L’idea di umanità di Seneca presente nell’ Epistulae morales ad Lucilium SENECA E LA NUOVA HUMANITAS LA FILOSOFIA DI SENECA SUL TEMA DELLA CONDIZIONE UMANA Seneca dal punto di vista della condizione umana si appoggia all’idea stoica di humanitas in virtù del logos divino e amplia il discorso aggiungendo,toccando elementi commoventi, il tema del fare del bene al prossimo che appunto vediamo nella lettera a Lucilio. QUAL È LA NOVITÀ? La novità sta nel fatto che Seneca vede l’Humanitas come un sentimento di filantropia ed è in base a questo che si potrebbe definire il primo cittadino romano a riconsiderare la situazione degli schiavi L’humanitas stoica era già presente nell’età ciceroniana e aveva svolto un ruolo importante durante l’imperialismo del II sec. A.C. L’EPISTOLA 47 (PRIMA PARTE) Una tra le pagine più famose della produzione senecana dove affronta il problema degli schiavi, che nella mentalità romana avevano gli stessi diritti degli animali. Secondo Seneca oltre che controproducente è ingiusto trattare gli schiavi in modo umiliante poiché essi sono uomini come noi solo con un destino avverso. CAPTATIO BENEVOLENTIAE Libenter ex his, qui a te veniunt, cognovi familiariter te cum servis tuis vivere: hoc prudentiam tuam, hoc eruditionem decet. Ho appreso con molto piacere, da quelli che vengono da te, che tu vivi familiarmente con i tuoi servi:ciò si addice alla tua saggezza ed alla tua educazione. NON SOLO SCHIAVI “ Servi sunt.” Immo homines. “Servi sunt.” Immo contubernales. “Servi sunt.” Immo humiles amici. “Servi sunt .” Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque Iicere fortunae. “ Sono schiavi ”. Ma sono uomini. “ Sono schiavi. Ma sono camerati. Sono schiavi ”. Ma umili amici. “ Sono schiavi. Ma compagni di schiavitù, se consideri che alla fortuna è permesso di agire ugualmente verso gli uni e verso gli altri. CRITICA ALLA TRADIZIONE . Perciò ridoistos, di quelli che existimant stimano cosa vergognosa Itaque riideo qui turpe cum servo suo cenare: quare, quia superbissima consuetudo cenanti domino stare nisi a mensa in compagnia di uno schiavo: per qual stantium turbam un’arroganza circumdedit? Esttradizionale ille plus quam motivo, servorum se non perché ha capit, et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac posto intorno al padrone che pranza una folla di desuetum iam ventris oflicio, ut maiore opera omnia egerat servi ingessit: che stanno ritti? Egli mangia piùlabra di quello che è quam at infelicibus servis movere ne in hoc capaceutdiloquantur, contenere, quidem, licete con grande avidità appesantisce il ventre gonfio è ormai disavvezzo alla sua funzione, tanto che rigetta tutti (i cibi) con maggior sforzo di quello fatto per ingerirli, mentre ai poveri servi non è concesso neppure di muovere le labbra per parlare LA VIOLENZA È SEMPRE DIETRO L’ANGOLO PER LO SCHIAVO Ogni mormorio è represso dal bastone, eet neppure i (rumori) Virga murmur omne compescitur, ne fortuita casuali, cioè la tosse, gliexcepta starnuti, sunt, il singhiozzo risparmiati quidem verberibus tussis,sono sternumenta, dalle bastonate: l’internazione poi del silenzio con qualche parola singultus: magno malo ulla voce interpellatum si paga con una forte pena; restano (in piedi) muti e digiuni per silentium nocte che totaquesti, ieiuniaimutique Sicdi tutta la notte.luitur; Così accade quali nonperstant. è consentito fit, ut davanti isti de al domino loquantur, quibus coram domino parlare padrone, sparlino del padrone. loqui non licet. LA PRATICITÀ DELL’HUMANITAS VERSO GLI SCHIAVI At illi, quibus non tantum coram dominis, sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum imminens in caput suum avertere: in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant. Mentre quelli, a cui era concesso di parlare non solo davanti al padrone, ma anche (conversare) con , e la cui bocca non veniva cucita, erano pronti per il loro padrone a porge4 il collo (per farsi uccidere) e a sottrarli dal pericolo che incombeva invece sul loro capo: parlavano durante i banchetti, ma tacevano sottoposti a torture. GLI SCHIAVI NON SONO NEMICI Deinde eiusdem adrogantiae proverbium Inoltre, viene spesso ripetuto quel proverbio iactatur, totidem hostes esse quot frutto della medesima arroganza: "Tantiservos. nemici, Non habemus illos non hostes, sed quelli facimus. Alia quanti schiavi”: abbiamo nemici mainterim li rendiamo.inhumana Tralascio perpraetereo, ora maltrattamenti crudelia, quod ne crudeli e disumani: il fatto che nesed abusiamo tamquam hominibus quidem tamquam quasi non abutimur. fossero uomini, maadbestie. Quando ci iumentis Cum cenandum mettiamo a tavola, uno deterge gli sputi, un discubuimus, alius sputa deterget, alius altro chinatosi sotto il triclinio, raccoglie gli reliquias temulentorum subditus colligit. avanzi dei convitati ubriachi. L’INFELICITÀ DI CHI INSEGNA AGLI SCHIAVI Uno taglia volatiliaves costosi; muovendo la mano Alius pretiosas scindit; per pectus et esperta con tratti sicuri attraverso il petto e le clunes certis ductibus circumferens eruditam cosce, ne stacca piccoli pezzi, poveretto, vive solo manum frusta excutit, infelix, qui huic uni rei per quest’unica cosa, e cioè trinciare vivit, ut altilia decenter quod decentemente il pollame;secet, se nonnisi fosse che è più miserior estinsegna qui hoctutto voluptatis infelice chi per suo causa piaceredocet di chi imparaqui pernecessitatis necessità. discit. quam UOMO È COMUNQUE UN UOMO Vis tu cogitare istum quem servum tuum vocas ex isdem seminibus ortum eodem frui caelo, aeque spirare, aeque vivere, aeque mori! tam tu illum videre ingenuum potes quam ille te servum. Considera che costui, che tu chiami tuo schiavo, è nato dallo stesso seme, gode dello stesso cielo, respira, vive, muore come te! Tu puoi vederlo libero, come lui può vederti schiavo. SCHIAVO O RE PER SORTE? Variana clade di multos Con la sconfitta Varo lasplendidissime sorte degradò natos, socialmente uomini di auspicantes nobilissima origine, che senatoriummolti per militiam gradum, attraverso il servizio militare aspiravano al gradoalium di fortuna depressit: alium ex illis pastorem, senatori: qualcuno feceContemne diventare pastore, custodem casae lo fecit. nunc eius qualche altro guardiano di una casa. E ora disprezza fortunae hominem in quam transire dum pure l'uomo che si trova in uno stato in cui, proprio contemnis potes. puoi capitare anche tu. mentre lo disprezzi, È BENE COMPORTARSI DA ESSERE UMANO Nolo in ingentem locum immittere Non voglio cacciarmime in un argomento tantoet de usu servorum quos superbissimi, impegnativodisputare, e discutereinsul trattamento degli schiavi: verso di loro siamo eccessivamente sumus. superbi, crudeli crudelissimi, contumeliosissimi Haec e insolenti. Questo è mei il succo dei miei insegnamenti: tamen praecepti summa est: sic cum comportativivas con ilquemadmodum tuo inferiore cometecum vorresti che il tuo inferiore superiore agisse con te. Tutte le volte che ti verrà in superiorem velis vivere. Quotiens in mentem mente quanto potere hai sul tuo schiavo, pensa che il venerit quantum tibi in servum (tuum) liceat, tuo padrone ha su di te altrettanto potere. veniat in mentem tantundem in te domino tuo licere. LA SORTE NON PERMETTE DI FERMARCI COL PENSIERO A COSA NOI SIAMO ADESSO At ego' inquis 'nullum habeo dominum. ' Bona aetas est: forsitan habebis. Nescis qua aetate Hecuba servire coeperit, qua Croesus, qua Darei mater, qua Platon, qua Diogenes? "Ma io", ribatti, "non ho padrone." Per adesso ti va bene; forse, perciò lo avrai. Non sai a che anche Ecuba divenne schiava, e Creso, e la madre di Dario, e Platone, e Diogene? RISPETTA ORA COLUI DAL QUALE FORSE DESIDERERAI ESSERE RISPETTATO Vive cum servo clementer, comiter quoque, et Sii clemente con il tuo servo e anche affabile; parla incon sermonem illum admitte et ininsieme consilium lui, chiedigli consiglio, mangia a lui.et A in convictum. loco acclamabit mihi tota questo puntoHoc tutta la schiera dei raffinati mi griderà "Non c'èdelicatorum niente di pi umiliante, di pi manus 'nihil hacniente re humilius, nihil vergognoso." perciò potreideprehendam sorprendere proprio turpius'. HosIo, ego eosdem loro a baciare la mano osculantes di servi altrui.manum. alienorum servorum NON GIUDICARE DALLE APPARENZE Non est, mi Lucili, quod amicum tantum in foro Non devi, caro Lucilio, cercare gli amici solo nel foro et in curia quaeras: si diligenter attenderis, o nel senato: se farai attenzione, li troverai ancheet in domi invenies. bona materia cessat sine casa. Spesso un Saepe buon materiale rimane inservibile senza untempta abile artefice: prova aQuemadmodum farne esperienza. artifice: et experire. Se uno al momento di comprare un cavallo non lo stultus est qui equum empturus non ipsum esamina,sed ma stratum guarda laeius sella ac e lefrenos, briglie, sic è stupido; inspicit così è ancora più stupido chi giudica un uomo stultissimus est qui hominem aut ex veste aut dall'abbigliamento e dalla condizione sociale, che ci ex condicione, quae vestis modo nobis sta addosso come un vestito. circumdata est, aestimat NON C’È SCHIAVITÙ PEGGIORE DI QUELLA VOLONTARIA est.' Sed liber nell'animo. animo. 'Servus est.' "ÈServus uno schiavo." Mafortasse forse è libero "È uno Hoc illi nocebit? Ostende quis non sit: alius libidini schiavo." E questo lo danneggerà Mostrami chi non lo avaritiae, alius ambitioni, (omnes è servit, c’è chi alius è schiavo della lussuria, chi dell'avidità chi spei), omnes tutti timori. Dabo consularem aniculae dell'ambizione, sono schiavi della speranza, tutti servientem, ancillulae divitem, ostendam della paura. Ti dabo mostrerò un ex console servo di una nobilissimos iuvenes mancipia vecchietta, un ricco signore servo dipantomimorum: un'ancella, nulla servitus turpior estdiquam voluntaria. Quare giovani nobilissimi schiavi pantomimi: nessuna non est èquod fastidiosi isti te deterreant quominus schiavitù più vergognosa di quella volontaria. Perciò servis schizzinosi tuis hilarem tetipraestes et non superbe codesti non devono distogliere superiorem: colant potius quam timeant. dall'essere cordiale con i tuoi te servi senza sentirti superbamente superiore: pi che temerti, ti rispettino. RISPETTO E AMORE RECIPROCO Dicet aliquis nunc me vocare ad pilleum servos Qualcuno ora diràche io incito gli schiavi alla rivolta e et dominos de fastigio suodei deicere, dixi, che voglio abbattere l'autorità padroni,quod perché ho detto "il padrone lo rispettinoquam pi chetimeant'. temerlo". "Proprio 'colant potius dominum 'Ita' così" chiederanno. "Lo rispettino comeclientes, i clienti, come inquit 'prorsus? colant tamquam le persone che fanno la visita di omaggio?" tamquam salutatores?' Hoc qui dixeritChi dice questo, dimentica che non è poco per i padroni obliviscetur id dominis parum non esse quod quella reverenza che basta a un dio. Se uno è deo sat est. Qui colitur, et amatur: non potest rispettato, è anche amato: l'amore non può amor cumaltimore mescolarsi timore.misceri. NON UNA BESTIA, MA UN UOMO Rectissime ergo facere te iudico quoda timeri Secondo me, perciò tu fai benissimo non a servis tuis quod verborum volere che non i tuoivis, servi ti temano e acastigatione uteris: verberibus muta admonentur. Non si correggerli solo con le parole: con la frusta quidquid nos offenditNon et laedit; sedche ad ci rabiem puniscono le bestie. tutto ciò cogunt pervenire deliciae, quidquid al non ex colpisce, ci danneggia; maut l'abitudine voluntate respondit iram evocet. piacere induce all'ira: tutto quello che non è come desideriamo, provoca la nostra collera. I CAPRI ESPIATORI DEI POTENTI Regum nobis induimus animos; nam Ci comportiamo come i sovrani: anche loro,illi quoque dimentichi delle proprie e della debolezza obliti et suarum viriumforze et imbecillitas alienae altrui, danno in escandescenze e infieriscono, come sic excandescunt, sic saeviunt, quasi iniuriam se fossero stati offesi,rei mentre l'eccezionalità della acceperint, a cuius periculo illos fortunae loro sorte li mette completamente al sicuro dal suae magnitudo tutissimos praestat. Nec hoc pericolo di una simile evenienza. Lo sanno bene, ignorant, sed occasionem nocendi captant ma, lamentandosi, cercano l'occasione per fare del querendo; iniuriam ut facerent. male; diconoacceperunt di essere stati oltraggiati per poter oltraggiare. PERSEVERA NELLA TUA GIUSTA STRADA Diutius te morari nolo; non est enim tibi exhortatione opus. Hoc habent inter cetera boni mores: placent sibi, permanent. Levis est malitia, saepe mutatur, non in melius sed in aliud. Vale. Non voglio trattenerti pi a lungo; non hai bisogno di esortazioni. La rettitudine ha, tra gli altri, questo vantaggio: piace a se stessa ed è salda. La malvagità èincostante e cambia spesso, e non in meglio, ma in direzione diversa. Stammi bene. TRADUZIONI E ANALISI PROPOSTE DA: (IN ORDINE DI APPARIZIONE) Fabio Casula Luca Locci Chiara Spina Michela Addari