Gli apporti
fenomenologici
alla filosofia
dell’educazione
Apporti della fenomenologia alla filosofia
dell’educazione
 Ontologia
regionale
 Antropologia
1.Ontologia regionale
dell’educazione



Husserl parla di ontologie formali e di ontologie
materiali
L’ ontologia formale dell’oggetto in generale è scienza
eidetica, logica pura nella sua piena estensione.
Esempi di categorie logiche: esistenza, proprietà,
relazione, genere, specie, intero, parte.
Qualificano cioè la forma di un’entità distinta dalla sua
realizzazione materiale. Definiscono caratteristiche
generali e necessarie e costitutive della realtà in quanto
tale
Le ontologie materiali si indirizzano invece allo studio della realtà
dal punto di vista della sua costituzione materiale specifica,
dispiegandosi in un ampio ventaglio di “ontologie regionali” che
esaminano la struttura ontologica di ambiti circoscritti di enti .
Ontologia regionale della natura – Ontologie regionali delle forme
sociali - Ontologia regionale dell’educazione
Husserl scrive:
«Ogni concreta oggettualità è subordinata con la sua essenza
materiale a un genere materiale supremo, in una regione di
oggetti empirici. Alla pura essenza regionale corrisponde poi
una scienza eidetica regionale o, come possiamo anche dire,
una ontologia regionale. Anzi, noi assumiamo che l’essenza
regionale, o meglio i diversi generi che la compongono,
stanno alla base di conoscenze così ricche e ramificate che,
in vista del loro sviluppo sistematico, dobbiamo parlare di una
scienza o meglio di un intero complesso di discipline
ontologiche corrispondenti ai singoli componenti generici
della regione». (E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e
per una filosofia fenomenologica, vol. I, tr. it. di V. Costa,
Einaudi, Torino, 2002, p. 26.)
Possibilità delle ontologie
 Attraverso
l’ontologia regionale
dell’educazione è possibile cogliere la
struttura essenziale dell’evento educativo.
 Ci permette di cogliere la struttura ultima,
ciò che rende un fenomeno, fenomeno
educativo.
 Ci consente di individuare la cosa stessa
dell’educazione (P. Bertolini)
 Ciò consente a qualsiasi scienza di
costituirsi in modo autonomo in quanto è in
grado di individuare l’oggetto di ricerca
Ontologia regionale
dell’educazione
 Relazione
 Contesto
/situazione
 Lebenswelt
 Progettualità
 Possibilità
 Tempo
 Valori
Antropologia
La fenomenologia risponde alla domanda:
Chi è l’essere umano
Qual è la sua struttura?

Antropologia fondamentale per una filosofia per
una filosofia dell’educazione:
Non posso mettere in campo un progetto
educativo se non conosco quali le peculiarità, le
caratteristiche del destinatario.
Antropologia fenomenologica
Husserl è contro l’antropologia del tempo
perché antropologia naturalistica.
Tuttavia egli ritiene l’essere umano dotato
di :
Corpo Psiche /anima
Spirito
Corpo
 Leib
= corpo vivente ≠ Körper = corpo
fisico
 Leib=corpo animato
 Il mio corpo
 Corpo vissuto
 Portatore di campi sensoriali
 Punto zero di orientamento
 Organo di espressione
Husserl…. sul corpo

«L’uomo , in quanto persona, non è forse
l’uomo psicofisico? E come potrebbe non
esserlo se egli si sa, corpo e anima, se si
muove nello spazio, se si serve delle sue mani
e del suo corpo come di strumenti, se,
quando partecipa a una lotta, lotta anche
col corpo ed è sempre cosciente del suo
corpo proprio, se attraverso il suo corpo
proprio agisce sul mondo esterno , o se
esperisce in esso il contatto , l’urto, la
possibilità di essere ferito?» (Krisis, p. 316).
…sulla psiche (Psyche)/anima
(Seele)

«La psiche è un’unità sostanziale reale (…).
Tra le proprietà psichiche (…) rientrano tutte
le proprietà personali, il carattere
intellettuale dell’uomo e tutte le disposizioni
intellettuali che nutre, il carattere affettivo, il
carattere pratico, tutte le facoltà spirituali, le
sue abilità, le sue doti matematiche, il suo
acume logico, la sua generosità, la sua
gentilezza, la sua abnegazione (…) i sensi (…)
le disposizioni della sua immaginazione»
(Ideen II, pp.125-126)
Stein …..sull’anima (Seele) e
…..

«L’anima è lo spazio al centro di quella totalità composta dal
corpo, dalla psiche e dallo spirito; in quanto anima sensibile abita
nel corpo, in tutte le sue membra e parti, è fecondata da esso,
agisce dando ad esso forma e conservandolo; in quanto anima
spirituale si eleva al di sopra di sé, guarda il mondo posto al di
fuori del proprio io – un mondo di cose, persone, avvenimenti , entra in contatto intelligentemente con questo ed è da esso
fecondato» (E. Stein, Essere finito e Essere eterno, p.394).

«La mia anima ha estensione e profondità, può essere riempita da
qualcosa, qualcosa può penetrare in essa. In essa io sono a casa
mia, in modo totalmente diverso da come lo sono nel mio corpo
vivente» (E. Stein, La struttura, p. 119).
….sul nucleo (Kern), anima
dell’anima (Seele der Seele)
 «Il
nucleo della persona (…) predelinea
come può e come deve decorrere la sua
vita e che cosa può o deve diventare.
Ciò che essa è in se stessa (…) deve
essere attualizzato ed essere
abitualmente conservato; se ciò accade,
è acquisito per l’eternità. Ciò che poteva
essere attualizzato e non lo è stato, è
perduto per l’eternità» (E. Stein, Potenza
e atto, p. 214).
Lo spirito

E. Stein: «Lo spirito è un emergere da se stessi,
un’apertura in una duplice direzione, verso il mondo
oggettivo, che viene esperito, e verso la soggettività
estranea, lo spirito estraneo, assieme al quale si
esperisce e si vive» (Contributi, p. 311).

Husserl: «Chi vede ovunque soltanto natura, natura
nel senso e con gli occhi delle scienze naturali, è
cieco per la sfera dello spirito (…). Non vede le
persone, non vede gli oggetti che attingono il loro
senso a operazioni personali – non vede, dunque, gli
oggetti della cultura, non vede propriamente , le
persone, per quanto si accinga a operare con le
persone (…)». (E. Husserl, Ideen II, p. 195).
L’io, la coscienza e il flusso di
vissuti

Husserl :«(…) L’io è il soggetto identico della funzione in tutti gli atti
di uno stesso flusso di coscienza, è il centro di irradiazione, oppure il
centro di convergenza di tutti i raggi della vita della coscienza, di
tutte le affezioni ed azioni, di ogni rendersi conto, di qualsiasi
afferramento, di qualsiasi relazione, di qualsiasi connessione, di
qualsiasi presa di posizione teoretica, valutativa, pratica, di
qualsiasi gioia e di qualsiasi turbamento, di qualsiasi speranza e di
qualsiasi timore, di qualsiasi azione e di qualsiasi patimento, ecc. In
altre parole: tutte le multiformi particolarizzazioni del riferimento
intenzionale con gli oggetti, particolarizzazioni che si dicono atti,
hanno il loro terminus a quo, il punto egologico, da cui irradiano.
Spesso, se non sempre, l’irradiazione è anzi duplice: in avanti e
indietro: da un lato, un’irradiazione che procede dal centro,
attraverso gli atti, verso gli oggetti; dall’altro in senso opposto,
raggi che dagli oggetti tendono verso il centro. Tutto ciò con
caratteristiche in senso fenomenologico multiformemente
mutevoli» (Ideen, p. 110).
Coscienza e flusso di vissuti




Coscienza: essere diretta a…il riferirsi dell’atto di coscienza
ad altro.
Coscienza come corrente di esperienze vissute, Erlebnisse.
Husserl: «Il flusso di coscienza non può mai consistere di
pure attualità» (Ideen I, p.83)
P. Bertolini:«(…) L’esperienza umana è per la
fenomenologia un complesso di Erlebnisse in cui la
relazione è presente due volte: come intimo legame tra
soggetto e l’oggetto, tra la coscienza e la realtà; e come
intimo legame tra gli stessi Erlebnisse. Se il soggetto o la
coscienza ha bisogno dell’oggetto, in quanto è sempre
coscienza di qualcosa, ciascun Erlebnis, in sé non
autosufficiente, esige altri Erlebnisse cui relazionarsi per
acquistare un senso ed inserirsi così in un processo
orientato». (P. Bertolini, L’esistere, p.113).
La motivazione:legge dello
spirito



Husserl: «L’unità della motivazione è un nesso fondato negli
atti stessi, e quando formuliamo un perché, domandiamo il
motivo di un certo comportamento personale, vogliamo
semplicemente conoscere questo nesso».
Ma non tutte le motivazioni sono consapevoli. Spesso
qualcosa mi ricorda qualcos’altro, e non so individuarne il
motivo, il perché.
Husserl: « (…) come mi è venuta in mente questa cosa –
che cosa mi ha portato a ciò? (…) I motivi sono spesso
nascosti in profondità (…)Un pensiero mi ricorda altri
pensieri, richiama alla memoria un Erlebnis passato. In certi
casi può addirittura venir percepito. Nella maggior parte
dei casi però la motivazione è realmente presente nella
coscienza, ma non riesce ad assumere un rilievo, non viene
notata, è inavvertita (inconscia) » E. Husserl, Ideen II, p. 232.
Fine dell’educazione
 Stein:
«L’essere umano, con tutte le sue
capacità corporee e psichiche, è il Sé
che io devo formare» (La Struttura, p.
116)
Strumenti fenomenologici per
l’educazione
 Empatia
 Epoché
Empatia-Entropatia

Husserl: «Io posso esperire me stesso direttamente,
ma per principio non posso esperire la forma
intersoggettiva della mia realtà: perché a questo
scopo mi occorrono i media dell’entropatia. Io
posso esperire gli altri, ma soltanto attraverso
l’entropatia; il loro proprio contenuto, soltanto loro
possono esperirlo, attraverso la percezione
originaria. Allo stesso modo: i miei vissuti mi sono
dati direttamente, e cioè i vissuti nel loro statuto.
Ma i vissuti degli altri, io posso esperirli soltanto
mediatamente, attraverso l’entropatia». (Ideen,
p. 204).
Ancora Empatia

E. Stein: «(…) l’empatia, in quanto
presentificazione, è un vissuto originario, una
realtà presente. Quello che presentifica, però, non
è una propria impressione passata o futura, ma un
moto vitale, presente ed originario di un altro che
non si trova in alcuna relazione continua con il mio
vivere e non lo si può far coincidere con esso. Mi
pongo dentro il corpo percepito, come se fossi io il
suo centro vitale e compio un impulso quasi dello
stesso tipo di quello che potrebbe causare un
movimento – percepito quasi dall’interno- che si
potrebbe far coincidere con quello percepito
esternamente». (Introduzione alla filosofia, p. 200).
Valenza educativa
dell’empatia


Nella relazione formativa è necessario entrare nella soggettività altrui
per comprenderla ed eventualmente dirigerla.
«Ciò diviene possibile solo se – scrive P. Bertolini – l’educatore riesce a
mettersi al posto dell’educando, o a mettersi nei suoi panni, avendo la
capacità, talvolta il coraggio (…) di sospendere qualsiasi giudizio su di
lui e sul suo modo di essere e pensare, e quindi di non fare uso dei
propri schemi interpretativi e delle proprie modalità di vedere e di
valutare i fenomeni e le persone. Questo modo di procedere, che noi
riteniamo determinante per una autentica professionalità educativa, ha
lo scopo, anziché di evidenziare solo gli elementi oggettivi (le cause)
che compaiono nella storia individuale dell’educando e che ne
determinerebbero i comportamenti, di cogliere e così di aver presenti,
per poter iniziare e proseguire con lui un dialogo produttivo, i suoi più
profondi e perciò sensati orientamenti esistenziali». (L’esistere, pp. 127128)
Ruolo dell’empatia

Bertolini ritiene che l’empatia sia importante: «Per
l’educatore, che impara o è quasi costretto a non
assolutizzarsi pur in una situazione che di fatto lo
vede spesso incontrastato dominatore, e che è
orientato ad un tempo a leggere la realtà altrui e
quindi a cogliervi significati altri che vi sono
comunque presenti, e a tradurre i propri contenuti
esperienziali in forme pluridifferenziata e
pluriaccessibile. Per l’educando, che venendo in
contatto profondo con l’adulto/educatore, ha la
possibilità di aprirsi verso nuovi orizzonti
aumentando così la propria esperienza ed in ciò
maturandosi e formandosi». (L’esistere, pp.129130).
Epoché

Husserl: Noi mettiamo fuori gioco la tesi
inerente all’essenza dell’atteggiamento
naturale. (…)Facendo questo (…) io non
nego questo mondo, quasi fossi un sofista,
non metto in dubbio la sua esistenza, quasi
fossi uno scettico; ma esercito l’epoché
fenomenologica. Io metto fuori circuito tutte
le scienze che si riferiscono al mondo naturale
e, per quanto mi sembrino solide, per quanto
le ammiri (…) non faccio assolutamente
nessun uso di ciò che esse considerano come
valido.
La curvatura educativa
dell’epoché

Bertolini: «(…) quel sospendere il giudizio o quel
mettere tra parentesi le proprie esperienze e i
propri vissuti non è per l’educatore un procedere
definitivo, ma una sorta di condizione per potersi
mettere in sintonia con l’educando per poi
riprendere i propri giudizi e i propri vissuti allo
scopo di metterli in rapporto con l’esperienza
stessa dell’educando. Con una duplice
fondamentale avvertenza però: che essi vanno
anche linguisticamente adeguati alle possibilità di
comprensione dell’educando ; e che in ogni caso
non possono essere considerati come espressione
di una verità oggettiva, valida per tutti e per
sempre». (L’esistere pedagogico, cit., p. 129).
Un ultimo breve sguardo alla
comunità

E. Stein : «E’ nella famiglia che il bambino viene all’esistenza. Attraverso essa riceve
la sua esistenza, cresce sotto la sua custodia e la sua cura; pensando, sentendo,
agendo con gli altri, con gli adulti, quindi vivendo in comunità, egli impara a
pensare, a sentire e ad agire, cresce come membro della comunità, ma al tempo
stesso anche come individuo, poiché la natura individuale che viene al mondo
con lui, comincia a destarsi, vive e opera negli atti che compie nella e con la
comunità conferendo loro la sua impronta. Per il fatto che un nuovo membro
cresce nella comunità e si sviluppa come suo membro, la comunità stessa
esperisce una trasformazione e uno sviluppo dinamico. In questo modo la
comunità, l’esser membro e l’individualità crescono e si sviluppano l’una accanto
all’altra ed insieme, ma al tempo stesso lottando l’una contro l’altra. Quanto più
la comunità coinvolge l’individuo nel suo “meccanismo” e lo conforma al suo tipo,
tanto maggiore è il rischio che la sua natura individuale venga inibita nel suo
sviluppo. Quanto maggiore è la forza con cui la natura individuale si sviluppa, tanto
maggiore è il rischio che la comunità diventi troppo stretta, che se ne separi
intimamente e magari anche esteriormente. Nei confronti di questi pericoli
l’individuo non è, però, inerme. L’individuo, che cresce nella comunità, e gli altri,
con i quali è in comunità, e sempre più strettamente si unisce in comunità, per loro
natura sono persone, cioè esseri dotati di ragione e liberi, che possono discernere
e in base a tale discernimento agire: conoscono anche se stessi e gli altri membri e
la comunità, e possono intervenire in essa in modo risolutivo».
Ancora la comunità


« Il lavoro di formazione sociale è necessario, perché l’essere umano non
viene al mondo come membro compiuto della comunità; perché l’essere
membro e la comunità si devono dapprima sviluppare e – possiamo ora
aggiungere – perché nella duplice natura dell’uomo, quella di individuo e
quella di membro, sono insiti pericoli e conflitti potenziali che forse è possibile
evitare con un adeguato lavoro di formazione. Pericoli sorgono nell’ambito
di uno sviluppo meramente naturale, privo di interventi sistematici. Pericoli
ancora maggiori forse sorgono a causa di interventi sistematici basati su
teorie distorte.
L’individuo /21 porta al mondo forze, le forze della natura umana e quelle
proprie individuali che nel corso della sua vita debbono e vogliono
svilupparsi. Esse si possono sviluppare solo se vengono messe in azione e ciò
avviene prevalentemente sotto la guida di e insieme con esseri umani già
formati, con “adulti”. Tale guida non deve essere necessariamente
pianificata, non deve essere un’educazione vera e propria. Il bambino
partecipa “a” ciò che fanno i grandi e fa ciò che gli richiedono. E spesso
agiscono dinanzi a lui e accampano pretese nei suoi confronti senza avere
alle spalle tutta una consapevolezza pedagogica, senza riflettere se l’azione
a cui – consciamente o inconsciamente – lo spingono sia funzionale al suo
sviluppo individuale e sociale.

E. Stein: «Nella famiglia e anche in comunità più ampie
viene per lo più presupposto “tout court” che il singolo
possa “partecipare a”, che egli pensi e senta come gli altri.
E lo si colloca laddove è utile per gli scopi della comunità.
Nella misura in cui la generale natura umana e il
particolare tipo comunitario sono dominanti in lui, egli sta
al passo senza opporre resistenza e si lascia “impiegare”
qui o lì. Però, dal momento che nell’attivazione delle sue
forze, si dispiega e, al tempo stesso, si fa valere la natura
individuale, quest’ultima può portarlo in contrasto con gli
influssi e con le richieste che gli vengono dall’esterno. Tale
natura in alcuni casi determina un sentire ed un pensare
notevolmente diversi, rispetto a quelli altrui, e richiede una
realizzazione diversa rispetto a quella che ci si aspetta nel
servizio della comunità» (La vita come totalità, p. 53).
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