Zeffirino Namuncurà
TESTO DELLA LETTERA PASTORALE
DEI VESCOVI
DELLA REGIONE PATAGONIA-COMAHUE
(ARGENTINA)
Il Cammino dell’ Evangelizzazione
La nascita della Chiesa in Patagonia
è legata all’ attività infaticabile ed alla dedicazione
di quei missionari che, lasciando la loro patria,
giunsero a predicare il Vangelo e a dar vita a
numerose opere di educazione ed assistenza
sociale, di promozione umana e cristiana,
uniti nei loro sforzi con altri cristiani
e persone di buona volontà.
L’evangelizzazione di questa terra patagonica è una
vera epopea di creazione e
crescita di vere comunità cristiane.
Una Evangelizzazione non certo priva
di difficoltà ed errori.
Impresa missionaria che al di là dei suoi limiti cercò di imparare a
camminare con i poveri e con il popolo mapuche,
come testimonia la storia di tanti uomini e donne
che in ogni parte del vasto territorio hanno lavorato
e offerto la loro vita silenziosamente.
In questi pochi anni di evangelizzazione,
la Chiesa ha già dichiarato beati Laura Vicuña;
adolescente che è vissuta ed è morta a
Junín de los Andes poco più di cent’anni fa
e Artemide Zatti, salesiano infermiere che
visse e morì a Viedma;
ed ora Zeffirino Namuncurá.
La terra di Zeffirino è la Patagonia,
terra troppo ampia ed estesa
per essere considerata
una regione uniforme.
In questo suolo patagonico, povero di gente e di strutture,
in una terra che, nel parlare comune,
molte volte fu chiamata maledetta,
Dio ha fatto maturare frutti di santità.
La Terra e la sua Gente
Era membro di quel popolo
che si riconosce come “mapuches”,
“gente della terra”,
di coloro che considerano la terra come madre,
una madre che non si può manipolare a danno di alcuni dei suoi figli;
Ma, una terra da rispettare e custodire amorosamente.
Terra nella quale aveva saldamente le sue
radici e nella quale si forgiò
la sua forte personalità.
Eppure è la stessa terra che con tanta avidità
noi “bianchi” abbiamo frazionato,
venduto e che continuiamo
a voler dominare senza scrupoli.
Zeffirino
si identificó
con il suo popolo
e la sua tribù
Come figlio di questa terra imparò nella
sua famiglia e nel suo ambiente a
scoprire la forza di “Nguenechén”, Dio
onnipotente e creatore di tutto.
Zeffirino non rinnegò mai le sue origini e negli
undici anni e mezzo vissuti a Chimpay riuscì
ad approfondire l’universo culturale del suo
popolo, con la gamma dei suoi valori umani,
la sua ricchezza spirituale ed i sacri riti
ancestrali.
Partecipò senz’altro alle
“rogazioni” per ringraziare e
chiedere fecondità e tempo
favorevole per gli animali.
Conobbe perciò il significato
profondo di ogni cerimonia e
sentì che Dio era ben presente
in ogni momento della vita
quotidiana.
Zeffirino era figlio
del “Signore della
Pampa”, il gran cacicco
degli Araucani
(Mapuche) Manuel
Namuncurà, sconfitto e
sottomesso dall’esercito
argentino nel 1883.
Quando aveva due anni
la sua famiglia celebrò il
suo battesimo nella
Chiesa cattolica.
Lo battezzò il missionario
salesiano Domenico
Milanesio, molto amico
di suo padre Manuel
Namuncurá.
Con il dono del
battesimo
Zeffirino potè
unificare le sue
anime mapuche e
cristiana.
A undici anni suo padre
lo iscrisse nella scuola
governativa
di Buenos Aires.
Voleva fare di lui il futuro
difensore degli Araucani.
Zeffirino però si trovò a
disagio e il papà lo
trasferì
nel collegio salesiano Pio
IX di Almagro.
Quando lasció Chimpay per andare a Buenos Aires
la sua scelta fu chiara e programmatica:
“Papá, mi dispiace per la sventura della nostra razza.
Voglio fare qualcosa.
Voglio studiare per essere utile alla mia gente”.
Negli anni trascorsi nei
Collegi Salesiani di
Buenos Aires, Viedma y
Frascati (Roma), Zeffirino
comprese la Buona Notizia
della Salvezza di Gesú, la
fece sua, la accettò e la
portò a maturità nel
desiderio di diventare
missionario della sua
stessa gente.
Zeffirino: Mapuche e Cristiano
In questa profonda
esperienza di fede,
cominciò a coltivare il
sogno di diventare
sacerdote per
annunciare alla sua
gente il Vangelo di
Cristo, che lui amava e
seguiva.
Non fu facile per Zeffirino
non rinnegare le sue origini:
visse in pieno quello
che hanno definito come
“sofferenza della sua razza”.
Soffrì maltrattamenti da parte dei suoi
compagni, che lo chiamavano “indio”,
come fosse il peggior insulto.
Qui cominciò l’avventura
della grazia che avrebbe
trasformato un cuore non
ancora illuminato dalla
fede in un testimone eroico
di vita cristiana.
Dimostrò subito grande
interesse
per la scuola, s’innamorò
delle pratiche di pietà, si
appassionò
al catechismo e si rese
simpatico a tutti, compagni
e superiori.
Furono gli anni nei quali si
formò la sua capacità di
riflessione, la sua tenace
volontà, la sua fortezza di
fronte alle difficoltà nelle
quali gli toccò imbattersi,
la sua tenace decisione di
“essere utile alla sua gente”.
Molti testimoni affermano che
Zeffirino sapeva sorridere; e che
sorrideva con quei suoi occhi grandi,
ingenui e puri.
Questa allegria rifletteva la
sua anima innamorata di
Dio e della Vergine Maria.
Manifestava gratitudine nei
suoi gesti, nelle lettere:
ringraziava sempre tutti.
Ma fu proprio in questi anni di crescita interiore
che il suo fisico cominciò a cedere. Si ammalò di tubercolosi.
Venne trasferito nel suo clima nativo ma non gli giovò
e monsignor Cagliero pensò di portarlo in Italia
per migliori cure mediche.
La sua presenza non passò inavvertita: i giornali parlarono
con ammirazione del “Principe delle Pampas”. Don Rua lo volle a mensa con il Consiglio
Generale e Pio X lo ricevette in udienza privata, ascoltandolo con interesse e donandogli
una sua medaglia ad principes.
Il 28 marzo dovettero
ricoverarlo al Fatebenefratelli
dell’Isola Tiberina, dove si
spense l’11 maggio 1905,
lasciando dietro di sé una scia
di bontà, diligenza, purezza,
allegria inimitabili.
Le sue spoglie si trovano ora
nel Santuario di Fortin
Mercedes – Argentina, e la sua
tomba è meta di continui
pellegrinaggi perché grande è
la fama di santità di cui egli
gode tra la sua gente.
Venne dichiarato Venerabile
il 22 giugno 1972.
Il Messaggio
di Zeffirino
Il suo ideale di servizio e
offerta, non privo di
difficoltà, ci insegna a non
“tirarci indietro” quando si
tratta di seguire GesùCristo.
Zeffirino e il suo messaggio ci
stimolano a non mettere a
tacere, per paura, la buona
notizia del Vangelo.
La sua vocazione missionaria
si manifesta in tante
espressioni di religiosità
popolare che hanno fatto sì
che la sua immagine sia
presente in moltissime
case; cosippure si sono
costruite cappelline e
monumenti a fianco di
strade e sentieri di tutta
l’Argentina e migliaia di
pellegrini visitano ogni
anno Chimpay,
testimoniando che tornano
a Dio mossi dall’ esempio
di Zeffirino.
La sua integrità e la
fermezza nelle
decisioni ci stimolano a
non lasciarci condurre
da interessi meschini;
ma piuttosto a cercare
il bene di tutti.
La sua vita è un messaggio di
santità, vissuta nell’impegno
serio di fronte alla realtà della
sua gente e manifesta a tutti che
lui aveva preso il Vangelo come
progetto di vita.
Zeffirino apre un
cammino perchè
anche noi ci
animiamo a
seguire i suoi
passi.
Ci insegna ad
amare la nostra
terra, la nostra
gente.
Il suo esempio
ci incoraggia a
metterci in
cammino per
essere “utili”
servitori dei
nostri fratelli,
e così
possiamo
diventare
veramente
discepoli e
missionari del
Signore.
In tempi così violenti e di crisi,
come sembra essere l’epoca
attuale, il suo esempio ci insegna
ad essere forti: con un cuore
capace di scoprire l’essenziale, e
così poter superare tanta
discriminazione e violenza.
Zeffirino, figlio di Dio e fratello di tutti ci
conceda la forza per impegnare la nostra
esistenza al servizio del bene comune, della
giustizia e della verità che ci fanno liberi.
È modello di amore per la sua famiglia, per il suo
popolo e per la sua terra.
Modello di fede che ha saputo mantenere e far
crescere pur tra difficoltà e croci.
Modello giovanile per il progetto di vita che seppe
forgiare.
Oggi il nostro mondo ha bisogno di giovani che
desiderino essere “utili alla loro gente”, che
vogliano essere missionari del loro ambiente.
Zeffirino, figlio di Dio e fratello di tutti
Gesù, grazie per aver chiamato alla vita e
alla fede il nostro fratello Zeffirino, figlio
dei popoli originari dell’ America del Sud.
Egli, alimentandosi con il Pane di vita,
seppe rispondere con cuore puro, vivendo
sempre come discepolo
e missionario del Regno.
Egli desiderò essere utile alla sua gente
abbracciando il tuo Vangelo e prendendo
su di sè ogni giorno la sua croce per
seguire Te negli umili avvenimenti della
vita di ogni giorno.
Ti chiediamo per sua intercessione che ti
ricordi di noi che siamo ancora pellegrini
su questa terra. (chiedere… )
Che anche noi possiamo imparare da lui: il
suo amore deciso per la famiglia e la terra,
la donazione generosa e allegra ai fratelli,
il suo spirito di riconciliazione e di
comunione.
Perché un giorno celebriamo insieme a lui
e a tutti i santi la Pasqua eterna del Cielo.
Amen.
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