Istituzioni di diritto romano (A-L) Istituzioni d. r. Testi consigliati M. Brutti, Il diritto privato nell’antica Roma, Torino, Giappichelli, II ed., (escluse le parti in ‘corpo’ tipografico più piccolo). Le traduzioni delle Istituzioni di Gaio e di Giustiniano sono tratte da E. Nardi, Istituzioni di diritto romano, testi 1, Giuffrè, Milano, 1986; in alcuni punti sono state da me ‘ritoccate’. Funzione del ‘diritto’ Ubi ius ibi societas. Dove c’è il ‘diritto’, troviamo una società. Cic. rep. 1, 49 «Quid est enim Che cos’è infatti la comunità cittadina se non una collettività tenuta insieme dal diritto? civitas nisi iuris societas?». Cic. rep. 6,13: concilia coetusque hominum iure ...l’insieme degli uomini associati nel diritto, sociati, quae civitates che è chiamato città [= comunità]. appellantur. D. 1,1,1pr. (ULPIANUS libro primo institutionum) Iuri operam daturum prius nosse oportet, unde nomen iuris discenda. Est autem a iustitia appellatum: nam, ut eleganter Celsus definit, ius est ars boni et aequi. Chi sta per dedicarsi al diritto, occorre in primo luogo che conosca da dove deriva il nome del diritto (ius). Orbene esso è chiamato così perché deriva dalla giustizia (iustitia): infatti, come elegantemente Celso designa: il diritto è la disciplina razionale del buono e dell’equo. D. 1,1,10pr.-1 (ULPIANUS libro primo regularum) pr. Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. 1. Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non ledere, suum cuique tribuere. La giustizia è la costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. 1. I precetti del diritto sono questi: vivere onestamente, non nuocere ad altri, attribuire a ciascuno il suo. Cic., off. 1,11,34 Atque in re publica maxime conservanda sunt iura belli. Nam cum sint duo genera decertandi, unum per disceptationem, alterum per vim, cumque illud proprium sit hominis, hoc beluarum, confugiendum est ad posterius, si uti non licet superiore. In politica poi si devono osservare scrupolosamente le leggi di guerra. Essendovi infatti due generi di contesa, l’una per mezzo della discussione, l’altra con la forza, ed essendo la prima specifica dell’uomo, la seconda dei bruti, si dovrà ricorrere a questa nel caso non sia possibile valersi della prima. art. 1218 cod. civ. (responsabilità del debitore) Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato impossibilità della derivante causa imputabile. da da prestazione a lui non Omicidio art. 575 cod. pen. Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Diritto e Storia Il termine ‘ius’ diritto ius • prescrizione autoritativa • Tradizione=mores ‘Fonte’ del diritto Fonte di produzione •Es. Parlamento Fonte di cognizione •Es. Costituzione Modo di produzione del diritto •Fattualità del diritto ‘Fonte’ del diritto a Roma •Documento testuale ‘Fonte’ del diritto Documento ideologico Testo esplicito Testo intenzionale • Realtà trasfigurata Contestualizzare • XII - L'INFINITO Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio: E il naufragar m'è dolce in questo mare. Cartina Modi di produzione del diritto: Gai. 1,1 Omnes populi, qui legibus et moribus reguntur, partim suo proprio, partim communi omnium hominum iure utuntur: Nam quod quisque populus ipse sibi ius constituit, id ipsius proprium est vocaturque ius civile, quasi ius proprium civitatis; quod vero naturalis ratio inter omnes homines constituit, id apud omnes populos peraeque custoditur vocaturque ius gentium, quasi quo iure omnes gentes utuntur. Tutti i popoli, che sono ordinati da leggi e da usi, in parte si avvalgono di un proprio ordinamento, in parte di un sistema comune a tutti gli uomini. Infatti quel diritto che ogni popolo stabilisce per sé è detto ius civile, come se fosse il diritto proprio dei cittadini; mentre quello che un naturale impulso ha stabilito tra tutti gli uomini è osservato da tutti gli uomini e si chiama ius gentium, come se fosse usato da tutte le genti. Modi di produzione del diritto: Gai. 1,1 Populus itaque Romanus partim suo proprio, partim communi omnium hominum iure utitur. Pertanto il popolo romano utilizza, in parte un diritto proprio, in parte un diritto comune a tutti gli uomini. Modi di produzione del diritto: Cic., de inventione 2,22,67 e Inst. 1,2,9 Consuetudine autem ius esse putatur id, quod voluntate omnium sine lege vetustas comprobarit Ex non scripto ius venit, quod usus comprobavit. Nam diuturni mores consensu utentium comprobati legem imitantur Si ritiene, poi, che diritto consuetudinario sia ciò che il passar del tempo con il consenso di tutti abbia approvato pienamente senza legge. Da un dato non scritto viene la norma confermata dall’uso. Invero i costumi durevoli, convalidati dal consenso degli utenti, imitano la legge. Modi di produzione del diritto: Art. 8 (usi) delle Pre-leggi “Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati”. Ius gentium/ius naturale: D. 1,1,1,2-3 (Ulpianus libro primo Institutionum) 2. …privatum ius tripartitum est: collectum etenim est ex naturalibus paeceptis aut gentium aut civilibus. 3. Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit: nam ius istud non umani generis proprium, sed omnium animalium, quae in terra, quae in mari nascuntur, avium quoque commune est. Hinc descenditi maris atque feminae coniunctio, quas nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio: videmus etenim cetera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri. 2. … il diritto privato è tripartito: è composto, infatti, da regole naturali, delle genti o civili. 3. Il diritto naturale è quello che la natura ha insegnato a tutti gli esseri animati: infatti questo diritto non è proprio del genere umano, ma di tutti gli esseri animati, che nascono in terra e nel mare, ed è comune anche agli uccelli. Da qui discende l’unione del maschio e della femmina, che noi denominiamo matrimonio; da qui discende la procreazione e l’educazione dei figli: Vediamo, infatti, che tutti gli esseri animati, comprese le fiere, sono valutabili in base all’esperienza di questo diritto. Ius gentium/ius naturale: D. 1,1,1,4 (…continua) 4. Ius gentium est, quod 4. Il diritto delle genti è quello gentes humanae utuntur. che usano gli uomini. Si può Quod a naturali recedere capire facilmente che esso si facile intellegere licet, quia discosta da quello naturale, illud omnibus animalibus, perché questo è comune a hoc solis hominibus inter se tutti gli esseri animati mentre commune sit. quello è comune ai soli uomini tra loro. Ius gentium/ius naturale: D. 1,1,4 (Ulpianus libro primo Institutionum) Manumissiones quoque iuris gentium sunt. Est autem manumissio de manu missio, id est datio libertatis: nam quamdiu quis in servitute est, manui et potestati suppositus est, manumissus liberatur potestate. Quae res a iure gentium originem sumpsit, utpote cum iure naturali omnes liberi nascerentur nec esset nota manumissio, cum servitus esset incognita: sed posteaquam iure gentium servitus invasit, secutum est beneficium manumissionis. Et cum uno naturali nomine homines appelaremur, iure gentium tria genera esse coeperunt: liberi et his contrarium servi et tertium genus liberti, id est hi qui desierant esse servi. Anche le manumissioni appartengono al diritto delle genti. La mano-missione è infatti la dismissione della ‘manus’, cioè la concessione della libertà: infatti, fintantoché uno è in servitù, è sottoposto alla ‘mano’ e alla potestà altrui; manomesso è liberato dal potere altrui. Ciò prese origine dal diritto delle genti, in quanto, secondo il diritto naturale, tutti nascerebbero liberi e non sarebbe nota la manumissione, poiché la servitù sarebbe sconosciuta; ma poi, dopo che la servitù si diffuse secondo il diritto delle genti, seguì il beneficio della manumissione. Ed allora, nonostante gli esseri umani si chiamassero coll’unico nome naturale di uomini, secondo il diritto delle genti cominciarono ad essere tre generi: i liberi; il genere ad essi contrario, i servi; e il terzo genere, i liberti, cioè coloro che hanno cessato di essere servi. Modi di produzione del diritto: Gai. 1,2 Constant autem iura populi Le sfere normative del popolo Romani plebiscitis, consultis, ex legibus, romano derivano senatus plebisciti, da leggi, senatoconsulti, constitutionibus costituzioni imperiali, editti di principum, edictis eorum, coloro che hanno il potere di qui ius edicendi habent, formulare norme generali, responsi responsis prudentium. degli esperti. D. 1,2,2,27-28 (Pomponius libro singulari enchiridii) Cumque consules avocarentur bellis finitimis neque esset qui in civitate ius reddere posset, factum est, ut praetor quoque crearetur, qui urbanus appellatus est, quod in urbe ius redderet. 27. 27. Siccome i consoli venivano chiamati altrove dalle guerre con i confinanti, e non rimaneva in città chi potesse amministrare il diritto, fu fatto sì che fosse creato anche un pretore, che venne chiamato ‘urbano’, che amministrasse il diritto in città. D. 1,2,2,27-28 (continua…) Post aliquot deinde annos non sufficiente eo praetore, quod multa turba etiam peregrinorum in civitatem veniret, creatus est et alius praetor, qui peregrinus appellatus est ab eo, quod plerumque inter peregrinos ius dicebat. 28. 28. Dopo alcuni anni, non essendo più sufficiente tale pretore poiché giungeva nella città una grande moltitudine anche di stranieri, fu creato un altro pretore che venne chiamato ‘peregrino’ dal fatto che, per lo più esercitava la giurisdizione tra gli stranieri. Gai. 3,93 Sed haec quidem verborum obligatio “dari spondes? Spondeo” propria civium Romanorum est; ceterae vero iuris gentium sunt, itaque inter omnes homines sive cives Romanos sive peregrinos valent. Et quamvis ad Graecam vocem expressae fuerint, veluti hoc modo “Doseis? Doso…” tamen inter cives Romanos valent, si modo Graeci sermonis intellectum habeant… At illa verborum obligatio “dari spondes? Spondeo” adeo propria civium Romanorum est, ut ne quidem in Graecum sermonem per interpretationem proprie transferri possit… l’obbligazione verbale “dari spondes? Spondeo” è propria dei cittadini romani; le altre, invece, sono di diritto delle genti, e valgono pertanto fra tutti gli uomini, sia cittadini romani che stranieri. Ed anche se espresse in parole greche, ad esempio così “darai? Darò”…,valgono tuttavia tra i cittadini romani, purché abbiano conoscenza della lingua greca…la l’obbligazione verbale “dari spondes? Spondeo” è talmente proprio dei cittadini romani, da non poter essere propriamente traslata per traduzione nemmeno in lingua greca… Ma D. 45,1,1,2 (Ulp. 48 ad Sabinum) Si quis ita interroget «dabis?" responderit «quid ni?», et is utique in ea causa est, ut obligetur: contra si sine verbis adnuisset. Se uno abbia risposto all’interrogazione «darai» con le parole «Perché no?», anch’egli è nella condizione di essere obbligato. Il contrario vale per chi abbia annuito senza pronunziare parole. D. 2,14,1,3 (Ulp. 4 ad edictum) Adeo autem conventionis nomen generale est, ut eleganter dicat pedius nullum esse contractum, nullam obligationem, quae non habeat in se conventionem, sive re sive verbis fiat: nam et stipulatio, quae verbis fit, nisi habeat consensum, nulla est. A tal punto è di significato generale il termine ‘convenzione’ che, come ha detto elegantemente Pedio, è nulla quella obbligazione che non ha in sé la ‘convenzione’ sia che si effettui con la dazione della cosa sia con le parole; infatti anche la stipulazione, fatta con le parole, è nulla se non ha il consenso. D. 45,1,137 (Venuleio 1 stipulationum) Si hominem stipulatus sim et ego de alio sensero, tu de alio, nihil acti erit: nam stipulatio ex utriusque consensu perficitur. Se mi sono fatto promettere uno schiavo e io mi riferivo a uno e tu a un altro, nulla tra noi sarà concluso: infatti la stipulazione si compie con il consenso di entrambi. Empio-venditio: D. 45,1,35,2 (Paulus, libro duodecimo ad Sabinum) Si in locando conducendo, vendendo emendo ad integrationem quis non responderit, si tamen consentitur in id, quod responsum est, valet quod actum est, quia hi contractus non tam verbis quam consensu confirmantur. Se nel concludere una locazione-conduzione, una compravendita qualcuno delle parti non risponde ma tuttavia acconsente, l’atto ha valore, perché questi negozi sono validamente compiuti non tanto con le parole quanto con il consenso. Emptio-Venditio Gai. 3,139-141 Emptio et uenditio contrahitur, cum de pretio conuenerit, quamuis nondum pretium numeratum sit ac ne arra quidem data fuerit. nam quod arrae nomine datur, argumentum est emptionis et uenditionis contractae. 139. La compravendita si contrae convenendo il prezzo, anche se il prezzo non sia stato ancora pagato, e nemmeno data un’arra: infatti ciò che si dà a titolo di arra è segno di compravendita contratta. Emptio-Venditio (Gai. 3,139-141) 140. Pretium autem certum esse Il prezzo deve essere certo. Se debet. nam alioquin si ita inter invece fra noi si è convenuto nos conuenerit, ut quanti Titius che la cosa sia comprata per rem aestimauerit, tanti sit quanto Tizio la stimerà, empta, Labeo negauit ullam Labeone disse che un tal uim hoc negotium habere; negozio non ha effetto alcuno; cuius opinionem Cassius e Cassio ne approva l’opinione. probat. Ofilius et eam Ma per Ofilio anche questa è emptionem et uenditionem compravendita; e Proculo ha esse putauit; cuius opinionem seguito il suo parere. Proculus secutus est. Emptio-Venditio (Gai. 3,139-141) 141. Item pretium in numerata Il prezzo deve inoltre consistere in pecunia consistere debet. nam in ceteris rebus an pretium esse possit, ueluti homo aut toga aut fundus alterius rei pretium esse possit, ualde quaeritur. nostri praeceptores putant etiam in alia re posse consistere pretium; unde illud est, quod uulgo putant per permutationem rerum emptionem et uenditionem contrahi, eamque speciem emptionis uenditionisque uetustissimam esse; argumentoque utuntur Graeco poeta Homero (Hom. Il. 7, 472-475), qui aliqua parte sic ait: denaro contante. Che il prezzo possa consistere anche in altre cose, e ad esempio un umo o una toga o un fondo possa essere prezzo d’una diversa cosa, è assai discusso. I nostri maestri reputano che il prezzo possa consistere anche in un’altra cosa. Onde comunemente si ritiene contrarsi compravendita con la permuta di cose, e che questa specie di compravendita sia antichissima; e si argomenta dal poeta greco Omero, che in qualche parte dice così: Emptio-Venditio (Gai. 3,141 continua) ... diuersae scholae auctores dissentiunt aliudque esse existimant permutationem rerum, aliud emptionem et uenditionem; alioquin non posse rem expediri permutatis rebus, quae uideatur res uenisse et quae pretii nomine data esse, sed rursus utramque rem uideri et uenisse et utramque pretii nomine datam esse absurdum uideri. sed ait Caelius Sabinus, si rem tibi uenalem habenti, ueluti fundum, [acceperim et] pretii nomine hominem forte dederim, fundum quidem uideri uenisse, hominem autem pretii nomine datum esse, ut fundus acciperetur ... Gli autori dell’opposta scuola dissentono, e reputano che altro sia la permuta di cose, altro la compravendita; e, che, se no, in caso di permuta non si potrebbe risolvere il problema di quale cosa debba ritenersi venduta e quale data a titolo di prezzo, e d’altra parte che sarebbe assurdo che entrambe le cose fossero considerate sia vendute sia date a titolo di prezzo. Ma Celio Sabino dice che, se a te che hai una cosa da vendere, ad esempio un fondo, io abbia per avventura dato a titolo di prezzo un uomo, il fondo deve ritenersi venduto, e l’uomo dato a titolo di prezzo per avere il fondo. Condizione: Tit. Ulp. 2,4 4. Sub hac condicione liber esse 4. Fatto libero sotto la condizione iussus: ‘si decem miliam heredi “se avrà dato all’erede diecimila”, dederit’, etsi ab herede pur se alienato dall’erede perverrà abalienatus sit, emptori dando alla libertà dando il denaro al pecuniam ad libertatem compratore: lo stabilisce la legge perveniet: idque lex duodecim delle XII Tavole. tabularum iubet. Condizione: D. 40,4,44 (Modestinus libro decimo responsorum) Maevia decedens servis suis nomine Sacco et Eutychiae et Irenae sub condicione libertatem reliquit suo verbis: “Saccus servus meus et Eutychia Irene ancillae meae et omnes sub condicione hac liberi sunto, ut monumento meo alternis mensibus lucernam accendant sollemnia et mortis peragant": Quaero, cum adsiduo monumento Maeviae Saccus et Eutychia et Irene non adsint, un esse liberi possunt. Modestinus respondit neque contextum verborum totius scripturae neque mentem testatricis eam esse, ut libertas sub condicione suspensa sit, cum eos liberos monumento adesse voluit: tamen officio iudicis eos esse compellendos testatricis iussioni parere. Mevia, morendo, manomise sotto condizione i suoi servi Sacco, Eutichia e Irene con queste parole: “Il mio servo Sacco e le mie schiave Eutuchia e Irene saranno liberi a questa condizione, affinché si possano recare a mesi alterni sulla mia tomba per accendere lumi e compiere i rituali”. Poiché Mevia, Sacco e Eutichia non si recano assiduamente alla tomba, chiedo se siano liberi. Modestino rispose che né dal testo del testamento, né dalla volontà della testatrice si ricavava che la libertà fosse sottoposta a condizione, volendo che i liberti andassero alla tomba. Tuttavia sembrerebbe che con i rimedi del magistrato si debba far rispettare la volontà della testatrice. Pacta: D. 2,14,7,7 (Ulp. L. 4 ad ed.) Ait praetor: «pacta conventa, quae neque dolo malo, neque adversus leges plebis scita senatus consulta decreta edicta principum, neque quo fraus cui eorum fiat facta erunt, servabo». Dice il pretore: «i patti convenuti, che sono stati stipulati senza dolo, né contrari alle leggi, ai plebisciti, ai senatoconsulti, ai decreti e editti dell’imperatore, né in frode di uno di questi, tutelerò». Gai. 1,119 (Mancipatio) Est autem mancipatio, ut supra quoque diximus, imaginaria quaedam venditio: Quod et ipsum ius proprium civium Romanorum est; eaque res ita agitur: Adhibitis non minus quam quinque testibus civibus Romanis puberibus et praeterea alio eiusdem condicionis, qui libram aeneam teneat, qui appellatur libripens, is, qui mancipio accipit, rem tenens ita dicit: HUNC EGO HOMINEM EX IURE QUIRITIUM MEUM ESSE AIO ISQUE MIHI EMPTUS ESTO HOC AERE AENEAQUE LIBRA; deinde aere percutit libram idque aes dat ei, a quo mancipio accipit, quasi pretii loco. La mancipazione, come abbiamo detto anche sopra [113], è una specie di vendita fittizia: il che è diritto proprio dei cittadini romani; e la cosa si svolge così: con l’impiego di non meno di cinque testimoni cittadini romani puberi, e in oltre di un altro della stessa condizione che sorregga una bilancia di bronzo e si chiama libripende, colui che riceve in mancipio tenendo del bronzo dice: «io questo uomo per diritto dei Quiriti dico che è mio e mi sia comprato con questo bronzo e con questa bilancia di bronzo»; poi, col bronzo, percuote la bilancia, ed il bronzo lo dà quasi in funzione di prezzo a colui dal quale riceve in mancipio. Obligatio: Gai 3,189 Poena manifesti furti ex lege XII tabularum capitalis erat. Nam liber verberatus addicebatur ei, cui furtum fecerat; utrum autem servus efficeretur ex addictione an adiudicati loco constitueretur, veteres quaerebant. In servum aeque verberatum animadvertebatur. Sed postea inprobata est asperitas poenae, et tam ex servi persona quam ex liberi quadrupli actio praetoris edicto constituta est. La pena del furto manifesto in base alla legge delle XII Tavole era capitale. Infatti il libero veniva assegnato, previa flagellazione, a colui che egli aveva derubato; gli antichi discutevano se in forza dell’assegnazione diventasse servo oppure venisse a trovarsi nella condizione dell’aggiudicato. Il servo, ugualmente flagellato, veniva giustiziato. In seguito, però, l’asprezza della pena fu disapprovata e dall’editto del pretore sia contro il servo sia contro il libero fu stabilita un’azione nel quadruplo. Obligatio: D. 46,3,80 (Pomp. lib. 4 ad Q. Mucium) Prout quidque contractum est, ita et solvi debet: ut, cum re contraxerimus, re solvi debet: veluti cum mutuum dedimus, ut retro pecuniae tantundem solvi debeat. et cum verbis aliquid contraximus, vel re vel verbis obligatio solvi debet, verbis, veluti cum acceptum promissori fit, re, veluti cum solvit quod promisit. aeque cum emptio vel venditio vel locatio contracta est, quoniam consensu nudo contrahi potest, etiam dissensu contrario dissolvi potest. Nel modo in cui qualunque cosa è stata contratta, nello stesso modo deve essere sciolta; come quando abbiamo contratto con la consegna di una cosa, bisogna sciogliere con la consegna di una cosa, ad esempio quando diamo un mutuo affinché venga pagato in restituzione altrettanto denaro, e quando contraiamo con la pronuncia di parole, l’obbligazione deve essere sciolta con la consegna di una cosa o con le parole: con le parole, come quando si compie l’acceptilatio nei confronti del promittente, o con la consegna di una cosa, come quando il promittente paga quel che ha promesso. Ugualmente quando è stata contratta una compera o una vendita o una locazione, dal momento che si può contrarre con il nudo consenso, anche con un consenso contrario si può sciogliere. Obligatio: D. 40,7,29 (Pomp. lib. 18 ad Q. Mucium) Statuliberi a ceteris servis nostris nihilo paene differunt. et ideo quod ad actiones vel ex delicto venientes vel ex negotio gesto contractu<ve> pertinet, eiusdem condicionis sunt statuliberi cuius ceteri. et ideo in publicis quoque iudiciis easdem poenas patiuntur, quas ceteri servi. Gli statuliberi non differiscono in nulla dagli altri nostri servi. Perciò, per quanto riguarda le azioni provenienti da un delitto o dalla gestione di un affare o da un contratto, gli statuliberi sono nella stessa condizione degli altri. E così nei giudizi pubblici sono sottoposti alle stesse pene degli altri. Obligatio: D. 50,16,19 (Ulp. 11 ad edictum) Labeo libro primo praetoris urbani definit, quod quaedam ‘agantur’, quaedam ‘gerantur’, quaedam ‘contrahantur’: et actum quidem generale verbum esse, sive verbis sive re quid agatur, ut in stipulatione vel numeratione: contractum autem ultro citroque obligationem, quod graeci sunallagma vocant, veluti emptionem venditionem, locationem conductionem, societatem: gestum rem significare sine verbis factam. Labeone nel primo libro del suo commentario all’editto del pretore urbano definisce come certe cose siano compiute attraverso un agere, certe siano compiute attraverso un gerere, certe attraverso un contrahere: e definisce actum come un termine di portata generale, riferito a quanto si compia sia con parole (verbis) sia con la dazione di una cosa (re), come nella stipulazione o nel versamento di una somma di denaro: definisce contractum, invece, quella obbligazione reciproca delle parti che i Greci chiamano sünàllagama, come la compravendita, la locazione conduzione, la società: e gestum, l’operazione compiuta senza il ricorso alle parole. Obligatio: D. 2,14,7pr.-1 (Ulp. 4 ad edictum) Iuris gentium conventiones quaedam actiones pariunt, quaedam exceptiones. 1. Quae pariunt actiones, in suo nomine non stant, sed transeunt in proprium nomen contractus: ut emptio venditio, locatio conductio, societas, commodatum, depositum et ceteri similes contractus. Tra le convenzioni iuris gentium alcune generano azioni, altre eccezioni. 1. Quelle che generano azioni non mantengono il loro nome, ma passano sotto il nome proprio di un contratto: come la compravendita, la locazione conduzione, la società, il comodato, il deposito ed altri simili contratti Obligatio: D. 2,14,7,2 Sed et si in alium contractum res non transeat. Subsit tamen causa, eleganter Aristo Celso respondit esse obligationem. Ut puta dedi tibi rem ut mihi aliam dares, dedi ut aliquid facias: hoc sunàllagma esse et hinc nasci civilem obligationem… Ma anche se quello che si è compiuto non perfezioni uno o altro contratto, e tuttavia sussista una causa, Aristone elegantemente rispose a Celso che vi è obbligazione. Come per esempio ti ho dato una cosa affinché me ne dessi un’altra, ho dato affinché tu faccia qualcosa: questo rappresenta un sinallagma, e da qui nasce un’obbligazione civile… Obligatio: Gai. 3,88-89 88. Nunc transeamus ad obligationes. Quarum summa divisio in duas species diducitur: omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto. 89. et prius videamus de his quae ex contractu nascuntur. Harum autem quattuor genera sunt: aut enim re contrahitur obligatio aut verbis aut litteris aut consensu. 88. Ora passiamo alle obbligazioni: la cui partizione maggiore le divide in due specie: ogni obbligazione, infatti, nasce da contratto o da delitto. 89. Vediamo prima quelle che nascono da contratto. Di queste ci sono quattro generi: l’obbligazione invero si contrae mediante cosa, o parole, o scritti, o consenso. Obligatio re: Gai. 3,90 Re contrahitur obligatio uelut mutui datione; mutui autem datio proprie in his fere rebus contingit, quae res pondere, numero, mensura constant, qualis est pecunia numerata, uinum, oleum, frumentum, aes, argentum, aurum; quas res aut numerando aut metiendo aut pendendo in hoc damus, ut accipientium fiant et quandoque nobis non eaedem, sed aliae eiusdem naturae reddantur. unde etiam mutuum appellatum est, quia quod ita tibi a me datum est, ex meo tuum fit. L’obbligazione si contrae con la ‘cosa’, come il dare a mutuo. Infatti, il mutuo la dazione a mutuo consiste nelle cose che possono essere pesate, numerate o misurate, quali il denaro contante, il vino, l’olio, il frumento, il rame l’argento, l’oro. Queste cose, contandole misurandole o pesandole, le diamo perché diventino di chi le riceve, e ci vengano restituite, non le stesse, bensì altre della stessa natura. Per questo è detto ‘mutuo’, perché ciò che da me a te è dato, da mio diventa tuo. Obligatio: Gai. 3,91 Is quoque, qui non debitum accepit ab eo, qui per errorem soluit, re obligatur; nam proinde ei condici potest SI PARET EVM DARE OPORTERE, ac si mutuum accepisset. unde quidam putant pupillum aut mulierem, cui sine tutoris auctoritate non debitum per errorem datum est, non teneri condictione, non magis quam mutui datione. sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere. Chi poi ha ricevuto qualcosa di indebito da quello, che per errore assolve, è obbligato con la dazione della cosa; infatti, può a lui intimarsi davanti al giudice «se risulta al giudice che quello debba dare», come se avesse ricevuto un mutuo. Onde alcuni ritengono che il minore o la donna, che senza l’autorità del tutore abbiano per errore ricevuto, non siano tenuti per l’intimazione come non lo sono per la dazione del mutuo. Ma questa specie di obbligazione non sembra aver base in un contratto, poiché chi dà con l’intento di pagare, più che contrarre un negozio lo vuole sciogliere. Obligatio: D. 47,7,1pr. (Gaius lib. 2 aureum) Obligationes aut ex contractu nascuntur Le obbligazioni nascono da contratto o da aut ex maleficio aut proprio quodam iure delitto o, in base ad una specifica disciplina, ex variis causarum figuris. da vari tipi di cause Obligatio: D. 44,7,5,4 (Gaius lib. 2 aureorum) Si iudex litem suam fecerit, non proprie ex maleficio obligatus videtur, sed quia neque ex contractu obligatus est utique peccasse aliquid intellegitur, licet per imprudentiam, ideo videtur quasi ex maleficio teneri. Se un giudice abbia fatto propria [= interesse proprio] la lite, non sembra specificatamente obbligato in base ad un atto illecito, ma poiché non è obbligato in base a un contratto e, perché risulta che in qualche cosa abbia agito male, sia pure per imprudenza, allora si ritiene che che egli sia tenuto quali sulla base di un illecito. Obligatio: D. 44,7,3pr. (Paulus: 2 inst.) Obligationum substantia non in eo consistit, ut aliquod corpus nostrum aut servitutem nostram faciat, sed ut alium nobis obstringat ad dandum aliquid vel faciendum vel praestandum. La sostanza delle obbligazioni non sta nel fare nostro un corpo ovvero una servitù, bensì nel costringere qualcuno a dare qualcosa o a fare o a prestare a noi. Obligatio: I. 3,13pr. Nunc transeamus ad obligationes. Obligatio est iuris vinculum, quo necessitate adstringimur alicuius solvendae rei secundum nostrae civitatis iura. Omnium autem obligationum summa divisio in duo genera deducitur: namque aut civiles sunt aut praetoriae. civiles sunt, quae aut legibus constitutae aut certe iure civili comprobatae sunt. praetoriae sunt, quas praetor ex sua iurisdictione constituit, quae etiam honorariae vocantur. Sequens divisio in quattuor species deducitur: aut enim ex contractu sunt aut quasi ex contractu aut ex maleficio aut quasi ex maleficio. prius est, ut de his quae ex contractu sunt dispiciamus. harum aeque quattuor species sunt: aut enim re contrahuntur aut verbis aut litteris aut consensu. de quibus singulis dispiciamus. Ora passiamo alle obbligazioni. L’obbligazione è un vincolo giuridico in forza del quale siamo costretti a pagare qualche cosa secondo le norme del nostro Stato. La partizione maggiore delle obbligazioni le divide in due generi: civili e pretorie. Civili sono quelle stabilite da leggi o convalidate dal diritto civile; pretorie quelle che il pretore ha stabilito con la sua giurisdizione, che si chiamano anche onorarie. La partizione successiva le divide in quattro specie: da contratto, quasi da contratto, da delitto, quasi da delitto. Trattiamo per prima quelle da contratto. Di queste ci sono ugualmente quattro specie: si contraggono mediante cosa, parole, scrittura, consenso. Analizziamole singolarmente. Obligatio: Codice civile italiano 1865 Art. 1097: Le obbligazioni derivano Art. 1173 del c.c. del 1942: Le dalla legge, da contratto o quasi obbligazioni derivano da contratto, da contratto, da delitto o quasi delitto. fatto illecito o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.