NAPOLI
I.T.C. D’ADDA
VARALLO
A.S. 2014/2015
MASCHIO ANGIOINO
Castel Nuovo, meglio noto come Maschio Angioino, è uno storico
castello medievale e rinascimentale, nonché uno dei simboli della
città di Napoli.
Il castello domina la scenografica piazza Municipio ed è sede
della Società napoletana di storia patria e del Comitato di Napoli
dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, ospitato nei locali
della SNSP.
Nel complesso è situato anche il museo civico, cui pertengono la
cappella palatina e i percorsi museali del primo e secondo piano.
La sua costruzione si deve all'iniziativa di Carlo I d’Angiò, che
nel 1266, sconfitti gli Svevi, salì al trono di Sicilia e stabilì il
trasferimento della capitale da Palermo alla città partenopea.
La presenza di una monarchia esterna aveva impostato l'urbanistica
di Napoli intorno al centro del potere regale, costituendo un polo
urbanistico alternativo, formato dal porto e dai due principali castelli
ad esso adiacenti, Castel Capuano e Castel dell'Ovo.
Nel 1443 Alfonso d'Aragona, che aveva conquistato il trono di Napoli, stabilì nel
castello una corte, tale da competere con la corte fiorentina di Lorenzo il
Magnifico e la fortezza venne completamente ricostruita nelle forme attuali,
mantenendo la sua funzione di centro del potere regale.
Nella "sala dei Baroni" si svolse l’epilogo della famosa congiura dei baroni, ordita
contro re Ferdinando I, figlio di Alfonso, da numerosi nobili, capeggiati
da Antonello II di Sanseverino, principe di Salerno, e da Francesco Coppola, conte
di Sarno. Nel 1486 il re invitò tutti i congiurati in questa sala col pretesto di una
festa di nozze, che segnasse il superamento delle ostilità e la definitiva
riconciliazione. I baroni accorsero, ma il re, ordinato ai suoi soldati di sbarrare le
porte, li fece arrestare tutti, punendo molti di loro, fra cui il Coppola e i suoi figli,
con la condanna a morte.
Il castello venne nuovamente sistemato da Carlo di Borbone, il futuro Carlo III di
Spagna, salito al trono di Napoli nel 1734, ma perdette il suo ruolo di residenza
reale, in favore delle nuove regge che si andarono edificando nella stessa Napoli e
nei suoi dintorni (il Palazzo reale di piazza del Plebiscito, la reggia di
Capodimonte, la villa reale di Portici e la magnifica reggia di Caserta) e divenne
essenzialmente un simbolo della storia e della grandezza di Napoli.
L'ultimo evento importante risale al 1799, quando vi fu proclamata la nascita
della Repubblica Partenopea. Ristrutturato per l'ultima volta
nel1823 da Ferdinando I delle Due Sicilie, ospitò in seguito l'"arsenale di
artiglieria" e un "officio pirotecnico" che nel 1837 si stimò più prudente trasferire
nella "fabbrica d'armi" di Torre Annunziata.
Sul lato del castello rivolto al mare si affaccia la parete di fondo
della "Cappella palatina", o chiesa di "San Sebastiano" o di "Santa
Barbara", unico elemento superstite del castello
angioino trecentesco, dunque di architettura gotica. Sebbene
danneggiata nel terremoto del 1456, la cappella è stata in seguito
restaurata. La facciata sul cortile interno presenta un
portale rinascimentale con rilievi di Andrea dell'Aquila e diFrancesco
Laurana e un rosone, rifatto in epoca aragonese dal catalano Matteo
Forcimanya per sostituire quello del trecento distrutto da un
terremoto.
In fondo alla cappella, vi è una scala a chiocciola accessibile da
una porta a sinistra che consentiva di salire alla "sala dei Baroni".
Particolare del portale d'ingresso di Andrea dell'Aquila (XV secolo)
All'interno, illuminato da alte e strette finestre gotiche, si conservano
solo scarsi resti dell'originaria decorazione affrescata, opera di Maso
di Banco e un ciborio di Iacopo della Pila, datato alla fine
delQuattrocento. Vi risultano presenti, però, anche altri cicli di
affreschi del XIV secolo provenienti dal castello del Balzo
di Casaluce.
CAPPELLA PALATINA
PIAZZA DEL PLEBISCITO
Ubicata nel centro storico, tra il lungomare e via Toledo, con una
superficie di circa 25 000 metri quadrati la piazza si presenta come
una delle più grandi della città e d'Italia e per questo è quella più
utilizzata per le grandi manifestazioni.
La piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si
svolgevano le feste popolari attorno alle cosiddette macchine da
festa, che venivano periodicamente innalzate da grandi architetti
(famose quelle di Ferdinando Sanfelice e di Francesco Maresca.
Si noti la forma irregolare propria della piazza, prima della
costruzione della basilica.
Solo a partire del Seicento fu gradatamente "regolarizzata", anche
in conseguenza alla costruzione del nuovo palazzo Reale, ad opera
di Domenico Fontana. A questa graduale trasformazione si
succedettero, dalla metà del Settecento in poi, interventi sempre più
radicali, attuati da architetti già impegnati nell'edificazione del
prospiciente Palazzo Reale.
Fu solo all'inizio dell'Ottocento, durante il periodo napoleonico, che
la piazza cambiò completamente volto. Per ordine dei monarchi
francesi, la piazza fu interamente ridisegnata e ripensata, a partire
dalla demolizione di due edifici religiosi che ne limitavano lo spazio
ed impedivano di inserirla al meglio nel contesto urbano circostante:
la chiesa di San Luigi di Palazzo e la chiesa di Santo Spirito. In
luogo di esse vennero eretti palazzi di stato, a cornice del
famoso emiciclo dorico in pietra lavica e marmo, voluto
da Gioacchino Murat su disegno di Leopoldo Laperuta (al centro del
quale sarebbe dovuto essere edificato un altro edificio civile,
consacrato ai fasti dei napoleonidi. Una riproduzione che descriva
l'aspetto della piazza, lo si può intravedere da diversi dipinti
paesaggistici di Napoli. Per esempio la Veduta del largo di palazzo,
di Gaspar van Wittel (opera oggi conservata a palazzo Zevallos di
Napoli), grazie al quale si può notare anche l'ubicazione originaria
della fontana del Gigante, oggi invece in via Partenope.
Il nome di piazza del Plebiscito fu scelto dopo che, il 21
ottobre 1860, un plebiscito aveva decretato l'annessione del Regno
delle due Sicilie al Regno di Sardegna.
La piazza è circondata da importanti edifici storici della città:
•
•
•
•
Basilica di San Francesco di Paola;
Palazzo Reale;
Palazzo Salerno;
Palazzo della Prefettura.
PALAZZO SALERNO
BASILICA DI SAN FRANCESCO
PALAZZO REALE
Il Palazzo Reale di Napoli è una delle quattro residenze
usate dalla casa reale dei Borbone di Napoli durante
il Regno delle Due Sicilie; le altre tre sono la reggia di
Capodimonte sita a nord del centro storico, la reggia di
Caserta e la reggia di Portici alle pendici del Vesuvio.
Di dimensioni notevoli, il palazzo si affaccia maestoso
sull'area monumentale di piazza del Plebiscito ed è
circondato da altri importanti e imponenti edifici quali
il palazzo Salerno, la basilica di san Francesco di Paola
e il palazzo della Prefettura.
Nel corso della sua storia, il palazzo divenne la
residenza dei viceré spagnoli, poi di quelli austriaci e, in
seguito, dei re di casa Borbone. Dopo l'Unità d'Italia fu
nominata residenza napoletana dei sovrani di casa
Savoia.
Il palazzo fu costruito come palazzo vicereale nel Seicento da Domenico
Fontana Il palazzo fu costruito nello stesso posto in cui insisteva un'altra
residenza vicereale, voluta cinquant'anni prima dal viceré don Pedro de
Toledo. La scelta di costruire la nuova reggia nella stessa zona in cui
sorgeva la "vecchia" testimonia dunque l'importanza che aveva quella zona
della città, che assicurava una certa vicinanza al porto e quindi una certa
facilità di fuga in caso di invasioni nemiche. Nel 1734, con il dominio
di Carlo di Borbone , il palazzo divenne dimora reale borbonica.
Nella seconda metà del XVIII secolo venne edificato il cosiddetto "braccio
nuovo", ovvero l'ala del palazzo che dà verso il Maschio Angioino, divenuta
poi nel 1927 la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III.
Nel 1888, per volere di Umberto I, le nicchie esterne furono occupate da
gigantesche statue dei re di Napoli: Ruggero il Normanno,Federico II di
Svevia, Carlo I d'Angiò, Alfonso I d'Aragona, Carlo V d'Asburgo, Carlo III di
Borbone, Gioacchino Murat e Vittorio Emanuele II di Savoia.
Nel 1922 fu deciso di trasferirvi la Biblioteca nazionale (fino allora nel
palazzo del Museo); il trasferimento dei fondi librari fu eseguito entro
il 1925.
Si accede all'appartamento storico per il monumentale e
luminoso Scalone d'onore che fu progettato nel 1651 daFrancesco
Antonio Picchiatti e successivamente sistemato e decorato
da Gaetano Genovese tra il 1838 e il 1858. Lo Scalone è decorato
da marmi bianchi e rosati, da trofei militari e bassorilievi allegorici.
Notevole la ricca balaustra di marmo traforato.
Nella zona superiore vi sono monumentali statue in gesso che
rappresentano la Fortezza, la Giustizia, la Clemenza e laPrudenza.
Alla fine dello Scalone si accede al luminosissimo Ambulacro,
circondato da vetrate ottocentesche. Eleganti stucchi decorano
le volte dei corridoi.
All'interno delle sale del palazzo sono presenti dipinti di importanti
artisti che hanno operato nella Napoli borbonica. Si distinguono le
opere eseguite dal Guercino, daAndrea Vaccaro, da Mattia Preti,
dallo Spagnoletto, dal Tiziano da Massimo Stanzione, da Francesco
De Mura, da Battistello Caracciolo e da Luca Giordano. Infine, sono
presenti tele paesaggistiche di Filippo e Nicola Palizzi e di Consalvo
Carell.
TEATRO SAN CARLO
Il Teatro di San Carlo, già Real Teatro di San Carlo, citato spesso
come Teatro San Carlo, è un teatro lirico di Napoli, nonché uno dei
più famosi e prestigiosi al mondo.
È il più antico teatro d'opera in Europa e del mondo ancora attivo,
essendo stato fondato nel 1737, nonché uno dei più capienti teatri
all'italiana della penisola. Può ospitare più di duemila spettatori e
conta un'ampia platea (22×28×23 m), cinque ordini di palchi disposti
a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed
un palcoscenico (34×33 m). Data le sue dimensioni, struttura e
antichità è stato modello per i successivi teatri d'Europa.
Affacciato sull'omonima via e, lateralmente, su piazza Trieste e
Trento, il teatro, in linea con le altre grandi opere architettoniche del
periodo, quali le grandi regge borboniche, fu il simbolo di una Napoli
che rimarcava il suo status di grande capitale europea.
GALLERIA VITTORIO EMANUELE
L'interno della galleria è costituito da due strade che si incrociano
ortogonalmente, coperte da una struttura in ferro e vetro. Le delimitano
alcuni palazzi, quattro dei quali con accesso dall'ottagono centrale. Le loro
facciate rispecchiano quella principale, infatti l'ordine inferiore è diviso da
grandi lesene lisce, dipinte a finto marmo che inquadrano gli ingressi dei
negozi e dei soprastanti mezzanini. Seguono al primo piano le serliane, al
secondo le bifore, nell'attico le finestre quadrate.
La volta, in vetro e ferro, progettata da Paolo Boubée, riesce ad
armonizzarsi perfettamente con la struttura in muratura, a ciò contribuisce lo
stretto rapporto fra le strutture portanti in muratura e quelle in ferro. Negli
otto pennacchi della cupola otto figure femminili in rame sostengono
lampadari. Gli ampi ventagli posti nelle testate dei bracci recano complesse
scene in stucco, tutte in relazione con la musica. Sul tamburo della cupola,
decorato con finestre a semicerchio, è visibile la Stella di Davide, riproposta
in tutte e quattro le finestre. La ragione della sua presenza è dovuta al fatto
che la Galleria Umberto I è la sede storica della massoneria napoletana, in
particolare della loggia massonica Grande Oriente d'Italia. La stella di David
in questo caso - oltre essere sé stessa - in quanto è formata da due triangoli
invertiti, rappresenta il simbolo della massoneria.
Nel pavimento sotto la cupola si trovano mosaici con venti e segni
dello zodiaco firmati dalla ditta Padoan di Venezia, che li realizzò
nel 1952 a sostituzione degli originali danneggiati dal calpestio e
dalla guerra. I bombardamenti provocarono la distruzione di tutte le
coperture in vetro. Presso gli ingressi busti e lapidi commemorano
luoghi scomparsi e coloro che parteciparono alla realizzazione
dell'opera.
Nel braccio verso via Verdi si trova una scritta che ricorda la locanda
Moriconi che nel 1787 aveva ospitato Goethe. Nella parte
sottostante la Galleria esiste un'altra crociera, di dimensioni minori,
con al centro il teatro della Belle Époque, il Salone Margherita, che
per più di vent'anni fu la sede principale dello svago notturno dei
napoletani, accogliendo diversi importanti personalità nazionali
come:Matilde Serao, Salvatore di Giacomo, Gabriele
d'Annunzio, Roberto Bracco, Ferdinando Russo,Eduardo
Scarfoglio e Francesco Crispi.
Scarica

NAPOLI