L’attività fisica e l’esercizio sono elementi fondamentali della spesa energetica nonché del bilancio energetico. Ogni modificazione del bilancio energetico altera la massa grassa ed è pertanto logico chiedersi quali siano i legami fra l’attività fisica e le funzioni del tessuto adiposo. La questione è complessa parchè l’attività fisica è un tipo di comportamento che presenta molteplici aspetti, di cui l’esercizio non è che un elemento. L’influenza dell’attività fisica sul tessuto adiposo ha una componente acuta ma anche una a lungo termine: un singolo episodio di esercizio stimola il flusso ematico nel tessuto adiposo e la mobilizzazione dei grassi, per cui gli acidi grassi sono trasportati ai muscoli ad una velocità ben adattata a quella del metabolismo, ad eccezione forse che in esercizi molto intensi. Gli stimoli sono fattori adrenergici ed altre sostanze in circolo. Al termine di un episodio di esercizio, gli acidi grassi sono deviati dal tessuto adiposo verso altre destinazioni, in particolare i muscoli, riducendo il deposito di grassi alimentari nell’adipe. In seguito all’allenamento (esercizio cronico), la fisiologia del tessuto adiposo si modifica, in particolare aumentando la mobilizzazione dei grassi durante l’esercizio. Non è tuttavia facile distinguere cambiamenti cronici di tipo strutturale dagli effetti dell’esercizio acuto, ne’ gli effetti del’allenamento in quanto tale da quelli del bilancio energetico negativo. Osservazioni epidemiologiche indicano che le persone più attive fisicamente hanno un massa grassa relativamente ridotta e questo è confermato da studi interventistici. Si discute se l’esercizi piuttosto che la restrizione calorica riduca soprattutto il grasso addominale, ma questo non è confermato dalla metanalisi. Concludiamo che l’attività fisica oltre a ridurre la massa grassa può contribuire alla buona salute metabolica modificando la risposta del tessuto adiposo all’esercizio acuto. Siamo nel bel mezzo di una ben nota epidemia globale di obesità con l’inevitabile aumento del rischio delle malattie croniche che ne derivano. Le cause sociali di questo fenomeno sono complesse, ma partendo dal fatto che l’attività fisica e l’esercizio sono elementi fondamentali della spesa energetica e quindi del bilancio energetico, è ragionevole sospettare che un declino di questi comportamenti ne sia almeno parzialmente responsabile e che potrebbe essere parte della sua soluzione. Il tessuto adiposo è specializzato nell’accumulo di energia sotto forma di trigliceridi, ma è anche un organo endocrino perché libera numerosi peptidi ed altri fattori che agiscono in maniera endocrina o paracrina. Questo tessuto costituisce circa il 20% del peso corporeo nei maschi e circa il 28% nelle femmine, ma negli obesi si può espandere fino all’80% del peso. Contiene diversi tipi cellulari, comprese cellule endoteliali e precursori degli adipociti di tipo fibroblastico e anche, soprattutto negli obesi, macrofagi ed altri elementi della serie bianca. Gli adipociti occupano l’80-90% del volume del tessuto, ma rappresentano solo il 60-70% del numero dei cellule. Il contenuto di trigliceridi delle cellule adipose rispecchia il bilancio energetico: siccome la capacità del corpo di accumulare glicogeno è finita e relativamente piccola, ogni disparità a lungo termine fra l’assunzione di energia e il suo consumo finisce per modificare il contenuto di trigliceridi nel grasso. D’altra parte, il contenuto di trigliceridi nelle cellule adipose a sua volta rispecchia l’equilibrio fra deposizione e mobilizzazione. Insomma, questi processi devono essere regolati in funzione del bilancio energetico dell’intero corpo. Gli adipociti maturi derivano da precursori detti preadipociti, mediante l’accumulo di trigliceridi. Non è sicuro quale sia il turnover del tessuto adiposo umano, ma si è parlato di circa il 10% all’anno, con ricambio di metà degli adipociti in 8 anni: evidentemente il turnover c’è, ma è molto lento; invece il numero totale di adipociti nell’adulto è relativamente costante. La quantità relativa di attività fisica dipende dalle capacità assolute di ciascun individuo Dispendio energetico per 24 ore in 4 maschi di mezza età. 1 MET = metabolismo basale. La linea tratteggiata indica la soglia di 3 MET, il minimo raccomandato. Valori registrati con accelerometro e cardiofrequenzimetro sincronizzati Da un’analisi della relazione fra attività fisica e adiposità si conferma una relazione inversa, ma i risultati sono poco consistenti e le relazioni sono modeste. Aumento di peso in 8-12 anni dopo i 45 in 7944 donne, in relazione all’attività fisica riferita e calcolata in MET ore per settimana. I depositi di grasso sono numerosi e distinti: VAT – visceral AT; SCAT subcutaneous AT Alcuni ritengono che VAT possa rispondere di più all’esercizio perché è più ricco di recettori adrenergici, ma dal punto di vista quantitativo prevale SCAT perché è più abbondante Nella figura: l’effetto dell’esercizio non è maggiore nel VAT e si ottiene sia con dieta solo sia con dieta + esercizio in cui la somma della spesa e del deficit energetico sia uguale. Vari tipi di allenamento fisico riducono il grasso da tutti i depositi, ma nei maschi la perdita maggiore di grasso sottocutaneo riguarda quello dell’addome. C’è uno studio che mostra perdita maggiore dalle cosce nelle femmine e un altro dice che i maschi sovrappeso anziani perdono dall’addome ma i giovani perdono dalle cosce. La dimostrazione diretta che interventi sull’attività fisica riducono le dimensioni delle cellule adipose è limitata ma consistente. Donne obese in menopausa aggiungendo esercizio a bassa o alta intensità ad un intervento dietetico per perdere peso hanno ridotto il peso degli adipociti addominali e glutei, mentre con la dieta da sola non hanno ridotto quelli addominali. In conclusione, l’esercizio regolare (a prescindere dall’intensità) riduce le dimensioni degli adipociti subcutanei addominali, mentre la dieta con analogo effetto di restrizione calorica non lo fa. Durante aumenti di peso modesti si ritiene in genere che vi sia solo ipertrofia delle cellule adipose, mentre l’iperplasia compare quando la massa grassa è già molto aumentata; viceversa, durante la perdita di peso non cambia il numero delle cellule, ma si riducono le dimensioni. Per quanto riguarda il numero di cellule, ogni deposito adiposo si comporta in modo diverso e ci possono essere fattori legati al sesso. La riduzione della massa grassa si basa essenzialmente sul fatto che l’idrolisi dei trigliceridi in deposito (lipolisi) supera la sintesi. Il grasso è un importante substrato metabolico durante l’esercizio prolungato: la sua ossidazione aumenta in risposta all’esercizio di bassa intensità, fino al 60-65% VO2max. La comparsa di acidi grassi non esterificati (NEFA) durante l’esercizio supera di 3-4 volte quella a riposo e, salvo che per esercizi molto intensi, c’è un buon accoppiamento fra la liberazione di NEFA dal tessuto adiposo e l’ossidazione dei grassi nei muscoli attivi Traffico degli acidi grassi fra diversi tessuti a digiuno. I trigliceridi (TG) sono mobilizzaati nel tessuto adiposo e pompano NEFA in circolo: questo dipende però anche dalla riesterificazione nelle cellule adipose. I NEFA sono catturati, fra l’altro, dal fegato e dai muscoli: in entrambi i casi possono subire la beta ossidazione o essere riesterificati. Il fegato può anche secernere FA in forma di VLDLTG, che saranno utilizzati seguendo la via della lipoprotein lipasi (LPL) La liberazione di acidi grassi dal tessuto adiposo durante l’esercizio può essere influenzata dalla lipolisi del tessuto adiposo, dalla velocità di riesterificazione e dal flusso ematico nel tessuto adiposo (ATBF). C’è la prova diretta della mobilizzazione di FA dallo SCAT durante diversi tipi di esercizio, e almeno in parte questo è dovuto alla ridotta velocità di riesterificazione. L’aumento della mobilizzazione di FA dal tessuto adiposo richiede bassi livelli di esercizio, mentre poco si aggiunge aumentando l’intensità: quindi, un’attività fisica di bassa intensità è adatta a rimuovere grasso addominale. È interessante notare che, dato che l’ossidazione dei grassi continua ad aumentare fino al 60-65% VO2max, devono essere utilizzati altri depositi adiposi a mano a mano che l’intensità dell’esercizio aumenta (per es. le riserve intramuscolari). L’aumento della lipolisi nel tessuto adiposo dovuto all’esercizio è sempre stato attribuito ad alte concentrazioni di catecolamine e piccole cadute della concentrazione d’insulina: anche un esercizio di bassa intensità, al 40-45% del VO2max aumenta di circa tre volte l’adrenalina circolante; ma se questa è la principale responsabile della lipolisi, anche dopo averla bloccata rimane una mobilizzazione di lipidi, che indica che vi sono altre molecole circolanti che la influenzano nell’esercizio acuto. Un possibile candidato è il peptide natriuretico atriale, che è certamente secreto in maniera dipendente dall’intensità dell’esercizio. È anche interessante osservare che in maschi sovrappeso anche dopo il blocco adrenergico la mobilizzazione di lipidi dallo SCAT non cambia, indicando che in questi soggetti non è l’adrenalina lo stimolo lipolitico principale, mentre l’ANP potrebbe essere più importante. Con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio, c’è un aumento della lipolisi in tutto il corpo e anche della lipolisi determinata direttamente nel tessuto adiposo regionale, e questo potrebbe dipendere da ormoni ad azione lenta, come l’ormone della crescita e il cortisolo, che sono influenzati da fattori diversi, compresa l’intensità e la durata dell’esercizio. Nei giovani la lipolisi è maggiore in un secondo esercizio fatto un’ora dopo un primo, suggerendo la possibilità di un effetto preparatorio (priming),che sarebbe dimostrato dal fatto che un’interruzione anche molto breve aumenta la concentrazione venosa di NEFA e l’ossidazione di grassi durante e dopo il secondo episodio di esercizio. È un’ipotesi divertente la possibilità che un’attività fisica modesta di primo mattino prepari il sistema in modo da amplificare la risposta lipolitica agli esercizi successivi. Finora non si è parlato del ruolo di esercizi più intensi. Mentre esercizi intensi sopprimono la mobilizzazione di grassi dal tessuto adiposo, rispetto ad esercizi meno intensi, non si può trascurare il fatto che la spesa energetica rimane comunque più alta e così pure il deficit energetico netto (a parità di ogni altra condizione): è quindi importante prendere in considerazione le variazioni metaboliche seguenti esercizi più vigorosi prima di trarre conclusioni su quale sia il tipo di esercizio ottimale per la mobilizzazione dei grassi. Naturalmente, la mobilizzazione rappresenta solo una parte del quadro perché la massa grassa è in definitiva determinata dall’equilibrio fra la rimozione e l’immagazzinamento del grasso. La lipoprotein lipasi (LPL) è il fattore che regola l’assunzione e la riesterificazione nel tessuto adiposo: ogni episodio di esercizio provoca un piccolo ma significativo aumento dell’attività dell’LPL nel tessuto adiposo, e questo sembra illogico perché predisporrebbe ad un aumento dei depositi, ma va visto alla luce di un aumento molto maggiore della LPL nei muscoli e a livello sistemico. Questo effetto è così grande che un singolo episodio di esercizio ha effetti di lunga durata (12-18 ore) sulla risposta postprandiale ai pasti, che è in larga misura regolata dal costo energetico totale dell’attività fisica, e quindi il trasporto netto di grasso alimentare al tessuto adiposo è ridotto. L’esercizio acuto ha effetti prolungati (10-20 ore) sull’ossidazione del grasso esogeno alimentare. Quindi, oltre all’aumento della lipolisi e della mobilizzazione degli acidi grassi durante e subito dopo l’esercizio a digiuno, una parte della regolazione della massa grassa che si ottiene con un’attività fisica regolare è probabilmente mediata da un’interazione acuta esercizio-pasto e c’è una riduzione netta dell’accumulo di grasso perché questo è stato consumato da altri tessuti, in particolare dai muscoli. C’è un aumento dell’ATBF in esercizi di bassa e moderata intensità anche in tessuti adiposi lontani dai muscoli attivi, anche se non è chiaro cosa provochi questo aumento e se esso aumenti in parallelo all’aumento dell’intensità dell’esercizio e della mobilizzazione degli acidi grassi. È stato ipotizzato che esercizi di intensità vigorosa provochino una vasocostrizione del tessuto adiposo dovuta alle catecolamine, che potrebbe spiegare la ben documentata caduta della mobilizzazione dei grassi dal tessuto adiposo con esercizi intensi; questa vasocostrizione potrebbe servire a favorire la vasodilatazione muscolare. Non è nemmeno chiaro se l’esercizio abbia altri effetti sull’utilizzazione degli acidi grassi in altri tessuti: un’assunzione variabile potrebbe spiegare variazioni regionali della distribuzione del grasso in individui diversi e anche la diversa risposta all’esercizio. Vie metaboliche dell’immagazzinamento e della mobilizzazione del grasso nel tessuto adiposo. Il grasso alimentare raggiunge il tessuto adiposo in forma di chilomicroni ed è assunto tramite la LPL; c’è bisogno di glicerol-3-fosfato, prodotto dal metabolismo glucidico, per formare i trigliceridi, che a loro volta sono rimossi dai depositi da una serie di lipasi e liberano acidi grassi. La lipolisi è stimolata dalle catecolamine e da ANP, BNP (prodotti dal cuore durante l’esercizio). L’insulina stimola l’accumulo e sopprime la metabolizzazione dei grassi. In giovani maschi, la mobilizzazione dei grassi e l’ATBF rimangono aumentati per diverse ore dopo un esercizio moderato: c’è una riduzione transitoria subito dopo la fine dell’esercizio, seguita da un costante aumento che dura almeno 3 ore e si esaurisce in 24 ore. Questa lipolisi post esercizio è dovuta in larga misura all’ormone della crescita. Interessante notare che nel diabete II la lipolisi post esercizio non compare. È stata trovata correlazione fra l’intensità dell’esercizio e la mobilizzazione di grassi post esercizio, ma questo effetto potrebbe essere dipendente dal sesso perché non compare nelle femmine. Nei giovani obesi la lipolisi durante l’esercizio è molto minore forse perché è aumentata la risposta ai recettori adrenergici alfa 2. Concentrazione extracellulare di glicerolo (microdialisi) nel tessuto adiposo sottocutaneo in soggetti di controllo (A) e obesi (B), prima (circoli aperti) e dopo (pallini pieni) alfa 2 bloccante. L’aumento del glicerolo è modesto negli obesi, ma è ripristinato del bloccate adrenergico Vi sono differenze specifiche per il sesso sulla lipolisi in risposta all’esercizio. A livello di corpo intero, le donne hanno una maggiore mobilizzazione di grassi, probabilmente perché i depositi sono molto più abbondanti. Nelle donne obese, le catecolamine sono molto meno efficaci. Il tessuto adiposo produce molte molecole (adipochine) che complicano gli aumenti di adiposità: sono aumentate nell’esercizio ed hanno effetti anche al di fuori del tessuto adiposo. Per esempio, leptina e adiponectina aumentano l’ossidazione di acidi grassi e l’assunzione di glucosio nei muscoli. IL-6 è prodotta anche nell’adipe e ha effetto analogo. Variazioni dinamiche della funzione del tessuto adiposo durante e dopo esercizio acuto. Il quesito se l’allenamento modifichi l’ossidazione dei grassi a riposo è complicato dagli effetti persistenti dell’ultimo episodio di esercizio. Gli effetti sull’ossidazione a riposo sono controversi, mentre aumenta durante l’esercizio, fino al 41% in più rispetto a prima dell’allenamento: l’aumento è localizzato ai muscoli. L’aumento c’è anche in maschi e femmine sovrappeso. L’esercizio e l’attività fisica hanno un effetto importante sul metabolismo lipidico postprandiale: c’è un raddoppio dell’attività LPL muscolare e della relativa espressione genica che si manifesta entro 8 ore dall’ultimo esercizio e una riduzione speculare nel detraining. Allenamento di lunga durata dirige il grasso alimentare verso altri tessuti come il muscolo, per l’ossidazione, piuttosto che verso il tessuto adiposo. Eventuali effetti sull’ATBF, tutti da mettere a punto, riguardano soprattutto il trasporto di molecole regolatrici (ormoni), che, a parità di concentrazione , arrivano al tessuto in maggiore quantità. Chronic Exercise Training and Adipose Tissue: Summary L’esercizio regolare (cioè l’allenamento) ha la capacità di aumentare la spesa energetica totale e l’ossidazione dei grassi e quindi mantiene l’equilibrio dei grassi e può provocare un deficit energetico. Questo dipende sia dall’ossidazione dei grassi durante e dopo le sedute di allenamento sia nel corso di qualsiasi attività fisica che aumenti la spesa energetica. Al momento non si può dire che vi sia un aumento dell’ossidazione dei grassi a riposo. L’esercizio assomiglia alla restrizione calorica nel senso che modifica le masse di svariati depositi adiposi a patto che la “dose” di esercizio sia sufficiente a provocare lo stesso deficit energetico e non si aumenti l’apporto energetico. Dal punto di vista del tessuto adiposo a riposo, molte delle conseguenze dell’allenamento sono legate al deficit energetico provocato dall’esercizio; quindi è più importante il bilancio energetico e la perdita di perso rispetto alla modalità con cui si effettua (dieta o esercizio). Oltre agli effetti cronici, vi sono una serie di risposte acute indotte da ogni episodio di esercizio all’interno del tessuto adiposo ed oltre, che persistono per ore. Per esempio, le risposte postprandiali sono influenzate dall’esercizio recente, ma non c’è una controparte per la restrizione dietetica. La perdita di peso provocata dall’esercizio ha effetti simili a quella ottenuta con restrizione calorica sulle funzioni del tessuto adiposo che dipendono dalla riduzione di massa grassa in quanto tale, ma l’esercizio regolare ha molti altri effetti benefici che non si ottengono con l’intervento dietetico. È bello immaginare che l’allenamento possa provocare un rimodellamento del tessuto adiposo, con un aumento del turnover degli adipociti, sostituiti da elementi più giovani e attivi. Il fatto che molti di questi cambiamenti siano risposte acute dinamiche a recenti episodi di esercizio sottolinea l’importanza della quantità totale di esercizio accumulata e la necessità di comprendere meglio le implicazioni di questi episodi transitori.