La censura musicale Cosa si censurava e perché? Quando le canzoni si spingevano troppo nell’ambito di: • sesso • religione • politica In questi casi gli artisti erano costretti a modificare i testi. Musica e sesso • 1974: Bella Senz’anima - Cocciante Prima: “E quando a letto lui ti chiederà di più” Dopo: “E quando un giorno lui ti chiederà di più” (min 1:40) • 1977: Compagno di scuola – Venditti Prima: “quella del primo banco che l’ha data a tutti meno che a me” Dopo: “quella del primo banco che filava tutti meno che te” • Il caso di Mina è interessante perché nel 1974 fu censurata per l’esecuzione di una canzone: durante la sigla finale del varietà “Mille e una luce” Mina canta la canzone Ancora ancora e mentre canta i versi del titolo si passa con eccessiva sensualità la lingua sulle labbra. Il regista è costretto a evitare i primi piani e a moltiplicare sul monitor il suo volto per rimpicciolirlo. Musica e religione In un paese come l'Italia, che ospita la sede papale e che ha una storia legata indissolubilmente alla Chiesa, vige una maggiore intransigenza verso le canzoni che toccano la fede e la religione • 1965: Dio è morto – Guccini: "ai bordi delle strade, nelle auto prese a rate, nei miti dell'estate Dio è morto/… /se muore è per tre giorni, e poi risorge, in ciò che noi crediamo, Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo Dio è risorto" Il caso è emblematico: i censori della RAI optarono per l’oscuramento, mentre la Radio Vaticana la mise in onda • 1978: Enrico Ruggeri non poté chiamare una canzone Paparock e in copertina il titolo viene oscurato dalla scritta "testo censurato" e la parte cantata viene resa incomprensibile in fase di registrazione. 2005: Prete e Bastonaci o Signore - Simone Cristicchi Le canzoni non sono state inserite, contro la volontà dell'autore, nell'album “Fabbricante di canzoni”. La prima critica principalmente la figura del prete, accusato di “alimentare e tenere in vita la bugia più grande della storia”, e visto dall'autore come una figura arrogante e indisposta al confronto. La canzone diffama inoltre la Chiesa di ostentata fastosità e le classi politiche di servilismo alla Chiesa stessa. A causa dei contenuti la canzone è stata censurata dagli editori, che non hanno consentito di inserirla nell'album di Cristicchi del 2007. Le canzoni sono reperibili comunque su internet. Musica e politica • 1966: C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones Gianni Morandi Ci fu un’interrogazione parlamentare a causa del verso “Mi han detto vai nel Vietnam e spara ai Vietcong” accusato di criticare la “politica estera di un paese amico come gli Stati Uniti”. Ma il verso sostitutivo era forse più incisivo e provocante dell’originale: “Mi han detto vai nel tatatà e spara ai tatatà”, furono sostituite le parole scomode con il verso della mitragliatrice. [intervista] • 1980: boicottata la canzone di Gaber Io se fossi Dio. Si tratta di un lungo talking blues pieno di invettive ai partiti e ai politici. La cosa che colpisce di più è sicuramente quella su Aldo Moro, ucciso solo due anni prima dalle brigate Rosse: “Io se fossi Dio avrei ancora il coraggio di dire che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia Cristiana è il responsabile maggiore di trent’anni di cancrena italiana”. La copertina censurata di Electric Ladyland di Jimi Hendrix Il caso della copertina dell’album di Jimi Hendrix “Electric Ladyland” è molto interessante perché rappresenta un esempio di censura. Per la copertina di “Electric Ladyland” Jimi Hendrix avrebbe voluto una fotografia di Linda Eastman e uno scritto dal titolo “Lettere dalla stanza piena di specchi”, in riferimento alla condizione di star del rock del chitarrista di Seattle. L’etichetta discografica si impose però con la proposta di una immagine sicuramente vincente: si trattava di sfruttare l’idea del Jimi Hendrix più sensuale e donnaiolo, l’immagine della rockstar circondata da grupies. Si decise quindi per una copertina che ritraeva Jimi Hendrix circondato da belle ragazze nude, le grupies appunto che Hendrix definiva “electric ladies”. Ma Jimi Hendrix non si presentò alla posa e la copertina fu realizzata con le sole ragazze. Alcuni rivenditori però si rifiutarono di vendere l’album perché ritenevano quella copertina scandalosa. Fu apprestata in breve una nuova copertina che ritrae un primo piano di Jimi Hendrix a tinte rosse e gialle. La copertina censurata di Electric Ladyland di Jimi Hendrix Musica e Afghanistan Durante il regime comunista le autorità incentivarono molto la musica. Seppur nel rischio di incontrare punizioni severissime se si rifiutavano di suonare per il regime, in questo periodo i musicisti trovarono larga possibilità di impiego. Durante la cosiddetta resistenza antisovietica e ancor più dopo la caduta di Kabul i leader islamici cominciarono a dare avvio ai primi provvedimenti di censura. Nell'aprile del '92 la musica fu eliminata dalla radio e dalla televisione di Kabul. Nel '94 quando Hekmatyar giunse al potere come primo ministro di Rabbani fu imposta una censura totale su radio, tv, ristoranti, negozi, ecc. Cinema e teatri vennero chiusi. I musicisti furono costretti a prendere una licenza dove fossero specificati i testi che facevano parte del loro repertorio. La musica doveva essere suonata solo da uomini e in luoghi chiusi. Spesso la polizia religiosa arrivava all'improvviso e confiscava gli strumenti per poi restituirli solo sotto un lauto pagamento. Quando le performance musicali venivano trasmesse in televisione compariva sullo schermo un vaso di fiori al posto delle immagini degli artisti impegnati a suonare. Nemmeno i nomi dei musicisti venivano mai menzionati, né in televisione, né per radio. Alla loro comparsa nel '95, i Talebani non si limitarono a bandire la musica ma cominciarono a sequestrare veicoli e distruggere musicassette. Considerando la musica non conforme alla religione islamica, film, video-casette e anche fotografie vennero viste come contrarie ai codici e ai valori morali dell'Islam. "..se una musicassetta sarà trovata in un negozio, il proprietario verrà imprigionato e il negozio chiuso. Se una casetta verrà trovata in un auto, il conducente verrà imprigionato". Per evitare che la gente suonasse e ballasse alle feste matrimoniali era prevista la carcerazione del capofamiglia. In seguito, riconoscendo che per gli afgani una vita completamente priva di musica era impossibile, i talebani escogitarono una soluzione alternativa: ammettere l'intonazione delle cosiddette "canzoni talebane", ovvero una sorta di marce senza accompagnamento strumentale. Si trattava sostanzialmente di poemi celebrativi della guerra santa contro gli invasori e gli stranieri. La censura non rappresenta solo un disastro culturale per il paese intero ma anche un vero problema di sopravvivenza per migliaia di artisti. Molti sono dovuti emigrare in Pakistan ma difficilmente riescono a mantenere le proprie famiglie. Dal punto di vista culturale, la contaminazione della musica afgana negli artisti in esilio è ben più che una minaccia. Le conseguenze sono quelle di una progressiva e inesorabile perdita della musica afgana delle origini. Afghanistan: «Basta con la musica impura» Talebani a caccia di tamburini E nelle zone tribali perseguitati anche maestri e barbieri KABUL — Lapidato e finito a colpi di baionetta, nel mezzo della notte, con il figlio dodicenne che piange disperato a poche centinaia di metri. La sua «colpa»? Essere un suonatore di tamburo («dohl»), lo strumento classico della tradizione locale, a forma di cilindro allungato in pelle bovina, da appendere al collo e portare alle feste di paese, alle nascite e ai matrimoni, alle celebrazioni pubbliche. È morto così Nazar Gul, 35 anni, figlio d'arte: il padre e il nonno erano suonatori di dohl noti in tutta la regione del Logar. Ucciso dai telebani, che con lo zelo di sempre cercano in ogni modo di imporre la loro interpretazione fanatica dell'Islam. […] Tratto da il “Corriere della Sera”, articolo di Lorenzo Cremonesi, 21 Aprile 2007 2009: Caso di censura in Francia? Il rapper Orlesan è stato escluso all’ultimo momento dal Les Francofolies Festival, uno dei più importanti festival musicali della Francia. I motivi derivavano dai testi violenti e osceni delle canzoni. La sua fama è legata in particolare ad una canzone il cui video ha spopolato su YouTube nel marzo di quell’anno: Sale Pute (“Sale” sta per sporca, “Pute” per puttana). Si tratta di un brano ricco di offese alle donne, pieno di parolacce e offese nei confronti del gentil sesso. Nel video Orlesan impugna una bottiglia vuota di whisky e canta (traduzione in inglese): “I hate you, I want you to die a slow death, I want you to get pregnant and lose the baby We’ll see how you manage when your legs are broken, sweetie I want to see you go back burning in flames” Questa canzone ha naturalmente suscitato le proteste delle associazioni femministe e la richiesta di eliminare il video da youtube. Orlesan si difende sostenendo che si tratta di roba vecchia di due anni e riferita ad una amore finito male. Non era sua intenzione incitare alla violenza sulle donne. Il dibattito è acceso: è giusto censurare artisti come Orlesan? C’è un limite alla creatività e alla libertà di espressione? Presentazione curata da: Deriu Luca & Vanzan Alessio PNI 4°C