La storia ci viene
narrata da
Eginardo,
chiamato anche
Eginhard o Einhart
(Fulda, 775 ca. –
Seligenstadt, 840).
E’ stato uno storico
franco conosciuto
per essere stato il
biografo di Carlo
Magno.
Alla morte di Pipino il Breve nel
768 gli succedettero i due figli:
Carlomanno e Carlo. Nel 771 la
morte di Carlomanno ricondusse
tutto il potere nelle mani del solo
Carlo, che poi sarebbe stato
detto ‘Magno’ (ossia il Grande).
Egli condusse una serie di
vittoriose campagne militari
come quelle dell’804 contro i
Sassoni, del 796 contro gli Avari e
del 774 contro i Longobardi.
Queste vittorie e l’estensione dei
domini franchi fecero sì che nella
notte di Natale dell’anno 800, a
Roma, papa Leone III ponesse la
corona sul capo del re franco
con le parole: « A Carlo Augusto,
coronato da Dio, grande e
pacifico imperatore dei Romani».
Carlo Magno era un uomo
di alta statura, circa 1
metro e 92 cm, cosa
prodigiosa per i suoi tempi,
quando la penuria di cibo
limitava la crescita in
altezza. Ciò può essere
spiegato con il fatto che
egli apparteneva all’antica
aristocrazia franca alla
quale non era mancato il
nutrimento necessario per
sviluppare una buona
conformazione fisica.
Aveva un collo grosso e
corto, un po’ taurino, sul
quale poggiava una testa
rotonda; aveva la fronte
alta e il naso lungo.
Nonostante alla sua epoca andasse di moda vestirsi alla maniera
romana o greca, egli vestiva sempre alla maniera tradizionale dei
franchi perchè non sopportava gli abiti di foggia straniera.
Sul corpo portava una camicia di lino, dei pantaloni di lino e, sopra di
essi, una tunica orlata di seta che ricopriva in maniera aderente il
torace e andava poi allargandosi, scendendo fino alle ginocchia.
L’orlatura di seta era un segno distintivo di ricchezza, perché a quei
tempi la seta proveniva da Bisanzio ed era molto costosa.
Dalle ginocchia in giù le gambe erano avvolte con fasce ed i piedi
con calzari. D’inverno si proteggeva le spalle ed il petto con un
guardacuore (ampia e lunga veste da uomo, talora stretta alla vita,
con cappuccio, con maniche larghe e aperte, foderata spesso di
pelliccia) di pelle di lontra o di martora.
A testimonianza di un animo umile, quando andava a caccia si
accontentava di coprirsi con pelli di pecora, mentre i suoi nobili
indossavano pellicce pregiate.
Eccezionalmente, in due occasioni, a Roma, fu visto indossare abiti di
tipo romano: una lunga tunica, un clamide (un tipo di mantello corto e
leggero) e calzari di tipo romano. La prima volta lo fece per
compiacere papa Adriano, la seconda volta perchè glielo aveva
chiesto papa Leone.
Beveva vino in maniera
moderata, poichè
detestava l’ubriachezza,
ma aveva un grande
appetito. Il suo pranzo era
per lo più costituito da
quattro portate e da carne
che i suoi cacciatori gli
cuocevano allo spiedo.
Durante il pranzo ascoltava
musica o si faceva leggere
da un lettore le gesta degli
antichi o brani tratti dalla
Città di Dio di
sant’Agostino. Dopo il
pranzo di mezzogiorno
dormiva.
Praticava lo sport, amava il nuoto, specie nelle
sorgenti termali di acqua calda ad Aquisgrana.
Era un cavaliere eccellente ed un cacciatore
come tutti i franchi.
Disponeva di grande energia ed era sempre in
movimento, in uno stato di tensione perenne.
Basti pensare che durante la notte
interrompeva il suo sonno 4-5 volte, si vestiva
completamente e si dedicava ai suoi affari,
come l’amministrazione della giustizia. Per tale
motivo i suoi collaboratori dovevano tenersi
sempre pronti.
Aveva una voce alta e sottile, quasi pigolante
ma era molto loquace ed il suo eloquio era
ricco, fluido, quasi inarrestabile: sapeva
esprimere con chiarezza e facilmente ciò che
voleva.
Era avido di conoscenza: amava le nobili
scienze e stimava molto i maestri di queste
ultime. Prese lezioni di grammatica, di retorica,
di dialettica e, soprattutto, di astronomia. Si
dedicò anche allo studio di lingue straniere,
fino a parlare correttamente il latino e a
comprendere bene il greco.
Arrivò fino a comporre un’opera filosofica in cui
cercava di sondare l’essenza del nulla e
dell’oscurità basandosi sui brani della Bibbia.
Carlo, come gli altri principi germanici, era dell’opinione
che il sacro sangue del re dovesse essere trasmesso ad
un’ampia discendenza; ciò rappresentava, allo stesso
tempo, un atto della forza vitale e della sovranità del
re. Per tale motivo egli si diede molto da fare per
assicurarsi un’ampia discendenza.
Le mogli lo dovevano accompagnare nelle sue
campagne di guerra e, spesso, partorirono nei campi
militari.
Prima del 770, con un matrimonio morganatico (si tratta
di un matrimonio tra un uomo appartenente ad una
famiglia reale o regnante, e una donna di rango
inferiore. Né la sposa né alcuno dei figli nati dal
matrimonio può avere alcuna pretesa sui titoli del
marito, sui suoi diritti o le sue proprietà) sposò il suo
amore di gioventù Imiltrude, da cui ebbe due figli,
Pipino il Gobbo e Alpaide.
SECONDO MATRIMONIO
PRIMO MATRIMONIO
Ebbe poi quattro mogli legittime: Desiderata, Ildegarda, Fastrada e Liutgarda;
Il primo matrimonio di Carlo Magno fu un matrimonio
politico con la longobarda Desiderata, celebrato nel
770. Il matrimonio fu infelice perchè il re non
sopportava nelle sue relazioni umane più profonde
l’ingerenza dell’elemento razionale e del calcolo
politico e, così, ripudiò la moglie nel 771. Non ebbero
figli
Il secondo matrimonio fu quello più felice per Carlo: nel 771 sposò la quindicenne
Ildegarda che, in tredici anni di matrimonio, gli diede 9 figli, quattro maschi e
cinque femmine:

Carlo, futuro re dei Franchi ed imperatore

Pipino, re d'Italia

Ludovico I, detto il Pio, re dei Franchi e imperatore carolingio

Lotario, fratello gemello di Ludovico il Pio, morto in tenera età





.
Adélaïde, morta dopo il primo anno di vita
Rotrude, che per un periodo fu promessa all’imperatore di Bisanzio Costantino
Berta
Gisela
Ildegarda, morta dopo il primo anno di vita
TERZO MATRIMONIO
Nel 783, dopo la morte di Idelgarda, quando Carlo
aveva 40 anni sposò Fastrada, una adolescente
bellissima ma debole di salute, che ebbe un ruolo di
primo piano a corte e nell’amministrazione dello stato.
Qualcuno l’ha descritta come una donna crudele che
avrebbe indotto il re a deviare dalla sua solita condotta
mite. Diede a Carlo due figlie femmine (Iltrude e
Teodorata) e morì nel fiore degli anni nel 794.
QUARTO MATRIMONIO
Poco dopo la sua morte, il re si risposò con
Liutgarda, dalla quale non ebbe figli. Di lei
vengono decantate la bellezza, la mitezza e la
devozione, la benevolenza e la dolcezza nei
confronti di tutti, l’eloquio raffinato ed
accattivante, l’interesse per le arti liberali ed il
desiderio di conoscenza. Morì anch’ella dopo
pochi anni di matrimonio, nell’800.
Dopo questo matrimonio Carlo troverà
appagamento solo con le concubine:
 Maldegarda, che gli dette la figlia Rotilde
 Gersvinda, che gli dette la figlia Adaltrude
 Regina, che gli dette due figli maschi,
Drogone e Ugo.
 Adelinda, che gli dette 1 figlio, Teodorico
I suoi figli legittimi furono, quindi, 11. Oltre a
questi, ebbe altri 7 figli da unioni
extramatrimoniali
Carlo fu un padre tenero e affettuoso e molto progressista per i suoi
tempi. Egli fece istruire alle scienze non solo i figli maschi, ma anche le
figlie femmine. Inoltre, appena l’età lo permise, educò i figli a
cavalcare, a usare le armi e a cacciare.
Le figlie, dovevano dedicarsi anche a lavori umili, come lavorare la
lana, e furono educate a comportarsi con decoro.
Carlo accolse molto liberamente anche i figli illegittimi, per i quali erano
aperte le più alte cariche dello stato: il sangue del re richiedeva
rispetto, anche quando scorreva nelle vene di un figlio illegittimo.
Carlo era così legato ai suoi figli che non intraprendeva mai un viaggio
senza di loro; i figli cavalcavano al suo fianco, mentre le figlie lo
seguivano in coda, circondate da guardie del corpo.
Egli non volle mai dare alcuna sua figlia in sposa ad alcuno perchè per
lui non esisteva alcun legame possibile di pari dignità, se non quello
con la casa imperiale di Bisanzio. Così, non esitò a promettere in sposa
sua figlia Rotrude all’imperatore Costantino, anche se poi il matrimonio
non si realizzò. Un matrimonio con un uomo di rango inferiore non fu
ritenuto accettabile perché egli temeva che un genero che si fosse
elevato di rango solo grazie al matrimonio potesse esercitare
un’influenza negativa sulla sua politica. Così, tenne tutte le sue figlie
con sé, in casa, fino alla sua morte.
Oltre ad essere un marito affettuoso ed un
padre tenero, Carlo fu anche un figlio
devoto e particolarmente incline
all’amicizia.
La madre, Bertrada, visse fino a tarda età e
fu da lui tenuta sempre in grande
considerazione e trattata con onore e
rispetto.
Per quanto riguarda l’amicizia, egli
l’accordava facilmente ed era costante nel
mantenerla con coloro ai quali si sentiva
legato nell’intimo.
La sua grande sensibilità fece sì che egli,
imperatore forte e glorioso, manifestasse
tutta la sua umanità e la sua fragilità di
fronte al dolore, versando molte lacrime
non solo quando i suoi figli e le sue mogli
morirono, ma anche quando morì papa
Adriano, che egli amava più di tutti i suoi
amici. Ciò ci fornisce un’altra immagine del
glorioso Carlo Magno: un uomo in lutto per
le sue donne, un padre che piange la morte
dei figli, un amico che versa le lacrime per i
suoi amici.
Il testamento di Carlo Magno venne redatto in
presenza di 30 testimoni: 15 ecclesiastici e 15
laici. Ciò in ossequio all’equilibrio fra potere
religioso e potere mondano che l’imperatore ha
sempre cercato di mantenere.
Nel suo testamento Carlo Magno distribuisce
due terzi del suo tesoro alle ventuno città
diocesane ed ai loro vescovi. Della terza parte
che l’imperatore mantenne per sè per la durata
della sua vita, agli eredi diretti (figli e nipoti) ne
andrà solo un quarto (quindi circa l’8% del totale
iniziale). Bisogna però tenere conto che essi
avevano già ricevuto in dote regni, contee e
ricche abbazie. Degli altri tre quarti, uno fu
aggiunto a quanto destinato alle città
diocesane, uno fu distribuito ai poveri ed un altro
fu destinato ai servi addetti al mantenimento del
palazzo. Il motivo per cui l’imperatore distribuì in
questo modo il suo tesoro è da ricercare nel
fatto che quest’ultimo era considerato qualcosa
di più di un semplice bene materiale; esso
faceva parte dell’identità stessa dell’imperatore,
una sorta di “alter ego”. Pertanto, ripartendo il
suo tesoro tra il popolo, il re donava sé stesso al
popolo stesso.
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Presentazione storia - "Cuoco-Campanella"