FONDAZIONE
DON CARLO GNOCCHI ONLUS
IRCCS “S. MARIA NASCENTE”
RELAZIONE, COMUNICAZIONE
e APPRENDIMENTO
La Storia di Stefano
Dott.ssa Zanette Michela
Introduzione:
Quest’anno mi è stato chiesto di occuparmi di un esagono della Scuola
Elementare Speciale, questa esperienza non mi è nuova poiché molti anni fa
avevo iniziato il mio cammino lavorativo occupandomi di questo genere di
bambini.
1.
2.
Il ricordo dell’attività passata portava con sé sentimenti ambivalenti:
la spinta maturativa che questi bambini hanno rappresentato per me
la sofferenza e la frustrazione, che nascevano dalla loro immodificabilità.
Mi sentivo poco incisiva: circondata da una moltitudine di insegnanti e terapisti,
che si sentivano come me e si aspettavano che fossi in grado di dar loro consigli
utili in modo che questi bambini sviluppassero la capacità di apprendere, perché
questo era ciò che i genitori richiedevano.
E ora dopo 20 anni, il problema si ripresenta:
“come entrare in contatto con queste menti?”
Introduzione:
Adesso so che le abilità comunicative, cognitive,
emotive e sociali si apprendono attraverso relazioni che
comportino scambi emotivamente significativi.
Si tratta quindi di aiutare gli adulti responsabili della cura dei
piccoli pazienti a instaurare un rapporto emotivo con loro
Gli psicoanalisti definiscono questo processo come la costruzione di
una “simbiosi correttiva”, che assomiglia al legame tra madre e figlio
instaurato nei primi tre anni di vita.
Introduzione:
Questi bambini, a causa della loro patologia, sono in grado di
proporre delle relazioni di tipo adesivo, nelle quali adulto e bambino
sembrano incatenati in un rapporto fusionale, caratterizzato da :
Momenti => in cui i due partner sono adesivamente focalizzati uno
sull’altro
Momenti => in cui si allontanano e si perdono.
Si tratta di relazioni basate su stimolazioni senso-motorie
in cui il pensiero sembra essersi paralizzato.
Introduzione:
È importante che l’adulto di riferimento si proponga come un
modello da imitare, deve funzionare come uno “specchio”
per il bambino, il quale deve passare dall’eccitazione
sensoriale all’emozione ed al pensiero.
Questo avviene solo attraverso:
 l’uso di una mente “viva e riflettente” disposta a
lasciarsi usare
 la costruzione di uno spazio condiviso
(area transizionale di Winicott).
Dar luogo ad una relazione di questo tipo con i bambini
richiede un importante impegno mentale.
Introduzione:
È necessario trasmettere la conoscenza
senza ricadere in un linguaggio distante ed
incomprensibile.
Il pensiero adulto corre veloce e
difficilmente è in grado di aspettare i tempi di
reazione di questi bambini .
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
CHI?
Ho scelto un gruppo di:
• sei bambini di età compresa fra i 9 e i 15 anni
• assistiti da sei adulti: quattro insegnanti e due psicomotricisti.
Si tratta di un gruppo di persone non estranee ai pazienti, gli insegnanti li
seguono durante la giornata scolastica, mentre i psicomotricisti li curano
con sedute settimanali.
DOVE?
Il laboratorio si svolge in uno spazio
sufficientemente ampio con oggetti
per giocare, tappeti ,ecc...
dove vengono effettuate
videoregistrazioni di 30 minuti
commentate in seguito in mia
presenza.
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
SCOPO?
Inizialmente lo scopo di questa iniziativa era di studiare la
comunicazione preverbale dei soggetti coinvolti.
La comunicazione preverbale si forma quando il bambino, a contatto
con la realtà esterna ed interna, da esperienze emotive e sensoriali
crea immagini mentali capaci di rappresentare e simbolizzare la
realtà che vive.
La madre attraverso un meccanismo di reveriè, trasforma le immagini
mentali del figlio in parole (comunicazione verbale).
Se non avviene il processo di mentalizzazione, le esperienze restano
senza significato quindi incapaci di apportare conoscenza.
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
Nella realizzazione del progetto sapevamo che c’era un
ostacolo importante da superare:
le mappe del cervello di questi bambini sono alterate ed esposte alla tirannia
dei circuiti consolidati (stereotipie).
Si ritiene che quando questi pazienti acquistano un’abitudine, la
stereotipia guadagna un controllo sempre maggiore della mappa
cerebrale sottostante e viene così impedito che lo spazio cerebrale
venga occupato da altri apprendimenti. Per tale motivo
disapprendere un comportamento risulta molto più difficile che
impararne uno nuovo.
Bisogna considerare che queste stereotipie potrebbero
rappresentare, per questi bambini, l’unica realtà mentale.
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
Per superare questa difficoltà bisognerebbe costruire con
loro
nuovi, entusiasmanti e coinvolgenti circuiti,
che entrino in competizione indebolendo quelli patologici
consolidati secondo il principio “use it or lose it”.
¿ Ma come procedere ?
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
Il lavoro di osservazione dei filmati ci ha permesso di conoscere:
1. le caratteristiche sensoriali di ciascun bambino (alcuni sono
ipersensibili altri iposensibili all’ambiente)
2. le loro modalità spontanee di porsi in contatto con il mondo.
Abbiamo avuto chiaro fin da subito, l’idea che
il primo e più grande bisogno di questi bambini sia relazionale,
i momenti di rapporto nei video non sono molti poiché si evidenzia la
loro incapacità di sincronizzarsi con l’altro e di
accrescere il legame: sembrano impauriti da ogni nuovo approccio.
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
Ciò non deve stupire, infatti gli autori moderni, a partire dagli studi di
Bowlby (Stern1985 , Trevarthen 1993), definiscono
“l’attaccamento”
un istinto innato nell’uomo.
Esistono meccanismi cerebrali innati che spingono il bambino a relazionarsi
con i genitori o in generale con le persone che si prendono cura di lui.
L’esperienza dell’attaccamento è caratterizzata da una
“sintonizzazione affettiva”
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
La “sintonizzazione affettiva”
implica la capacità della madre di recepire i messaggi non verbali del
proprio figlio.
Una comunicazione di questo genere necessita di una
collaborazione tra i due individui:
una delle due persone coinvolte lascia che la sua mente sia influenzata
dall’altra.
Progetto: Laboratorio della
Comunicazione
Questo è diverso rispetto al semplice comprendere e
percepire i segnali trasmessi da altri, poiché richiede un
coinvolgimento della sfera emotiva
(sintonizzazione affettiva).
Per questa ragione non crediamo sia utile forzare la relazione, per
cui dobbiamo trovare un modo per sviluppare dei momenti di intimità e
attenzione condivisa, riuscendo ad attuare una “sincronizzazione
affettiva” con i tempi e modi dei nostri bambini.
La storia di Stefano
Racconto la storia di Stefano perché è il bambino
più evoluto dal punto di vista della relazione
ed è quello che più facilmente è riuscito a stabilire una
relazione intima con la sua maestra Miriam.
Come si vedrà dai filmati il bambino è andato per gradi
sviluppando la sua relazione significativa da cui sono scaturiti
un apprendimento e una comunicazione adeguata .
La storia di Stefano
La modalità di rapporto di Stefano si articola
in due momenti:
1. uno caratterizzato da un intenso bisogno di
sensorialità
2. l’altro da un tentativo di
differenziazione dall’altro.
La storia di Stefano
•Stefano utilizza la stessa modalità di relazione con tutti, e non sa
modificarla a seconda di chi ha di fronte.
•Qui si comprende come è utile avere un modello teorico che aiuti a
comprendere queste modalità relazionali e determini la possibilità di
funzionare da “facilitatore” che decodifica la realtà.
•L’approccio conoscitivo in questi bambini molto immaturi passa
ancora attraverso i sensi
(Claudio
l’olfatto
Angelica
il tatto).
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Progetto: Laboratorio della Comunicazione