Prof.ssa Donatella Abignente QUESTIONI INTRODUTTIVE E PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE Teologia morale fondamentale: Sequela di Cristo Una teoria critica della prassi cristiana TEOLOGIA MORALE FONDAMENTALE GENERALE = morale cristiana fondata biblicamente e culturalmente TEOLOGIA MORALE GENERALE = studio dei principi generali della morale TEOLOGIA MORALE FONDAMENTALE E GENERALE Questo corso riguarda entrambi gli aspetti Si presenta come teoretico - sistematico Teoretico = dare ragione all’esperienza morale stessa Sistematico = organicamente strutturato Uso dei termini Morale = etica (mos = ethos) Moralità = eticità Teologia morale = etica teologica Morale (aggettivo) Moralmente buono/cattivo A) Qualifica di una persona o di un comportamento Dimensione etica specifica riferita all’interiorità personale (libertà,consapevolezza,responsabilità) B) In riferimento a ciò, qualifica di norme, virtù, principi, ecc. Morale (sostantivo) = complesso di principi e norme, criteri, modelli, ecc. Es.: la morale di Kant, la morale ellenistica Moralità = esperienza morale vissuta = qualità morale di una persona Ethos = la morale di fatto mediamente assunta in un determinato gruppo sociale Teologia morale e rinnovamento conciliare 1. Istanze del Concilio Vaticano II - Optatam totius 16 - Gaudium et spes 16 • Sacra Scrittura fondamento e nutrimento della TM • Vivere la morale cristiana come vocazione, in questo mondo • Portare frutti per la vita del mondo Optatam totius, 16 “Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla Sacra Scrittura, illustri la grandezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di portare frutto nella carità per la vita del mondo”. Gaudium et spes, 16 “In immo conscientiae homo legem detegit, quam ipse sibi non dat, sed cui oboedire debet, et cuius vox, semper ad bonum amandum et faciendum ac malum vitandum eum advocans, ubi oportet auribus cordis sonat: fac hoc, illud devita. Nam homo legem in corde suo a Deo inscriptam habet, cui parere ipsa dignitas eius est et secundum quam ipse iudicabitur. Gaudium et spes, 16 Conscientia est nucleus secretissimus atque sacrarium hominis, in quo solus est cum Deo, cuius vox resonat in intimo eius. Conscientia modo mirabili illa lex innotescit, quae in Dei et proximi dilectione adimpletur. Fidelitate erga conscientiam christiani cum ceteris hominibus coniunguntur ad veritatem inquirendam et tot problemata moralia, quae tam in vita singulorum quam in sociali consortione exsurguntur in veritate solvenda. Gaudium et spes, 16 Quo magis ergo conscientia recta praevalet, eo magis personae et coetus a caeco arbitrio recedunt et normis obiectivis moralitatis conformari satagunt. Non raro tamen evenit ex ignorantia invincibili conoscientiam errare, quin inde suam dignitatem amittat. Quod autem dicit nequit cum homo de vero ac bono inquirendo parum curat, et conscientia ex peccati consuetudine paulatim fere obcaecatur”. Teologia morale e rinnovamento conciliare 2. Tratti del dibattito seguente • Rapporto alla Scrittura: acquisizioni e problemi. • Preoccupazione circa la identità cristiana: - Importanza della vita di fede per la vita morale - Comprensibilità del bene e comunicazione di valori (dialogo) Nota: tutti i numerosi problemi emersi nei decenni scorsi sono riconducibili a questi grandi nuclei. I Parte Esperienza morale II parte Unità personale nell’agire concreto III Parte Decisione morale nella fede Consapevolezza: Conoscere – conoscersi: In rapporto all’alterità In un universo di relazioni Fattualità e trascendenza: Costituiti in relazione Capaci di relazione, capaci di scegliere tra le relazioni possibili Libertà consapevole Adamo è fatto capace di “dare un nome” alle cose SOGGETTO – oggetto IO – cosa/cose • L’oggetto è strumento. E’ l’uomo a dirne il senso e il valore. • La realtà è interpretata dall’uomo. • La libertà non è illimitata: è libertà tra le possibilità date. Che significa “natura” “disponibile”? Decisione Decidere – decidersi: Decidere una relazione = decidere se stessi in quella relazione Decidere = modificare le possibilità date, disponendo di esse Disporre della realtà è dare ad essa un senso in funzione di se stessi Unità di consapevolezza e decisione La continuità del consapevole decidere/decidersi di un soggetto esprime il suo progettarsi In un orizzonte di comprensione e di decisione Attraverso i singoli momenti In unità di fattualità e trascendenza LA PERSONA NON E’ SOLO HOMO FABER Dalla relazione al mondo alla novità dell’incontro RELAZIONE INTERPERSONALE Adamo ed Eva: “riconoscenti-riconosciuti” L’altro, di fronte a me, interpretante [TU fine in sé ]. Quale novità? NOVITA’ DI ORIZZONTE/SENSO: Interrelazione – comunione - dono NOVITA’ DELLA CONOSCENZA: Da dominio/arbitrio a riconoscimento. NOVITA’ DELLA LIBERTA’ Nel rapporto al mondo la risposta al “TU” Da rapporto “mondano” a rapporto “umano” Da “natura ” a “natura personale” DIFRONTE AD UN “TU” LA MIA CONOSCENZA E LIBERTA’ SONO CHIAMATE A FARSI RESPONSABILITA’ Nell’incontro con un “TU” Sì Alternativa radicale Accoglienza incondizionata (solo apparente Sì condizionato non è No accoglienza) Non accoglienza Moralità positiva (onestà) ACCOGLIENZA DELL’ ALTRO PER IL SUO VALORE DI PERSONA GRATUITA’ Non privilegio di sé Ricerca del bene perché bene La relazione con l’altro: LUOGO ORIGINARIO DELLA MORALITA’ = Forma l’unità interiore di consapevolezza, libertà e responsabilità L’altro è interlocutore: mi dona e mi chiede il senso dell’esistenza nella condivisione (co-esistenza, co-umanità) La libertà è morale perché responsabile (non solo libertà di scelta) Il decidere e l’agire sono personali in forza della relazione che origina la consapevolezza della libertà come responsabilità DA CREDENTI Teologia della creazione Salvezza in Cristo Finalità di comunione Legge interiore/dono dello Spirito Maturazione della relazione Itinerario di costante conversione e sequela, che dura tutta la vita. La relazione di accoglienza è vero compimento Del soggetto come persona L’ESPERIENZA MORALE: Si costituisce nella relazionalità interpersonale. È qualificata dall’unità personale di conoscenza, libertà, responsabilità. Morale e antropologia Rapporto di reciproca implicazione sul piano dell’esperienza sul piano teoretico filosofico e teologico NO MORALE ANTROPOLOGIA ANTROPOLOGIA MORALE SI PROVOCAZIONE MORALE ANTROPOLOGIA AIUTO attenzione all’esperienza del bene e del male attenzione alla globale esperienza umana Orizzonte di fede cristiana La fede influisce sull’orizzonte di comprensione dei credenti Il compimento umano nel dono è svelato nell’umanità di Gesù Il senso dell’esistenza è interpretato nella tensione alla comunione Nella storia Anche la comprensione di fede matura in una storia Con l’aiuto e il limite di una cultura Che non offre il significato, ma un modo di comprenderlo in un determinato contesto di significati ASCOLTO DELLA SCRITTURA DA CREDENTI ESERCITANDO FIDES E RATIO Fondamento biblico Ethos seminomadico LE FONTI: Gn 12-50 (soprattutto) ETHOS SEMINOMADICO 1. Condizioni di vita Comunità piccola, internamente autosufficiente 2. Elementi di ethos Solidarietà organica 3. Esperienza di fede ed itineranza Rapporto personale-dialogico con Dio “Dio-con” “essere-con” Provvisorietà/vita affidata FIGURA L’ALTRO ATTEGGIAMENTO (prossimo) Parente Straniero viandante Straniero sedentario Familiare Straniero/ospite Diverso aggressore Straniero/nemico Straniero/vicino solidarietà Ospitalità (cf Gn 18-19) (conflitti) Accordo/patto (cf Gn 12; 20, 26) Vendetta di sangue (go’el haddam) (cf Es 21,13-14; Nm 35,9-34; Dt 19,1-13; ecc… Cf Sal 72,14: i poveri Rt 2,20. patrimonio e levirato) L’altro Interpretazione della figura di “prossimo” fino al “farsi prossimo” (Lc 10,25-37) ESODO E RIVELAZIONE DEL NOME Decisione di salvezza - liberazione Rivelazione del nome - autocomunicazione Liberazione Rivelazione Conoscenza di Dio conoscenza di sé Nella relazione a Dio che si rivela liberando (liberazione esteriore ed interiore): da non-popolo a popolo solidale futuro - speranza (compimento) ESODO-SINAI La struttura di alleanza in Gs 24,1-28 I. (AUTO) PRESENTAZIONE [Preambolo]: 24,2b II. RIEVOCAZIONE/KERIGMA [Prologo storico]: 24,2c-13 III. CHIAMATI A DECISIONE [Dichiarazione fondamentale]: 24,14-15 (16-24) IV. COMANDAMENTO E LEGGI [clausole]: 24,25-26 cf Cd. Alleanza: Es 20,22-23.33; Cod. Deuteronomico: Dt 12-26; Cod. Santità : Lv 17-26 cf Decalogo: Es 20,2-17; Dt 5,6-22 V. I TESTIMONI: 24,26b-27 (24,1.22). Cf Dt 4,26 ecc. VI. BENEDIZIONE (maledizioni): 24,13.19-20. cf Dt 28.30 LA RELAZIONE “ALLEANZA”: Dono e compito (grazia e comandamento): Intenzionalità salvifica e risposta di vita Il dono è la comunione Il compito è l’accoglienza della comunione Il comandamento appartiene alla grazia “Sarò il vostro Dio” - “sarete il mio popolo”: - Rapporto stabile e globale - Resi capaci di rispondere Salvezza come dono di vita e libertà (presente e futura) da accogliere diventando un popolo solidale. ALLEANZA: Iniziativa gratuita di Dio: Creazione di un popolo solidale Nella comunione con lui Responsabilità della risposta: Diventare un popolo solidale Nella comunione accolta JAHVISMO E UNIFICAZIONE DELLE TRIBU’: Assunzione del patrimonio esodale - sinaitico: - processo di unificazione - culturale- sociale, etica e religiosa. Novità della vita sedentaria - agricola: - fedeltà e progettazione creativa Incontro con altre culture (Cananei): - incarnare e conservare la propria identità Dio nella storia e Dio della natura: - tradizione e novità Prime codificazioni etiche e giuridiche MONARCHIA: I popoli vicini hanno una struttura unificata e centralizzata Israele ne sente il bisogno, ma ha esperienza negativa del monarca (Faraone, Og…) La figura del re come “re giusto”, al servizio del “popolo dell’alleanza” Problema etico delle istituzioni: strumenti da assumere responsabilmente La traditio vivente nella storia, interpretazione critica e creativa di nuovi problemi JAHVISMO E MORALE Timore per la novità di vita: - non si perderà l’identità religiosa? La “religione di stato”: - estensione dell’appartenenza religiosa - rischio del minimalismo e del sincretismo Accento sul “culto” e sulla “legge”: - favorisce la fedeltà nel quotidiano e la visibilità dell’apparenza - induce un senso di “separazione”: persona onesta = religiosa = osservante JAHVISMO E MORALE Teologia della “elezione”: - forza di identificazione - tentazione nazionalista Correnti “sapienziali”: - unificazione della tradizione di fede con la riflessione umana - rischio: pretesa della “giusta retribuzione” NATURA, STORIA, ALLEANZA Jahvè che elegge e chiama è Dio della natura, della storia, dell’alleanza (teologia del dono) Uomo = fragilità e grandezza, fattualità e trascendenza, carne e spirito. Vivere = lodare Dio. Modello: gratuità. Gratuito è il dono e gratuita deve essere la risposta. La regalità di Jahvè chiede il “servizio” dell’uomo: obbedienza, responsabilità etica di risposta. LA TORAH E’ risposta di Israele alla salvezza donata. Servizio e “timore di Dio”. Comunione fiducia. TRATTI CARATTERISTICI La giustizia: via per la solidarietà-comunione (anche se il male è operante, all’interno delle strutture stesse). Senso del peccato e della bontà morale. Unità e distinzione tra esperienza di fede e morale. Fede, morale e diritto: mediazioni (interpretative) l’una dell’altra. Esempi normativi: Lv 19, 3-12.13-18 = modello etico interpretativo. Predicazione profetica: Possesso della terra “possesso” della salvezza. Culto è espressione di alleanza accolta (si verifica nella prassi etica). Ingiustizia = infedeltà alla alleanza. Le istituzioni statali: opera dell’uomo – strumenti. FIGURA E RUOLO DEL PROFETA Figlio della traditio (passato): assunzione profonda. Interprete della traditio (presente): relazione personale. Padre della/nella traditio (futuro): efficacia nella vita di altri. IL NUOVO INIZIO L’esperienza pasquale dei discepoli Il nuovo inizio Morale e predicazione di Gesù Decisione di fede - Decisione etica Excursus. L’incontro con la cultura ellenistica LA NUOVA ALLEANZA IN GESÙ CRISTO La novità è: • essere incontrati nell’umanità di/da Gesù di Nazareth (perdono paziente, gratuito, incondizionato) • è la consapevolezza della relazione con Dio in Gesù Cristo operata nel dono dello Spirito. Nell’Antico Testamento “conoscere” – “credere” in Dio significa assumere l’intenzionalità riconosciuta nel suo operare. Nel Nuovo Testamento “conoscere” – “credere” in Dio significa assumere l’intenzionalità, il senso, i criteri del vivere e dell’operare di Gesù. Come vivere umanamente sulla terra? Come Gesù. La figliolanza non è astratta. Adesione a Gesù: conversione di fede e conversione morale. • “Affidarsi a Gesù” significa staccarsi da tutto ciò che ora costituisce la nostra fiducia per riporla nella nuova realtà annunciata. • Il discepolo è colui che vive e parla alla maniera di Gesù. Il primum è la relazione personale con Gesù. RADICALITÀ EVANGELICA = Il discepolo è colui che dalla relazione con Gesù decide su ogni altra relazione. L’annuncio di Gesù Il regno “vicino”: - La beatitudine dei poveri - Perdono e conversione - Il compimento della legge La beatitudine dei poveri Dio ha deciso la salvezza e la attua. I poveri (oggettiva condizione di vittime di arbitrarietà) sono i primi destinatari del dono. Primo livello di significato dell’annuncio (Mt 5 -Lc 6) è teologico Secondo livello di significato (Mt 5 – Lc 6) è morale “Poveri in spirito” (Mt 5) “Voi poveri” (Lc 6) Il perdono di Dio: È paziente È gratuito (non perché me lo merito) Non è mai subordinato alla conversione (piuttosto dinamica inversa) L’ESPERIENZA CRISTIANA è essenzialmente esperienza di perdono ricevuto. La salvezza e la conversione sono dono di Dio che chiede responsabilità di risposta. La conversione implica la sequela che implica a sua volta la familiarità LA FIGURA DI GESÙ COME CRITERIO ETICO • Il compimento della Legge proposto da Gesù è nel cogliere il senso della Legge, discernendo cosa è bene nel contesto delle relazioni. • Si tratta di ermeneutica morale della Legge. La logica è la gratuità dell’amore. “Traditio vivente” (cf At 1,1-4, ecc…) La memoria vivente del Signore matura in contesti storici in cui l’umano è già culturalmente mediato (assumere la mediazione con consapevolezza critica). “Ricordo interpretante” La conoscenza del Signore permette di capire come vivere “IN LUI” scelte di fronte a problemi nuovi (anche senza esplicita parola di Gesù). BUONO – CORRETTO MORALMENTE BUONO MORALMENTE CORRETTO Soggetto (qualifica la persona) Atto/fatto (qualifica l’atto) Intenzionalità Oggetto concreto dell’azione Libera – Consapevole responsabile Intelligenza di valore (norme) Decisione (motivazioni) della persona Azione, conseguenze Reale relazione della persona alle persone Nella mediazione di beni e mali oggettivi Ricerca del bene (fede) Esperienza – conoscenze – competenze – culture STORICITÀ E VALORI UMANI: - il problema della non coincidenza “buono” – “corretto” - esempi biblici (cf Abramo, Lot, Jefte, Paolo, ecc…) - quale verità, quale normatività il testo biblico? Valori umani (bonum physicum) • Ciò che “vale” per una persona: • soddisfa un bisogno, • aiuta a vivere, • realizza un bene personale (vita, salute, famiglia, cultura…) < Valore morale (bonum morale) • Esprime la libera e consapevole responsabilità: • qualità morale della persona nel suo rapportarsi ai beni e ai mali oggettivi SOGGETTIVITÀ NON E’ SOGGETTIVISMO espressione “del soggetto”: conoscere il reale valutare decidere esercizio arbitrario del conoscere, interpretare, valutare, decidere… OGGETTIVITA’ NON E’ OGGETTIVISMO Oggettivistico senza relazione al soggetto Oggettivitàdi responsabilità=non arbitrarietà Oggettività • del VALORE (ALTRO - BISOGNOSO) • delle CIRCOSTANZE • delle PROPRIE POSSIBILITÀ REALI Appartiene alla moralità (bontà) personale la ricerca della correttezza oggettiva del proprio comportamento “L’ordinamento razionale dell’atto umano al bene nella sua verità e il perseguimento volontario di questo bene costituiscono la moralità” (VS,72) CONFLITTO OGGETTIVO TRA I VALORI Può non dipendere in nulla dal soggetto. Simultanea compresenza di valori tali che non tutti possono essere contemporaneamente affermati e realizzati allo stesso modo. La valutazione che non rispetta l’oggettività dei valori è oggettivamente scorretta. DECISIONE OGGETTIVA Criterio di gerarchia: - In base alla conoscenza dei valori in questione, del rapporto tra loro, della maggiore o minore importanza. Criterio di urgenza: - In base alle condizioni reali delle persone nelle circostanze concrete La moralità sta nella corrispondenza tra ciò che il giudizio morale personale propone come comportamento oggettivamente giusto e la personale adesione operativa. INTENZIONALITÀ Reale rapporto della persona che agisce con il fine del suo agire Unifica la persona nella prospettiva del fine Non si tratta di qualche “buona intenzione”, ma di essere realmente orientati ad un fine L’intenzionalità reale di una persona è ciò che realmente fonda, motiva, orienta, sostiene le scelte e l’agire concreto • Actus hominis: Qualsiasi atto di fatto posta da una persona • Actus humanus: Azione posta dalla persona in quanto persona, nell’esercizio della sua consapevole e libera responsabilità Cf Tommaso d’Aquino, S.Th. I-II, q.1, a.1 ATTO UMANO = ATTO PERSONALE = ATTO MORALE “UMANO” Significato primo: qualifica il soggetto personale in quanto tale Significato secondo: - ciò che è pertinente alla persona - ciò che è ordinato al vivere umano (norme, principi, beni, strutture, ecc..) Agire morale E’ impegnata propriamente la persona in quanto libera, consapevole, e responsabile (actus humanus) direttamente di fronte ad un “tu”personale o in rapporto a realtà non personali che in vario modo implicano il vivere personale di qualcuno. Fonti della moralità criteri di riferimento necessari per qualificare moralmente un comportamento OGGETTO: l’azione stessa, con il suo dinamismo e il suo risultato materiale reale (= finis operis). - È normalmente il “mezzo”scelto per lo scopo FINE: fine dell’agente, ciò che è oggetto della libera decisione del soggetto (= finis operantis) CIRCOSTANZE (oggettive e soggettive) FINE - MEZZI Il fine non giustifica qualsiasi azione o qualsiasi mezzo, ma il mezzo, in quanto mezzo, è giustificato solo dal fine che qualifica l’azione Il rapporto tra mezzi e fine è sempre in circostanze concrete, e chiede una valutazione comparativa tra i vari beni in gioco. La valutazione deve essere oggettiva e proporzionata, secondo la possibilità oggettiva e secondo l’intenzionalità morale dell’agente. PRINCIPIO della LEGITTIMA DIFESA TERMINI del PRINCIPIO - È LECITO DIFENDERE sé/terza persona - Di fronte a AGGRESSIONE INGIUSTA /IN ATTO - FINO AL LIMITE dell’uccisione dell’aggressore (extrema ratio) - Con PROPORZIONE tra male inferto e bene minacciato ARGOMENTAZIONI - categorie di “vittima innocente” e “ingiusto aggressore” - Ratio proportionata e condizioni soggettive: la formazione della coscienza - Caso “estremo” e “privilegio del debole” PROBLEMI - Oggettiva aggressione ingiusta, oggettiva debolezza - Legittima difesa non significa legittimo possesso - Logica della violenza egoistica/individualistica Giudizio morale Conclusione operativa di comparazione oggettiva tra beni compiuta da soggetti Norma morale Indicazione formulata di valore Quando nel rapporto tra valori si giunge ad un giudizio di fatto generalmente condiviso, esso può venire formulato in una indicazione generale. Norme di comportamento Il vivere sociale comporta regole, di carattere giuridico, sociale, consuetudinario.. Esistono sistemi di attese e sanzioni che regolano lo strutturarsi delle relazioni. Le norme esprimono il vivere sociale e la cultura condivisa. La norma è qualcosa che la persona eredita e continua a essere vitale per una società se le persone, generalmente, la condividono. Norma Il bene comune (finalità di comunione) è ratio della norma: “Ordinatio rationis ad bonum commune ab eo qui curam communitatis habet promulgata” [Tommaso d’Aquino, S. Th., I-II, q. 90] Alcune domande: 1. Le norme sono necessarie? 2. Cosa caratterizza una norma “morale”? 3. Quale fondamento e autorità hanno le norme in rapporto all’agire? 4. Quale funzione ha una norma morale? Norma morale - Giudizio previo rispetto al personale giudicare concreto (modelli di comportamento) - Ricorda l’importanza di un valore sollecitando la responsabilità di fronte ad esso - Aiuta a decifrare la correttezza di comportamenti - La responsabilità è attivata/ aiutata dalla norma - La norma è affidata alla responsabilità Carattere della norma La norma morale, essendo formulazione di un valore, è astrazione dal concreto Percezione valore interpretazione/valutazione norma (astrazione del valore) Norma – percezione del valore interpretazione/valutazione giudizio morale personale contestualizzato (concreta verità morale) Storicità della norma Le norme morali sono formulazioni di valori compresi/affidati nella storia. STORICITÀ NON È RELATIVISMO. Relativo = “in relazione”. LA NORMA INTERPELLA: La coscienza Il vivere interpersonale Il contenuto della norma non è un comportamento, ma un criterio di comportamento. Il fondamento della norma morale è l’oggettività del bene da fare e del male da evitare cioè è la realtà oggettiva interpretata in relazione alla libera responsabilità dei soggetti. Interpretato nella fede Il fondamento della norma morale è Dio, creatore della realtà razionale oggettiva, creatore della razionalità umana capace di cogliere le possibilità umane e farsene responsabile COSCIENZA E NORMA MORALE Libero e responsabile esercizio della recta ratio di molteplici coscienze Norma morale Libero e responsabile esercizio della recta ratio della coscienza dei destinatari SENSO E RUOLO DELLA NORMA Il senso, il ruolo, il valore di una norma morale stanno nel suo essere frutto di recta ratio proposto all’esercizio della ractio di coloro che ereditano la stessa norma. La norma aiuta a conoscere i valori nella loro importanza. La norma mi trascende: non sono creatore, ma sono responsabile. La norma non esonera dal giudizio personale, ma facilita il giudizio, con l’autorevolezza della previa verifica e condivisione nella storia. La norma come mediazione La norma media la condivisione culturale del bene. A partire dalla condivisione reale di un ethos culturale le coscienze capiscono ed esprimono meglio altri valori. Un patrimonio morale chiede di essere accolto. Quel patrimonio è già presente nel personale percepire i valori umani. Un patrimonio affidato Distinguiamo: Crisi di valore: un valore (insieme di valori) non viene riconosciuto o una formulazione normativa non risulta adeguata [capire] Crisi di coscienza: un valore (insieme di valori) viene disatteso [conversione di coscienza] Conflitto di valori: presenza di valori che non possono essere realizzati contemporaneamente [giudizio morale] TRASMETTERE Nella trasmissione di valori occorre: mostrare: indicare(non dimostrare) un valore; porre l’interlocutore in grado di riconoscere il valore; aver cura che la ratio [di entrambi] sia recta ; facilitare (non determinare) l’evento di coscienza; testimoniare il primato della moralità, come assunzione di consapevole e libera responsabilità. NORMA DELLA MORALITÀ Bonum faciendum, malum vitandum comandamento dell’amore in/come Gesù: carità NORME MORALI GENERALI eccezioni “Non uccidere” UNIVERSALI sempre e ovunque “non assassinare” CATEGORIALI particolare Contenuto Comportam. concreto TRASCENDENTALI globale-fondamentale Soggetto Esistenza personale COSCIENZA DI SÉ MORALE Autoconsapevolezza di una persona Specifica consapevolezza che viene dall’esperienza etica Alla base c’è una dinamica di coscienza psicologica e di una coscienza individuale che è partecipazione alla coscienza collettiva Con COSCIENZA MORALE intendiamo: IL SOGGETTO PERSONALE IN QUANTO UNITÀ DI CONSAPEVOLEZZA, LIBERTÀ, RESPONSABILITÀ La consapevolezza – seppure in gradi che possono differire – è sempre coinvolta. Richiamo alla conoscenza (intelligere), talora non tematica o non del tutto tematizzabile. Coscienza di fede è Coscienza morale vissuta nella fede Non solo: “Coscienza psichica” vissuta nella fede “Coscienza di sé” vissuta nella fede COSCIENZA MORALE - Luogo di autocomprensione/autoprogettazione - Luogo interiore/umano/personale del: capire - capendosi valutare - valutandosi decidere - decidendosi COSCIENZA MORALE FONDAMENTALE ATTUALE LA PERSONA IN QUANTO TALE ESERCIZIO ATTUALE, NELL’ATTO DI DECIDERE, VALUTARE… COSCIENZA “CREATIVA” - La coscienza è il luogo di origine, assunzione, verifica, trasmissione delle norme. - Non è solo applicativa delle norme. - Non è creatrice di valori. - Deve essere creativa nel discernere le possibilità oggettive di bene. Responsabile formazione - Importanza della formazione della coscienza - Formazione di coscienza significa: cura di corretta oggettiva conoscenza cura del proprio essere unità di conoscenza, libertà, responsabilità LA FORMAZIONE MORALE NON PUÒ ESSERE: MANIPOLAZIONE IMPOSIZIONE VIOLENZA SUPERFICIALITÀ NON SI RIDUCE ALL’INFORMAZIONE COSCIENZA MORALE BUONA CATTIVA •Interiorità personale, coscienza sincera o insincera •Riguarda la personale adesione al bene conosciuto COSCIENZA MORALE VERA FALSA •Contenuto della coscienza (corretto o errato) •Riguarda il giudizio sui valori •Coscienza erronea: errore di valutazione nella comprensione. Può essere colpevole (vincibile) o non colpevole (invincibile) COSCIENZA MORALE CERTA DUBBIOSA •Conoscenza circa i contenuti di bene e di male, circa la correttezza di un comportamento •La certezza del giudizio è necessaria e sufficiente per una decisione buona, ma non è garanzia di verità •Con coscienza dubbiosa non è possibile decidere e operare onestamente COSCIENZA MORALE LASSA Non cura (in qualche modo consapevole) della bontà morale Eccessiva autogiustificazione SCRUPOLOSA DELICATA Cura squilibrata, Cura equilibrata, sproporzionata consapevole, alla realtà, della sincera del bontà morale bontà morale Eccessivo rigore Traguardo di formazione TEOLOGIA MORALE E ALTRE DISCIPLINE Reciproca autonomia: • Ambito proprio (oggetto materiale e formale) • Statuto epistemologico, metodo, criteri di verifica interni Reciproca relazione: • Unità del sapere (un fatto e un compito) • Necessità di integrazione LA TEOLOGIA È INTELLECTUS FIDEI IN DUPLICE SENSO: Intelligenza della fede: (genitivo oggettivo): esercizio delle umane capacità di comprensione per capire la fede stessa Intelligenza nella fede (genitivo soggettivo): comprensione umana in forza della fede che interpreta la realtà La teologia morale è: Intellectus fidei circa il comportamento umano in quanto consapevole, libero, responsabile Si tratta di un ambito specifico dell’esperienza del senso della fede e nella fede: quello del bene e del male, dal punto di vista del nostro coinvolgimento RAPPORTO TRA MORALE E FEDE Il dibattito conciliare: • Morale e Fede: fede come sequela e specificità dei contenuti di valore. • I cristiani hanno specifici contenuti etici? • Storicità e mediazione culturale. • Gli anni ‘70: • Moralità e fede: il dibattito sull’autonomia dell’esperienza di coscienza. UMANO E CRISTIANO • Ciò che il credente chiama “umano” è ciò che egli riconosce essere assunto da Gesù Cristo. • Ciò che il Verbo, facendosi carne, non ha assunto è il peccato: in Gesù è svelato il vero volto dell’uomo. • Continuità tra creazione e redenzione. • Ci sono valori che chiamiamo cristiani vissuti prima e fuori del cristianesimo. Mediazione cristiana dei valori umani L’intera esperienza morale è qualificata dalla relazione con Dio in Gesù Cristo. Cristiano è l’orizzonte di comprensione e di decisione, l’intenzionalità, il modo di intendere e di assumere i contenuti (valori e norme), l’ethos comunitario. Ma il ricordo del Signore condiviso e interpretante è realtà storica e culturale. Dialogo etico razionale animato dalla fede. VITA MORALE E VITA DI FEDE Dai contenuti etici alla fondazione dell’esperienza morale. Fede e moralità: un’unica esperienza di coscienza. La grazia di Cristo opera nella storia umana. Libertà e legge morale: il disegno di Dio è riconoscibile e perciò ci è affidato. AUTONOMIA MORALE • Autonomia non è senso dell’ “io” senza “tu”. È compito di libera responsabilità. Male morale [peccato] è venir meno a questo compito [cf VS,70] • Autonomia non è mancanza di leggi o norme (si direbbe anomia). È legge interna all’uomo [VS,40-41 (cf GS,16) VS,36.62] • Autonomia non è arbitrarietà (pretesa di determinare da sé valori e regole). È cura di discernimento oggettivo [cf GS,36.47; VS,40] • Autonomia non è indipendenza o autarchia. È capacità di consiglio donata e affidata. Veritatis Splendor, 70 “Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l'uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. In effetti, in una tale scelta [non libera e responsabile] è già contenuto un disprezzo del precetto divino, un rifiuto dell'amore di Dio verso l'umanità e tutta la creazione: l'uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità”. Veritatis splendor, 40 “La legge naturale infatti, come si è visto, «altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l'ha donata nella creazione». La giusta autonomia della ragione pratica significa che l'uomo possiede in se stesso la propria legge, ricevuta dal Creatore (cf GS, 40). Tuttavia, l'autonomia della ragione non può significare la creazione, da parte della stessa ragione, dei valori e delle norme morali. Se questa autonomia implicasse una negazione della partecipazione della ragione pratica alla sapienza del Creatore e Legislatore divino, oppure se suggerisse una libertà creatrice delle norme morali, a seconda delle contingenze storiche o delle diverse società e culture, una tale pretesa autonomia contraddirebbe l'insegnamento della Chiesa sulla verità dell'uomo. Sarebbe la morte della vera libertà”. Veritatis splendor, 41 “La vera autonomia morale dell'uomo non significa affatto il rifiuto, bensì l'accoglienza della legge morale, del comando di Dio … E pertanto l'obbedienza a Dio non è, come taluni credono, un'eteronomia, come se la vita morale fosse sottomessa alla volontà di un'onnipotenza assoluta, esterna all'uomo … in contraddizione con la rivelazione dell'Alleanza e dell'Incarnazione redentrice. Una simile eteronomia non sarebbe che una forma di alienazione, contraria alla sapienza divina ed alla dignità della persona umana. Alcuni parlano, a giusto titolo, di teonomia, o di teonomia partecipata, perché la libera obbedienza dell'uomo alla legge di Dio implica effettivamente la partecipazione della ragione e della volontà umane alla sapienza e alla provvidenza di Dio … Per questo occorre riconoscere nella libertà della persona umana l'immagine e la vicinanza di Dio, che è «presente in tutti» (cf Ef 4,6); allo stesso modo, bisogna confessare la maestà del Dio dell'universo e venerare la santità della legge di Dio infinitamente trascendente”. AUTONOMIA E FEDE CRISTIANA • Per il cristiano l’autonomia morale può essere intesa solo come autonomia creata [VS, 38-39]: - voluta e resa possibile da Dio - attuazione della comunione con lui - regolata dalla sua intenzionalità operante, dalla sua volontà, dalla sua parola. • La fede nel creatore riconosce una dipendenza radicale (teonomia) LA FEDE NON È ACCANTO O SOPRA IL RICONOSCIMENTO DEI VALORI E IL DINAMISMO INTERIORE DELLA MORALITÀ. VITA MORALE PERSONALE UNITÀ DINAMICA POSSIBILITÀ LIMITE STORIA VITA MORALE PERSONALE UNITÀ DINAMICA IMPLICITO ESPLICITO FATTUALITÀ TRASCENDENZA INTELLIGENZA VOLONTÀ INDIVIDUALITÀ SOCIALITÀ CONOSCENZA PROGETTAZIONE INTENZIONALITÀ Non è un idea personale, un sentimento, una “buona (o cattiva) intenzione” È la reale intentio finis, il reale aver scelto e il reale-attuale perseguire il fine inteso. È il rapporto tra la persona e il fine che essa realmente persegue: ciò che di fatto motiva, orienta e sostiene le scelte e i comportamenti con cui si cerca di raggiungere il fine. Intenzionalità cristiana: Si ha quando il fine della vita e dell’operare - è capito nella fede cristiana - e da persona credente è realmente perseguito Quando il decidere etico - è assunto consapevolmente all’interno del rapporto con Dio - è espressione ed attuazione della relazione con lui. OPZIONE FONDAMENTALE Riguarda il livello profondo del decidere (non generico orientamento) e dello operare personale. E’ in questione la persona stessa nell’unità e continuità del suo vivere. In rapporto alle opzioni particolari (hic et nunc, con particolare fine e contenuto) il concetto è analogo. Opzione fondamentale implica decisione personale consapevole deliberazione, frutto di “sufficiente” libertà La personalità morale del soggetto, dunque la sua bontà o malizia morale, si costituisce nella continuità del soggetto che decide e opera. STADI Il formarsi di una opzione fondamentale passa attraverso diverse fasi. Stadio germinale Stadio tendenziale Stadio maturo Attraverso l’esercizio [responsabile o irresponsabile] della libertà l’opzione fondamentale si conferma e consolida oppure si contraddice e debilita fino al possibile cambiamento Opzione fondamentale Opzioni particolari Unità personale, continuità Atteggiamento fondamentale Nei molteplici momenti “Essere deciso” in rapporto al bene e al male Nelle singole decisioni circa il bene e il male Intenzione – finalità Attuata o contraddetta, verificata o falsificata Interiorità – non visibile Nell’esprimersi visibile Stato personale Negli atti personali Nei comportamenti concreti QUALE È LA MIA OPZIONE FONDAMENTALE È domanda circa il mio “stato” di grazia o di peccato Opzione fondamentale positiva bontà abituale – continuità ordinata Soggetto Opzione fondamentale disordinata – tendenzialmente negativa – senza centro orientativo Soggetto OPZIONE FONDAMENTALE OPZIONI PARTICOLARI PERSONA ATTI DELLA PERSONA Una migliore conoscenza della realtà (valore) interessa anche il comprendersi della persona in relazione a tali valori comprendere comprendersi decidere decidersi UNITÀ DI COMPRENDERE E AGIRE Il decidere interessa sempre (direttamente o indirettamente) l’ambito interpersonale. La logica delle relazioni è radicata: • in ciò che la persona comprende di sé e del suo bene, • in ciò che assume come prospettiva di senso per la sua vita, • nel modo in cui assume la presenza degli altri nel proprio orizzonte. REALMENTE UNIFICANTE È L’INTENZIONALITÀ (INTENTIO FINIS) La conversione non si attua in un unico momento, improvvisamente. Occorre: - Sincerità di ricerca nel comprendere e decidere - Cura per le condizioni della propria libertà responsabile - Assunzione dei limiti reali - Attuazione del bene concretamente possibile L’OPZIONE MORALE FONDAMENTALE CRISTIANA NON PUÒ ESSERE REALMENTE CRISTIANA SENZA ESSERE REALMENTE OPZIONE MORALE FONDAMENTALE UNITÀ PERSONALE DIMENSIONE ETICA E DIMENSIONE DI FEDE OPZIONE FONDAMENTALE CRISTIANA (qualificata dalla fede e dalla carità) è PERSONALE ADESIONE A CRISTO La conversione è tendenziale e positiva adesione a Cristo secondo la dinamica della maturazione personale Cura per la propria relazione e familiarità con il Signore (preghiera, ascolto della Parola, confronto realtà concreta della vita). Conversione: Possibilità compresa - alla luce del perdono- di un’ esistenza: - Buona - Significante - Compiuta Necessità di cambiare - Mentalità - Cuore - Criteri di comportamento SERIETÀ DELLA VENIALITÀ La venialità abituale costituisce la peccaminosità personale, intacca l’opzione fondamentale e la sincerità di conversione, tende a diventare sempre più criterio e stile di vita, preparando la via al peccato grave, fino al peccato mortale. VENIALITÀ ABITUALE Soggetto Opzione fondamentale negativa: stato/atti PECCATO. Unità e distinzione CONDIZIONE REALE (cons. lib. resp.) SOGGETTO MORTALE VENIALE MATERIA - OGGETTO GRAVE LEGGERO “Peccato mortale” separazione completa da Dio: materia grave, piena consapevolezza e libertà. Venialità “abituale” tendenziale divisione personale: La venialità abituale prepara lo status di peccato personale mortale, compromette la coscienza fino a tacitarla (cf habitus… fino a “materia grave”). • Chi vive o.f. negativa (disonestà) non fa solo il male • Chi vive o.f. positiva (onestà) non fa solo il bene • (cf Zaccheo: la persona sollecitata dal bene … matura nei comportamenti la conversione). Persona humana [1975] 10. Il rispetto della legge morale, nel campo della sessualità, come anche la pratica della castità, sono compromessi non poco soprattutto presso i cristiani meno ferventi, dall'attuale tendenza a ridurre all'estremo - quando addirittura non è negata - la realtà del peccato grave, almeno nell'esistenza concreta degli uomini. Certuni arrivano fino ad affermare che il peccato mortale, che separa l'uomo da Dio, si verificherebbe soltanto nel rifiuto diretto e formale, col quale ci si oppone all'appello di Dio, o nell'egoismo che, completamente e deliberatamente, esclude l'amore del prossimo. E allora soltanto, dicono, che ci sarebbe l'«opzione fondamentale», cioè la decisione che impegna totalmente [lat.:”tota”] la persona e che sarebbe richiesta per costituire un peccato mortale; per mezzo di essa l'uomo, dall'intimo della sua personalità, assumerebbe o ratificherebbe un atteggiamento fondamentale nei riguardi di Dio e degli uomini. Al contrario, le azioni chiamate «periferiche» (che - si dice - non implicano, in generale, una scelta decisiva) non arriverebbero a modificare l'opzione fondamentale, tanto più che esse procedono spesso - si osserva - dall'abitudine. Esse possono, dunque, indebolire l'opzione fondamentale, ma non modificarla del tutto. Ora, secondo questi autori, un mutamento dell'opzione fondamentale verso Dio avviene più difficilmente nel campo dell'attività sessuale, dove, in generale, l'uomo non trasgredisce l'ordine morale in maniera pienamente deliberata e responsabile, ma piuttosto sotto l'influenza della sua passione, della sua fragilità o immaturità e, talvolta, anche dell'illusione di testimoniare così il suo amore per il prossimo; al che spesso si aggiunge la pressione dell'ambiente sociale. Persona humana, 10. In realtà è, sì, l'opzione fondamentale che definisce, in ultima analisi, la disposizione morale dell'uomo; ma essa può essere radicalmente modificata da atti particolari, specialmente se questi sono preparati - come spesso accade - da atti anteriori più superficiali. In ogni caso, non è vero che uno solo di questi atti particolari non possa esser sufficiente perché si commetta peccato mortale. […] L'uomo pecca, dunque, mortalmente non soltanto quando il suo atto procede dal disprezzo diretto di Dio e del prossimo, ma anche quando coscientemente e liberamente, per un qualsiasi motivo, egli compie una scelta il cui oggetto è gravemente disordinato. In questa scelta, infatti, come è stato detto sopra, è già incluso il disprezzo del comandamento divino: l'uomo si allontana da Dio e perde la carità. Ora, secondo la tradizione cristiana e la dottrina della chiesa, e come riconosce anche la retta ragione, l'ordine morale della sessualità comporta per la vita umana valori così alti, che ogni violazione diretta di quest'ordine è oggettivamente grave. […] I pastori devono, dunque, dar prova di pazienza e di bontà; ma non è loro permesso né di rendere vani i comandamenti di Dio, né di ridurre oltre misura la responsabilità delle persone. Veritatis splendor, 65-70 [1994] 65. L'interesse, oggi particolarmente acuto, per la libertà induce molti cultori di scienze sia umane che teologiche a sviluppare un'analisi più penetrante della sua natura e dei suoi dinamismi. Giustamente si rileva che la libertà non è solo la scelta per questa o per quest'altra azione particolare; ma è anche, dentro una simile scelta, decisione su di sé e disposizione della propria vita pro o contro il Bene, pro o contro la Verità, in ultima istanza pro o contro Dio […] Alcuni autori, tuttavia, propongono una revisione ben più radicale del rapporto tra persona e atti. Essi parlano di una «libertà fondamentale», più profonda e diversa dalla libertà di scelta, senza la cui considerazione non si potrebbero né comprendere né valutare correttamente gli atti umani. Secondo tali autori, il ruolo chiave nella vita morale sarebbe da attribuire ad una «opzione fondamentale», attuata da quella libertà fondamentale mediante la quale la persona decide globalmente di se stessa, non attraverso una scelta determinata e consapevole a livello riflesso, ma in forma «trascendentale» e «atematica». Gli atti particolari derivanti da questa opzione costituirebbero soltanto dei tentativi parziali (?) e mai risolutivi per esprimerla, sarebbero solamente «segni» (Tommaso) o sintomi di essa. Oggetto immediato di questi atti — si dice — non è il Bene assoluto (di fronte al quale si esprimerebbe a livello trascendentale la libertà della persona), ma sono i beni particolari (detti anche «categoriali»). Si giunge così ad introdurre una distinzione tra l'opzione fondamentale e le scelte deliberate di un comportamento concreto, una distinzione che in alcuni autori assume la forma di una dissociazione […]. Veritatis splendor, 65-70 [1994] 66. Non c'è dubbio che la dottrina morale cristiana, nelle sue stesse radici bibliche, riconosce la specifica importanza di una scelta fondamentale che qualifica la vita morale e che impegna la libertà a livello radicale di fronte a Dio. Si tratta della scelta della fede, dell'obbedienza della fede (cf Rm 16,26), «con la quale l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà"» (Dei Verbum,5; Dei Filius,3) […]. Mediante la scelta fondamentale l'uomo è capace di orientare la sua vita e di tendere, con l'aiuto della grazia, verso il suo fine, seguendo l'appello divino. Ma questa capacità si esercita di fatto nelle scelte particolari di atti determinati, mediante i quali l'uomo si conforma deliberatamente alla volontà, alla sapienza e alla legge di Dio. Va pertanto affermato che la cosiddetta opzione fondamentale, nella misura in cui si differenzia da un'intenzione generica […] si attua sempre mediante scelte consapevoli e libere. Proprio per questo, essa viene revocata quando l'uomo impegna la sua libertà in scelte consapevoli di senso contrario, relative a materia morale grave. Separare l'opzione fondamentale dai comportamenti concreti significa contraddire l'integrità sostanziale o l'unità personale dell'agente morale nel suo corpo e nella sua anima. Un'opzione fondamentale, intesa senza considerare esplicitamente le potenzialità che mette in atto e le determinazioni che la esprimono, non rende giustizia alla finalità razionale immanente all'agire dell'uomo e a ciascuna delle sue scelte deliberate. Veritatis splendor, 65-70 [1994] 68. Occorre aggiungere una importante considerazione pastorale. Nella logica delle posizioni sopra accennate, l'uomo potrebbe, in virtù di un'opzione fondamentale, restare fedele a Dio, indipendentemente dalla conformità o meno di alcune sue scelte e dei suoi atti determinati alle norme o regole morali specifiche. In ragione di un'opzione originaria per la carità, l'uomo potrebbe mantenersi moralmente buono, perseverare nella grazia di Dio, raggiungere la propria salvezza, anche se alcuni dei suoi comportamenti concreti fossero deliberatamente e gravemente contrari ai comandamenti di Dio, riproposti dalla Chiesa. Veritatis splendor, 65-70 [1994] 70. L'Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia ha ribadito l'importanza e la permanente attualità della distinzione tra peccati mortali e veniali, secondo la tradizione della Chiesa. E il Sinodo dei Vescovi del 1983, da cui è scaturita tale Esortazione, «non soltanto ha riaffermato quanto è stato proclamato dal Concilio Tridentino sull'esistenza e la natura dei peccati mortali e veniali, ma ha voluto ricordare che è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso» (Reconciliatio et paenitentia, 17). Il pronunciamento del Concilio di Trento non considera soltanto la «materia grave» del peccato mortale, ma ricorda anche, come sua necessaria condizione, «la piena avvertenza e il deliberato consenso». Del resto, sia nella teologia morale che nella pratica pastorale, sono ben conosciuti i casi nei quali un atto grave, a motivo della sua materia, non costituisce peccato mortale a motivo della non piena avvertenza o del non deliberato consenso di colui che lo compie. D'altra parte, «si dovrà evitare di ridurre il peccato mortale ad un atto di "opzione fondamentale“ contro Dio», concepito sia come esplicito e formale disprezzo di Dio e del prossimo sia come implicito e non riflesso rifiuto dell'amore. «Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l'uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. […]. L'orientamento fondamentale, quindi, può essere radicalmente modificato da atti particolari. […]. In tal modo la dissociazione tra opzione fondamentale e scelte deliberate di comportamenti determinati […] comporta il misconoscimento della dottrina cattolica sul peccato mortale. MALE e PECCATO non si identificano: non ogni male è peccato. MALE MORALE e PECCATO si identificano. Male morale o peccato significa negarsi al compito di responsabilità verso i valori umani moralmente rilevanti. significa libertà arbitraria (non responsabile, non oggettiva). significa esistenza orientata al privilegio di sé, non alla gratuità del dono. Il male morale è realtà di cui partecipiamo ma che non abbiamo totalmente in mano Attenzione: NO alla ineluttabilità del male [raffinata forma di autogiustificazione (cf Gn 2-3)]. Il peccato è sempre consapevole e libero (seppure “coadiuvato”) e quindi responsabile. essere stato peccatore (passato) La consapevolezza si dà contemporaneamente poter modificare il modo di vivere (presente/futuro) La rivelazione ricorda che Dio ha creato l’uomo capace del bene e continua a renderlo capace nel perdono di Cristo presente nella storia. IL RE DAVIDE (2 Sam 11 - 12) Racconto da leggere sullo sfondo della concezione monarchica in Israele Davide approfitta del suo essere re per il proprio privilegio Ottiene quanto vuole Fa di tutto per non assumersi le sue responsabilità Coinvolge Joab nella logica di peccato Uriah è condannato dalla propria giustizia Uriah muore “tra gli altri” Davide trova una soluzione per Betsabea (ma questo non cancella le conseguenze del peccato commesso) Natan racconta una storia a Davide Davide si converte e riconosce il proprio peccato in termini di fede (Sal 51 [50]) Joab non si converte PECCATO E CONVERSIONE PUR ESSENDO REALTÀ INTERIORI INFLUISCONO SU OGNI RELAZIONE UMANA COME INVITO AL MALE O AL BENE. IL BENE E IL MALE HANNO EFFICACIA STORICA. Ciò che appartiene alla nostra moralità (conoscenza, libertà, responsabilità) mediato dal nostro ambiente vitale. ci è Tutte le relazioni tendono a strutturarsi (mediante attese reciproche, finalità condivise) in senso: POSITIVO (aiuto) NEGATIVO (ostacolo) per la moralità Nella mediazione delle relazioni bene e male hanno la loro efficacia storica a due livelli: • beni o mali realizzati, relazioni favorite o negate (phisicum) • “logica” e desiderabilità del bene o del male (morale) Cf le tentazioni di Gesù CONVERSIONE DI FEDE e CONVERSIONE MORALE non si identificano ma sono congiunte (non sono due momenti giustapposti) CONVERSIONE DI FEDE: passaggio dal non credere al credere approfondimento del credere stesso CONVERSIONE MORALE: progressivo superamento dello stato di peccato assunzione di opzione fondamentale positiva LA SALVEZZA DONATA È PREVIA ALLA CONVERSIONE ma solo LA VITA DI COSCIENZA È LUOGO DEL RICONOSCIMENTO E DELLA RISPOSTA AL DONO IN PRINCIPIO IL DONO Il paradigma etico – biblico della conversione è la liberazione: Dio si rivela facendosi vicino e liberando dall’estraneità e dall’oppressione IN PRINCIPIO IL PERDONO Il Signore si “volta” all’uomo, a Pietro, a noi peccatori… Ciò rende possibile il nostro “voltarci” all’altro, a Dio, al bene ABBIAMO CONOSCIUTO … FIN DAL PRINCIPIO [1 Gv 1,1-4] CONVERSIONE (due aspetti): concretezza storica cambiamento interiore IN CRISTO CONVERSIONE NELLO SPIRITO Nell’esperienza del credente la conversione morale è incarnazione della conversione di fede Si tratta di un vivere etico che rivela e compie sulla terra il riconoscere Dio e il sapersi nella relazione con lui. Riconoscere Dio comporta anche una vera conoscenza di noi stessi e del nostro mondo conoscere Dio …….. conoscersi Conversione ATTEGGIAMENTI: Gratitudine Percezione del peccato proprio e del male morale Responsabilità di comunione Speranza La conversione non si attua in un unico momento, improvvisamente. Occorre: - sincerità di ricerca nel comprendere e decidere - cura per le condizioni della propria libertà responsabile - assunzione dei limiti reali - attuazione del bene concretamente possibile Traditio vivente della chiesa Incontro con Dio in Gesù Cristo (perdonante, liberante, salvante) Coscienza di Gesù coscienza del cristiano comunione con Cristo (conversione-sequela) reciproca testimonianza (comunione ecclesiale) ethos comunitario cristiano esperienza morale, compresa e condivisa nella fede riflessione – dottrina morale cristiana sapienziale, profetica, normativa, sistematica Magistero della chiesa TRADITIO ECCLESIAE Magistero e Traditio ecclesiae La medesima autorità pone: - interventi dottrinali [depositum fidei et morum cf DV,10; autorità docente, circa la dottrina] - interventi disciplinari [vivere della chiesa 'ordinato': cura pastorale] ■Delimitazione materiale: materia di fede e di morale [in base all' ambito specifico di competenza] ■Differenziazione dei livelli formali di espressione: Magistero autentico [ufficiale] Magistero ordinario e straordinario [cf LG,25] ■ Circa i contenuti formulati: è necessaria una corretta ermeneutica dei testi ■ Circa la funzione: il magistero non ha solo la funzione di dichiarare e definire il magistero ha la funzione di custodire il depositum come traditio vivente: funzione profetica [sapienziale] Questioni specifiche 1. Magistero “in re morali” Senso della prassi alla luce della fede E’ possibile un'espressione di magistero infallibile sui contenuti di morale? è possibile una dichiarazione infallibile su contenuti di comportamenti morali concreti? Magistero “in re morali” Problemi Contenuti concreti necessariamente vincolati alla fede? Contenuti materialmente e formalmente rivelati (non conoscibili senza Rivelazione)? Differenza tra norme/ comportamenti fondamentali e categoriali [esempio: l’aborto] E’ possibile includere tutti i tipi di situazioni concrete? La questione di Evangelium vitae [57.62]: occorre leggere correttamente. Questioni specifiche 2. Coscienza personale e magistero Senso e valore della norma "morale” Ermeneutica corretta Discernimento vincolante per arrivare a un giudizio giusto Servizio di conoscenza all’esercizio di coscienza Coscienza personale e magistero 2.1 Non conflitto tra coscienza e magistero. Occorre evitare una falsa concezione di entrambi - “In coscienza” significa riconoscimento di un vincolo. La conoscenza di ciascuno non è mai indipendente. - Autonomia e ricorso al parere di esperti. - Autonomia proporzionale alle possibilità date: quale uso? Coscienza personale e magistero 2.2 Può darsi conflitto oggettivo di valori. Come sono proposti, come sono capiti. In situazioni concrete obiettivamente conflittuali. Con necessità di un compromesso tra valori. Praesumptio veritatis a favore del magistero e onus probandi a carico della coscienza. Coscienza personale e magistero 2.3 Responsabilità di "formazione” Formazione personale e di altri per arrivare a giudizi “prudenti”. Dovere di informazione e confronto con “probati auctores”. Rispetto per la coscienza e cura di ricerca di verità. Formazione reciproca nella chiesa. Obbedienza "in coscienza” [cf Tommaso d’Aquino]