Corso di Politica Economica
Corso di laurea in Scienze Statistiche
Prof.ssa Cristina Brasili
Anno Accademico 2013-2014
TEORIA DELLO
SVILUPPO
Teoria dello sviluppo
(frammenti)
CRESCITA E SVILUPPO
 (Growth and Development)

 Circoli
viziosi della povertà
 Poli di sviluppo
 Dualismo
 Mutamenti settoriali
 Disoccupazione nascosta
 Sviluppo tardivo
CIRCOLI VIZIOSI DELLA
POVERTA’
a) dal lato della domanda (bassa domanda)
Basso livello e
bassa dinamica del
reddito pro-capite
Ridotta dimensione del
mercato e bassa crescita
della domanda globale
Ridotta crescita degli
investimenti e/o della
produttività
Ridotta crescita del reddito pro-capite
b) dal lato dell’accumulazione (bassi risparmi)
Basso livello e
bassa dinamica del
reddito pro-capite
Bassa propensione al
risparmio e bassi livelli
del risparmio
Basso livello di investimenti
Pochi fondi per finanziare investimenti
CIRCOLI VIZIOSI DELLA POVERTA’
c) dal lato delle infrastrutture sociali
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d) dal lato del capitale umano
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e) dal lato della popolazione (produttiva)
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POLI DI SVILUPPO:
Benefici
Crescita
dell’industria A
Espansione industria Bche acquista
beni oservizi da A
Espansione industria Cche
producebeni oservizi complementari a quelli prodotti
da A
Espansione industria Dche produce
beni e servizi acquistati da A
Espansione industria Ei cui prodotti
sono acquistati da individui i cui
redditi sono aumentati per l’espansione originaria di A e i relativi
effetti indotti
Altri eventuali effetti
creazione di nuova imprenditorialità (ad esempio addetti
dell’impresa A che acquisiscono una elevata professionalità e si
mettono in proprio)
POLI DI SVILUPPO: Possibili
problemi
C
rescitadiA
Possibile sottrazione di forza lavoro
addestrata ad altre
im
prese
Possibileaum
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Possibili effetti di
congestione e inquinam
ento
C
risidialtreim
presepiùdeboli
Altri eventuali effetti
DISTRUZIONE di imprenditorialità, se prevalgono gli effetti
negativi
“Big push” - Rosertein Rodan, “Poli di sviluppo” - Perroux
DUALISMO ECONOMICO
 Dualismo
territoriale
 Dualismo nel mercato del lavoro
 Dualismo industriale
Il combinarsi di questi dualismi ha
creato un “mosaico” di situazioni che
caratterizzano lo sviluppo economico
italiano.
MUTAMENTI SETTORIALI
Cambiamenti dell’importanza
relativa dei principali settori
Agricoltura
Industria
Servizi

I sentieri di sviluppo non sono
omogenei
(Colin Clark, Kutzets, Chenery)
SVILUPPO SETTORIALE
 Deindustrializzazione
Anni ‘50-’60 USA-UK
 Anni ‘70 ITALIA

 Paesi
quote elevate servizi
Sud
Italia: quota elevata servizi
ma poca industria
I rapporti fra servizi e industria non
sono semplici da analizzare
 Il problema è analizzare i servizi in
funzione dell’apparato industriale

(Pasinetti L., “Mutamenti strutturali del
sistema
produttivo:
integrazione
fra
industria e settore terziario”, il Mulino
1986)
SVILUPPO TARDIVO
(INDUSTRIALIZZAZIONE)

VANTAGGI
Acquistare
e imitare
tecnologie

SVANTAGGI
Divario
tecnologico
Concorrenza paesi
industrializzati
Accentuato dualismo
Problemi occupazionali

(Fuà, “Problemi dello sviluppo tardivo in
Europa” , il Mulino 1980)
DISOCCUPAZIONE NASCOSTA

Nell’agricoltura italiana non c’è stato un
esodo graduale come auspicato fattore
di sviluppo industriale
 grande esodo e migrazioni ‘50 - ‘60
 sviluppo italiano (nord del paese),
 sviluppo EUROPEO (Germania)
L’aumento della PLV: 2-3% annuo negli
anni ‘ 50 - ‘60
 Aumento dei mezzi tecnici del 4 - 5 %
annuo

- (Mottura, Pugliese, “Mezzogiorno, agricoltura, mercato
del lavoro”, Il Mulino, 1970)
- (Barbero, Marotta., “Il mercato del lavoro
agricolo”, il Mulino 1987)
- Fanfani R. L’agricoltura in Italia, dalla riforma agraria alla
Parmalat, Il Mulino, Bologna 2004
POLITICHE DI AGGIUSTAMENTO

Più successo sul lato del contenimento
della domanda (contraendo consumi,
investimenti e importazioni)

Più
difficile
sviluppo
dell’offerta
(diversa allocazione delle risorse fra settori
produttivi, interventi di “riforma strutturale”
duratura)

Effetti indesiderati su ampi strati di
popolazione, portando alla ribalta i
problemi sociali e distributivi
ASCESA E DECLINO DELL’ECONOMIA
DELLO SVILUPPO (Rosemberg & Sellier)
Nei paesi in via di sviluppo
spesso esistono:
 riserve occulte di lavoro
(sottoccupazione agricola)


ma anche riserve occulte di:
 risparmi
 energie imprenditoriali
 altre risorse
Occorre però mettere in atto
“strategie
di
sviluppo
non
equilibrato”
(Cfr. Hirschman 1983)
PROGRESSO TECNICO –INVESTIMENTI
Gli investimenti agiscono direttamente
sul ritmo dello sviluppo
Il progresso tecnico è agevolato da investimenti
in :
Capitale
fisso : impianti > capacità
produttiva > economie di scala
Capitale
di esercizio : macchinari più
produttivi
Ricerca
e sviluppo di capitale umano
http://www.lavoce.info/
Distribuzione del reddito e
benessere sociale
Definizione di povero in senso assoluto

Colui che può contare in un reddito giornaliero
non superiore ad 1 dollaro (2$ al giorno i
valori correnti)
Definizione di povero in senso relativo

Quell’individuo il cui reddito equivalente è
inferiore al 50% del reddito individuale medio
della comunità di riferimento
Anni Novanta:


diminuiscono le persone in condizioni di
povertà assoluta
aumentano le persone in condizioni di
povertà relativa
Roberto Cellini “Politica Economica” McGraw-Hill cap.12
La distribuzione della ricchezza netta
delle famiglie italiane: 1998-2008
% di
1998 2000 2002 2004 2006 2008
ricchezza
delle famiglie
- 10% famiglie
più ricche
46,5
47,5
44,9
42,9
44,7
44,5
- 50% famiglie
più povere
9,3
9,6
9,6
10,1
9,7
9,8
- % famiglie
con ricchezza
negativa
2,3
1,8
2,1
2,6
2,7
3,2
Fonte: Banca d’Italia: supplemento al Bollettino statistico nov.2009
(elaborazione sui dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane)
La distribuzione della ricchezza delle famiglie
italiane: 2011-ISTAT
Nel 2011, l'11,1% delle famiglie è relativamente povero (per
un totale di 8.173 mila persone) e il 5,2% lo è in termini
assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una
famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro.
La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con persona di
riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto
se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è
alla ricerca di occupazione (dall'8,5% al 16,5%).
Centro
2008
2009
Nord
2010
2011
Incidenza di povertà relativa per ripartizione geografica. Anni 2008-2011,
valori percentuali
Italia
Nord
Centro
Mezzogiorno
2011
11,1
4,9
6,4
23,3
2010
11,0
4,9
6,3
23,0
2009
10,8
4,9
5,9
22,7
2008
11,3
4,9
6,7
23,8
Italia
0.0
5.0
10.0
15.0
Incidenza di povertà assoluta per ripartizione geografica. Anni 2008-2011,
valori percentuali
Centro
2008
2009
Nord
2010
2011
Italia
0.0
2.0
4.0
6.0
2011
2010
2009
2008
Italia
Nord
5,2
4,6
3,7
3,6
Mezzogiorn
o
4,1
8,0
3,8
6,7
4,7
4,6
3,6
3,2
2,7
2,9
Centro
7,7
7,9
La povertà in Italia
Nel 2012, il 12,7% delle famiglie è relativamente povero (per un
totale di 3 milioni 232 mila) e il 6,8% lo è in termini assoluti (1
milione 725 mila). Le persone in povertà relativa sono il 15,8%
della popolazione (9 milioni 563 mila), quelle in povertà assoluta
l'8% (4 milioni 814 mila).
Tra il 2011 e il 2012 aumenta sia l'incidenza di povertà relativa
(dall'11,1% al 12,7%) sia quella di povertà assoluta (dal 5,2% al
6,8%), in tutte e tre le ripartizioni territoriali.
La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è
pari a 990,88 euro, circa 20 euro in meno di quella del 2011 (-2%).
L'incidenza di povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre (dal
4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all'8,3%) e cinque o più
componenti (dal 12,3% al 17,2%); tra le famiglie composte da
coppie con tre o più figli, quelle in povertà assoluta passano dal
10,4% al 16,2%; se si tratta di tre figli minori, dal 10,9% si raggiunge
il 17,1%.
Aumenti della povertà assoluta vengono registrati anche nelle
famiglie di monogenitori (dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri
aggregati (dal 10,4% al 13,3%).
Oltre che tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4%) e di lavoratori in
proprio (dal 4,2% al 6%), la povertà assoluta aumenta tra gli
impiegati e i dirigenti (dall'1,3% al 2,6%) e tra le famiglie dove i
redditi da lavoro si associano a redditi da pensione (dal 3,6% al
5,3%).
http://www.istat.it/it/archivio/111473
Il reddito disponibile delle famiglie nelle regioni italiane
Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce,
rispetto all'anno precedente, in tutte le regioni italiane. Nel confronto con
la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la flessione più
contenuta (-1,6%), seguito dal Nord-est (-1,8%), Nord-ovest e Centro (2%). Le regioni con le riduzioni più marcate sono Valle d'Aosta e Liguria (2,8% in entrambe).
Il reddito monetario disponibile per abitante è pari a circa 20.300 euro sia
nel Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700 euro al Centro e a 13.200 euro
nel Mezzogiorno.
La graduatoria regionale del reddito disponibile per abitante (17.600 euro
il valore medio nazionale) vede al primo posto Bolzano, vicina ai 22.400
euro, e all'ultimo la Campania, con poco meno di 12.300 euro.
Nel 2012 a livello nazionale il reddito disponibile delle famiglie, in valori
correnti, aumenta dell'1% rispetto al 2009, anno di inizio della crisi
economica. In particolare il Nord registra un incremento maggiore (+1,6%
nel Nord-ovest e +1,7% nel Nord-est) mentre, sempre rispetto al 2009, il
Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto più contenuto
(rispettivamente +0,4% e +0,2%).
La Liguria è la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della
crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le famiglie hanno subito una
diminuzione dell'1,9% del reddito disponibile. L'Umbria e la provincia di
Bolzano sono state le meno toccate dagli effetti della crisi economica con
aumenti, nel periodo considerato, rispettivamente del 3,6% e del 2,7%.
pre rispetto al 2009, il Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto
più contenuto (rispettivamente +0,4% e +0,2%).
La Liguria è la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della
crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le famiglie hanno subito una
diminuzione dell'1,9% del reddito disponibile. L'Umbria e la provincia di
Bolzano sono state le meno toccate dagli effetti della crisi economica con
aumenti, nel periodo considerato, rispettivamente del 3,6% e del 2,7%.
Il contributo di Amartya Sen
alla teoria dello sviluppo
premio Nobel per l’Economia 1998
“Lo sviluppo può essere visto
come un processo di espansione
delle libertà reali godute dagli
esseri umani” (Introduzione pag.9 )
Questa definizione dello sviluppo si
contrappone ad altre visioni più
limitative
Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar
Saggi Mondadori 2000
•
La crescita del PNL e del reddito
individuale sono solo gli strumenti
per espandere le libertà
•
Il punto fondamentale del
ragionamento di Sen è costituito
dalle capabilities (o tradotto dalle
capacitazioni)
Povertà come INCAPACITAZIONE
Il reddito basso è significativo solo
sul piano strumentale
La relazione tra basso reddito e
basse capacitazioni varia da una
comunità all’altra: la relazione risente
fortemente dell’età del soggetto, dei ruoli
sessuali e sociali, della località, o di altri fattori di
cui la persona non controlla le variazioni.
Il contributo di Amartya Sen alla teoria
dello sviluppo
premio Nobel per l’Economia 1998
Povertà come INCAPACITAZIONE

Anche la valutazione della disuguaglianza assume
quindi connotati diversi

La disuguaglianza dei redditi può differire anche
in modo sostanziale dalle disuguaglianze in diversi
spazi (mancanze di libertà)

L’esempio importante è la disuguaglianza nei livelli
di disoccupazione
Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000
Il contributo di Amartya Sen alla teoria
dello sviluppo
premio Nobel per l’Economia 1998
DISOCCUPAZIONE E
INCAPACITAZIONE


Nelle economie europee l’alto livello di
disoccupazione rappresenta un problema
di disuguaglianza altrettanto importante di
quello della distribuzione del reddito
Negli Stati Uniti c’è una situazione molto
diversa maggiore, disuguaglianza dei
redditi ma minore disoccupazione
Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi Mondadori 2000
Perché il PIL pro capite non
è un indicatore sufficiente
per analizzare lo “sviluppo”
di un Paese?
Indicatori utilizzati nell’economia dello sviluppo
INDICATORI
FONTI
PIL pro capite in ppa
Statistiche nazionali (ISTAT per
l’Italia), EUROSTAT, ONU, WB,
PWT, OECD
HDI indice di sviluppo
umano
UNDP (Human Development
Report)
Indice di Gini
Statistiche nazionali, EUROSTAT,
ONU, WB, PWT, OECD
Indici di povertà
UNDP (Human Development
Report)
Statistiche nazionali, EUROSTAT,
ONU, WB, PWT, OECD
Tasso d’occupazione
Tasso d’attività
Statistiche nazionali, ONU, WB,
EUROSTAT, PWT, OECD
Tasso di
disoccupazione
Statistiche nazionali, ONU, WB,
EUROSTAT, PWT, OECD
Struttura del sistema
produttivo
Statistiche nazionali, WB
EUROSTAT, ONU, OECD
Grado di apertura
Statistiche nazionali, WB
EUROSTAT,
Indicatori utilizzati nell’economia dello sviluppo
(continua)
INDICATORI
FONTI
Indicatori sugli IDE
Statistiche nazionali
Indicatori sulla
formazione
Statistiche nazionali, ONU, WB,
EUROSTAT, UNESCO OECD
Indicatori sulla R&S e la Statistiche nazionali, ONU, WB,
creatività economica
EUROSTAT, OECD
Indicatori sul risparmio
Statistiche nazionali, WB
Indicatori sugli
investimenti
Statistiche nazionali, WB
Indicatori ambientali
ONU, WB, UNDP, HDU, OECD
Indicatori sulla sanità
OMS, ONU, WB
Indicatori demografici
OMS, OIL, WB
Indicatori istituzionali
ONU, WB, Trasparency
International ecc.
OLTRE IL PIL: PER UN NUOVO INDICE DEL
BENESSERE
Rapporto “Stiglitz-Sen-Fitoussi”, Bologna, Dicembre 2009
TEORIA DELLO SVILUPPO
Riferimenti bibliografici:
Da studiare
V. Valli, Politica Economica Carocci Ed.
2005; cap.1 e cap.4, esclusi i paragrafi 4.10 e
seguenti.
Da leggere


Amartya Sen “Lo sviluppo è libertà” Oscar Saggi
Mondadori 2000; Introduzione e primo capitolo.
Scarica

La teoria dello sviluppo - Dipartimento di Scienze Statistiche