“I sofisti e Socrate”: la svolta antropologica della filosofia ellenica Contesto storico-culturale della Sofistica Lo sviluppo della Sofistica ad Atene è legato a un insieme di fattori culturali, economici e politico-sociali. Con la sconfitta dei Persiani a Salamina nel 480 a.C. le poleis greche affermarono la propria autonomia, e la loro potenza si ampliò progressivamente nel corso dei successivi cinquant’anni di pace. In particolare, a primeggiare su tutte furono le città rivali di Sparta e Atene: la prima espanse la propria influenza su quasi tutto il Peloponneso attraverso un’ampia rete di alleanze, mentre Atene, membro di primo piano della Lega delio-attica, con l’avvento di Pericle finì con l’assumerne il comando. Con il potere politico ed economico crebbe però anche l’ostilità tra le due città, e il desiderio di supremazia sull’intera Grecia portò al disastro della Guerra del Peloponneso (430-404 a.C.). L’età di Pericle Pericle, leader carismatico della fazione democratica, governò Atene per circa un trentennio, dal 461 al 429 a.C., portando la città al suo massimo splendore. Egli fece trasferire il tesoro della Lega delio-attica da Delfi ad Atene, e trasformò il volto della città con un imponente piano di riforma architettonica (simbolo del potere dell’epoca sono gli edifici dell’Acropoli come il Partenone); è proprio questo nuovo clima di pace a favorire l’affermarsi della Sofistica, poiché permise ai sofisti, «maestri di virtù» itineranti, di spostarsi di città in città, seguendo le rotte commerciali. Visitando luoghi con tradizioni e ordinamenti politici differenti, talvolta varcando addirittura i confini dell’Ellade, essi iniziarono ad interrogarsi sul valore intrinseco delle leggi e della morale, giungendo ad un sostanziale relativismo etico che riconosceva il valore delle norme morali solo in relazione alle usanze della città in cui ci si trova ad operare: la stessa areté (virtù) da loro insegnata si riduceva all’insieme delle norme e delle convenzioni riconosciute valide dai cittadini, alle quali il retore si deve adeguare per avere successo e buona fama. L’età di Pericle L’età di Pericle fu al tempo stesso l’età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti; come scrive Mario Untersteiner, la Sofistica è «l’espressione naturale di una coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica, sia la realtà». Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza dell'autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come "precursori dell'Illuminismo"), a cui veniva contrapposta una morale flessibile, basata sulla retorica. D’altra parte, la stessa retorica che essi insegnavano aveva un’enorme importanza per la vita civile nel regime democratico dell’epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l’uguaglianza giuridica e la libertà di parola durante l’assemblea pubblica. Caratteri generali della Sofistica La Sofistica fu un movimento disomogeneo, e ogni sofista differiva dagli altri per interessi e posizioni personali. Tuttavia è possibile riconoscere in questi autori alcuni caratteri comuni: 1. Centralità dell’uomo. I sofisti si interessarono prevalentemente di problematiche antropologiche, tanto che gli studiosi parlano di antropocentrismo sofistico. Essi approfondirono i temi legati alla vita dell'uomo, che venne analizzata soprattutto dal punto di vista gnoseologico (ciò che l'uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è bene e ciò che è male) e politico (il problema dello Stato e della giustizia). L’essere umano veniva considerato a partire dalla sua condizione di individuo posto all’interno di una comunità, caratterizzata da determinati valori culturali, morali, religiosi e via dicendo. Essi insegnavano pertanto a osservare formalmente le leggi e le tradizioni della polis, così da diventare cittadini rispettati e di successo – quindi virtuosi. Caratteri generali della Sofistica 2. Rottura con la “fisiologia” presocratica. Come conseguenza del punto precedente, i sofisti in genere trascurarono le discipline naturalistiche e scientifiche, che invece erano state tenute in grande considerazione dai filosofi precedenti. Per questa ragione alcuni studiosi hanno definito "cosmologica" la filosofia precedente ed "umanistico" o "antropologico" il pensiero sofistico. In realtà, va precisato che tale generalizzazione è per certi versi limitativa, poiché ad essa fanno eccezione i casi di Ippia di Elide (che, mirando ad un sapere enciclopedico, coltivò studi inerenti a vari campi scientifici) e Antifonte che fu uno studioso dei testi ippocratici. 3. Relativismo ed empirismo. I sofisti concepivano la verità come una forma di conoscenza sempre e comunque relativa al soggetto che la produce e al suo rapporto con l'esperienza. Non esiste un'unica verità, poiché essa si frantuma in una miriade di opinioni soggettive, le quali, proprio in quanto relative, finiscono per essere considerate comunque valide ed equivalenti: si parla pertanto di relativismo gnoseologico. Questo relativismo investe tutti gli ambiti della conoscenza, dall'etica alla politica, dalla religione alle scienze della natura. Caratteri generali della Sofistica 4. 5. Dialettica e retorica. Le tecniche dialettiche dell'argomentare (cioè dimostrare, attraverso passaggi logici rigorosi, la verità di una tesi) e del confutare (cioè dimostrare logicamente la falsità dell'antitesi, l'affermazione contraria alla tesi) erano già state utilizzate da Zenone all’interno della scuola eleatica, ma fu soprattutto con i sofisti che esse si affermarono e si affinarono. La dialettica divenne una disciplina filosofica essenziale e influenzò profondamente la retorica, ponendo l'accento sull'aspetto persuasivo dei discorsi, fino a scadere nell'eristica. Alla luce di tutto ciò, alcuni studiosi hanno voluto vedere nel movimento sofistico una sorta di “illuminismo greco” ante litteram: in altre parole la Sofistica avrebbe in un certo senso anticipato alcuni motivi tipici di quel movimento culturale sviluppatosi in Europa nel XVIII secolo. I capisaldi dell'insegnamento sofistico • • • • • Insegnabilità della virtù: i sofisti→ maestri di virtù: il loro insegnamento quindi si basava sulle strategie per conseguirla, con fini eminentemente utilitaristici; non essendo infatti possibile conoscere il Bene in sé, l'educazione era volta a diffondere i valori più convenienti alla vita civile dell'individuo. Per questo motivo, essi si rivolsero non solo agli aristocratici, ma anche ai ceti emergenti che aspiravano al successo. La retorica: i sofisti non furono degli scienziati, poiché non limitavano il campo del loro sapere ad una disciplina specifica; piuttosto, per loro era importante il metodo di comunicazione, e per apprenderlo erano previsti due momenti, la dialettica e l'eristica: la prima consiste nell'arte di saper argomentare, la seconda nel saper vincere in una discussione. Il loro insegnamento abbracciava molte tematiche, e oltre alla morale si occuparono di problemi di diritto, ponendo la questione dell'esistenza o meno del diritto naturale (physis) e del suo rapporto col diritto positivo (nomos). Per quanto riguarda le leggi e le norme i sofisti, spostandosi di città in città, si accorsero che ogni cultura ha diverse regole e leggi. Ciò fece sorgere in loro domande quali: Ci sono regole uguali per tutti? In genere i sofisti propendono per il no, cioè per il relativismo etico. Vi è una cultura superiore alle altre? Porre la domanda già equivale ad una critica delle tradizioni e ad una propensione per il relativismo culturale. Protagora Originario di Abdera, in Tracia (480410 a.C), fu uomo di straordinaria eloquenza, il primo e uno dei più importanti rappresentanti della Sofistica greca. Morì probabilmente in un naufragio, in seguito alla sua fuga da Atene per una condanna per empietà. Di tutti i suoi scritti rimangono i titoli (Antilogie o Sulla Verità) e pochi frammenti. La tesi fondamentale di Protagora risiede nel principio: «L’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono». L’uomo, cioè, è il metro o il soggetto di giudizio, della realtà o irrealtà delle cose e del loro modo d’essere e significato. L’uomo è misura di tutte le cose Uomo come singolo individuo Uomo Uomo nel come significato comunità universale di o civiltà cui umanità l’individuo appartiene Protagora Probabilmente Protagora, parlando dell’uomo, non intendeva riferirsi unilateralmente ad uno dei 3 significati, ma li aveva tutti indistintamente e sinteticamente presenti, e, a seconda dei contesti, si riferiva a uno di essi in particolare. La posizione di Protagora è dunque: 1. Una forma di umanismo o antropocentrismo 2. Una forma di fenomensimo (non abbiamo mai a che fare con la realtà in se stessa, ma con il fenomeno, ossia con la realtà quale appare a noi) 3. Una forma di relativismo conoscitivo (gnoseologico) e morale (non esiste una verità ab-soluta cioè sciolta dai vari punti di vista, poiché ogni verità, valore o credenza è relativa a chi giudica nell’ambito di una certa situazione Conseguenza → frantumazione della realtà in una miriade di interpretazioni soggettivistiche che distruggono la nozione eraclitea ed eleatica di un’unica verità intelligibile e immutabile. → Confronto con l’attualità relativismo culturale o riconoscimento della disparità dei valori che presiedono alle molteplici e diverse civiltà umane Protagora • «Degli dei non sono in grado di sapere né se sono né se non sono né quali sono: molte sono infatti le difficoltà che si frappongono:la grande oscurità della cosa e la limitatezza della vita umana» (frammento 4) • « Presso i Macedoni si ritiene bello che le fanciulle prima di sposarsi amino e si congiungano con un uomo, e dopo le nozze, brutto; presso i Greci, è brutta l'una e l'altra cosa. Gli Sciti ritengono bello che uno, dopo aver ammazzato un uomo e averne scuoiata la testa, ne porti in giro la chioma posta dinanzi al cavallo, e dopo averne indorato il cranio, con esso beva e faccia libagioni agli dei; invece, presso i Greci neppure si vorrebbe entrare nella casa di uno che avesse compiuto tali cose. I Massageti squartano i genitori e se li mangiano, perché pensano che l'esser sepolti nei propri figli sia la più bella sepoltura; invece se qualcuno lo facesse in Grecia, cacciato in bando morirebbe con infamia, come autore di cose turpi e terribili. I Persiani reputano bello che anche gli uomini si adornino come donne, e si congiungano con la figlia, con la madre, con la sorella; per i Greci son cose turpi e contro legge. Presso i Lidi, che le fanciulle si sposino dopo essersi prostituite per denaro, sembra bello, presso i Greci, nessuno le vorrebbe sposare. Anche gli Egizi non s'accordan con noi su ciò che è bello; qui è ritenuto bello che sian le donne a tessere e filar la lana; lì invece gli uomini, e che le donne facciano quel che qui fanno gli uomini. Impastare l'argilla con le mani, e la farina coi piedi, lì è bello, ma per noi è tutto il contrario » (dal Trattato anonimo intitolato Dissoi logoi) Protagora Ma se non esistono verità teoriche assolute, quale sarà il criterio o principio della scelta? Unico criterio cui l’uomo può attenersi=principio della utilità privata e pubblica delle credenze L’utile, inteso come il bene del singolo e della comunità, diventa per Protagora lo strumento di verifica e di legittimazione delle teorie stesse. Conseguenza→ concezione umanistico-storicistica della verità LA VERITÀ È CIÒ CHE SI È DIMOSTRATO STORICAMENTE E SOCIALMENTE UTILE ALL’INDIVIDUO, ALLA COMUNITÀ E ALLA SPECIE Gorgia • • È l’altra grande figura della Sofistica, originario di Leontini in Sicilia (485-394 a.C circa) che propone una dottrina radicalizzata in senso negativo circa le possibilità conoscitive e pratiche dell’uomo. Tra le sue opere vanno ricordate Sul non essere e l’Encomio di Elena. Nella prima opera che doveva essere quella più importante, Gorgia stabilisce le sue 3 tesi fondamentali: Quando Gorgia dice che «niente esiste» non intende negare la realtà testimoniata dalla nostra esperienza (il fenomeno), bensì quella realtà assoluta di cui i vari pensatori pre-sofisti erano andati alla ricerca. Nulla c’è Se anche qualcosa c’è, non è conoscibile dall’uomo Se anche è conoscibile, è incomunicabile agli altri Gorgia Messaggio più profondo di Gorgia Con Gorgia troviamo la prima radicale messa in discussione occidentale della metafisica e l’anticipazione di schemi di pensiero che vanno dagli empiristi a Kant e a gran parte del pensiero contemporaneo. Agnosticismo e scetticismo metafisico = persuasione dell’impotenza umana a parlare dell’essere e delle strutture del reale Conseguenza sul piano conoscitivo (gnoseologico) • Sganciati dall’essere e dalla verità, il pensiero e il linguaggio perdono ogni referente ontologico. • Diversamente da Protagora, Gorgia non determina alcun criterio di verità. •L’unica cosa che conta è la potenza o forza ammaliatrice del linguaggio che permette di guidare o manovrare gli stati d’animo (es. riesce a calmare la paura e ad eliminare il dolore, a suscitare la gioia e ad aumentare la pietà) Gorgia Da ciò deriva la celebrazione della retorica. La prospettiva filosofica di Gorgia si esprime in una concezione tragica del reale, dove l’esistenza è qualcosa di fondamentalmente irrazionale e misterioso. Le azioni degli uomini (quasi come nel moderno teatro dell’assurdo) non sono rette dalla logica e dalla verità, ma dalle circostanze, dalla menzogna, dalle passioni o da un ignoto destino. Questo è il probabile senso esistenziale di ciò che Gorgia voleva dire nel famoso Encomio di Elena, quando sostiene che Elena fece ciò che fece o 1. Per volere degli dei o del Caso o decreto di Necessità 2. Rapita per forza 3. Convinta da discorsi «La parola è un gran dominatore che con un corpo piccolissimo e invisibilissimo divinissime opere sa compiere» (frammento 11) 4. Presa (annebbiata) d’amore. In tutti i casi Elena risulta “senza colpa” perché la sua volontà è stata soggiogata e soverchiata da forze misteriose e irrazionali. Quest’opera di Gorgia manifesta la consapevolezza della fragilità e nullità umana ed esprime quel sentimento tragico dell’esistenza che Gorgia condivide con i tragediografi greci, dei quali studiò e commentò le opere più famose. • • Socrate • • Aspetti biografici più salienti: Nell’Atene del V secolo, mentre si sviluppava il movimento dei Sofisti, si svolge la vita di questo grande filosofo, destinato a segnare in modo decisivo tutto il pensiero occidentale successivo. Egli nacque ad Atene nel 479 a.C da padre scultore (Sofronisco) e da madre ostetrica o levatrice (Fenarete). Da Atene Socrate non si allontanò mai se non per attendere a certi doveri militari (come oplita). Questione socratica: Socrate non ha lasciato nulla di scritto: ciò che si conosce del suo pensiero è stato ricavato da fonti secondarie (opere di Aristofane, Senofonte, Platone e Aristotele). Le commedie di Aristofane (in particolare Le Nuvole) sono considerate poco attendibili: loro obiettivo è la polemica contro i sofisti e I fisiologi (cui Socrate è accomunato), che a illustrare la filosofia socratica.Per quanto riguarda Senofonte (Memorabili di Socrate, Simposio, Apologia ed Encomio) che lo conobbe e visse a lungo con lui per ragioni militari è da tenere in grande considerazione per la sua scarsa conoscenza della filosofia e rappresenta una testimonianza dell’uomo e del pensiero di Socrate libera da intepretazioni filosofiche. Ma il ritratto di Senofonte è troppo banale per giustificare la grande influenza del pensiero socratico ed è dunque gravemente incompleto. La storiografia attuale considera fondamentale per cogliere il nucleo del pensiero socratico le testimonianze dei dialoghi platonici, in cui Socrate figura come interlocutore principale. Aristotele si è sostanzialmente richiamato ai dialoghi del suo grande predecessore, sottolineando alcuni aspetti originali. Socrate • • Il processo: più interessato alla ricerca associata della verità che alla politica attiva, Socrate trovava nelle strade della pòlis l’occasione ottimale per mettere in pratica la sua nuova idea di filosofia. All’interno di questo spazio aperto, ma ai margini della vita pubblica, Socrate ritagliò la propria sfera di azione. Non teneva, come facevano i Sofisti, lunghi discorsi o orazioni, ma si fermava a discutere con chiunque (cittadini ateniesi, stranieri di passaggio, intellettuali, sofisti) fosse disposto a percorrere insieme a lui un cammino severo di ricerca e di indagine di se stessi. Questo suo eccellente approccio critico, fino a quel momento sconosciuto, insieme al suo ascendente sui giovani, suscitarono i sospetti del governo democratico. Tre politici, Meleto, Anito e Licone ne interpretarono le preoccupazioni per il vigente ordine politico, religioso e sociale e lo accusarono di ateismo e corruzione dei giovani. Processato, dopo essersi difeso da solo, Socrate venne condannato a morte. Accettò la morte imminente con serenità e rifiutò la possibilità di fuggire. Voleva testimoniare il rispetto delle leggi e coerenza verso la giustizia. «Socrate è colpevole di essersi rifiutato di riconoscere gli dei riconosciuti dalla città e di avere introdotto altre nuove divinità. Inoltre è colpevole di avere corrotto i giovani. Si richiede la pena di morte» (dall’Atto di accusa contro Socrate) Socrate • Sulla ricerca della verità antropocentrata: «Non discuteva sulla natura dell’universo come la maggior parte degli altri, indagando in che modo esista quel che i dotti chiamano cosmo e per quali necessità accadono i vari fenomeni celesti…Quanti si mettevano in tali ricerche li definiva insipienti. Intorno a costoro ragionava così: ritengono di conoscere già tanto le cose umane che si mettevano in tali indagini, ovvero tralasciando le cose umane ed esaminando quelle divine, credono di agire come si conviene?» Senofonte, Detti e fatti memorabili di Socrate Sull’affermazione dell’esistenza di un nucleo di certezze prefilosofiche: «Socrate assumeva come punto di partenza quelle certezze sulle quali c’è il massimo consenso di tutti, perché era convinto che solo così il ragionamento può arrivare a conclusioni certe» Senofonte, Detti e fatti memorabili di Socrate Socrate • • • • Socrate, a fondamento della sua ricerca di verità pone il motto di Chilone, che era scolpito nel tempio di Delfo “Conosci te stesso”. Il se stesso di cui si mette alla ricerca è l’anima, cioè la natura spirituale che fonda l’essenza dell’uomo e che ha carattere universale. Conseguenza→ la conoscenza di sé illumina ogni altra conoscenza (degli altri uomini, della società, della natura fisica. Prima condizione richiesta per conoscere se stessi→ sapere di non sapere («So solo questo, che non so nulla»). • Sulla scelta di non scrivere nulla: «La scrittura ha una qualità mirabile, simile a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se fossero vivi, ma se gli chiedi qualcosa, rimangono maestosamente in silenzio. Nello stesso modo si comportano i lògoi; crederesti che possano parlare, come se pensassero qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di quello che dicono, si manifesta una cosa sola e sempre la stessa» Platone, Fedro Socrate • • • Socrate era convinto che soltanto dialogando a voce e di persona gli uomini possono comunicarsi vicendevolmente quella verità che ciascuno custodisce nella sua interiorità spirituale; gli scritti sono muti testimoni di un messaggio, ma non bastano, anzi generano falsa sapienza. Il dialogo ha una ricchezza e potenzialità inesauribili. Platone stesso, sulla base della lezione socratica, si affiderà al dialogo per esporre la propria filosofia, accentuandone così la caratteristica di ricerca della verità. Il metodo del dialogo si esplica in due momenti: Ironia Maieutica Ironia (pars destruens) = decotruzione della falsa sapienza caratterizzata da pregiudizi e da scarso senso critico Maieutica (pars construens) = l’arte di far emergere dall’intimo dell’interlocutore la verità Socrate • • Sul metodo induttivo e l’universale: Socrate è consapevole dei limiti della conoscenza umana, proprio perché il concetto, pur essendo il nostro modo di comprendere qualcosa della realtà, non ci permette di cogliere l’essenza propria dell’individuo, ma solo l’essenza universale, quella del genere o della specie. «Socrate, nella sua indagine intorno alle virtù morali, per primo cercò di definire l’universale in relazione ad esse […] Due sono le scoperte che si possono giustamente attribuire a Socrate: i ragionamenti induttivi e la definizione universale; scoperte, queste che costituiscono la base della scienza […] Socrate non separava le definizioni dalle cose particolari; e faceva benissimo a non separale. La ragione sta nelle conseguenze che derivano da tale separazione: infatti, da una parte, senza l’universale è impossibile avere una qualsiasi conoscenza certa; d’altra parte la separazione dell’universale dalle cose è la causa di tutte le difficoltà nelle quali cade la dottrina delle idee» Dottrina socratica degli universali Sistema di logica al servizio della funzione educativa Socrate • L’intellettualismo etico di Socrate =identificazione di virtù e conoscenza. Chi sa cosa sia il bene e lo conosce non può non farlo e chi sbaglia, sbaglia solo per ignoranza. Quest’ultima è la fonte di ogni vizio e di qualsiasi deviazione dalla via della virtù. La conoscenza invece consente di scegliere sempre la via dalla quale non possono provenire né dolore né male ed è questo il piacere della virtù. Nei dialoghi platonici compaiono di frequente i riferimenti di Socrate all’ispirazione divina del proprio insegnamento. Socrate spiega il proprio comportamento, nel corso del processo, ricorrendo al dàimon, a quel misterioso influsso divino ispiratore che parla alla sua coscienza, suggerendo cosa non fare e indicandogli la missione da compiere. La morale socratica, fa capo alla nozione di Dio come provvidenza del mondo e come autore della legge morale. «Il Dio supremo dirige e sostiene l’universo, in cui è contenuto tutto il bene e tutto il bello, e tutto lo preserva in vigore e perenne giovinezza, e lo costringe a obbedirgli; più veloce del pensiero, è occupato infallibilmente in grandi cose e non lo vediamo […] Si deve riconoscere la sublimità di Dio, tale che tutto vede in un solo sguardo, tutto intende, è presente dovunque, avendo cura di ogni parte dell’universo nello stesso istante» (Senofonte, Memorabili)