Il reddito d’impresa
Le valutazioni
Silvia Mencarelli
• Nell’ambito del reddito d’impresa sono presenti
alcuni elementi reddituali che costituiscono oggetto
di valutazione a fine esercizio da parte
dell’imprenditore.
• Nel diritto tributario sono previste regole molto
analitiche per attribuire un valore a tali elementi
finalizzate ad individuare ora valori minimi (come
nelle rimanenze di magazzino) ora valori massimi
(come negli ammortamenti).
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Sono oggetto di valutazione:
le rimanenze di magazzino;
le rimanenze dei titoli;
i lavori in corso e le opere ultrannuali;
gli ammortamenti;
gli accantonamenti.
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LE RIMANENZE (art. 92 Tuir)
• Tale disciplina riguarda solamente quei beni
che, in caso ci cessione, danno luogo a RICAVI
(art. 85), quindi i c.d. beni-merce, le materie
prime, le materie sussidiarie, i semilavorati.
• Sono esclusi quindi i beni strumentali che
danno luogo, in caso di cessione, a plusvalenze
patrimoniali.
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• Sono previsti due metodi alternativi di valutazione
delle rimanenze:
• A) a costi specifici: in base ai costi di acquisto o di
produzione riferiti a ciascun bene. Questo metodo è
possibile soltanto per i beni di numero ridotto e di
elevato importo unitario (es. appartamenti costruiti
da un’impresa edile);
• B) per categorie omogenee: vengono formati gruppi
di beni con analoghe caratteristiche merceologiche
ed a ciascun gruppo si attribuisce un valore. Questo
metodo si applica generalmente per i beni prodotti in
serie (es. di largo consumo).
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VALUTAZIONE PER CATEGORIE
OMOGENEE
• Costituendo le rimanenze un incremento del valore
dei beni giacenti in magazzino, esse concorrono in
positivo a formare il reddito d’impresa. Per tale
motivo il legislatore tributario individua un VALORE
MINIMO delle rimanenze.
• Come si individua questo valore minimo? Esso
dipende, in primo luogo, dalla circostanza che si tratti
del primo esercizio di formazione della rimanenza
oppure di quelli successivi.
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• Primo esercizio: il valore minimo da attribuire
alle rimanenze è costituito dal costo unitario
medio, ottenuto dividendo il costo
complessivo (di acquisto o di produzione)
dell’esercizio per la quantità di beni in
giacenza.
• Questo valore, moltiplicato per la quantità di
beni facenti parte del gruppo, dà il valore
complessivo delle rimanenze.
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• Nell’esercizio successivo occorre distinguere se la quantità dei
beni in magazzino è rimasta invariata, se è aumentata o se è
diminuita rispetto all’esercizio precedente.
• A) quantità invariata: alle rimanenze è attribuito lo stesso
valore dell’esercizio precedente;
• B) quantità aumentata: la quantità invariata viene valutata
come nell’esercizio precedente, mentre l’incremento in base
al costo unitario medio del nuovo esercizio di formazione;
• C) quantità diminuita: si applica il metodo LIFO (list in first out)
: si considerano venduti i beni acquistati o prodotti per ultimi
ed ancora giacenti in magazzino quelli prodotti per primi.
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Svalutazione del magazzino
• Il comma 5 dell’art. 92 prevede la FACOLTA’ di
svalutare il magazzino, cioè di valutare l’intera
quantità dei beni per il valore di mercato
medio dei beni nell’ultimo mese dell’esercizio,
quando il valore di magazzino, calcolato
secondo i criteri sopra visti, risulta ad esso
superiore.
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La valutazione dei titoli (art. 94 Tuir)
• Tale disciplina riguarda solo i titoli che in caso
di cessione danno luogo a ricavi, quindi i titoli
dell’attivo circolante.
• Ne rimangono, quindi, esclusi, i titoli che
costituiscono immobilizzazioni finanziarie i
quali, in caso di cessione, danno luogo a
plusvalenze.
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• La valutazione dei titoli avviene secondo le stesse regole
prima viste per il magazzino:
• 1) i titoli vanno raggruppati per categorie omogenee in base al
loro valore;
• 2) ad ogni categoria va attribuito un valore minimo. Nel primo
esercizio tale valore è dato dal prezzo unitario medio dei titoli
acquistati nell’esercizio. Negli esercizi successivi le maggiori
quantità vanno valutate in base al prezzo unitario medio
dell’esercizio di formazione, mentre se le quantità sono
diminuite si applica il metodo LIFO. In caso di quantità
invariata si mantiene la valutazione effettuata nell’esercizio
precedente.
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Svalutazione dei titoli
• Anche per i titoli è prevista la svalutazione (art. 94,
comma 4), quindi la possibilità di valutarli il base al
loro valore corrente a fine esercizio, qualora risulti
inferiore al valore minimo individuato come sopra.
• Tale possibilità è ammessa solo per i titoli
obbligazionari.
• Il valore da attribuire ai titoli per procedere alla
svalutazione dipende dalla circostanza che il titolo sia
negoziato nei mercati regolamentati oppure no.
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Lavori in corso e opere di durata
ultrannuale
• A fine esercizio occorre valutare, come rimanenze,
anche il valore delle opere in corso di esecuzione.
• Tale valutazione è diversa a secondo che l’opera
abbia una durata inferiore o superiore all’anno.
• Se l’opera ha durata che non supera l’anno, essa va
valutata con il metodo della “commessa completata”,
cioè in base alle spese sostenute nell’esercizio
(materie prime, manodopera impiegata, ecc.) (art.
92, comma 6).
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• Se il servizio ha durata ultrannuale (ad es. un appalto
per la costruzione di un’autostrada) si applica il
metodo della “percentuale di avanzamento” (art.
93).
• Esso consiste nel valutare l’opera mano a mano che i
lavori vengono portati avanti, in modo da tassare il
reddito non al momento di conclusione dei lavori (ad
esempio dopo cinque anni) ma in ogni anno di
svolgimento dei lavori.
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• Con tale metodo in ogni esercizio l’opera in corso viene valutata come
rimanenza finale, attribuendo ad ogni periodo di imposta la parte di
corrispettivo pattuito proporzionale alla frazione di opera svolta a fine
esercizio. A conclusione dell’opera, quando i corrispettivi saranno liquidati,
essi non costituiranno più il valore delle rimanenze ma quello dei ricavi.
• Per attribuire alle rimanenze il valore dei corrispettivi da attribuire al
periodo di imposta possono essere usati diversi metodi, che dipendono
dal tipo di servizio effettuato: ad esempio, per la costruzione di
un’autostrada si può fare riferimento ai chilometri costruiti nell’anno
rispetto a quelli in totale, ancora da costruire.
• E fatto tuttavia onere del contribuente allegare alla dichiarazione dei
redditi un prospetto da cui risulta il metodo adottato.
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• Nell’attribuire tale valore occorre tenere conto di
eventuali maggiorazioni di prezzo, che aumentano il
valore dell’opera in misura non inferiore al 50 per
cento. Tali maggiorazioni, tuttavia, assumono
rilevanza solo se basate su disposizioni di legge o
derivanti dal contratto (non rilevano, quindi, le
semplice “richieste” dell’appaltatore volte ad
ottenere un prezzo più elevato rispetto a quello
originariamente previsto).
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• Se l’opera è coperta da stati di avanzamento
dei lavori (SAL), le rimanenze di lavori
ultrannuali non vanno più valutate sulla base
dei corrispettivi pattuiti, ma in base a quelli
liquidati in via provvisoria dall’impresa al
committente, in deroga alla regola generale.
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GLI AMMORTAMENTI
• L’ammortamento è un procedimento tecnico-contabile che
consente di ripartire il costo di beni ad utilità pluriennale tra i
vari periodi amministrativi in cui il bene viene utilizzato.
• L’ammortamento, quindi, riguarda solo quei beni il cui utilizzo
è limitato nel tempo, a causa del loro logorio fisico o della loro
obsolescenza (superamento tecnologico).
• In sostanza, ogni anno viene accantonata una quota di costo
pluriennale, con addebito al conto economico, la quale
confluisce in un fondo ammortamento.
• Ai fini fiscali viene individuato un VALORE MASSIMO da
accantonare ogni anno, il quale varia a seconda che
l’ammortamento riguardi beni materiali (impianti, macchinari,
ecc.) oppure beni immateriali (brevetti, marchi, avviamento,
ecc.).
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Ammortamento dei beni materiali (art.
102 Tuir)
• 1) riguarda soltanto i beni strumentali, rimanendone
quindi esclusi i beni c.d. patrimoniali ed i beni-merce;
• 2) le quote di ammortamento sono deducibili a
partire dall’esercizio in cui il bene entra in funzione;
• 3) mentre ai fini civilistici l’ammortamento viene
effettuato considerando la residua possibilità di
utilizzo del bene, ai fini fiscali vi è una maggiore
rigidità, dovendosi applicare i coefficienti ministeriali.
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• Ammortamento ordinario: è quello che risulta applicando al costo del
bene i coefficienti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988,
stabiliti in base al tipo di bene ed al settore merceologico.
• Fino al 2007 era consentito superare tali coefficienti con l’ammortamento
accelerato e l’ammortamento anticipato. L’Ammortamento accelerato
consentiva di aumentare il coefficiente di ammortamento stabilito dal
Ministero dell’economia e delle finanze in caso di più intenso utilizzo degli
impianti rispetto alla media del settore. L’Ammortamento anticipato
consentiva di raddoppiare l’ammortamento ordinario nei primi tre esercizi,
a partire da quello di entrata in funzione dei beni. Tale ammortamento,
non consentito ai fini civilistici, era ammesso fiscalmente in sede
extracontabile, in un prospetto della dichiarazione dei redditi, mediante
opportune variazioni in diminuzione. A partire dal 2008 non è più
riconosciuto nemmeno ai fini fiscali.
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• Regole particolari:
• Beni con costo unitario non superiore a 516,46 euro: è
ammessa la deducibilità integrale delle spese di acquisizione.
• Beni in leasing: l’impresa concedente deduce le quote di
ammortamento in base al relativo piano di ammortamento
finanziario, mentre l’impresa utilizzatrice deduce i canoni di
locazione finanziaria qualora la durata del contratto non sia
inferiore ad un certo periodo, che varia a seconda che si tratti
di bene mobile o immobile. La quota interessi del canone è
deducibile secondo le stesse regole in tema di deducibilità
degli interessi passivi.
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Ammortamento dei beni immateriali
(art. 103 Tuir)
• Per i diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, i brevetti
industriali, i processi, formule e informazioni relativi ad
esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o
scientifico le quote di ammortamento del relativo costo sono
deducibili in misura non superiore al 50 per cento.
• Per i marchi le quote di ammortamento sono deducibili in
misura non superiore ad un diciottesimo del costo.
• Per i diritti di concessione e gli altri diritti iscritti nell'attivo del
bilancio, i cui costi sono ammortizzabili in misura
corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal
contratto o dalla legge, nonché per l’avviamento, il costo è
ammortizzabile in misura non superiore a un diciottesimo del
suo valore.
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•
Ammortamento finanziario dei beni
gratuitamente devolvibili
(art. 104
I beni gratuitamente devolvibili
sono queiTuir)
beni acquistati o costruiti sulla
base di concessioni amministrative e che al termine della concessione
medesima l’impresa concessionaria è tenuta a trasferire gratuitamente al
concedente (ad esempio, un’autostrada, un aeroporto, un impianto
sportivo, uno stabilimento balneare, ecc.).
• La quota di ammortamento finanziario deducibile è calcolata dividendo il
costo dei beni, al netto degli eventuali contributi del concedente, per il
numero di anni di durata della concessione. L’ammortamento finanziario è
effettuato, quindi, mediante la deduzione fiscale di quote costanti nel
tempo, salvi i casi di mutamento della durata della concessione o di
modifica del costo dei beni (a seguito, ad esempio, di nuovi investimenti,
per cui occorre ridefinire le quote di ammortamento finanziario deducibili
negli esercizi successivi).
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Spese di manutenzione, riparazione,
ammodernamento e trasformazione
• Tali spese seguono due distinti regimi fiscali, a seconda che
siano portate ad incremento del costo dei beni cui si
riferiscono (c.d. spese incrementative) oppure siano imputate
al conto economico.
• Nel primo caso le spese in questione non vengono dedotte
come tali, ma comportano un aumento del valore fiscalmente
riconosciuto del cespite e, quindi, vengono ammortizzate
congiuntamente al costo del bene.
• Nella seconda ipotesi, invece, sono immediatamente
deducibili nei limiti del 5 per cento del costo complessivo di
tutti i beni materiali ammortizzabili esistenti all’inizio
dell’esercizio dal registro dei cespiti ammortizzabili;
l’eccedenza potrà essere dedotta in quote costanti nei cinque
esercizi successivi.
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Gli accantonamenti
• La loro funzione è quella di far partecipare al risultato
di un esercizio componenti negative relative ad oneri
di cui si prevede il futuro sostenimento. La quota di
accantonamento costituisce una componente
negativa di reddito ed il fondo di accantonamento
viene costituito in contabilità nel passivo dello stato
patrimoniale.
• Gli accantonamenti fiscalmente deducibili sono
indicati in modo tassativo dal legislatore.
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1) accantonamenti di quiescenza e previdenza: sono deducibili nei limiti delle
quote maturate nell’esercizio in conformità delle disposizioni legislative e
contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei singoli dipendenti (art. 105). Tali
accantonamenti costituiscono un vero e proprio debito dell’impresa nei confronti
dei dipendenti, ma sono classificati tra gli accantonamenti perché è incerta la data
in cui l’indennità di fine rapporto dovrà essere corrisposta.
2) Accantonamenti per rischi su crediti: deducibili nei limiti dello 0,5 per cento dei
crediti commerciali iscritti in bilancio; le deduzione, tuttavia, non è più ammessa
quando il fondo ha raggiunto il 5 per cento dei crediti esistenti alla fine
dell’esercizio (art. 106, comma 1). Per gli enti crediti e finanziari esiste un criterio
particolare di deduzione delle svalutazioni dei crediti erogati alla clientela, con
percentuali e limiti specifici; in particolare, l’eccedenza rispetto alla quota annuale
può essere dedotta in quote costanti nei nove esercizi successivi (art. 106, comma
3).
Gli altri accantonamenti di cui è ammessa la deduzione sono quelli al fondo delle
spese per lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi ed aeromobili; quelli
delle società concessionarie per spese di ripristino e di sostituzione dei beni
gratuitamente devolvibili e quelli per oneri derivanti da operazioni e concorsi a
premio (art. 107).
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