Inferno, canto X, 22 – 114 Chi fu Farinata degli Uberti Manente degli Uberti, noto come Farinata per il colore dei suoi capelli, fu il capo dei ghibellini di Firenze dal 1248 al 1258, quando quel partito dominò la città. Nel 1260 rientrò a Firenze dopo aver sconfitto i guelfi a Montaperti e vi morì nel 1264. Nel 1266 i ghibellini furono definitivamente sconfitti e i guelfi tornarono al potere. Farinata nell’Inferno di Dante Dante incontra Farinata degli Uberti nel sesto cerchio, dove stanno gli eretici. Eretico è detto chi rifiuta parte di una religione rivelata, modificandone la dottrina. Dopo la sua morte, Farinata fu accusato di eresia. Dante lo pone tra coloro che credono che l’anima muoia con il corpo. Farinata incontra Dante Gli eretici stanno dentro delle grandi tombe di pietra in cui arde il fuoco; il coperchio è aperto e sarà chiuso alla fine dei tempi, dopo il giudizio universale. Farinata capisce che Dante è fiorentino dall’accento e lo chiama. Dante si spaventa, ma poi si avvicina e Farinata gli domanda chi fossero i suoi antenati. Dante era di famiglia guelfa e perciò avversaria di quella di Farinata. Il discorso di Farinata a Dante Farinata si vanta di aver sconfitto per due volte gli antenati di Dante e i guelfi. Dante risponde che ritornarono tutte e due le volte, ma che così non fu per i ghibellini (“ma i vostri non appreser ben quell’arte”, v. 51, che si riferisce all’”arte” del ritornare. Il dialogo è interrotto da un altro eretico che sta sempre nello stesso sepolcro infuocato, il quale si affaccia e chiede notizie di suo figlio. Cavalcante de’ Cavalcanti Cavalcante immagina che suo figlio Guido, il poeta stilnovista amico di Dante, debba essere con lui. Dante risponde che viaggia per volontà di quel Cielo che forse Guido disprezzò Sentendo un passato remoto, Cavalcante immagina erroneamente che Guido sia morto e si ributta giù disperato. Conclusione del dialogo con Farinata Farinata, dopo l’interruzione, riprende il discorso senza badare al dolore di quel padre e aggiunge che gli dispiace più che stare all’inferno che i ghibellini non siano più tornati a Firenze (non abbiano bene appreso “quell’arte”, v. 77). Farinata aggiunge che fra meno di trenta mesi anche Dante conoscerà l’esilio (saprà “quanto quell’arte pesa”, v. 81). Infine Farinata chiede a Dante perché i fiorentini ce l’abbiano tanto con i ghibellini. Dante spiega che a causa dei ghibellini fu versato molto sangue. Farinata conclude dicendo che non fu solo colpa dei ghibellini e che però fu lui ad impedire la distruzione della città quando gli altri del suo partito lo proposero. Il dubbio di Dante Dante chiede a Farinata come mai le anime dannate vedano il futuro e non il presente (Cavalcante non sapeva se suo figlio era vivo, Farinata non sapeva chi governasse a Firenze). Farinata risponde che loro vedono solo “da lontano”, come chi un difetto alla vista. Dante infine chiede a Farinata di dire a Cavalcante che suo figlio è ancora vivo. 22 «O Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco. Toscano 25 La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patrïa natio, a la qual forse fui troppo molesto». Modo di parlare Si riferisce a Firenze 28 Subitamente questo suono uscìo d'una de l'arche; però m'accostai, temendo, un poco più al duca mio. Improvvisamente Tombe Alla mia guida (Virgilio) 31 Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: da la cintola in sù tutto 'l vedrai». Alzato || l’inferno Ti piaccia (= per favore) 34 Io avea già il mio viso nel suo fitto; ed el s'ergea col petto e con la fronte com' avesse l'inferno a gran dispitto. Si alzava Disprezzo 37 E l'animose man del duca e pronte mi pinser tra le sepulture a lui, dicendo: «Le parole tue sien conte». Coraggiose spinsero Poche e ragionevoli 40Com' io al piè de la sua tomba fui, guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?». Mi guardò Gli antenati 43Io ch'era d'ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel'apersi; ond' ei levò le ciglia un poco in suso; Rivelai , dissi 46poi disse: «Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, sì che per due f ïate li dispersi». Furono nemici Dei miei antenati e del mio partito Volte 49«S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte», rispuos’io lui, «l'una e l'altra f ïata; ma i vostri non appreser ben quell' arte». Non impararono bene l’arte di ritornare 52Allor surse a la vista scoperchiata un'ombra, lungo questa, infino al mento: credo che s'era in ginocchie levata. 55Dintorno mi guardò, come talento avesse di veder s'altri era meco; e poi che 'l sospecciar fu tutto spento, 58piangendo disse: «Se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio ov' è? e perché non è teco?». Si alzò Desiderio Con me Dubbio L’inferno Con te 61 E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch'attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 64 Le sue parole e 'l modo de la pena m'avean di costui già letto il nome; però fu la risposta così piena. 67 Di sùbito drizzato gridò: «Come? dicesti “elli ebbe"? non viv'elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». 70 Quando s'accorse d'alcuna dimora ch'io facëa dinanzi a la risposta, supin ricadde e più non parve fora. Colui che mi aspetta là (Dio, in paradiso) mi conduce attraverso questo posto Forse il vostro (figlio) Guido lo disprezzò (rifiutò) Reso chiaro perciò Colpisce || la dolce luce (del sole) Esitazione facevo Apparve fuori (dalla tomba) 73Ma quell' altro magnanimo, a cui posta restato m'era, non mutò aspetto, né mosse collo, né piegò sua costa; Generoso A causa del quale Si girò 76e sé continüando al primo detto, «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa, ciò mi tormenta più che questo letto. Il discorso precedente Si riferisce all’arte di ritornare (vedi verso 51) La tomba infuocata 79 Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge, che tu saprai quanto quell'arte pesa. Sarà Proserpina, la luna: non passeranno cinquanta mesi. Quanto è duro l’esilio e quanto è difficile (l’arte di) ritornare 82E se tu mai nel dolce mondo regge, dimmi: perché quel popolo è sì empio incontr' a' miei in ciascuna sua legge?». 85Ond' io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio». 88Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso, «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo sanza cagion con li altri sarei mosso. 91Ma fu' io solo, là dove sofferto fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, colui che la difesi a viso aperto». Che tu possa tornare nel mondo (formula di cortesia) Ostile Il fiume Arbia, rosso del sangue dei caduti in battaglia Fa sì che da noi ci sia questa legge (metafora) Non fu solo colpa mia Sopportato Distruggere Firenze 94«Deh, se riposi mai vostra semenza», prega' io lui, «solvetemi quel nodo che qui ha 'nviluppata mia sentenza. Che i vostri discendenti 97El par che voi veggiate, se ben odo, dinanzi quel che 'l tempo seco adduce, e nel presente tenete altro modo». 100«Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, le cose», disse, «che ne son lontano; cotanto ancor ne splende il sommo duce. riposino in pace (formula di cortesia) Scioglietemi quel dubbio (metafora) Confuso In anticipo || porterà con sé Vi comportate diversamente Che è miope Ci concede Dio 103Quando s'appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano. Si avvicinano o accadono Qualcuno ci porta (notizie) 106Però comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta». 109Allor, come di mia colpa compunto, dissi: «Or direte dunque a quel caduto che 'l suo nato è co' vivi ancor congiunto; 112e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto, fate i saper che 'l fei perché pensava già ne l'error che m'avete soluto». Perciò Sarà || momento (la fine del mondo) Pentito Cavalcante de’ Cavalcanti Unito Silenzioso Lo feci Al dubbio Risolto