INTERVENTO PUBBLICO NEL SISTEMA ECONOMICO (Musgrave 1959, Oates 1972) •Funzione di Stabilizzazione •Funzione di Redistribuzione •Funzione Allocativa STABILIZZAZIONE • DEF: Funzione di intervento da parte dell’autorità pubblica all’interno del sistema economico al fine di influenzare la domanda in chiave anticiclica. • Nel tradizionale approccio keynesiano essa risponde all’incapacità del sistema di mercato (fallimento di mercato) di garantire in maniera costante il pieno impiego delle risorse. Politica monetaria (creazione di moneta, manovre sui tassi d’interesse, tassi di cambio) Strumenti Politica fiscale (politica di bilancio: spesa pubblica, sistema impositivo) Le ragioni del coinvolgimento del governo centrale (sovrannazionale) 1) Strumenti limitati a livello decentrato: – creazione di base monetaria, tassi d’interesse, tassi di cambio sono prerogative del governo centrale – la leva fiscale e il riscorso al finanziamento in deficit sono soggetti a vincoli di mercato (competizione fiscale) e/o formali (armonizzazione fiscale, vincoli di finanza pubblica) NB: Tale considerazioni sono state tradizionalmente riferite al rapporto StatoEnti sub centrali, ma possono essere riferite in maniera crescente al contesto dell’Unione monetaria, ove gli Stati nazionali hanno perso durante il processo di integrazione molte delle descritte leve di intervento nel sistema economico e sono stati sottoposti a crescenti vincoli di disciplina reciproca in tema di bilanci pubblici. 2) Il valore del moltiplicatore: k =1/[1-c+m] essendo ∆Y = k∆G “m” è la propensione marginale alle importazioni (ovvero la quota di domanda interna destinata a merci prodotte all’esterno) • mUnione< mstatale < mlocale • kUnione> kstatale > klocale • I livelli inferiori di governo sono più aperti agli scambi e quindi, a parità di spesa, una quota maggiore di benefici in termini di reddito e occupazione tende a manifestarsi al di fuori dell’ambito territoriale in cui sono raccolte le risorse necessarie per finanziare la politica espansiva. In presenza di queste esternalità positive (leakages) il bene pubblico “stabilizzazione” tende ad essere fornito in maniera sub-ottimale • 3) Rischio di asincronia e incoerenza delle politiche di stabilizzazione - un paese può attuare una politica espansiva mentre un altro paese ne mette in atto una restrittiva, con l’effetto di annullare parzialmente gli effetti e di disperdere le risorse utilizzate. - se tutti i paesi mettono in atto un intervento espansivo contemporaneamente, senza tener conto delle esternalità reciproche, l’effetto di stabilizzazione sarà eccessivo e maggiore di quanto necessario. REDISTRIBUZIONE 1) Redistribuzione interpersonale - un’indicazione per la centralizzazione emerge in relazione alla mobilità dei contribuenti e agli effetti perversi che si potrebbero avere a livello locale in presenza di politiche redistributive - redistribuzione come bene pubblico locale (Pauly): preferenze diverse, interdipendenza delle funzioni di utilità più forti a livello locale • Realtà europea attuale - bassa mobilità dei cittadini e scarsa sensibilità a differenziali tra Stati in termini fiscali, di servizi offerti e di politiche adottate - forte eterogeneità delle preferenze delle diverse comunità statali sull’argomento (es: differenza tra l’approccio anglosassone, quello scandinavo e quello di alcuni paesi mediterranei di tradizione cattolica) che rende difficile trovare un’impostazione comune Ridotte motivazioni per l’avocazione della redistribuzione personale a livello sovranazionale 2) Redistribuzione territoriale (tra Stati e/o Regioni) - equità e solidarietà: evitare uno sviluppo squilibrato e diseguale tra territori; - efficienza: sfruttare le potenzialità di tutte le aree ed eliminare vincoli e bottlenecks; - sostenibilità politica: sviluppare la solidarietà tra Stati e Regioni per aumentare il grado di coinvolgimento nel processo d’integrazione e compensare eventuali aree “perdenti” • L’accentramento di tale funzione e l’attenzione ad essa destinata in termini di risorse sono tanto più ampi quanto più è avanzato lo stadio di integrazione • Sia dal punto di vista del sentimento di solidarietà, sia da quello delle tematiche in termini di efficienza, l’interesse verso la situazione e le dinamiche economiche di un altro paese crescono quanto più strette si sono fatte le interrelazioni di tipo commerciale, del mercato del lavoro e dei flussi migratori, dei flussi di capitale, delle politiche di bilancio, etc.. • Molto dipende dalla dimensione e dalla persistenza degli squilibri tra aree FUNZIONE ALLOCATIVA Fattori a favore del coinvolgimento sovrannazionale: - Omogeneità delle preferenze sul territorio: quanto più le preferenze sono differenziate quanto più la centralizzazione può portare a perdite di benessere. Criterio con forti implicazioni politiche, che può pregiudicare l’accettabilità del processo di centralizzazione (sussidiarietà centralizzazione) - Principio di corrispondenza e presenza di forti esternalità transfrontaliere (difesa, le grandi reti di comunicazione, la ricerca e sviluppo, le politiche di controllo delle forme di inquinamento transfrontaliero, le politiche di controllo dell’immigrazione, il monitoraggio e la prevenzione delle malattie infettive). Nel momento in cui le esternalità riguardino l’intera UE si afferma il concetto di beni pubblici europei - Presenza di economie di scala e di scopo (difesa, programmi di ricerca, sistema satellitare, etc) - Costi di transazione e coordinamento delle politiche differenziate sul territorio: politica di concorrenza e mercato interno, norme tecniche su beni e servizi, politica sulla sicurezza alimentare e la tutela dei consumatori, norme fiscali per le imprese - Meccanismi assicurativi sovranazionali (disastri naturali, shock macroeconomici asimmetrici) Presenza di esternalità, costi di transazione, economie di scala Bassa Elevata Gestione locale/nazionale (sussidiarietà) Centralizzazione Differenziazione preferenze Bassa Elevata Gestione locale/nazionale (sussidiarietà) (politica di concorrenza, ricerca, protezione consumatori, reti transeuropee, istruzione post universitaria, politiche ambientali globali..) ???? Difesa, politica estera, politiche immigrazione, politiche fiscali, redistribuzione Indicazioni per un forte coinvolgimento a livello sovrannazionale ++ Esigenza crescente al crescere dell’integrazione STABILIZZAZIONE Max in Unione monetaria REDISTRIBUZIONE ALLOCAZIONE 0/+ -Redistribuzione interpersonale lasciata a livello nazionale. Maggiori opportunità possono emergere al crescere della mobilità tra Stati e al ridursi delle differenze in termini di preferenze sui diversi modelli redistributivi + -Redistribuzione tra Stati e/o tra regioni: crescente con lo sviluppo del processo d’integrazione e del comune senso d’appartenenza ++ Per quel tipo di beni che hanno forti connotazioni sovrannazionali e comuni (ricerca, reti trans-europee, ambiente, cultura, controllo immigrazione) e non presentano grandi differenze nelle preferenze tra Stati. •Art. 5 Trattato sull’Unione europea •1.La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione. L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. •2. In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. •3. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. •….. Art. 118 della Costituzione italiana "Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze….. Forme di coinvolgimento del governo sovrannazionale (Strumenti) - Regolazione Intervento sviluppato prevalentemente attraverso la definizione di norme e regole comuni (aiuti di Stato, liberalizzazione dei mercati, disciplina dei prodotti, permessi di emissione di CO2, etc.) - Politiche di Bilancio Intervento che implica un impegno diretto di spesa (stabilizzazione, politiche di coesione, difesa, etc.) Forme di coinvolgimento del governo sovrannazionale (grado di coinvolgimento) • Centralizzazione: Azione comune decisa direttamente dalle istituzioni centrali e/o finanziata attraverso il loro bilancio (Stati nazionali, strutture federali: es. Stati Uniti) • Coordinamento forte: Stati nazionali mantengono la responsabilità delle decisioni, ma vengono messi in atto importanti interventi di armonizzazione e coordinamento da parte delle istituzioni centrali. • Coordinamento debole: Meccanismo di sorveglianza multilaterale delle politiche nazionali, evitando comunque di imporre vincoli cogenti all’esercizio della sovranità nazionale e di richiedere un incremento delle risorse finanziarie gestite dal bilancio sovranazionale (coordinamento debole: persuasione morale, meccanismi reputazionali) I MARGINI DI MANOVRA DELLE POLITICHE ECONOMICHE NAZIONALI PRIMA DEL 1992 TASSI D’INTERESSE e POLITICA MONETARIA • Stretta interdipendenza tra i governi nazionali e le Banche Centrali, che ha reso (per lo meno in certe realtà nazionali) più agevole l’utilizzo di questo canale a fini di governo del ciclo economico, ponendo in secondo piano altri obiettivi (ad esempio il controllo dell’inflazione) • Il mantenimento di tassi d’interesse reali negativi ha favorito per molti periodi e in molti paesi il sostegno alla domanda • In Italia solo nel 1992 (nella prospettiva del Trattato di Maastricht) la Legge 82 ha attributo alla Banca Centrale la facoltà di disporre le variazioni del tasso ufficiale di sconto senza doverla più concordare con il Ministro del Tesoro • I controlli sugli spostamenti di capitali sono stati progressivamente ridotti (ex Atto Unico 1986) e ciò ha iniziato a promuovere un riallineamento dei tassi. • Dal 1990 la circolazione dei capitali è stata completamente liberalizzata. Vincolo di mercato per le autorità monetarie nazionali a limitare i differenziali rispetto agli altri partner europei TASSI DI CAMBIO (1) • Nascita nel 1979 dello SME (sistema monetario europeo) come vincolo alla grande variabilità dei tassi di cambio occorsa negli anni ’70 in seguito alla fine del sistema di Bretton Woods e alle tensioni sui mercati energetici • Il comportamento da Free riding di alcuni paesi metteva in pericolo il processo di integrazione europea. • Exchange Rate Mechanism (ERM) e Sistema delle bande di oscillazione: tutte le monete partecipanti fissano un cambio ufficiale (nei termini della moneta di riferimento: ECU) e una banda d’oscillazione entro cui poter fluttuare liberamente. Banda stretta (+2,25% –2,25%) Banda larga (ITA e UK) (+6% -6%) TASSI DI CAMBIO (2) Nel caso di raggiungimento dei margini della banda: - Intervento concordato delle Banche Centrali a sostegno della moneta oppure - Negoziazione collegiale della modificazione del tasso ufficiale di riferimento (riallineamenti: per l’Italia nel 1981, 1982, 1985) Sistema basato su: • Bande di oscillazione abbastanza larghe (la banda complessiva italiana era del 12%) Soft constraint Moral suasion Reputation • Trasformazione in un sistema molto più rigido 1987-1992, (banda stretta e sostanziale eliminazione riallineamenti) Esigenza di porre in essere politiche anti-inflazionistiche POLITICA FISCALE DEFINIZIONI • Risparmio pubblico (saldo di parte corrente): Entrate correnti – Spese correnti Entrate correnti: Entrate tributarie (imposte dirette + indirette) + Entrate extratributarie (canoni, proventi da gestione immobili). Vengono esclusi dal totale delle entrate solo i proventi dello Stato derivanti da alienazioni di beni patrimoniali e la riscossione di crediti Spese correnti: Sono le spese complessive dello Stato al netto delle spese in conto capitale (spese per personale, acquisto beni e servizi, manutenzione ordinaria, interessi sul debito, redistribuzione ricchezza) - Esso indica il contributo del bilancio dello Stato alla formazione del risparmio nazionale • Saldo netto/Indebitamento netto (deficit) Spese finali - Entrate finali St= Rt - Et Dt= -St Et= Spese finali: Spese correnti + Spese in conto capitale Rt = Entrate finali: Entrate correnti + proventi da alienazioni patrimoniali + riscossione crediti - - Nel contesto europeo si fa riferimento all’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche, che comprendono tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita e nell’operare la redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese Ovvero il saldo consolidato dei conti delle Amministrazioni centrali (Stato, Cassa Depositi e Prestiti, Altri enti centrali come ISTAT e CNR), di quelle locali (regioni, enti locali, ASL, Università) e degli enti previdenziali. Indebitamento netto (segue) • E’ un saldo di competenza, per cui le operazioni sono registrate nel momento in cui si genera un diritto a riscuotere o un’obbligazione a pagare (contabilità finanziaria) • E’ calcolato secondo regole comuni (SEC95), tese ad evitare distorsioni e comportamenti opportunistici da parte dei singoli Stati • Si rendono comunque necessarie rielaborazioni e ri-classificazioni, con potenziali distorsioni e conflittualità • Sono potenzialmente escluse le società a partecipazione pubblica (Ferrovie, ENI, CdP,..) che vengono intese come partecipazioni finanziarie (fino a quando lo Stato non viene chiamato a rispondere di eventuali debiti) • L’ISTAT pubblica un aggiornamento periodico delle unità rientranti sotto l’ombrello delle Amministrazioni pubbliche secondo le regole SEC95 • Fabbisogno di cassa (saldo netto da finanziare) = E’ rappresentato dalla somma che lo Stato deve procurarsi sul mercato emettendo titoli (Bot, Btp, ecc.). Esso si differenzia dall’indebitamento netto per tre principali componenti: 1. La differenza fra le valutazioni per competenza e per cassa. Se il governo ritarda ad esempio il pagamento di trasferimenti dovuti alle Regioni, ciò riduce il fabbisogno di un anno, ma non l’indebitamento. Viceversa, il pagamento in un determinato anno di impegni assunti nei periodo precedenti (ad esempio oneri contrattuali) incrementa il fabbisogno, ma non l’indebitamento. 2. Le variazioni delle partite finanziarie attive vanno sottratte nel passaggio all’indebitamento in quanto questo ultimo non le contiene. Esse comprendono: i prestiti erogati a soggetti esterni alle Amministrazioni Pubbliche, l’acquisizione di quote di partecipazioni in società pubbliche, nonché altre partite, la cui componente principale, soprattutto negli ultimi anni, è costituita dai depositi bancari. Tali partite riducono o aumentano il fabbisogno, ma non hanno alcun impatto sull’indebitamento, che è un saldo di natura economica 3. Riclassificazioni di bilancio • Fabbisogno di cassa (2) • Nel medio-lungo periodo è l’andamento dell’indebitamento che determina l’evoluzione del debito • Nel breve periodo vi possono però essere discrepanze anche significative tra indebitamento e fabbisogno che danno luogo al cosiddetto aggiustamento stock-flussi, il quale rappresenta la differenza tra la variazione del debito pubblico e l’indebitamento netto delle AP • Vi possono essere rischi di manomissioni e classificazioni errate nella distinzione tra cassa e competenza economica per rispettare gli obiettivi di breve periodo sul deficit • DEFICIT (Saldo) primario: Spesa primaria (spesa finale al netto degli interessi) Entrate finali DPt= Gt – Rt SPt= -DPt Gt = Et - iBt iBt : spesa per interessi Bt: debito pubblico, stock di tutti i deficit accumulati nei periodi precedenti - Esso è un primo indicatore della politica di bilancio discrezionale da parte dello Stato, indipendentemente dalle spese per interessi, che dipendono dal debito accumulato negli anni precedenti e dal tasso pagato per finanziarsi sul mercato • Tutte le grandezze sono comunemente espresse in rapporto al PIL (Y), in modo da rappresentarne la reale dimensione e incidenza rispetto all’economia del paese considerato: • d=D/Y • s=S/Y • dp=DP/Y • sp=SP/Y • r=R/Y • g=G/Y • b=B/Y • Saldi aggiustati per il ciclo • Il concetto di saldo aggiustato per il ciclo o cyclically adjusted mira a depurare i dati di bilancio dall’andamento del ciclo economico • Esiste infatti una flessibilità automatica del bilancio rispetto al ciclo che tende a migliorare il saldo nei periodi di crescita e a peggiorarlo in quelli di flessione, indipendentemente dalle scelte discrezionali delle autorità pubbliche. s=s(Y), s’(Y)>0 • Dal lato delle entrate, la flessibilità automatica è data prevalentemente dalla variazione delle basi imponibili, che, a parità di aliquote utilizzate, porta ad una variazione del gettito nella stessa direzione del ciclo economico r’(Y)>0 • Dal lato delle spese essa è data da alcune voci (sussidi di disoccupazione, reddito minimo di cittadinanza, aiuti alle imprese,..) che tendono a variare in direzione opposta rispetto al ciclo, indipendentemente dalle scelte discrezionali delle autorità di bilancio. g= g(Y) g’(Y)<0 • La flessibilità automatica di bilancio è tanto più elevata quanto maggiore è la quota delle entrate fiscali sul PIL, quanto più progressivo è il sistema tributario e quanto più sviluppato e «generoso» è il sistema di welfare • La presenza di un bilancio pubblico esercita attraverso gli stessi canali (entrate fiscali e sistemi di garanzia e welfare) anche un effetto di stabilizzazione automatica rispetto agli andamenti ciclici: – Si tratta di stabilizzatori perché la loro presenza attenua gli effetti sul PIL di eventuali shock di domanda e reddito (calo esportazioni, calo fiducia investitori, etc) k=1/[1-c(1- t-ʊ)] (t è l’incidenza complessiva delle imposte su PIL) (ʊ la sensibilità dei trasferimenti sociali al PIL) - sono automatici perché il loro effetto e funzionamento non dipendono da decisioni discrezionali e contingenti dei policy maker, ma semplicemente dalla loro presenza nel sistema economico di riferimento Esempio di effetto di stabilizzazione automatica USA EU c 0,7 0,6 t 0,25 0,45 ʊ 0,05 0.15 k 1,96 1,31 • A fronte di un medesimo shock di domanda l’effetto sul Pil sarà molto più elevato (circa 50% in più) negli USA che nell’UE. • L’effetto è dovuto al fatto che se cala il PIL, in Europa calano di più anche le imposte – ovvero l’ammontare di risorse che lo Stato sottrae al settore privato - e aumentano di più i sussidi di disoccupazione rispetto a quanto avviene negli USA. L’opposto avviene in fasi espansive. • Ciò attenua in maniera automatica gli effetti delle fluttuazioni senza bisogno di interventi discrezionali dell’autorità pubblica. Esempio di calcolo di saldo aggiustato • sta = st - ct = St/Yt - ε (YRt - YRPt) / YRPt La componente ciclica ct è funzione di: • ε, sensibilità automatica di bilancio rispetto al ciclo: misura la sensibilità del saldo (in percentuale del PIL) rispetto alle variazioni cicliche. Il parametro ε, a sua volta, è pari a (εr – εe), con εr che misura la sensibilità delle imposte al reddito e εe che misura la sensibilità delle spese (quest’ultima ha sempre valore negativo). In questo modo quanto più elevata è la sensibilità automatica delle entrate e quella delle spese rispetto al ciclo quanto più il saldo aggiustato tenderà a essere peggiore rispetto a quello nominale (osservato) nei periodi di espansione e migliore in quelli di flessione. La componente ciclica ct è funzione di (2): • della misura dell’andamento ciclico dell’economia (l’output gap), calcolato come differenza percentuale tra il livello reale del PIL YRt e quello di riferimentoYRPt. • YRPt, è in questo caso rappresentativo dell’andamento tendenziale (o potenziale) dell’economia. Se si è in una fase di output gap positivo, quindi, l’aggiustamento per il ciclo tenderà a peggiorare i valori del saldo nominaleosservato (ct > 0), il contrario avverrà in quelli con output gap negativi (ct < 0). • YRPt,è calcolato in base al metodo della funzione di produzione e dipende da variabili quali: la popolazione in età lavorativa, il tasso di partecipazione, le ore lavorate, la produttività dei fattori. • YRPt,tende a variare nella medesima direzione del ciclo economico. Ciò tende a ridurre la dimensione dell’output gap Sensibilità delle entrate al PIL (1) Sensibilità delle spese al PIL (2) Sensibilità del saldo di bilancio al PIL (1) - (2) Belgio 0,5 -0,1 0,6 Danimarca 0,4 -0,3 0,7 Germania 0,4 -0,1 0,5 Grecia 0,3 -0,1 0,4 Spagna 0,4 -0,2 0,6 Francia 0,4 -0,1 0,5 Irlanda 0,3 -0,2 0,5 Italia 0,4 -0,1 0,5 Lussemburgo 0,4 -0,2 0,6 Olanda 0,6 -0,2 0,8 Austria 0,4 -0,1 0,5 Portogallo 0,4 -0,1 0,5 Finlandia 0,5 -0,2 0,7 Svezia 0,7 -0,2 0,9 Regno Unito 0,5 -0,2 0,7 Area Euro 0,4 -0,1 0,5 UE 15 0,5 -0,1 0,6 •Per l’Italia si stima quindi che gli stabilizzatori automatici di bilancio determinino un aumento del deficit pubblico di circa 0,5 percentuali per ogni punto di minor crescita. Le stime più recenti si basano su valori intorno a 0,56 per l’Italia LA FINANZA PUBBLICA ITALIANA CORRETTA PER IL CICLO (in rapporto al PIL) 2012 2013 Tasso di crescita PIL -2,4 -1,9 Indebitamento netto -3,0 -3,0 Interessi passivi 5,5 5,3 Output gap -3,1 -4,5 Componente ciclica saldo bilancio -1,7 -2,5 Saldo bilancio corretto per il ciclo -1,3 -0,6 Avanzo primario corretto per il ciclo 4,2 4,7 • Il calcolo dei saldi aggiustati può riguardare : • l’Indebitamento netto aggiustato • il Saldo primario aggiustato: l’indicatore più diretto delle scelte discrezionali congiunturali delle autorità pubbliche, visto che è depurato sia delle spese per interessi che delle componenti cicliche. Le sue variazioni nel tempo sono in sostanza dovute solo alle scelte discrezionali in termini di entrate e spese • Nell’approccio keynesiano, la conduzione di una politica espansiva discrezionale a fini di stabilizzazione, segnalata da un aumento del disavanzo, dovrebbe caratterizzare i periodi di flessione congiunturale, mentre una di tipo restrittivo, con miglioramento dei saldi, dovrebbe caratterizzare i periodi di crescita economica. Affinché queste indicazioni siano corrette è necessario, però, che i dati siano depurati dagli effetti dell’andamento congiunturale: in assenza di ciò, un miglioramento del saldo dovuto ad una forte crescita economica potrebbe nascondere una politica discrezionale espansiva e quindi pro-ciclica. • Politica di bilancio anti-ciclica: – saldo aggiustato costante indipendentemente dall’andamento del ciclo e dell’output gap, nel caso in cui si lascino funzionare solo gli stabilizzatori automatici e vi sia assenza di politiche discrezionali; – saldo aggiustato correlato positivamente con la componente ciclica se il governo persegue una politica discrezionale. • La Commissione europea, l’OCSE e l’FMI utilizzano il calcolo dei saldi aggiustati per valutare la reale fiscal stance dei paesi. • Debito pubblico (B) • Valore finanziario che non tiene conto dell’attivo patrimoniale al quale le passività possono corrispondere • Grandezza stock, che risulta dalle politiche fiscali e di bilancio condotte nei periodi precedenti • Influenza direttamente le politiche di bilancio correnti attraverso l’effetto sulla spesa per interessi • Può essere influenzato e modificato solo in un’ottica dei medio-lungo periodo • b=B/Y Determinanti della politica fiscale Et = Dt + Rt Dt = dBt/dt + dMt/dt - dMt/dt : creazione di moneta - dBt/dt : ricorso al debito • CANALE IMPOSITIVO (R) - Prima del 1992, il finanziamento delle politiche economiche nazionali attraverso la tassazione non era soggetto a vincoli formali e rimaneva nella piena discrezionalità degli Stati Membri. - La progressiva affermazione del mercato unico e della libera circolazione dei fattori produttivi esercitava tuttavia un’influenza crescente sui sistemi impositivi nazionali (soft constraint), rendendo improbabili differenziali troppo significativi (soprattutto sulle basi imponibili più mobili come il capitale: exit). - Spostamento dell’onere fiscale sul fattore lavoro (limite nell’accettabilità politica: voice) CANALE MONETARIO (1) La creazione di base monetaria da parte delle Banche centrali ha spesso contribuito a sostenere le politiche espansive attraverso due canali: - Conto di tesoreria: Fino al 1992 questo conto poteva presentare un saldo a debito non superiore al 14% delle spese finali previste dallo Stato, entro tale saldo non era previsto nessun vincolo ai prelevamenti, ed il tasso d' interesse applicato era molto al di sotto di quello di mercato. - Acquisto di titoli del debito pubblico : fino al Luglio 1981 era prassi che la Banca d' Italia partecipasse alle aste del Tesoro con un ammontare di domanda pari all' offerta del tesoro, garantendo così il collocamento di tutti i titoli al prezzo stabilito. Ruolo Banca centrale come Lender of Last Resort Tasso d’inflazione: Italia 1970 6,8 1984 10,6 1971 7,2 1985 8,6 1972 6,3 1986 6,1 1973 11,6 1987 4,6 1974 18,5 1988 5,0 1975 17,5 1989 6,6 1976 18,0 1990 6,1 1977 19,1 1991 6,4 1978 13,9 1992 5,4 1979 15,7 1993 4,2 1980 20,8 1994 3,9 1981 19,3 1995 5,4 1982 16,3 1996 3,9 1983 15,0 CANALE MONETARIO (2) • La percorribilità di questo canale si era tuttavia già sostanzialmente ridotta: - Dal 1981, la Banca d'Italia fu liberata dall'obbligo di acquistare i titoli di Stato, concretando un ulteriore cedimento del potere politico in favore di quello monetario. Ciò genera necessariamente un incremento del costo del debito e un potenziale freno alla spesa. - Nella seconda metà degli anni ’80 si assiste ad una consistente riduzione del finanziamento monetario del Tesoro a causa dell’esigenza di frenare le dinamiche inflazionistiche del decennio precedente (irrigidimento dello SME) Canale monetario in % del PNL 1976-85 1986-91 Germania 0,2 0,6 Grecia 3,4 1,5 Italia 2,6 0,7 Portogallo 3,4 1,9 Spagna 2,9 0,8 • FINANZIAMENTO CON DEBITO SUL MERCATO - Anche da questo punto di vista non esistevano vincoli formali prima del 1992 al finanziamento in deficit e all’accumulazione di debito - Gran parte dei paesi Europei (seppur con intensità diversa) hanno sfruttato questo canale per il finanziamento della spesa - Le dimensioni raggiunte dal debito di alcuni paesi (Grecia, Italia, Belgio) ponevano tuttavia problemi e vincoli in termini di sostenibilità del debito e di onere esplosivo della spesa per interessi (altra forma di soft constraint) LE DETERMINANTI DELL’EVOLUZIONE DINAMICA DEL RAPPORTO DEBITO / PIL • b = valore iniziale del rapporto debito/PIL • (i – n) = differenza tra tasso di interesse reale e tasso di crescita reale del PIL (costo del servizio del debito) • (g - r) = deficit/saldo primario di bilancio in termini di PIL • [dM/dt]/Y = signoraggio (finanziamento monetario diretto del deficit attraverso la tesoreria) Area di sostenibilità (r - g) (r - g)> (i-n)b (i-n=4) Rette di steady state del debito 4 (i-n=3) 3 (i-n=2) 2 1 (i-n=1) 60 100 b Perché limitare/controllare il debito ? Pur non essendovi valori assoluti di riferimento, valori elevati di b determinano: • Spiazzamento degli investimenti privati (crowding out) • Rigidità del bilancio rispetto ad esigenze di politiche congiunturali • Forte vulnerabilità del paese rispetto alla differenza (i – n) che è sostanzialmente esogena rispetto alle scelte arbitrarie di politica economica. • Incremento futuro della tassazione e degli effetti distorsivi • Limiti superiori al valore dell’avanzo primario (r-g) (crescita dei costi di raccolta, enforcement e delle distorsioni legate alla tassazione, voice and exit, incomprimibilità di voci di spesa) • Perdita di reputation sui mercati internazionali con incremento del rischio paese (↑ i) • Rischio di spirali negative tra ↑b ↑i ↓n ↑b ( trappola insostenibile o snowball effect) CASO ITALIA Anni ’70 - Deficit primari nell’ordine del 5% del PIL: trend ascendente delle spese primarie per lo sviluppo dello stato sociale (sostanzialmente comune al resto dell’Europa) e dinamica rallentata delle entrate in parte dovuta agli effetti della riforma fiscale del 71-72; - Forte contributo del finanziamento monetario che si ridimensiona alla fine del decennio - Buon contributo della crescita economica con «n» costantemente al di sopra di «i» (si hanno tassi di interesse reali negativi) - Dalla seconda metà del decennio inizia a crescere la spesa per interessi, che nel 1980 costituisce circa il 60% del deficit - Il debito passa dal 40% al 60% del PIL, con accelerazioni ad inizio e fine periodo Settore pubblico in Italia: principali grandezze e saldi in % sul PIL. Entrate totali (a) Spese totali (b) Spese per interessi (c) Indebitam. netto (d) = b - a Disavanzo primario (e) = b–c-a Debito pubb. 1970 32 36,2 1,9 4,2 2,3 38 1971 32,4 38,8 2,1 6,4 4,3 42,9 1972 32,6 40,2 2,4 7,6 5,2 49,3 1973 31,2 38,7 2,6 7,5 4,9 51,2 1974 30,6 38,2 3 7,6 4,6 51,4 1975 30,9 43,3 3,8 12,4 8,6 57,6 1976 32,3 42,1 4,2 9,8 5,6 56,3 1977 33,2 42,2 4,4 9 4,6 55,9 1978 33,8 44,5 5,1 10,7 5,6 60,9 1979 33,1 43,3 5 10,2 5,2 60,3 Anni 80 - Il disavanzo primario si mantiene in media attorno al 4% nella prima metà del decennio. Si assiste ad una forte correzione (dovuta essenzialmente alla crescita delle entrate) nella seconda metà del decennio, con il pareggio nel 1991. - Il finanziamento monetario si riduce, alla luce delle esigenze di controllo dell’inflazione legate all’irrigidimento dello SME (bande larghe bande strette). - I tassi di interesse reali divengono positivi e nel 1989 si registra l’inversione tra «n» ed «i» - La spesa per interessi continua a crescere e costituisce nel 1991 praticamente la totalità del deficit (10,3% del PIL). - Il debito passa dal 60% al 100% del PIL e iniziano a manifestarsi problemi in termini di sostenibilità Entrate totali (a) Spese totali (b) Spese per interessi (c) Indebitamen to netto (d) = b-a Disavanz o primario (e) = b – c -a Debito pubbli co 1980 34,6 43,5 5,3 8,9 3,6 57,7 1981 36,2 47,8 6,2 11,6 5,4 59,9 1982 38,4 50,1 7,2 11,7 4,5 64,9 1983 40,7 51,8 7,6 11,1 3,5 70 1984 39,8 51,6 8,2 11,8 3,6 75,2 1985 40,3 53,2 8,2 12,9 4,7 82,3 1986 40,9 52,6 8,6 11,7 3,1 86,3 1987 41 52,4 8,1 11,4 3,3 90,5 1988 41,3 52,5 8,3 11,2 2,9 92,6 1989 43,2 53,5 9 10,4 1,3 95,6 1990 43,7 55,1 9,7 11,3 1,6 97,8 1991 45 55,6 10,3 10,6 0,3 101,2 Figura 3. Evoluzione dei saldi di finanza pubblica in Italia 60 50 40 avanzo primario 30 disavanzo primario 20 1960 1965 1970 SPESA PRIMARIA 1975 1980 1985 ENTRATE 1990 1995 2000 SPESA TOTALE L’evoluzione del moltiplicatore • Il forte grado di integrazione reciproca raggiunta dalle economie europee aveva significativamente incrementato l’apertura delle singole economie nazionali verso gli altri paesi, aumentando gli effetti di traboccamento (leakages) delle spese nazionali. • La politica di stabilizzazione nazionale nel mercato unico tendeva a divenire sempre meno efficace. • La liberalizzazione degli appalti pubblici (ex Atto Unico) tende ad accentuare ulteriormente questo effetto. • Una conferma concreta a questo tipo di considerazioni si è avuta nel corso dei primi anni ’80, quando il governo francese di Francoise Mitterand ha portato avanti un imponente programma di investimenti pubblici e poliche di sostegno della domanda che hanno esercitato un modesto effetto sull’economia nazionale, generando viceversa importanti effetti esterni e un conseguente deterioramento della bilancia commerciale. Limiti alle politiche industriali • ATTO UNICO. Regolamentazione e rafforzamento della desciplina degli aiuti di Stato: sono consentiti solo quegli aiuti che verrebbero fatti anche da un privato, ossia in presenza di una prospettiva di profittabilità futura. Misura indirizzata all’efficienza e alla riduzione delle distorsioni a livello comunitario. • Vincolo al sistema delle partecipazioni statali e degli interventi di salvataggio. I VANTAGGI DI UNA MONETA UNICA • Ulteriore stimolo all’unificazione dei mercati e alla crescita degli scambi interni – Riduzione costi di transazione (commissioni di cambio, tempo perso,..) – Maggiore trasparenza e concorrenzialità crosscountry sui prezzi – Eliminazione del rischio di cambio e più efficiente allocazione delle risorse e degli investimenti • Effetto di stimolo agli investimenti e ai consumi attraverso la riduzione dei tassi di interesse reali • Fattore di protezione e garanzia contro crisi finanziarie dei singoli paesi • Affermazione del ruolo internazionale della moneta e dei mercati finanziari europei • Stimolo all’efficienza e al recupero di competitività dal lato dell’offerta (approccio monetarista) TEORIA DELLE AREE MONETARIE OTTIMALI (Mundell, 1961 e integrazioni successive) • Considera le condizioni che devono valere affinché la nascita di un’unione monetaria sia sostenibile e non provochi impatti negativi sugli Stati membri, tali da pregiudicarne l’accettabilità e la continuità • Si fonda sulla questione di base “E’ la rinuncia alla politica monetaria e di cambio dannosa/pericolosa?” • Shock simmetrici (andamenti del ciclo economico nella stessa direzione e di dimensioni simili) e andamenti inflattivi simili: la politica monetaria centrale può essere lo strumento più adatto a scopo di stabilizzazione, attraverso la manovra dei tassi d’interesse e del tasso di cambio • Andamenti congiunturali differenziati (shocks di natura asimmetrica) e differenziali in termini di inflazione e competitività: viene meno lo strumento del tasso di cambio a livello nazionale e la Banca centrale ha le mani legate, perché non è in grado di fornire una risposta diversa alle diverse situazioni che si presentano • Rischio di persistenza degli shock e delle divergenze di competitività • L’unificazione monetaria può risultare costosa in termini economici e politici Condizioni di successo A. Omogeneità tra Stati • • Il successo di un’Unione monetaria è in primo luogo legato alla ridotta probabilità che si verifichino shock asimmetrici, visto che questi ultimi generano problemi di intervento e di aggiustamento. La probabilità di shock asimmetrici è massimizzata quando i singoli Stati hanno strutture produttive poco diversificate al loro interno ed eterogenee tra loro (cosiddetto criterio di Kenen) • Un secondo fattore di omogeneità è dato da andamenti simili nelle dinamiche inflattive e nella competitività estera rispetto agli altri paesi • Differenziali in questi aspetti portano al deterioramento della bilancia commerciale, non aggiustabile attraverso il tasso di cambio • Fattori alla base di differenze nazionali possono essere: preferenze diverse delle autorità monetarie, differenze nel mercato del lavoro, differenze nel mercato delle materie prime, differenziali di produttività, differenti politiche di bilancio B. MECCANISMI AUTOMATICI DI RIEQUILIBRIO • 1- Flessibilità dei salari e mercati concorrenziali - La flessibilità salariale può favorire il riassorbimento dell’eccesso di offerta nel paese soggetto a domanda debole - Il meccanismo tende a rafforzarsi anche attraverso gli effetti sulla domanda aggregata, legati alla maggiore competitività di prezzo. - Perché il meccanismo operi è necessario che le economie siano integrate, flessibili e con mercati dei fattori e dei prodotti concorrenziali. - Importanza del fattore tempo. • 2- Mobilità dei lavoratori - I lavoratori, spostandosi dal paese con eccesso di offerta a quello con pressioni inflazionistiche, tendono a riequilibrare automaticamente la situazione sia per quanto riguarda il mercato del lavoro, che per le partite correnti. - Possibili ostacoli: - Diversità linguistiche, differenze culturali, legislazione e diritti sociali, dimensione dell’area - Competenze e qualificazione dei lavoratori • 3) Presenza di un bilancio sovrannazionale (trasferimenti intergovernativi) di dimensioni adeguate - Un bilancio sovrannazionale permetterebbe di mettere in atto automaticamente o discrezionalmente schemi redistributivi a favore delle aree in difficoltà e di attutire gli shock negativi. •Riduzione dei contributi da parte della Regione/Stato con prodotto minore •Aumento degli interventi di assistenza e sviluppo verso lo Stato/Regione in ritardo C. ENDOGENEITA’ DI ALCUNI DEGLI ASPETTI DI OTTIMALITA’ Frankel, Rose, 1997 • Non è necessario che le condizioni della teoria AMO siano necessariamente verificate in partenza perché alcune di esse possono essere l’effetto del processo stesso di unificazione monetaria: • Possibile convergenza dei cicli grazie alla maggiore integrazione economica • Riduzione differenziali inflattivi e in termini di competitività – Adozione di una politica monetaria unica – Avvicinamento delle politiche fiscali – Riavvicinamento dei mercati del lavoro (coordinamento sindacale, omogeneità legislazioni, etc) – Politiche comuni a favore delle aree più deboli • Possibile aumento della mobilità del lavoro e della concorrenzialità dei mercati, etc. • Possibile aumento delle dimensioni del bilancio sovrannazionale • La Teoria delle AMO evidenzia come in presenza di rigidità sui mercati dei fattori produttivi, sia per quanto riguarda le remunerazioni che la mobilità, la rinuncia al tasso di cambio può determinare maggiori difficoltà (soprattutto nel breve periodo: critica monetarista) nel riassorbire shocks o andamenti asincroni. • I processi di unificazione monetaria dovrebbero quindi avvenire tra aree sufficientemente simili tra loro e/o con mercati dei beni e dei fattori integrati, competitivi e flessibili, in cui i meccanismi di riequilibrio siano più efficaci. • Un aiuto può essere fornito da processi endogeni, più o meno spontanei, che portano nel tempo a favorire l’omogeneità e il riequilibrio • In assenza di questi ultimi (o in presenza solo parziale) il processo può fallire se non viene dato adeguato spazio a politiche macroeconomiche correttive a livello nazionale e/o sovrannazionale. D. Criteri politici - Omogeneità delle preferenze di politica economica: in termini di tassi d’interesse, tassi di cambio, spesa in deficit - Solidarietà: devono accettare in partenza l’idea di poter mettere in atto politiche di solidarietà è di redistribuzione di costi e benefici al fine di rendere il processo condiviso e di evitare opposizioni interne nei paesi meno avvantaggiati. LA COMUNITA’ EUROPEA/UE COME AREA MONETARIA OTTIMALE? • Presenza di alcuni elementi di divergenza negli andamenti ciclici e nelle caratteristiche strutturali dei paesi partecipanti all’UEM - Gruppo di paesi centrali (Belgio, Germania, Austria e Olanda) con andamenti fortemente correlati e uniformi - Significativa omogeneità di questi paesi in termini di preferenze per l’inflazione e produttività - Maggiore eterogeneità e probabilità di andamenti e shock differenziati nelle altre realtà “periferiche” (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna, Regno Unito, Finlandia) - Tendenza all’ampliamento dell’eterogeneità con gli allargamenti • Tendenza delle divergenze nell’UEM: – Commissione europea (1990): tendenza alla riduzione degli shock asimmetrici e delle divergenze con l’integrazione – Krugman (1991): specializzazione e amplificazione dei rischi di shock country specific – Gli studi empirici più recenti sembrano evidenziare che: maggiore integrazione monetaria maggiore integrazione economica minori probabilità shock asimmetrici • Permangono comunque elementi di divergenza e differenziazione importanti (caratteristiche mercati, sistemi giuridici, politiche pubbliche e di bilancio, politiche fiscali, politiche sociali) • I processi di convergenza avvengono comunque in tempi lunghi • Le ultime vicende del 2009-2012 sembrano dare sostanza agli aspetti critici (l’endogenità non si è affermata in maniera sufficiente?) • Meccanismi di riequilibrio – Elevata apertura dei paesi agli scambi – Presenza di significativi elementi di rigidità per quanto riguarda i salari (soprattutto nel breve periodo: metà dell’aggiustamento avviene tra un anno e mezzo e quattro anni) – Presenza di mercati dei beni scarsamente competitivi, in cui gli aggiustamenti di prezzo sono limitati e tardivi – Bassa mobilità del lavoro e delle attività produttive: gli shock negativi riducono i tassi di attività piuttosto che aumentare la mobilità dei lavoratori (≠ USA) – Dimensioni irrisorie del bilancio comunitario e assenza di meccanismi assicurativi (< 1% del PIL). Negli USA si calcola che uno Stato colpito da shock negativo riceva trasferimenti automatici stimabili in circa il 15-20% dell’entità dello shock Propensione alla mobilità per lavoro EU-27 Criteri politici • Preferenze assai eterogenee sia sulle priorità della politica monetaria, che sulle caratteristiche dell’intervento fiscale (ne sono testimonianza i differenziali di tasso d’inflazione e in termini di debito pubblico) e ciò poteva (e può) rendere assai problematica l’adozione di linee d’azione condivise attraverso istituzioni comuni o il coordinamento delle azioni nazionali. • Elementi di solidarietà non completamente affermati e soggetti a significative fluttuazioni nel tempo Per la maggior parte degli analisti economici l’Unione Europea non si configurava (configura) come area Monetaria Ottimale EU 27 •USA Aree monetarie ottimali •Flessibilità Rapporto Mc Dougall 1977 Rapporto sul ruolo della finanza pubblica in Europa nella prospettiva dell’unificazione monetaria. Necessità di un’azione sovrannazionale al fine di ridurre gli effetti delle fluttuazioni cicliche di breve periodo e i rischi di insostenibilità e fallimento politico (come avvenuto per il Piano Werner del 1970) • Accrescere le dimensioni del bilancio comunitario per garantire effetti di stabilizzazione e di redistribuzione a favore delle aree più arretrate – 2/2,5% del PIL comunitario in una fase prefederale – 5-7% al completamento dell’unificazione monetaria e politica (“federazione con ridotto settore pubblico”) Rapporto Mc Dougall 1977 Maggiori esigenze di intervento a livello di bilancio comunitario: - Alcune funzioni allocative legate ai concetti di economie di scala ed esternalità (politica commerciale, relazioni esterne, reti, ricerca, etc) - Politiche di coesione, per compensare gli Stati penalizzati dal processo di integrazione - Fondo anti-congiunturale a sostegno delle realtà colpite da shock negativi - Limitata capacità di indebitamento nei periodi di rallentamento Nessun seguito politico alle iniziative proposte dal Rapporto Rapporto Delors del 1989 “Report on Economic and Monetary Union in the European Community”: Auspica la transizione del sistema europeo verso un piena unificazione monetaria ed esamina ed identifica le condizioni per la realizzazione e il successo dell’unione economica e monetaria Vengono individuati due principali problemi: - Rischi di andamenti differenziati delle economie e di un incremento delle divergenze tra paesi membri con l’abolizione completa delle barriere e la rinuncia al tasso di cambio (AMO) - Comportamenti opportunistici e spillover negativi delle politiche economiche e di bilancio dei singoli paesi Rapporto Delors del 1989 Indicazioni: - Trasferimento di potere decisionale in termini di politiche economiche a livello comunitario, con l’adozione di una Banca centrale unica (e indipendente) e con l’adozione di vincoli quantitativi sui saldi di finanza pubblica degli Stati membri - Attuazione di adeguate politiche strutturali e regionali comuni (maggiore coinvolgimento del bilancio e del governo sovrannazionale) e maggiore coordinamento delle politiche di bilancio nazionali - Attuazione graduale del processo (tre fasi), tesa ad ottenere una più ampia convergenza economica e finanziaria delle economie dei paesi partecipanti e alla costituzione degli organi e della struttura di base dell’Unione • Emergere di vincoli alle politiche economiche nazionali.(cfr. supra) • L’unificazione monetaria può essere rischiosa e costosa se non accompagnata da adeguate misure di intervento sui mercati e da un processo graduale di avvicinamento delle economie nazionali • Crisi dello SME nel 1992 • Problematica introduzione dei cambi fissi nel sistema europeo: – Presenza di sistemi economici ancora differenziati ed eterogenei, che rendevano difficile la sostenibilità delle parità stabilite – Trinità impossibile di Triffin (cambi fissi, libera circolazione dei capitali, politiche monetarie indipendenti) – Forte vulnerabilità agli attacchi speculativi dei regimi a cambi fissi, dovuta alla scarsa credibilità degli impegni presi e all’incentivo ad uscire per i paesi con performance economiche meno positive Cambi flessibili Unione monetaria completa