai fini di una eradicazione definitiva delle cellule
leucemiche/tumorali.
COS’È IL TRAPIANTO AUTOLOGO DI CSE?
A differenza del trapianto di CSE allogeniche, argomento di questo opuscolo,
il trapianto autologo è una procedura molto più semplice e impropriamente
chiamata “trapianto”. Infatti non esistono problemi di compatibilità tra
donatore e ricevente poiché è sempre la stessa persona. Tale procedura
rappresenta una sorta di artificio per poter eseguire al paziente una terapia
antiblastica sovramassimale, cioè non limitata dai problemi di tossicità
midollare. Le CSE vengono prelevate al paziente (dal sangue periferico o dal
midollo), conservate e infine reinfuse al momento del cosiddetto trapianto
autologo.
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CI POSSONO ESSERE CONSEGUENZE A DISTANZA DOVUTE
AL TRAPIANTO?
I pazienti che hanno subito un trapianto di midollo possono presentare effetti
tardivi in relazione a tipo di terapia eseguita prima del trapianto, tipo di
condizionamento e presenza o meno di GvHD cronica. I condizionamenti che
utilizzano la radioterapia con irradiazione corporea totale (TBI) e il busulfano
sono responsabili dei principali effetti tardivi post-trapianto. Nel 70-80% dei
pazienti irradiati compare una opacità posteriore del cristallino (cataratta) che
nella maggior parte dei casi è asintomatica e che, solo raramente, necessita di
correzione chirurgica; tale complicanza è più frequente nei pazienti che
ricevono terapia steroidea prolungata per il trattamento della GvHD.
L’insufficienza gonadica si presenta molto frequentemente sia dopo TBI che
dopo utilizzo di busulfano, mentre è molto rara dopo altra chemioterapia. Tale
complicanza determina nella femmina necessità di terapia sostitutiva estroprogestinica, mentre la sterilità è più frequente se la radioterapia viene
erogata in età più avanzata. Nel maschio la necessità di terapia ormonale
sostitutiva con testosterone è rara e compare prevalentemente in pazienti
trattati con radioterapia testicolare e/o un intervento chirurgico; sia TBI che
busulfano, nel maschio, sono frequentemente responsabili di azoospermia. La
funzionalità tiroidea può subire alterazioni sia in senso di ipofunzione
(ipotiroidismo) ma anche iperfunzione (ipertiroidismo) che necessitano di
terapie farmacologiche. Frequentemente, i pazienti irradiati presentano noduli
tiroidei che possono necessitare di agobiopsia diagnostica.
QUANTO COSTA IL TRAPIANTO?
Il trapianto viene eseguito nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale
(SSN), e quindi, i soggetti aventi diritto all’assistenza sanitaria sul territorio
nazionale, non devono sopportare alcuna spesa diretta per le cure e la
degenza. Vi sono tuttavia delle spese che la famiglia deve sostenere per il
trasferimento presso il Centro Trapianti e per l'alloggio nelle sue vicinanze
nel periodo pre e post-trapianto.
Nel caso di famiglie non in grado di affrontare il costo di un alloggio possono
essere interpellate le assistenti sanitarie per verificare possibili soluzioni.
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NOTE
NOTE
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Vocabolario
Aferesi: raccolta tramite separazione di una componente cellulare del sangue
(piastrino-aferesi, linfo-aferesi, eritreo-aferesi, leuco-aferesi, etc).
Alopecia: perdita temporanea dei capelli.
Antiemetico: farmaco o combinazione di farmaci utilizzati per controllare la
nausea e il vomito.
Antigene: qualsiasi elemento capace di provocare una risposta da parte del
sistema immunitario.
Tale risposta consiste in una produzione di anticorpi o particolari
popolazioni di globuli bianchi.
Attecchimento: momento in cui le cellule infuse durante il trapianto iniziano a
produrre nuove cellule del sangue.
Azoospermia: mancata produzione di spermatozoi da parte del testicolo.
Catetere venoso centrale (CVC): si tratta di un piccolo tubo di plastica morbida
inserito in una grossa vena in modo che la sua estremità raggiunga il cuore.
Attraverso di esso possono essere somministrate le terapie ed effettuati i
prelievi senza necessità di multiple punture venose. Per il trapianto
allogenico viene utilizzato un CVC con due lumi.
CD34: è il marcatore che permette di riconoscere la cellula staminali
emopoietica.
Chemioterapia: farmaco o combinazione di farmaci usato per uccidere le cellule
cancerose.
Condizionamento: terapia che ha lo scopo di preparate il paziente a ricevere le
cellule staminali emopoietiche del donatore.
Consenso informato al trapianto: rappresenta la vostra formale autorizzazione
al Centro Trapianti a procedere con il trapianto di cellule staminali.
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Criopreservazione: processo attraverso il quale un prodotto biologico (cellule,
embrioni, etc) viene congelato per poterlo utilizzare in un momento
successivo.
CSE (cellula staminale emopoietica): può essere di origine midollare, periferica,
cordonale.
Emopoiesi: produzione delle cellule del sangue (globuli bianchi polimorfonucleati,
globuli rossi, piastrine). Avviene nel midollo osseo.
Eritrociti: globuli rossi.
Espianto di midollo: sistema con il quale vengono raccolte le CSE midollari di un
donatore. Consiste in multipli prelievi dalle ossa del bacino.
Fattore di crescita leucocitario: sostanza che viene somministrata al donatore
di cellule staminali con lo scopo di mobilizzarle dal midollo al sangue
periferico e successivamente raccoglierle tramite procedura di aferesi.
Qualche volta viene somministrata dopo trapianto per accelerare la
crescita numerica dei globuli bianchi neutrofili.
GvHD (Graft versus Host Disease): effetto collaterale del trapianto che si
manifesta quando le cellule del donatore (Graft) attaccano il corpo del
ricevente (Host).
GVL e GVT (Graft versus Leucemia/ Graft versus Tumor): fenomeno con il
quale si ipotizza che il sistema immunitario del donatore, una volta
trasferito in un ricevente, riesca a controllare la crescita
leucemica/tumorale.
HLA (Human Leucocyte Antigen): rappresenta un marcatore genetico presente
sui leucociti e su tutti le altre cellule del corpo. Si utilizza per determinare
la compatibilità tissutale tra donatore e ricevente.
HPC-Apheresis: Hematopoietic Progenitor Cells – Apheresis (Cellule Staminali
Emopoietiche raccolte tramite aferesi dal sangue periferico)
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HPC-BM: Hematopoietic Progenitor Cells – Bone Marrow (Cellule Staminali
Emopoietiche raccolte tramite espianto dal Midollo Osseo)
HPC-CB: Hematopoietic Progenitor Cells – Cord Blood (Cellule Staminali
Emopoietiche raccolte da sangue cordonale)
Insufficienza gonadica: insufficiente produzione di ormoni sessuali (estrogeni
e progesterone nella femmina; testosterone nel maschio)
Intravenoso: attraverso una vena.
Ischemia: insufficiente arrivo di sangue in un organo o tessuto.
Leucociti: sono i globuli bianchi del sangue.
Linfo-foto-aferesi: procedura utilizzata per il trattamento della GvHD. Viene
eseguita al Centro trasfusionale utilizzando il separatore cellulare.
Microangiopatia: danno della parete dei piccoli basi su base tossica e/o
immunoallergica. Può manifestarti con svariati sintomi tra cui quelli della
sindrome emolitico-uremica e la PTT.
Midollo osseo: tessuto spugnoso che si trova nelle cavità delle ossa. La sua
funzione è la produzione globuli bianchi, globuli rossi, piastrine.
MUD (Matched Unrelated Donor): è un altro modo di definire il trapianto da
donatore non consanguineo HLA compatibile.
Neutropenia: assenza di polimorfonucleati neutrofili (popolazione di globuli
bianchi prodotti dal midollo).
NPT (nutrizione parenterale totale): nutrizione mediante infusione endovenosa
diretta di tutti i nutrienti necessari.
Osteonecrosi: possibile complicanza del trapianto rappresentata dalla “morte”
di porzioni di osso su base ischemico.
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PBSC (Peripheral Blood Stem Cells): cellule staminali circolanti nei vasi
sanguigni. Normalmente sono poche ma aumentano moltissimo dopo procedura
“di mobilizzazione”.
PTT (porpora trombotica trombocitopenica): piastrinopenia secondaria a una
complicanza del trapianto detta microangiopatia.
Separatore cellulare: strumento, usato per le aferesi, che separa la frazione
di cellule staminali emopoietiche rispetto alle altre cellule del sangue in modo
tale che le cellule staminali possano essere usate per trapianto. Lo stesso
apparecchio viene utilizzato per la linfoaferesi.
Sindrome emolitico-uremica: patologia nella quale si associano sintomi di
emolisi (rottura dei globuli rossi) con quelli di una insufficienza renale.
Sistema immunitario: con tale termine si intendono le componenti più
specializzate delle difese dell’organismo. E’ rappresentato principalmente dai
linfociti, a loro volta distinti nelle 3 principali categorie (T, B e NK).
TBI (Total Body Irradiation): irradiazione somministrata sull’intero corpo.
T-deplezione: rimozione dei linfociti T dal prodotto trapiantato. Può essere
effettuata tramite manipolazione del prodotto prima dell’infusione oppure “in
vivo” somministrando specifici farmaci prima e dopo l’infusione.
Trapianto allogenico: trapianto in cui vengono utilizzate cellule staminali
emopoietiche prelevare a un donatore.
Trapianto autologo: trapianto in cui vengono utilizzate cellule staminali
emopoietiche dello stesso soggetto.
Tubo digerente: rappresentato dall’apparato digerente che include la bocca,
l’esofago, lo stomaco e l’intestino. E’ sede di mucosite ed inoltre è un organo
bersaglio della GvHD
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il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (cse)