Per “trapianto” o “chirurgia sostitutiva” si intende l’operazione chirurgica che inserisce in un “ospite” un organo o un tessuto prelevato da un “donatore”, deceduto o vivente. Da un donatore deceduto si possono ricavare: cute, cornea, midollo osseo, rene, cuore, polmoni, fegato, pancreas, tubo gastroenterico. Un donatore vivente può donare parzialmente reni e fegato. Tipologie: Trapianto autologo: da una sede all’altra dello stesso individuo (cute); Trapianto omologo o allotrapianto: fra soggetti della stessa specie; emerge il problema dell’istocompatibilità e del rigetto (rigetto mediato dalle cellule T, rigetto cronico); Trapianto eterologo o xenotrapianto: fra soggetti di specie diversa; allo stadio sperimentale, provoca altre due forme di rigetto (iperacuto e acuto vascolare); Complesso di reazioni biologiche in base al quale l'organismo tende a rifiutare l'organo trapiantato riconoscendolo come estraneo. Problemi di rigetto in un trapianto omologo: Rigetto mediato dai linfociti di tipo T (che riconoscono come estraneo l’organo trapiantato); Rigetto cronico (su lungo periodo, l’organo trapiantato perde tutte le sue funzionalità; la perdita è associata alla fibrosi dei vasi sanguigni dell’organo stesso. Il rigetto cronico causa in genere la perdita dell'organo e la necessità di un nuovo trapianto in una decina d'anni. Problemi di rigetto in un trapianto eterologo, allo stadio sperimentale: Rigetto iperacuto (che avviene entro pochi minuti, o al massimo qualche ora dal trapianto); Rigetto acuto vascolare (che avviene in genere da cinque a dieci giorni dopo l'intervento, se il paziente non sta assumendo farmaci immunosoppressori, i quali inibiscono l’azione del sistema immunitario) Se il rigetto non avviene, si parla di istocompatibilità dei tessuti. La morte non è un evento istantaneo, bensì un processo che si innesca (irreversibilmente) con la perdita delle funzioni dell’encefalo e del tronco. Una lesione diretta dell’encefalo può distruggere talmente tessuto nervoso o degenerare la sua perfusione ematica al punto da causarne la morte, dapprima biologica e poi anatomica: l’organismo muore (il cuore si ferma …) perché è “morto” il cervello. La cosiddetta “morte cardiaca” non è quindi una vera e propria morte, ma è preceduta dalla morte del cervello. Qualora l’attività cardiaca e la circolazione ematica vengano mantenute artificialmente gli organi extracranici restano momentaneamente vitali, in quanto continuano a ricevere i necessari nutrimenti. La condizione non è peraltro duratura poichè la mancanza di coordinamento cerebrale ne causa il danno progressivo ed inevitabile. E’ questa la condizione definita di “morte cerebrale”. Perché abbia successo, il trapianto esige che l’organo da trapiantare sia biologicamente ben funzionante, e pertanto normalmente irrorato dal sangue sino al momento del suo prelievo dal cadavere. Esigenze eticamente rilevanti: garantire la dignità della morte; non riservare trattamenti sanitari ad un cadavere; evitare sprechi inutili di risorse ed oneri economici; assicurare trattamenti sanitari adeguati a pazienti che possono giovarsene; permettere (peraltro non necessariamente) il prelievo di organi che possano essere trapiantati. Dal momento dell’accertamento clinico della morte, il medico curante è tenuto ad una serie di obblighi di legge: segnalazione del caso alla Direzione Sanitaria dell’Ospedale, che convoca un’apposita Commissione composta da tre specialisti (rianimatore, neurologo, medico legale), i quali debbono procedere a tre controlli in un prestabilito arco di tempo, e che all’unanimità debbono certificare il permanere delle condizioni accertate al momento della morte.; In questo periodo di accertamento deve continuate le “cure” tese al non facile mantenimento di una funzione biologica ottimale degli organi donabili, che, nonostante la perfusione, tendono al decadimento organico; Comunicare in questa fase comunicato ai parenti il decesso. Il problema del consenso alla donazione: la scelta fra il sì ed il no è regolata dalla Legge 91/99, cosiddetta del “silenzio/assenso” (acconsente anche chi non risponde a richieste ripetute). Tuttavia, in attesa della complessa registrazione centralizzata delle scelte, resta valido il principio del consenso o dissenso esplicito. Possono verificarsi tre casi: 1. 2. 3. Se il soggetto ha espresso in vita documentata volontà negativa, non c’è prelievo di organi. Se ha espresso volontà positiva, i parenti non possono opporsi. Se non si è espresso, per il prelievo è necessario il consenso dei parenti. Il feto anencefalico ha una forma umana ed è teleologicamente diretto, fin dalla fecondazione, con un principio vitale proprio. Non esiste differenza alcuna, né sotto il profilo ontologico né assiologico per l’anencefalo. Ciò significa che si tratta di un individuo della specie umana da rispettare come persona. L’anencefalo ha identità e dignità umana. Si potrebbe dare uno statuto sociale all’anencefalo a partire dal suo fine: quello di donatore. Ma così si nega la natura ontologica della persona. La definizione di morte cerebrale nell’anencefalo: superfluo il ricorrere alla valutazione del flusso cerebrale ed all’elettroencefalogramma. La specificazione della morte del tronco cerebrale può essere effettuata mediante la determinazione della scomparsa dei riflessi, indicativi di pregressa normofunzionalità dei nervi cranici, e con il prolungarsi dell’apnea per almeno 24 ore . differenziazione tra morte cerebrale totale e morte corticale. la rianimazione del neonato anencefalico. AMISH: approva se vi è una chiara indicazione che la salute del trapiantato sarà migliorata, ma è riluttante se il risultato è incerto. AVVENTISTI DEL SETTIMO GIORNO: l'individuo e la famiglia hanno il diritto di ricevere e donare gli organi e i tessuti. CHIESA BATTISTA: il trapianto è approvato solo se offre la possibilità di miglioramento fisico e il prolungamento della vita. BUDDISMO: la donazione è una questione di coscienza individuale. CATTOLICESIMO: I trapianti sono eticamente e moralmente accettati dalla Chiesa Cattolica. La donazione è incoraggiata in quanto atto di carità e di amore fraterno. EBRAISMO: se è possibile donare un organo per salvare una vita, è obbligatorio farlo. Poiché ridonare la vista è considerato salvare la vita, è incluso anche il trapianto della cornea. CHIESA GRECO-ORTODOSSA: non pone obiezioni alle procedure che contribuiscono a migliorare lo stato di salute INDUISMO: la donazione degli organi per il trapianto è una decisione individuale. ISLAM: approva la donazione da parte di donatori che abbiano dato in anticipo il proprio consenso per iscritto e gli organi non devono essere conservati, bensì trapiantati immediatamente. CHIESA LUTERANA: approva la donazione di organi umani per i trapianti perché contribuisce allo star bene dell'umanità e può essere un'espressione di sacrificio amorevole per un vicino bisognoso. MORMONI: la donazione degli organi per i trapianti è una questione personale. CHIESA PRESBITERIANA: incoraggia e appoggia la donazione di organi e tessuti. Rispetta la coscienza individuale e il diritto di una persona di decidere per quanto riguarda il suo corpo. QUACCHERI: la donazione degli organi per i trapianti è una questione personale. SCIENZA CRISTIANA: non prende posizione, lasciando la decisione all'individuo. TESTIMONI DI GEOVA: la donazione è questione di coscienza individuale fatto salvo che tutti gli organi e i tessuti devono essere completamente privi di sangue. VALDESI: incoraggiano e sostengono la donazione e il trapianto degli organi, giudicato uno strumento per aiutare il prossimo anche dopo la propria morte. Cenni storici: I primi tentativi degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. Fu trapiantato in una bambina (Baby Fae) un cuore di babbuino, che sopravvisse per breve tempo; dopo poche settimane, infatti, sopravvenne il rigetto. Negli anni '90, due fegati di babbuino furono trapiantati in due pazienti. Sopravvissero l'uno per settanta giorni e l'altro per ventisei giorni. In uno dei due casi, sembra che un patogeno di babbuino (citomegalovirus) sia stato trasferito al paziente, anche se egli non sviluppò alcuna malattia. Furono anche tentati trapianti di cuore (tre casi) o di fegato (un caso) di maiale; tuttavia in nessun caso il paziente sopravvisse più di ventiquattro ore. In passato, sono stati preferiti i primati non umani come fonte di organi, ma attualmente la comunità scientifica ha escluso l'utilizzo di tali animali come fonte di organi, sia a causa del maggior rischio di trasmissione di infezioni, sia per altre considerazioni di ordine etico e pratico. Di conseguenza, molti ricercatori hanno scelto di utilizzare i maiali come fonte potenziale di organi, tessuti o cellule per lo xenotrapianto. L'ingegneria genetica ha consentito di migliorare significativamente il tempo di sopravvivenza di un organo di maiale trapiantato in un primate non umano immunosoppresso, anche se il tempo di sopravvivenza di tali organi non è ancora paragonabile a quello di organi umani trapiantati nell'uomo. Il problema del rigetto: immunologia dello xenotrapianto d’organo Rigetto iperacuto Gli anticorpi xenoreattivi preesistenti si legano alle cellule endoteliali del maiale; l'antigene di maiale noto come "á-gal". Il legame degli anticorpi fissa ed attiva il complemento; la combinazione anticorpi/complemento attivato conduce all'attivazione dell'endotelio con conseguente trombosi, rapida ischemia e rigetto del trapianto. Il rigetto iperacuto si può risolvere in due modi: 1. L'eliminazione degli anticorpi xenoreattivi preesistenti: l’eliminazione, o quantomeno la riduzione, dell’espressione di "á-gal" negli organi dei maiali 2. Inibizione del complemento. Sono stati effettuati esperimenti in vitro in cui una proteina umana, che inibisce l'attivazione del complemento umano, è stata introdotta nella membrana di cellule endoteliali di suino. Rigetto acuto vascolare È causato dagli anticorpi xenoreattivi indotti e alla possibile infiltrazione delle cellule infiammatorie del ricevente, monociti e cellule «natural killer», che invadono lo xenotrapianto. Le cellule endoteliali sono così attivate causando trombosi, compromettendo il flusso ematico e determinando quindi il rigetto. Le soluzioni: 1. Nel modello animale, lo studio del rigetto acuto vascolare ha dimostrato che l'uso di terapie immunosoppressive porta ad una sopravvivenza molto più lunga degli organi xenotrapiantati in animali così trattati, rispetto ad animali non trattati. 2. In aggiunta alla terapia immunosoppressiva, c’è inoltre la possibilità di ottenere tolleranza (non reattività di un ricevente verso antigeni di maiale, senza l’impiego di immunosoppressione) in trapianti maiale/primate. Rigetto cronico Ci sono evidenze che, così come l'allotrapianto, anche lo xenotrapianto può andare incontro a rigetto mesi o anni più tardi, anche quando l'organo trapiantato ha superato tutte le precedenti fasi di rigetto. Questo tipo di rigetto viene definito "cronico". La principale patologia relativa a questa forma di rigetto è costituita dalla proliferazione delle cellule muscolari lisce e, quindi, dall'obliterazione dei vasi sanguigni. Modelli sperimentali Piccoli animali Il principale modello utilizzato è stato il trapianto di cuore di hamster o topo nel ratto. il rigetto dipende dalla sintesi di anticorpi antitrapianto che, insieme con il complemento del ricevente, porta al rigetto dell'organo. Modello per lo studio del rigetto acuto vascolare. Nel ratto, è stato dimostrato che la somministrazione di farmaci immunosoppressori può consentire la sopravvivenza a lungo termine dei cuori di hamster. Ottenimento dell' "adattamento" ("accomodation"). L'adattamento si riferisce alla sopravvivenza di un organo anche in presenza di anticorpi antitrapianto e di complemento. Grandi animali Il principale modello è a tutt’oggi costituito da maiali transgenici per hDAF. Gli organi di maiali normali, trapiantati in primati non umani, nella maggior parte dei casi vanno incontro a rigetto iperacuto Anche quando il rigetto iperacuto è superato, gli organi di maiali transgenici per hDAF, trapiantati in primati non umani, subiscono un tipo di rigetto che somiglia a quello acuto vascolare. Quando gli organi sono trapiantati in modo da dover sopperire alla funzione vitale (trapianto ortotopico), le sopravvivenze massime si allungano. Gli scienziati propongono due diversi approcci per prolungare la sopravvivenza degli organi di maiale trapiantati nei primati. Sperimentare nuovi protocolli di immunosoppressione, o produrre maiali che esprimano altri transgeni capaci -d’inibire i fattori di rigetto associati al rigetto acuto vascolare. Xenozoonosi: trasmissione di agenti infettivi da una specie all'altra Sono stati identificati oltre sessanta agenti infettivi del maiale, con la potenziale capacità di causare malattie nell'uomo. E' in corso un processo di produzione di linee "pulite" di animali donatori con uno stato di salute certificato. Le misure di controllo adottate comprendono il parto dei maiali mediante isterotomia (derivazione cesarea), il controllo accurato dell'ambiente e la sorveglianza routinaria dei maiali e del personale che li cura. Non si può escludere tuttavia che esista un virus sconosciuto di maiale, che non provoca alcuna patologia nell’animale stesso, ma che potrebbe essere patogeno per l'uomo. Come in tutte le altre specie di mammiferi, i maiali contengono nel loro DNA sequenze che codificano retrovirus (PERV, Porcine Endogenous RetroViruses). I PERV possono infettare in vitro cellule umane. Non esistono soddisfacenti modelli animali per testare la patogenicità di questi agenti. Progressi delle Biotecnologie e della Genetica Molecolare I maggiori progressi riguardano soprattutto la produzione di suini trangenici per geni umani che inibiscono il rigetto. Clonazione dei suini, consentendo una manipolazione genetica più semplice di quella ottenuta con i metodi sino ad oggi disponibili. Con questa procedura, almeno in linea di principio, nuovi geni potrebbero essere introdotti facilmente nel DNA genomico dei suini ed altri geni potrebbero essere inattivati in modo da renderli non più funzionali ("knock out"). Ad esempio, il gene responsabile dell'espressione dell'antigene á-gal sulle cellule endoteliali di suino potrebbe essere inattivato in modo da diminuire, presumibilmente, almeno uno degli stimoli al rigetto. A livello sperimentale, sono state approntate metodiche per regolare l'espressione dei transgeni. Infatti, potrebbe essere molto vantaggioso che un determinato transgene dell’organo di maiale trapiantato si esprima in un particolare momento del periodo post-trapianto, mentre potrebbe essere molto svantaggioso che lo facesse in uno stadio differente. Procedere verso la fase clinica Poiché cellule e tessuti, dopo il trapianto, non sono immediatamente perfusi con il sangue del ricevente, essi non vanno incontro a rigetto iperacuto. Per questo motivo trials clinici di questo tipo di trapianto hanno avuto uno sviluppo ulteriore rispetto ai trials clinici di organi solidi. Un numero significativo di pazienti con epatite acuta fulminante è stato arruolato in studi clinici multicentrici, che utilizzano epatociti di maiale in apparecchi artificiali (fegato bioartificiale), con risultati clinici iniziali promettenti. Vi è una notevole divergenza di opinione riguardo la sopravvivenza minima richiesta per un organo di maiale trapiantato in un primate non umano, prima di poter procedere a trials clinici di trapianto di organi di maiale in riceventi umani. Secondo l’opinione di alcuni, si potrebbe dare inizio ai trials clinici nell'uomo solo dopo che sia stata ottenuta, di routine, una sopravvivenza di novanta o più giorni di un organo di maiale, trapiantato in modo da dover sopperire alla funzione vitale, in un primate non umano. Tuttavia, mentre la sopravvivenza degli organi di maiale trapiantati in primati non umani attualmente non è sufficientemente lunga da considerare possibile il trapianto definitivo di un organo di maiale nell'uomo, l'opzione di un trapianto "ponte" di un organo di maiale potrebbe essere considerata attuabile in tempi più brevi. L’intervento dell’uomo sul creato Quali criteri deve adottare e quale limiti deve porsi l’uomo nella manipolazione del creato? Dio ha stabilito una gerarchia tra le sue creature L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è posto al centro e al culmine del creato, non solo perché tutto quanto esiste è destinato a lui, ma anche perché la donna e l’uomo hanno il compito di collaborare con il Creatore nel condurre il creato verso la sua perfezione finale. Giovanni Paolo II e l’enciclica "Laborem exercens": "L’uomo è immagine di Dio, tra l’altro, per il mandato ricevuto dal suo Creatore di soggiogare, di dominare la terra. Nell’adempimento di tale mandato, l’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo". L’uomo deve orientare, attraverso la sua opera responsabile, la vita del creato verso l’autentico ed integrale bene dell’uomo. Va riaffermato il diritto/dovere dell’uomo, su mandato del suo Creatore e mai contro l’ordine naturale da Lui stabilito, di agire nel creato e sul creato, anche servendosi delle altre creature, per il raggiungimento del fine ultimo di tutta la creazione: la gloria di Dio e la realizzazione piena e definitiva del suo Regno, attraverso la promozione dell’uomo. L’uso degli animali per il bene dell’uomo Interessa considerare quale sia stata l’intenzione del Creatore nel dare l’esistenza agli animali. Essi, proprio in quanto creature, hanno un loro proprio valore che sicuramente l’uomo ha il dovere di riconoscere e rispettare. Tuttavia, Dio li ha posti, insieme alle altre creature non umane, a servizio dell’uomo, perché egli possa, anche attraverso di loro, giungere al suo sviluppo integrale. questo ruolo di "servizio" reso all’uomo si manifesta con modalità differenti, tra cui lo xenotrapianto. Lo xenotrapianto non è in contrasto con l’ordine della creazione. Al contrario, essa rappresenta per l’uomo un’ulteriore occasione di responsabilità creativa nel fare un uso ragionevole del potere che Dio gli ha dato. L’uomo si è sempre servito degli animali per i suoi bisogni primari (alimentazione, lavoro, vestiario, ecc..), in una sorta di "cooperazione" naturale che ha costantemente segnato le varie tappe del progresso e dello sviluppo della civiltà. Le dimensioni di razionalità e spiritualità pongono l’uomo al centro dell’universo, perché ne utilizzi le risorse presenti (tra cui gli animali), in maniera sapiente e responsabile, alla ricerca dell’autentica promozione di ogni essere. La questione dell’uso degli animali per migliorare la sopravvivenza o la salute dell’uomo (modo di concepire la relazione animale-uomo) Emergono due visioni contrapposte ed estreme. C’è chi ritiene che l’animale e l’uomo abbiano una dignità equivalente, e chi invece pensa che gli animali siano del tutto in balia dell’arbitrio umano. Nel primo caso, l’uso degli animali è considerato un vero e proprio specismo o tirannia dell’uomo sugli animali. Nella seconda prospettiva, invece, l’uomo potrebbe utilizzare liberamente gli animali, in base ai propri desideri e senza particolari limitazioni etiche. In ogni prospettiva è eticamente richiesto che, nell’usare gli animali, l’uomo osservi alcune condizioni quali: evitare agli animali stessi sofferenze non necessarie, rispettare i criteri di vera necessità e ragionevolezza, evitare modificazioni genetiche non controllabili che possano alterare in modo significativo la biodiversità e l’equilibrio delle specie nel mondo animale. accettabilità del superamento della barriera tra specie animale e specie uomo. Dall’altro, la questione della non appare invece sostanzialmente rilevante la questione dell’utilizzazione di differenti specie animali (ad es. primati non umani o non primati), pur lasciando aperte le valutazioni sulla diversità di sensibilità tra animali di specie differenti e sull’equilibrio tra le varie specie e all’interno della stessa specie. Xenotrapianto e identità del ricevente L’impianto di un organo estraneo al corpo originario dell’uomo ne modifica l’identità? E se sì, fino a che punto sono accettabili i livelli di modificazione raggiunta? il concetto di "identità personale" é ricco di valenze e di sfumature di significato. singolarità e irriducibilità dell’uomo in rapporto al suo essere (livello ontologico) e al suo sentirsi (livello psicologico) persona; Possiamo indicare l’identità personale come la esse si esprimono nella dimensione storica della persona e, in particolare, nella sua struttura comunicativa, sempre mediata dalla corporeità. l’identità personale costituisce un bene della persona, una qualità intrinseca al suo stesso essere e, dunque, un valore morale su cui fondare il diritto/dovere di promuovere e difendere l’integrità dell’identità personale di ciascuno. L’impianto di un organo estraneo al corpo dell’uomo trova un limite etico nel grado di modificabilità che esso eventualmente comportasse per l’identità della persona che lo riceve. Non tutti gli organi del corpo umano sono in ugual grado espressione della irripetibile identità della persona: alcuni organi (come le gonadi) non potranno mai essere lecitamente trapiantati, per le inevitabili conseguenze oggettive che produrrebbero nel ricevente o nei suoi discendenti, mentre gli organi considerati come meramente funzionali e quelli con maggiore valenza personalizzante dovranno essere valutati, caso per caso, proprio in funzione della carica simbolica che vengono ad assumere nella singola persona. I criteri fondamentali di liceità dello xenotrapianto. Prima Pio XII (Discorso all’Associazione Italiana Donatori di cornea ed ai Clinici Oculisti e Medici legali, 14 Maggio 1956), e poi Giovanni Paolo II (Discorso al 18E Congresso Internazionale della Società dei trapianti, 29 Agosto 2000, n.7), hanno chiaramente affermato la liceità, in linea di principio, di tale procedura terapeutica, a condizione che "l’organo trapiantato non incida sull’integrità dell’identità psicologica o genetica della persona che lo riceve" e "che esista la provata possibilità biologica di effettuare con successo un tale trapianto, senza esporre ad eccessivi rischi il ricevente". Rischio sanitario Il problema dello stabilire la soglia di rischio da non superare perché un intervento di trapianto sia considerato moralmente accettabile. Più complessa ed incerta risulta la valutazione dei rischi legati ad un aspetto peculiare degli xenotrapianti da animale ad uomo: la possibile trasmissione al ricevente di infezioni (zoonosi). Quando si giungerà all’applicazione clinica dello xenotrapianto, allora sarà necessario selezionare con cura i candidati, in base a criteri chiari e prestabiliti; effettuare un monitoraggio approfondito e costante del paziente trapiantato, con la possibilità, qualora se ne presentasse l’indicazione, anche della messa in quarantena del soggetto, a presidio di una diffusione epidemica di infezione. Una forma di monitoraggio dovrebbe essere prevista anche per coloro che vivono a stretto contatto col paziente trapiantato. Durante la fase sperimentale, un tale paziente dovrebbe accettare di astenersi dal procreare, per il non escludibile rischio di ricombinazione genetica che, qualora si verificasse, potrebbe interessare anche le sue cellule germinali. Sarebbe anche necessario astenersi dai rapporti sessuali per evitare possibili trasmissioni virali attraverso questa via. Un importante ruolo, nell’applicazione clinica dello xenotrapianto, va assegnato anche alla scienza psicologica, la quale dovrà dare prima il suo responso, nei singoli casi, sulle probabili ripercussioni che il soggetto ricevente potrebbe subire nella sua psiche (es. modificazione del proprio "schema corporeo"), circa l’integrazione di un organo a lui estraneo, e ancor più quando questo è di provenienza animale. In una eventuale fase post-trapianto, la psicologia dovrà anche dare il suo apporto clinico per sostenere il paziente trapiantato in questo processo di integrazione. "Transgenesi" Per animale transgenico si intende l’animale modificato mediante l’introduzione nel suo patrimonio genetico di nuovi geni. Diversamente, viene usato il termine "knock out" per indicare quegli animali nei quali un dato gene(i) endogeno non viene più espresso. In entrambi i casi, gli animali così trattati esprimeranno particolari caratteristiche che saranno trasmesse alla loro progenie. La possibilità di operare tali modificazioni genetiche, utilizzando anche geni di origine umana, nel rispetto dell’animale e della biodiversità, è moralmente accettabile in vista di benefici significativi per l’uomo stesso. Pertanto, pur riconoscendo che la transgenesi non compromette l’identità genetica complessiva dell’animale mutato e della sua specie, e riaffermando la responsabilità dell’uomo verso il creato, così come per il perseguimento di obiettivi di salute attraverso certi interventi di manipolazione genetica, indichiamo alcune basilari condizioni etiche da rispettare: 1) va garantita l’attenzione al benessere degli animali geneticamente modificati, in modo da valutare l’effetto dell’espressione del transgene, le eventuali modificazioni degli aspetti anatomici, fisiologici e comportamentali, limitando i livelli di stress e di dolore, di sofferenza ed angoscia; 2) vanno considerati gli effetti nella progenie ed eventuali ripercussioni nei riguardi dell’ambiente; 3) è opportuno che tali animali siano tenuti sotto stretto controllo e non rilasciati nell’ambiente; 4) bisogna minimizzare il più possibile il numero degli animali utilizzati nella sperimentazione; 5) il prelievo di organi e/o tessuti deve avvenire in un unico intervento chirurgico; 6) ogni protocollo di sperimentazione sull’animale deve essere sottoposto a valutazione da parte di un comitato etico competente . Consenso informato Data la provenienza animale degli organi da trapiantare, il problema riguarderà soltanto il ricevente e, secondariamente, i suoi congiunti. Al primo dovrà essere fornita ogni indicazione sulla sua patologia e sulla prognosi, sull’intervento di xenotrapianto e la conseguente terapia, sulle probabilità di successo e sui rischi di rigetto; di zoonosi, così come sulle cautele da adottare in caso d’infezione (in particolare l’eventuale esigenza di quarantena che comporta la separazione dai contatti fisici con gli altri, finché sussiste il rischio di contagio). Il paziente dovrà anche essere informato sulla necessità di sottoporsi a controlli medici per tutta la vita, per un necessario monitoraggio costante del decorso post-trapianto. Non dovrà mancare un’informazione adeguata su eventuali possibili terapie alternative allo xenotrapianto. Tale consenso informato da parte del paziente va inteso come personale. Dalla fase sperimentale, pertanto, vanno esclusi i minori e quanti non sono in grado di dare un valido consenso. Tuttavia, se un paziente incapace di esprimere un valido consenso si trovasse in pericolo di morte imminente e non precedentemente prevedibile, si potrà ricorrere al consenso di un legale rappresentante (ad es., nell’ipotesi di effettuare uno xenotrapianto salva-vita, come "soluzione-ponte", cioè transitoria, su un paziente in coma), purché la prestazione medica da intraprendere offra una ragionevole speranza di beneficio per il paziente stesso. Anche i congiunti dovranno essere informati su ciò che potrebbe comportare il trapianto circa i loro contatti col paziente e sui potenziali rischi di contagio in caso d’insorgenza delle suddette infezioni; tuttavia, a loro non si potrà chiedere un consenso in senso stretto, rimanendo il paziente il responsabile ultimo delle scelte sulla propria salute. Il trapianto di propri arti rientra nel campo della chirurgia ricostruttiva. Per esempio, gli arti amputati traumaticamente spesso possono essere riattaccati se non sono eccessivamente danneggiati. Oppure, in caso di infortunio è possibile sostituire le dita delle mani con dita dei piedi per ripristinare la funzione di presa della mano. Questo tipo di intervento può quindi migliorare notevolmente la qualità di vita. Il trapianto di arti donati è invece solo agli inizi. Fino ad oggi è stato eseguito in casi isolati. Nel 1998, a Lione (Francia) un team internazionale di chirurghi è riuscito a trapiantare la mano di una persona deceduta. Tre anni dopo ha però dovuto essere rimossa a causa del rigetto cronico (cosa che ovviamente non accade nel trapianto di arti propri). In seguito si sono fatti anche tentativi di trapianto delle due mani, compresi gli avambracci. Il trapianto di un arto è un intervento molto complesso: oltre a collegare i vasi sanguigni, i chirurghi devono unire nervi, muscoli e tendini in modo che l'arto mantenga mobilità e senso del tatto e della temperatura. Anche la problematica del rigetto è particolarmente spinosa perché l'organo trapiantato è costituito da una grande varietà di tessuti (pelle, osso, muscolo, ecc.). Di fronte a queste difficoltà, il trapianto allogenico di arti viene preso in considerazione solo se il paziente soffre enormemente della sua menomazione. Anche lo stress psichico del ricevente può essere maggiore del previsto, perché l'organo trapiantato non è nascosto all'interno del corpo ma è davanti agli occhi in ogni momento. Inoltre, non essendo il trapianto di un arto un intervento che salva la vita, si pone un dilemma etico generale. Considerati i rischi elevati, è dunque legittimo interrogarsi sulla giustificazione di questo genere di trapianto. Legge 1° aprile 1999, n. 91 "Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 1999 Art.1, comma 2: Le attività di trapianto di organi e di tessuti ed il coordinamento delle stesse costituiscono obiettivi del Servizio sanitario nazionale. Il procedimento per l'esecuzione dei trapianti è disciplinato secondo modalità tali da assicurare il rispetto dei criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i cittadini, prevedendo criteri di accesso alle liste di attesa determinati da parametri clinici ed immunologici. Art. 3,comma 2: All'inizio del periodo di osservazione ai fini dell'accertamento di morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582, i medici delle strutture di cui all'articolo 13 forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto nonchè sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non separato o al convivente more uxorio o, in mancanza, ai figli maggiori di età o, in mancanza di questi ultimi, ai genitori ovvero al rappresentante legale. Art. 3, comma 3: È vietato il prelievo delle gonadi e dell'encefalo. Art. 3, comma 4: La manipolazione genetica degli embrioni è vietata anche ai fini del trapianto di organo. Art. 4: (1)[…]i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione, secondo quanto stabilito dai commi 4 e 5 del presente articolo. (2)I soggetti cui non sia stata notificata la richiesta di manifestazione della propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti, […] sono considerati non donatori. (3)Per i minori di età la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione è manifestata dai genitori esercenti la potestà. In caso di non accordo tra i due genitori non è possibile procedere alla manifestazione di disponibilità alla donazione. Non è consentita la manifestazione di volontà in ordine alla donazione di organi per i nascituri, per i soggetti non aventi la capacità di agire nonchè per i minori affidati o ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o privati. Art. 6: I prelievi di organi e di tessuti disciplinati dalla presente legge sono effettuati esclusivamente a scopo di trapianto terapeutico. Art. 8, comma 1: È istituito presso l'Istituto superiore di sanità il Centro nazionale per i trapianti, […] Art. 15: (1) Le regioni, sentito il centro regionale o interregionale, individuano le strutture sanitarie pubbliche aventi il compito di conservare e distribuire i tessuti prelevati, certificandone la idoneità e la sicurezza. (2) Le strutture di cui al comma 1 sono tenute a registrare i movimenti in entrata ed in uscita dei tessuti prelevati, inclusa l'importazione, secondo le modalità definite dalle regioni. Art. 18. (1) I medici che effettuano i prelievi e i medici che effettuano i trapianti devono essere diversi da quelli che accertano la morte. (2) Il personale sanitario ed amministrativo impegnato nelle attività di prelievo e di trapianto è tenuto a garantire l'anonimato dei dati relativi al donatore ed al ricevente. Art. 19: (2) È vietata l'esportazione di organi e tessuti verso gli Stati che ne fanno libero commercio. (4) È vietata l'importazione di tessuti e di organi a scopo di trapianto da Stati la cui legislazione prevede la possibilità di prelievo e relativa vendita di organi provenienti da cadaveri di cittadini condannati a morte. Art. 22, comma 3: Chiunque procura per scopo di lucro un organo o un tessuto prelevato da soggetto di cui sia stata accertata la morte […] ovvero ne fa comunque commercio, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da lire 20 milioni a lire 300 milioni. Se il fatto è commesso da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione. «Un primo accento è da porre sul fatto che ogni intervento di trapianto d'organo, come già in altra occasione ho avuto modo di sottolineare, ha generalmente all'origine una decisione di grande valore etico: "la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un'altra persona" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II: XIV/1, 1991, p. 1711). Proprio in questo risiede la nobiltà del gesto, che si configura come un autentico atto d'amore. Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé, dal momento che "in forza della sua unione sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni..., ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime» «Il riconoscimento della dignità singolare della persona umana ha un'ulteriore conseguenza di fondo: gli organi vitali singoli non possono essere prelevati che ex cadavere, cioè dal corpo di un individuo certamente morto. Questa esigenza è di immediata evidenza, giacché comportarsi altrimenti significherebbe causare intenzionalmente la morte del donatore prelevando i suoi organi. Nasce da qui una delle questioni che più ricorrono nei dibattiti bioetici attuali e, spesso, anche nei dubbi della gente comune. Si tratta del problema dell'accertamento della morte. Quando una persona è da considerare certamente morta?» «Nel concludere questo incontro, esprimo l'auspicio che la ricerca scientifico-tecnologica nel settore dei trapianti, grazie all'opera di tante generose e qualificate persone, progredisca ulteriormente, estendendosi anche alla sperimentazione di nuove terapie alternative al trapianto d'organi, come sembrano promettere alcuni recenti ritrovati protesici. Occorrerà comunque evitare sempre quei sentieri che non rispettano la dignità ed il valore della persona […].»