OBBLIGHI CERTIFICATIVI DEL MEDICO COMPETENTE: OPINIONI A CONFRONTO A cura di: LICIA CORSI MEDICO LEGALE MEDICO COMPETENTE Complesso Didattico del Polo Scientifico di San Miniato Via Aldo Moro Siena 5 Dicembre 2014 CERTIFICAZIONE MEDICA “Attestazione scritta di fatti di natura tecnica constatati nell’esercizio professionale e destinati a provare la verità” (da Gerin e Chiodi) E’ una testimonianza scritta dell’operato del medico. Per la sua importanza nell’affermare particolari diritti soggettivi previsti dalla norma, e per le sue conseguenze a carico dell’individuo e della società di rilievo giuridico (penale – civile - amministrativo), necèssita di assoluto rigore morale e scientifico nella sua corretta compilazione. Il codice deontologico all’art. 24 “Certificazione” enuncia “Il medico è tenuto a rilasciare al cittadino certificazioni relative al suo stato di salute che attestino dati clinici direttamente constatati e/o oggettivamente documentati. Egli è tenuto alla massima diligenza alla più attenta e corretta registrazione dei dati e alla formulazione dei giudizi obiettivi e scientificamente corretti”. NATURA GIURIDICA DEL CERTIFICATO Prevede tre ipotesi secondo la qualifica di chi lo redige: 1) Atto pubblico redatto attraverso la certificazione obbligatoria; 2) Certificato amministrativo rilasciato nell’esercizio di funzioni pubbliche; 3) Scrittura privata rilasciata in regime libero-professionale durante il quale il sanitario non svolge funzioni pubbliche (scrittura privata). Per i primi due ovviamente si presuppone che il sanitario che li redige sia in veste di PUBBLICO UFFICIALE (art. 357cp) INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO (art. 358 cp). Sia che il medico si trovi in funzione di P.U. o di incaricato di P.S. o in veste di libero professionista, la certificazione rilasciata deve osservare regole sia concettuali che formali per non incorrere in sanzioni relativamente ad attestazioni che non corrispondono alla realtà clinica, ovvero a fatti oggettivi, o che siano state artatamente modificate. Vi sono dunque limiti oggettivi e soggettivi quest’ultimi regolati dalle norme deontologiche e giuridiche (segreto professionale, rispetto dei diritti delle persone e dunque della riservatezza). N.B. nel redigere le certificazioni il medico deve valutare e attestare dati clinici che abbia direttamene constatato. REQUISITI SOSTANZIALI DEL CERTIFICATO Compilato su carta intestata o timbro con dati identificativi del medico certificatore; data e luogo di rilascio; generalità del paziente richiedente (nome, cognome, data di nascita, residenza e/o domicilio; descrizione dei dati obiettivi rilevati; giudizio diagnostico con prognosi coerente con i rilievi clinici e loro rapporto invalidante; firma del medico certificatore. Da rilevare che secondo il motivo del rilascio e la destinazione della certificazione, si possono aggiungere ulteriori dati circostanziali. TIPOLOGIA DELLE CERTIFICAZIONI TIPOLOGIA DELLE CERTIFICAZIONI PENALI AMMINISTRATIVE SANITARIE DENUNCIA DENUNCIA DICHIARAZIONE DICHIARAZIONE REFERTO REFERTO DI MORTE DI NASCITA CERTIFICATO “COMPIACENTE” E’ sempre foriero di conseguenze rilevanti sia sotto il profilo deontologico che sotto il profilo giuridico. Un certificato che alteri volontariamente (con dolo) la realtà dei fatti è un FALSO IDEOLOGICO Possono altresì concretizzare il reato di TRUFFA VIOLAZIONE SEGRETO PROFESSIONALE VIOLAZIONE PRIVACY MATERIALE SANZIONI (per falso ideologico e materiale) Sono regolate da vari articoli del codice penale secondo le funzioni ed il ruolo di chi lo rilascia; tuttavia si deve premettere che Il Codice penale prevede PER TUTTI I MEDICI il reato di FALSITA’ IDEOLOGICA in certificati all’art. 481 cp: “Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro…….. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro”. IL SANITARIO CON FUNZIONI PUBBLICHE: risponde di “falso ideologico” Art. 479 cp per atti pubblici: “Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476”. Art. 480 cp per certificazione amministrativa:“Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità , è punito con la reclusione da tre mesi a due anni”. SANITARIO CON FUNZIONI PUBBLICHE: risponde di “falso materiale”. Art. 476 cp: per atti pubblici: “Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni”. Art. 477 cp: per certificazione amministrativa: “Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità , è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”. CERTIFICAZIONE TELEMATICA di cui al Decreto Legislativo 150/2009 (riforma della Pubblica Amministrazione). La trasmissione on-line della certificazione dello stato di malattia è la prima misura attuata dall’Istituto di Previdenza Sociale (INPS) che per le sue peculiari finalità è destinato a ricevere certificazioni inerenti i vari settori di previdenza ed assistenza. A soli 3 anni di distanza se ne sono potuti cogliere i vantaggi previsti, sia per il cittadino che per l’Istituto e per i datori di lavoro. Non possiamo sottacere le iniziali riluttanze da parte soprattutto dei medici della medicina di base, anche e per malfunzionamenti del Sistema informatico. Ma alla distanza si deve prendere atto di buoni adattamenti a tale modalità operativa, adattamenti sollecitati anche da penalità comminate in caso di non adeguamento a tale metodica operativa. Da ricordare che il Decreto prevede sanzioni disciplinari fino al licenziamento. In tema di informatizzazione è ormai provato che, per i vantaggi che offre, sempre più settori della medicina saranno regolari dalla tecnologia telematica e dunque occorrerà adeguarvisi nell’assunzione di normative atte a regolamentare l’affidamento di dati non solo scientifici ma soprattutto personali per i quali occorreranno misure di tutela della Privacy. Infatti, ad oggi, la maggior criticità nell’adozione di mezzi informatici è relativa alla Privacy allorché è indispensabile trasmettere i dati sensibili per i quali il paziente dovrebbe esprimere consenso alla luce del A proposito di regolamentazione, utile conoscere le LINEE GUIDA IN TEMA DI REFERTI ONLINE” (G.U. n. 162 del 15.07.09 – G.U. n. 288 dell’11.12.09) Con tali linee guida deliberate dal Garante per la protezione dei dati personali, si è inteso apportare alcune modifiche alle “Linee guida in tema di referti on-line” oggetto di consultazione pubblica, ed, in particolare, di prevedere un periodo di disponibilità del referto on-line di 45gg., tenuto conto che tale maggiore intervallo temporale può considerarsi congruo sotto il profilo delle specifiche cautele che, secondo quanto disposto nelle medesime Linee guida, devono essere adottate al fine di assicurare un idoneo livello di sicurezza dei dati personali in tal modo trattati. Il processo di ammodernamento della Sanità Pubblica e privata ha generato un maggiore sviluppo delle reti e una più ampia gestione informatica e telematica di atti, documenti e procedure. Conseguentemente si è riscontrato (prevalentemente in strutture private) una modalità di offerta dei servizi gratuiti generalmente riconducibili all’espressione “referti on-line”, consistenti nella possibilità per l’assistito di accedere al “referto”, inteso come la relazione scritta rilasciata dal medico sullo stato clinico del paziente dopo un esame clinico o strumentale, con modalità informatica. Analogamente è concessa all’assistito la possibilità di decidere, di volta in volta o una tantum, di ricevere telematicamente i predetti esiti clinici direttamente attraverso il proprio medico curante o il medico di medicina generale/pediatra di libera scelta (MMG/PLS). Tale modalità di conoscibilità dei referti viene generalmente realizzata attraverso due modalità: 1) la ricezione del referto presso la casella di posta elettronica dell’interessato; 2) il collegamento al sito Internet della struttura sanitaria ove è stato eseguito l’esame clinico al fine di effettuare il “download” del referto. In quest’ultimo caso, che sembra essere il più utilizzato, al paziente viene generalmente fornito un nome utente ed una password all’atto della prenotazione o dell’effettuazione dell’esame. In alcune delle iniziative esaminate è anche possibile effettuare il “download” del “reperto”(inteso come il risultato dell’esame clinico o strumentale effettuato, come ad es. un’immagine radiografica, un’ecografia o un valore ematico) assieme al referto stilato dal medico. Talvolta, il paziente viene avvisato della possibilità di visualizzare il referto attraverso una delle modalità sopra descritte mediante l’invio di un “short message service” (sms) sul numero di telefono mobile fornito alla struttura sanitaria dallo stesso paziente all’atto dell’adesione al servizio. Da rilevare che restano in ogni caso disponibili in formato cartaceo ai sensi e per gli effetti di legge presso la struttura sanitaria dove è stata erogata la prestazione. Naturalmente non si può prescindere da adeguata INFORMATIVA E CONSENSO Per consentire all’interessato di esprimere scelte consapevoli in relazione al trattamento dei propri dati personali, il titolare del trattamento deve previamente fornirgli un’idonea informativa sulle caratteristiche del servizio di refertazione on-line (art. 13, 79 e 80 del Codice). Tale informativa, che può essere resa anche unitamente a quella relativa al trattamento dei dati personali per finalità di cura ma distinta da essa, deve indicare, con linguaggio semplice, tutti gli elementi richiesti dall’art. 13 del Codice. In particolare, deve essere evidenziata la facoltatività dell’adesione a tali servizi, aventi la finalità di rendere più rapidamente conoscibile all’interessato il risultato dell’esame clinico effettuato. L’informativa deve rendere note all’interessato anche le modalità attraverso le quali rivolgersi al titolare per esercitare i diritti di cui agli art. 7 e ss. del Codice. Al fine di assicurare una piena comprensione degli elementi indicati nell’informativa, il titolare deve formare adeguatamente il personale coinvolto sugli aspetti rilevanti della disciplina sulla protezione dei dati personali, anche ai fini di un più efficace rapporto con gli interessati. Dopo aver fornito l’informativa, il titolare del trattamento deve acquisire un autonomo e specifico consenso dell’interessato a trattare i suoi dati personali, anche sanitari, attraverso le suddette modalità di DENUNCE OBBLIGATORIE (art. 74 del codice deontologico) “Il medico deve svolgere i compiti assegnati dalla legge in tema di TSO e deve curare la massima diligenza e tempestività la informativa all’autorità sanitaria ed alle altre autorità nei modi, nei tempi e con le procedure stabilite dalla legge, ivi compresa, quando prevista, la tutela dell’anonimato”. Tale compito/dovere è a carico di tutti i medici siano essi in veste di libero professionista o dipendenti delle pubbliche amministrazioni o da privati. È compito deontologico-giuridico finalizzato al mantenimento della salute e sicurezza pubblica, sia individuale che collettiva. Dunque si configura la tutela del pubblico e del singolo permettendo di apportare provvedimenti di tipo igienico, profilattico e legislativo L’omissione od il ritardo dell’inoltro della denuncia costituisce illecito che, ove produttivo di danno configura ipotesi di COLPA per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline di cui all’art. 43 c.p. Per il medico dipendente pubblico o convenzionato può configurare la fattispecie di cui all’art. 328 c.p. “Rifiuto di atti di ufficio. Omissione” (condizione che può essere punita con una reclusione da 6 mesi a 2 anni). Ed ancora gli articoli 359 e 363 c.p. “omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale e/o persone esercenti un servizio di pubblica necessità” che si realizza allorchè tali figure omettano o ritardino di denunciare all’autorità giudiziaria o altre autorità verso la quale abbia l’obbligo di riferire avendone avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni. DENUNCE IN AMBITO SANITARIO Trattasi di notifica dell’autorità sanitaria e/o dell’Autorità Amministrativa di fatti di interesse di Sanità Pubblica. Caratteristiche comuni a tutte le denunce sono: L’obbligatorietà deriva da disposizioni di legge (art. 51 c.p. “… esercizio di un diritto - adempimento di un dovere…...”). Ha carattere inderogabile. L’imposizione di legge costituisce la giusta causa di rivelazione del segreto professionale L’iniziativa del denunciante è la conseguenza logica dell’obbligatorietà La professionalità deriva dalla qualifica del denunciante e dalla natura tecnica del fatto segnalato L’oggetto riguarda fatti di interesse pubblico La finalità la denuncia è destinata a realizzare la tutela di un bene collettivo, quindi il suo fine può essere anche in contrasto con l’interesse personale dell’assistito La destinazione destinatario della denuncia è soltanto una pubblica autorità, di volta in volta indicata, ed interessata a conoscere i fatti sui quali esercita la tutela o l’amministrazione. Destinatari della denuncia: Sindaco, Autorità Giudiziaria, Autorità di Pubblica Sicurezza, Enti infortunistici, Strutture socio-sanitarie. Le sanzioni l’omissione o il ritardo della denuncia comporta una sanzione penale o, in genere, di natura contravvenzionale. Le denunce cui il medico deve ottemperare sono suddivise in Denuncia amministrativa (diretta al Sindaco o all’ufficio di stato civile del Comune) Denuncia sanitaria (diretta all’ufficio di Sanità Pubblica della ASL e/o altri organi di Sanità pubblica: INAIL- INPS) Denuncia giudiziaria (Autorità Giudiziaria: ufficio del Pubblico Ministero Procura della Repubblica) DENUNCE AMMINISTRATIVE Dichiarazione di morte Gli esercenti la professione medico-chirurgica sono obbligati a denunciare al sindaco le cause di morte entro 24 ore dall’accertamento del decesso, in base all’art. 103 del TULLSS, approvato con il R.D. 27/7/1934 n. 1265, e al comma 1 del DPR 10/09/90 n. 285 (Regolamento di polizia mortuaria). La denuncia deve essere fatta entro 24 ore dall’accertamento del decesso e va inoltrata al Sindaco (Ufficiale di Stato Civile) per il rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura, in osservanza alla disposizioni dell’art. 141 del R.D. 9/7/1939 n. 1238, sull’ordinamento dello Stato civile. La denuncia della causa di morte, da trasmettere al Sindaco entro 24 ore dal decesso, spetta al “medico che per esercizio ed a causa della professione ha conoscenza certa delle cause della morte”, cioè al medico che ha prestato assistenza alla persona quando era in vita o ha conoscenza della morte. La denuncia deve essere redatta su apposita schede di morte, edita dall’ISTAT, in cui il medico annota la causa iniziale, la causa intermedia (eventuali complicanze) e la causa terminale che ha determinato il decesso. DENUNCE AMMINISTRATIVE Certificato di constatazione di decesso È un’attestazione di avvenuto decesso da non confondere con la denuncia della causa di morte e con il certificato di morte redatto dal medico necroscopo (medico ospedaliero o medico del servizio medico legale dell’azienda USL). Il certificato di morte o di accertamento della realtà della morte è un certificato necroscopico redatto dal medico necroscopo con finalità di accertamento della realtà di morte. CERTIFICATO DI ASSISTENZA AL PARTO Con denuncia di nascita (entro 10gg quando si sospetti che il padre non dia seguito) ed eventuale segnalazione di nascita di infarti deformi (entro 2 giorni Art. 103 c.c. e 139 del T.U.L.L.S.S. e R.D. 17.02.41 n°1127 – Art. 3 DM 16.07.01 n°349) con indicazione di eventuale consanguineità dei genitori, tipo di malformazione, cariotipo, età gestazionale eventuale patologia gravidanza ecc.. DENUNCE GIUDIZIARIE REFERTO RAPPORTO Configurano l’obbligo di riferire all’Autorità giudiziaria quelle condizioni e/o circostanze nelle quali possano sussistere gli estremi di reato. REFERTO L’obbligatorietà del referto è sancita dall’art. 365 codice penale che recita: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferire all’autorità indicata nell’art. 361, è punito … Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale” ANCORA SUL REFERTO L’art. 334 del codice di procedura penale regola la compilazione e consegna del referto nei seguenti termini: “1) Chi ha l’obbligo del referto deve farlo pervenire entro 48 ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino. 2) Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento; dà inoltre notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi coi quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare. 3) se più persone hanno prestato la propria opera o assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto” Quali sono i casi nei quali si possono configurare gli estremi di “delitto” per gli addetti alle professioni sanitarie: 1) Delitto contro la vita: omicidio (doloso, colposo, preterintenzionale, istigazione al suicidio e infanticidio) 2) Delitto contro l’incolumità individuale: lesioni personali dolose e colpose (lievi – gravi – gravissime) N.B. sono compresi in questi anche le lesioni subite sul lavoro ove in violazione delle norme per la prevenzione, infortuni e igiene sul lavoro che abbiano determinato malattia professionale. 3) Delitti contro l’incolumità pubblica: epidemie, intossicazioni, danni provocati da alimenti, bevande o medicinali guasti infetti 4) Delitti di violenza sessuale se commessi nei confronti di minori di anni 14; se commessi dal genitore, dal convivente, dal tutore o da persona cui il minore sia stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza e custodia; se commessi da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni; se connessi ad altro delitto per il quale si debba procedere di ufficio; se il fatto è commesso in una particolare ipotesi (prevista dall’art. 609 – quater, ultimo comma). Si tratta di un articolo che nel ritenere non punibile “… il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’art. 609 – bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore ai tre anni” prevede, però, all’ultimo comma una fattispecie di particolare gravità “se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci” 5) Delitti di interruzione volontaria di gravidanza: interruzione dolosa, colposa e preterintenzionale della gravidanza 6) Delitti di manomissione del cadavere: vilipendio, distruzione, occultamento e uso illegittimo di cadavere 7) Delitti contro la libertà individuale: sequestro di persona, violenza privata, minaccia aggravata incapacità procurata mediante violenza 8) Delitti contro la famiglia: abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, maltrattamenti in famiglia 9) Delitti di esercizio abusivo della professione e di falso in atto pubblico DENUNCE SANITARIE Sono quelle che riguardano fatti inerenti la tutela dell’igiene e della sanità pubblica in ragione di attuazione di misura di prevenzione igiene e profilassi: denuncia di malattie infettive e diffusive; denuncia delle malattie veneree; denuncia delle malattie professionali; denuncia degli apparecchi radiologici; denuncia di intossicazione da antiparassitari ; segnalazione di vaccinazioni obbligatorie. Quelle in ambito assicurativo – sociale INAIL prevedono: primo certificato di infortunio; certificato medico di continuazione di inabilità; certificato definitivo di infortunio; certificato di malattia professionale; denuncia di radio-lesioni. MALATTIE INFETTIVE E DIFFUSE L’obbligo di notifica è previsto dagli articoli 253 e 254 del T.U. delle Leggi Sanitarie del 1934 con successive modificazioni ed integrazioni sulle modalità procedurali di cui al DM 15 dicembre 1990 “sistema informatico delle malattie infettive e diffusive” DENUNCE IN AMBITO INAIL PER INFORTUNIO SUL LAVORO: l’obbligo grava sul medico che presta la prima assistenza al lavoratore ai sensi del DPR 1124/65 e del D.Lgs n. 38/2000. In tutte le altre evenienze l’obbligo è a carico del datore di lavoro. PER MALATTIA PROFESSIONALE: in caso di malattia causalmente riconducibile all’attività lavorativa svolta (art. 10 comma 4 D.Lgs 38/2000) è previsto che il medico che ne constata l’esistenza di dover inoltrare dettagliata denuncia all’Istituto Assicuratore (INAIL) ed al Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza Luoghi di Lavoro (SPISAL) dell’AUSL della sede lavorativa. E’ un obbligo che essenzialmente viene a gravare sul medico competente (vedi normative D.Lgs 626/94) QUALI SONO LE MALATTIE DA DENUNCIARE IN AMBITO INAIL? Quelle in elenco al DM 14 gennaio 2008 “Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’art. 139 del Testo Unico approvato con Decreto Presidenziale della Repubblica il 30.06.65 n. 1124 e successive modificazioni”. MALATTIA PROFESSIONALE all’art. 3 T.U. si legge: “L’assicurazione è altresì obbligatoria per le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 4, le quali siano contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino fra quelle predette nell’art. 1 . La tabella predetta può essere modificata o integrata con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concerto con il Ministro per la sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative”. Il requisito base affinché si possa ritenere che una malattia possa essere di natura professionale è che la stessa sia causata dal lavoro (contratta nell’esercizio e a causa del lavoro), ma del pari, secondo la dizione del T.U., è necessario che la stessa sia contemplata nella tabella allegata al T.U. medesimo che è stata successivamente aggiornata ed integrata con Decreti del Presidente della Repubblica, così come previsto nel T.U. (l’ultimo dei quali, in ordine di emanazione è il DM 9 aprile 2008 in GU n. 169 del 21 luglio 2008). PERCORSO NORMATIVO PER LA TUTELA DELLE MALATTIE PROFESSIONALI Il Testo Unico per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con D.P.R. n. 1124 del 1965, prevedeva l’assicurabilità delle malattie professionali agli articoli 3 (per l’Industria) e 211 (per l’Agricoltura) indicando negli allegati, rispettivamente n. 4 e n. 5, tabelle contenenti le malattie, le lavorazioni specifiche tutelate ed il periodo di massima indennizzabilità dalla cessazione del lavoro. Si introduceva inoltre l’obbligo di denuncia delle malattie professionali all’I.N.A.I.L.: l’art. 139 citava “E’ obbligatoria per ogni medico, che ne riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco….”. Successivamente, col D.M. 18.04.1973 si approvava suddetto Elenco, articolato in sette gruppi (malattie provocate da agenti chimici della pelle, da agenti fisici, ecc.). Le malattie professionali contenute nelle Tabelle di cui agli art. 3 e 211 del T.U., le cosiddette “malattie tabellate”, godono della “presunzione legale di origine” e non sono richiesti accertamenti ambientali circa la nocività del posto di lavoro. Ma per effetto di tre sentenze della Corte Costituzionale (n. 178, 179 e 206 del 1988) vige in Italia il cosiddetto “sistema misto” che tutela anche quelle malattie, non rientranti tra le “tabellate”, per le quali il lavoratore riesca a dimostrare il nesso causale con l’attività lavorativa svolta, le cosiddette “malattie non tabellate”. Un aggiornamento nel 1994 ha portato le malattie professionali tabellate a 58 per il settore Industria (oltre alla silicosi, asbestosi e alle malattie non tabellate) e a 27 per il settore Agricoltura (prevedendo anche qui il caso non tabellato): queste Tabelle sono state in vigore fino all’estate del 2008. Il D.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, all’art. 10, ha previsto poi la costituzione di una Commissione scientifica per l’elaborazione e la revisione periodica delle Tabelle di cui agli art. 3 e 211 e dell’Elenco delle malattie di cui all’art. 139 (obbligo di denuncia) disponendo inoltre che l’elenco dovesse contenere anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa. Quest’ultimo aspetto ha trovato applicazione con il D.M. del 27.04.04 che ha sostituito l’Elenco delle malattie approvato con decreto ministeriale 18.04.1973, con un altro composto di 3 liste principali: lista I, contenente malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità; lista II, contenente malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità (non sussistono ancora conoscenze sufficientemente approfondite perchè siano incluse nel primo gruppo); lista III, contenente malattie la cui origine lavorativa è possibile (non è definibile il grado di probabilità per le sporadiche e ancora non precisabili evidenze scientifiche). Si è poi prevista una “quarta lista per le malattie non espressamente previste nelle altre tre liste per le quali il medico ritenga comunque di effettuare una segnalazione. La denuncia di tali malattie ha lo scopo di raccogliere e tenere sotto osservazione le segnalazioni di varia provenienza (Istituti universitari e di ricerca, ASL, medici di base, etc…) per i necessari approfondimenti di ordine scientifico ed epidemiologico, anche ai fini della prevenzione oltre che assicurativi. L’art. 10 del D.L. 38/2000, istituiva inoltre, presso la banca dati dell’INAIL, il “Registro nazionale delle malattie causate dal lavoro ovvero ad esso correlate”, un osservatorio nazionale in cui far confluire tutte le segnalazione ex art. 139, allo scopo di costituire un unico punto-informazioni. La legislazione in materia di malattie professionali è stata poi recentemente integrata dal Decreto Ministeriale 14.01.2008 con cui si aggiorna nuovamente, ai sensi dell’art. 139 T.U. l’Elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria, da parte del medico che ne venga a conoscenza, la denuncia. L’aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali: sulla G.U. del 21.07.2008 è stato pubblicato il D.M. 09.04.2008, col quale si approvano le nuove Tabelle delle malattie professionali, beneficianti della “presunzione legale di origine”. LA CODIFICA INTERNAZIONALE ICD-10 La Commissione scientifica, incaricata della revisione delle Tabelle delle malattie professionali (ex art. 10 D.L.vo 38/2000) e composta da membri rappresentanti, tra gli altri, INAIL, INPS, ISPESL, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Istituto Superiore della Sanità, CNR ecc…, ha avuto l’obiettivo primario di aggiornare le Tabelle in base al progresso delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie produttive, anche in termini epidemiologici, tenuto conto anche delle esperienze in altri Paesi europei. Nella sua proposta, la Commissione ha indicato, come detto nel precedente capitolo, specifiche patologie utilizzando le definizioni e i codici utilizzati della più recente codifica internazionale ICD-10. L’adozione di tale codifica ha lo scopo di consentire una diretta elaborazione del dato nazionale in statistiche immediatamente confrontabili con quelle di altri Paesi, agevolando un monitoraggio del fenomeno di più ampio respiro, con ritorni informativi per future revisioni tabellari. RIASSUMENDO in ambito INAIL Il REFERTO è inviato all’AUTORITA’ GIUDIZIARIA (ex art. 365 c.p.) La DENUNCIA è inviata all’ (ex art. 139 DPR 1124/65 e D.M. 14.01.08) ISPETTORATO DEL LAVORO ASL INAIL La CERTIFICAZIONE è inviata (ex art. 53 DPR 1124/65) AL LAVORATORE AL DATORE DI LAVORO ALL’INAIL LA DENUNCIA per malattia da R.I. è inviata all’ (ex art. 92 e 2 D.Lgs 230/95) ISPETTORATO DEL LAVORO ASL TUTTO DIPENDE, ED E’ PRIORITARIO, IL NESSO DI CAUSALITA’ CAUSALITA’ Principio interpretativo della realtà che si fonda sul rapporto di causa ed effetto (dal tardo latino: causalitas – causalitatis) CAUSA Fatto constatato o ritenuto come assolutamente determinante rispetto al verificarsi di un altro fatto o situazione successiva (effetto). (Devoto-Olii) Secondo Aristotele, “ciò che diviene, nel senso di ciò che si modifica o meglio viene modificato, ha sempre una causa; questo è il punto di partenza e il principio del divenire”. Più elaborato è il concetto espresso da Cicerone nel De Fato, dove definisce la causa come “ciò che produce l’effetto”, ma già ponendo dei limiti al concetto di consequenzialità (“non si deve però intendere la parola causa così largamente da includervi ogni antecedente, ma fra essi solo quello che si dimostri efficace a determinare quell’effetto”). Lo studio della causalità è dunque antico e complesso e anche la dottrina medico-legale se ne è lungamente occupata: il rapporto di causalità rappresenta in ultima analisi il collegamento che intercorre fra due fenomeni, al primo dei quali va data la qualità della causa e al secondo quella dell’effetto. Nella concezione prevalente della medicina legale la causa è definita come l’antecedente necessario e sufficiente a produrre l’effetto (ossia, nel campo della valutazione del danno alla persona in responsabilità civile, a produrre la modificazione peggiorativa dello stato di salute precedentemente posseduto dal soggetto in esame), idonea cioè n senso qualitativo, quantitativo e modale. La dottrina medico legale distingue anzitutto, nell’analisi di un antecedente e di un effetto che da esso potrebbe essere disceso, fra 1) causalità immediata o diretta; 2) causalità mediata. Per la causalità MEDIATA occorrerà valutare se gli eventi frapposti (cause intermedie) mantengono una concatenazione sì da partecipare all’evento finale! Il NESSO CAUSALE ai fini giuridici per essere ammesso non può essere IPOTETICO o IPOTIZZABILE, ma richiede una rigorosa applicazione del metodo accertativo. La sua valutazione deve rispondere di un rigore scientifico assoluto poiché implica l’attribuzione di responsabilità in ambito penale o civile come prevista dalla legge. CAUSALITA’ NEL DIRITTO PENALE CODICE PENALE Art. 40: RAPPORTO DI CAUSALITA’ “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Anche in RESPONSABILITA’ CIVILE per giudicare dell’esistenza o meno del NESSO di CAUSALITA’ tra antecedente e susseguente occorrerà applicare CRITERI DI GIUDIZIO che tengono conto delle “caratteristiche” della causa. Così dovremo tenere presente i Criteri di idoneità lesiva e di adeguatezza, oltre al Cronologico, al Qualitativo, Quantitativo e Modale che ancora hanno validità (essendo ormai considerati da dottrina M.L. pleonastici criteri topografico e di continuità fenomenica. E LA REALTA’ BIOLOGICA? In tal proposito è necessario rilevare quanto attualmente sostenuto da autorevoli cultori della Medicina Legale: che precisano, trattandosi di valutare la realtà biologica e clinico evolutiva nei casi in cui si richiede di stabilire il nesso causale, occorre interpretare il caso secondo le EVIDENZE SCIENTIFICAMENTE ACCREDITATE E STATISTICAMENTE CONSOLIDATE che integrano i classici criteri di giudizio. Le regole causali delle successioni fra un evento ed un effetto debbono rispondere per il medico legale, quanto meno a due momenti discriminanti come del resto due sono le leggi della CAUSALITA’: Le OGGETTIVE (ovvero di certezza scientifica); Le STATISTICHE (che pur essendo probabilistiche non lo sono empiricamente ma scientificamente). Del resto già nella valutazione del nesso causale in tema di Malattia Professionale seguiamo un criterio che è definibile PATOGENETICO, ovvero la diagnosi causale deve impegnarsi nelle analisi della catena degli eventi per giungere alla connessione causale. CRITERIO CRONOLOGICO: E’ ovvia la considerazione della cronologia degli eventi intesa come successione delle manifestazioni morbose. Ma attenzione occorre primariamente tenere presente la formula “past hoc ergo, propter hoc” (dopo di questo, dunque per questo!), ovviamente non è criterio valido! Così come viceversa non può escludersi il nesso causale ove la conseguenza patologica dell’evento lesivo si verifichi con un “ponte cronologico”, (il caso dell’”intervallo libero” in lacerazione della meningea media con emorragia extradurale, o il caso della rottura di milza in due tempi). CRITERIO QUANTITATIVO In biologia tale criterio assume valore relativo rispetto al criterio QUALITATIVO! La QUALITA’ è la sommatoria delle caratteristiche costitutive dell’agente causale mentre la QUANTITA’ risponde di un criterio misurabile e dunque di ordine matematico (misurazione dell’energia lesiva) d’assai difficile applicazione nella scienza biologica per l’intervento di variabili non sempre misurabili e quantificabili nella loro incidenza. Giudizio complessivo: RAPPORTO CAUSALE RAPPORTO CONCAUSALE RAPPORTO OCCASIONALE RAPPORTO INESISTENTE Esiste dunque una successione criteriologica della forza del nesso causale nel soddisfare criteri di: CERTEZZA (cui corrisponde il criterio di presunzione di origine) PROBABILITA’ (malattie non tabellate) POSSIBILITA’ (mera correlazione da provare)