A. A. 2011- 2012 – Semestre primaverile
Corso monografico di letteratura
moderna:
Lettura dell'Allegria di Ungaretti
Calendario delle lezioni
Merc. 22 febbraio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Gio. 1 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 7 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 14 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 21 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Gio. 22 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3023
Merc. 28 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 4 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 25 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 2 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 9 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 15 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 23 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Merc. 30 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028
Annullate:
29 febbraio 2012
18 aprile 2012
Bibliografia
L’edizione critica dell’Allegria, a cura di Cristiana Maggi Romano, è apparsa nel 1982 (Milano,
Fondazione Mondadori). La raccolta con il relativo apparato di varianti si legge inoltre in G.
Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori,
1969 (ristampata successivamente anche in veste economica); e (con commento) in G.
Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di Carlo Ossola, Milano, Mondadori, 2009. Si
segnala, inoltre, G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 1990.
La bibliografia su Ungaretti e su L’Allegria è vastissima. Si segnalano qui le voci ‘storicamente’
più importanti, utilmente fruibili nella preparazione dell’esame: Luciano Rebay, Le origini della
poesia di Giuseppe Ungaretti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962; Leone Piccioni,
Ungarettiana, Firenze, Vallecchi, 1980; C. Ossola, Giuseppe Ungaretti, Milano, Mursia, 1982;
Mario Barenghi, Ungaretti, Modena, Mucchi, 1999. Su lingua e stile, poi, si ricorda Pietro
Spezzani, Per una storia del linguaggio di Ungaretti fino a «Sentimento del Tempo», nel vol. misc.
Ricerche sulla lingua poetica contemporanea, Padova, Liviana, 1966, pp. 91-160.
Tra i contributi più recenti: Paolo Briganti, Tra inquiete muse. L’Ungaretti dell’Allegria, Milano,
Unicopli, 2008; e (con un taglio decisamente introduttivo) Daniela Baroncini, Ungaretti,
Bologna, Il Mulino, 2010.
Commiato < PS 16 Poesia
Locvizza il 2 ottobre 1916
Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l’umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento
Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso
5
< PS16 è la limpida meraviglia
< PS16 Quando io trovo
10
Gen|ti |le
Et|to|re | Ser|ra
po|e|si|a
è il | mon|do | l’u|ma|ni|tà
la | pro|pria | vi|ta
fio|ri|ti | dal|la | pa|ro|la
la | lim|pi|da | me|ra|vi|glia
di un | de|li|ran|te | fer|men|to
3
5
4
8
5
8
8
8
Quan|dO | trO|vO
in | que|stO | mi|O | si|len|ziO
u|nA | pA|ro|lA
scA|vA|tA è | nel|lA | mi|A | vi|tA
co|me un | a|bis|so
4
8
5
9
5
C. Baudelaire, Le Gouffre [1862], trad. it. di G. Raboni
Pascal avait son gouffre, avec lui se mouvant.
- Hélas ! tout est abîme, - action, désir, rêve,
Parole ! et sur mon poil qui tout droit se relève
Mainte fois de la Peur je sens passer le vent.
En haut, en bas, partout, la profondeur, la grève
Le silence, l’espace affreux et captivant…
Sur le fond de mes nuits Dieu de son doigt savant
Dessine un cauchemar multiforme et sans trêve.
Pascal aveva il proprio abisso, e sempre
se lo portava dietro. – Abisso è tutto: l’atto e il
desiderio,
il sogno e la parola. - Quante volte, sfiorato
dalla brezza
della Paura, sento che mi si rizzano i capelli!
Da ogni parte – su, giù – la riva, il vuoto,
il silenzio, lo spazio che affascina e spaventa…
Sul nero delle notti, col suo dito sapiente,
Dio mi disegna un incubo multiforme e
accanito.
J’ai peur du sommeil comme on a peur d’un grand trou,
Tout plein de vague horreur, menant on ne sait où;
Je ne vois qu’infini par toutes les fenêtres,
Mi fa paura il sonno, buco immenso,
vago e orrendo, che porta chissà dove;
da ogni vetro non vedo che infinito,
Et mon esprit, toujours du vertige hanté,
Jalouse du néant l’insensibilité.
- Ah ! ne jamais sortir des Nombres et des Êtres !
e la mia mente, in preda al capogiro,
invidia al Nulla il nulla. – Ah, non uscire,
non uscire mai dai Numeri e dagli Esseri!
Mappa cronologica: 1916 e dintorni
1912, D’Annunzio, quarto libro delle Laudi
Marinetti, Manifesto della lett. futurista
Slataper, Il mio Carso
1913, Pirandello, I vecchi e i giovani
Papini, Un uomo finito
Rebora, Frammenti lirici
1914, Campana, Canti Orfici
Palazzeschi, Il controdolore
Sbarbaro, Pianissimo
1915, Govoni, Rarefazioni e parole in libertà
E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, 1916
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
5
10
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio 15
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
E. Montale, Non chiederci la parola…
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un doloroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
5
10
Camillo Sbarbaro, Taci, anima stanca di godere, 1913,
poi in Pianissimo, 1914
Taci, anima stanca di godere
e di soffrire (all'uno e all'altro vai
rassegnata).
Nessuna voce tua odo se ascolto:
non di rimpianto per la miserabile 5
giovinezza, non d'ira o di speranza,
e neppure di tedio.
Giaci come
il corpo, ammutolita, tutta piena
d'una rassegnazione disperata.
10
Noi non ci stupiremmo,
non è vero, mia anima, se il cuore
si fermasse, sospeso se ci fosse
il fiato...
Invece camminiamo.
15
camminiamo io e te come sonnambuli.
E gli alberi son alberi, le case
sono case, le donne
che passano son donne, e tutto è quello
che è, soltanto quel che è.
20
La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca. Perduta ha la sua voce
la sirena del mondo, e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
25
io guardo con asciutti occhi me stesso.
C. Rebora, Sciorinati giorni dispersi, in FL, 1913
Sciorinati giorni dispersi,
cenci all'aria insaziabile:
prementi ore senza uscita,
fanghiglia d'acqua sorgiva:
torpor d’àttimi lascivi
fra lo spirito e il senso;
forsennato voler che a libertà
si lancia e ricade,
inseguita locusta tra sterpi;
e superbo disprezzo
e fatica e rimorso e vano intendere:
e rigirìo sul luogo come cane,
per invilire poi, fuggendo il lezzo,
la verità lontano in pigro scorno;
e ritorno, uguale ritorno
dell'indifferente vita,
5
10
15
mentr'echeggia la via
consueti fragori e nelle corti
s'amplian faccende in conosciute voci,
e bello intorno il mondo, par dileggio 20
all'inarrivabile gloria
al piacer che non so,
e immemore di me epico armeggio
verso conquiste ch'io non griderò.
Oh per l'umano divenir possente
25
certezza ineluttabile del vero,
ordisci, ordisci de’ tuoi fili il panno
che saldamente nel tessuto è storia
e nel disegno eternamente è Dio:
ma così, cieco e ignavo,
30
tra morte e morte vil ritmo fuggente,
anch'io t'avrò fatto; anch'io.
F. T. Marinetti, L’immaginazione senza fili
e le parole in libertà, “Lacerba” 1913
Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per
effetto delle grandi scoperte scientifiche. […] Il lirismo è la facoltà rarissima di
inebbriarsi della vita e di inebbriarla di noi stessi. […]
[Il poeta lirico] comincerà col distruggere brutalmente la sintassi […]. Non perderà
tempo a costruire i periodi. S’infischierà della punteggiatura e dell’aggettivazione.
Disprezzerà cesellature e sfumature di linguaggio e in fretta vi getterà
affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, secondo la loro
corrente incalzante. L’irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le
valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell’aggettivazione. Manate di parole
essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione, rendere tutte le
vibrazioni del suo io. […] E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha
vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. […] Io inizio una
rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di
versi passatista e dannunziana. […] La mia rivoluzione è diretta contro la così detta
armonia tipografica della pagina. […] Combatto l’estetica decorativa e preziosa di
Mallarmé e le sue ricerche della parola rara, dell’aggettivo unico insostituibile,
elegante, suggestivo, squisito. Non voglio suggerire un’idea o una sensazione con delle
grazie o delle leziosaggini passatiste: voglio anzi affermarle brutalmente e scagliarle in
pieno petto al lettore. […] La nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare,
riplasmare le parole, tagliandole, allungandone, rinforzandone il centro o le estremità.
[…] Avremo così la nuova ortografia che io chiamo libera espressiva. Questa
deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale verso
l’onomatopea.
Ungaretti ‘egiziano’: 1888-1912
• Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da
Antonio e Maria Lunardini
• Frequenta fino al 1906 l’Ecole Suisse Jacot
• Legge il “Mercure de France”
• Frequenta il circolo anarchico della ‘Baracca
Rossa’ fondato da Enrico Pea, insieme all’amico
Mohammed Sceab
In memoria [Il Porto Sepolto] - Locvizza il 30 settembre 1916
del suo abbandono
Si chiamava
Moammed Sceab
5
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
PS16 e mutò nome in
Marcel
10 Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
15 dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
20 il canto
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
25 a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
30 sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
35 E forse io solo
so ancora
che visse
PS16 continuamente
PS16 Saprò / fino al
mio turno / di morire
G. Ungaretti, Lezioni su Leopardi,
1945-46
“In quanto a Baudelaire e a Mallarmé, essi davano occasione a un
litigio senza fine tra me e il mio più caro compagno d’allora, quel
Moammed Sceab a cui ho dedicato il mio Porto Sepolto. Uscivamo
di scuola accesi nella lite e, spinti dal diverbio, invece di tornare a
casa si andava verso il lungomare ch’era a due passi. Saltavamo
sul parapetto del molo, e andando in su e giù sbracciandoci e
gridando, chissà come a uno di noi non sia accaduto mai di
cascare nell’acqua, che a diversi metri giù si spezzava contro gli
scogli. Sceab era un positivo e sottile argomentatore, come
sanno esserlo gli Arabi, e difatti, purtroppo, doveva finire suicida
per motivi filosofici. Non ero un loico, non lo sono mai stato, ma
un poeta, un invasato, e non trovavo se non repliche immaginose
e passionali. Sceab, per darmi il colpo di grazia, non diceva di
non capire Mallarmé; per dirlo avrebbe dovuto essere meno
pazzo d’orgoglio; ma diceva: è un poeta bello all’orecchio”.
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969
Baudelaire era l’argomento di discussioni interminabili con uno dei
miei compagni, che un giorno trovarono morto, perché in nessun
paese si poteva accasare, in una stanza dello stesso albergo che
abitavamo, in rue des Carmes a Parigi: Moammed Sceab. A lui è
dedicata la poesia che apre Il Porto Sepolto. Era un ragazzo dalle idee
chiare e prediligeva Baudelaire. Non dico che Baudelaire sia uno
scrittore chiaro; è uno scrittore che ama aggirarsi nelle sue caverne, ed
è difficile esser chiari e introspettivi nello stesso tempo, ama è di sicuro
più chiaro di Mallarmé, è insomma uno scrittore che può affrontarsi
subito senza tirocinio. L’altro suo autore era Nietzsche, che lo aveva
addirittura soggiogato. I suoi autori erano Baudelaire e Nietzsche; io
rimanevo fedele a Mallarmé e a Leopardi, a Mallarmé che sentivo
anche se non tutto capivo, a Leopardi che capivo un po’ di più benché
anche lui abbia, nel punto sublime, la necessaria sostanza ermetica.
G. Ungaretti, Chiaroscuro
Anche le tombe sono scomparse
Rifà giorno
Spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
Tornano le tombe
appiattate nel verde tetro
delle ultime oscurità
nel verde torbido
del primo chiaro
Mi è venuto a ritrovare
il mio compagno arabo
che s’è ucciso l’altra sera
Nota d’autore: Osservando dall’alto
il Cimitero Monumentale di
Milano è evocato per analogia il
camposanto d’Ivry, dove riposa
Moammed Sceab.
G. Ungaretti, Chiaroscuro, red. « Lacerba » aprile 1915
Il bianco spazio delle tombe se lo è sorbito la notte
Spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo
che si è suicidato
che quando m’incontrava negli occhi
parlandomi con quelle sue frasi pure e frastagliate
era un cupo navigare nel mansueto blu
È stato sotterrato a Ivry
con gli splendidi suoi sogni
e ne porto l’ombra
Rifà giorno
Le tombe ricompariscono
appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità
nel verde torbido del primo chiaro
Le annate dopo le annate
trovatelle a passeggio
in uniforme
accompagnate da suore di carità.
Ma ora mi reggo tra le braccia
le nuvole che il mio sole mantiene
e all’alba non voglio sapere di più.
Ungaretti commenta Ungaretti, 1963
“In memoria, rievocazione del suicidio del mio
compagno Moammed Sceab, è il simbolo di una
crisi delle società e degli individui che ancora
perdura, derivata dall’incontro e scontro di
civiltà diverse e dall’urto e conseguenti
sconvolgimenti tra le tradizioni politiche e il
fatale evolversi storico dell’umanità”.
G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969
“Soltanto la poesia, l’ho imparato terribilmente,
lo so, la poesia sola può recuperare l’uomo,
persino quando ogni occhio s’accorge, per
l’accumularsi delle disgrazie, che la natura
domina la ragione e che l’uomo è molto meno
regolato dalla propria opera che non sia alla
mercé dell’Elemento”.
Ungaretti a Parigi: 1912-1921
• Conosce gli scrittori raccolti intorno ai “Cahiers de la Quinzaine”
di Charles Péguy
• Frequenta artisti come Picasso, Braque, Modigliani, o altri italiani
residenti a Parigi (De Chirico, Savinio, Palazzeschi)
• Si lega di profonda amicizia a Papini e Soffici, fondatori della
rivista “Lacerba”
• Conosce Guillaume Apollinaire
• Frequenta le lezioni di Henri Bergson al Collè ge de France
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969
“Fra Apollinaire e me era avvenuto un
avvicinamento insolito. Sentivamo in noi il
medesimo carattere composito e quella difficoltà
che l’animo nostro aveva di trovare la via di
assomigliare a se stesso, di costituire la propria
unità. Q uell’unità non l’avremmo mai trovata
altrove se non ricorrendo alla poesia. Era la
ricerca, era il ritrovamento di un linguaggio
liberatore se riusciva a manifestare l’angosciosa
ricerca di sé”.
G. Apollinaire, Les fiançailles, da Alcools
Je n’ai plus même pitié de moi
Et ne puis exprimer mon tourment de silence
Tout les mots que j’avais à dire se sont changés en étoiles
[…]
Jadis les morts sont revenus pour m’adorer
Et j’espérais la fin du monde
Mais la mienne arrive en sifflant comme un ouragan
J’ai eu le courage de regarder en arrière
Les cadavres de mes jours
Marquent ma route et je les pleure
[…]
C. Ossola, Ungaretti, p. 119:
sul rapporto con Bergson
In Bergson è racchiusa l’ideologia, l’episteme se si vuole, che sta
alla base di Allegria di naufragi: negare significa prospettare, sopra
la realtà che si giudica insufficiente o insoddisfacente, una “realité
inconnue” invocata a sostituire il presente: ma questa possibilità
non è profezia alternativa allo stato di cose attuale, non è
promessa d’apocalissi […]. La negazione insomma s’inflette su se
stessa e sogna l’assenza, la mera disparizione, non offre e non
attende “remplaçant”, non si proietta sul futuro, s’involge sul
passato. La sostituzione è sempre ciò che si lascia, mai ciò che si
potrebbe prendere.
H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la memoria
La memoria non consiste nella facoltà di ordinare i ricordi come in
cassetti o di iscriverli in un registro […] perché una facoltà opera in
modo intermittente, quando vuole o può, mentre invece l’accumulo
del passato sul passato prosegue senza soste. In realtà il passato si
conserva da sé solo, automaticamente e, certo, ci segue tutt’intero
costantemente. […] Anche se non ne abbiamo un’idea distinta,
sentiamo pur sempre vagamente che il nostro passato ci rimane
presente: infatti, che cosa siamo, che cos’è il nostro carattere, se non
la storia condensata di quanto abbiamo vissuto? […] Certo, noi
pensiamo soltanto con una piccola parte del nostro passato, ed è
invece con tutt’intero il nostro passato, ivi compresa la particolare
curvatura della nostra anima all’origine, che desideriamo, vogliamo
ed agiamo.
H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la personalità
La nostra personalità, che ad ogni istante cresce con l’accumularsi
dell’esperienza, muta continuamente e, mutando, impedisce che uno
stato, apparentemente identico ad un altro in superficie, ne sia
davvero, in profondità, una ripetizione: pertanto la nostra durata è
irreversibile, né potremmo riviverne la benché minima parte, perché
bisognerebbe cominciare col cancellare il ricordo di tutto quanto è
venuto poi. […] La nostra personalità, in tal modo, spunta, cresce,
matura senza posa, ed ogni suo momento è un elemento nuovo che
va ad aggiungersi a quanto essa era prima: meglio ancora, non solo
nuovo, ma imprevedibile.
Il Porto Sepolto
Mariano il 29 giugno 1916
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
5
G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969
“Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il porto
sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho
conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile.
Entrambi scrivevano. [...] Quegli amici avevano ereditato dal padre
una biblioteca raccolta con precisione di curiosità e di gusto, una
biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti
e degli scrittori contemporanei. [...] Abitavano fuori d’Alessandria,
in mezzo al deserto. Mi parlavano d’un porto, d’un porto
sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che
Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima
d’Alessandro era una città. […] Non se ne sa nulla, non ne rimane
altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico
documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del
mio primo libro deriva da quel porto”.
G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969
“Nessuno sente più dell’artista, se si tratta d’un vero
artista, la pena che la sua parola rimanga indecifrabile a
tanta parte degli uomini, come se la sua arte fosse opera
straordinaria per la sua specie: la sua arte stessa porta la
ferita sanguinante d’un’impotenza così ingiusta. [...]
La vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua
segretezza. È sempre accaduto così. Più giungiamo a
trasferire la nostra emozione e la novità delle nostre
visioni nei vocaboli, e più i vocaboli giungono a velarsi
d’una musica che sarà la prima rivelazione della loro
profondità poetica oltre ogni limite di significato”.
Maurice de Guérin, Journal, 28.IX.1834
Si je m’âbime dans votre sein, vagues mystérieuses,
m’arrivera-t-il comme à ces chevaliers qui, entraînés au
fond des lacs, y recontraient de merveilleux palais, ou,
comme ce pêcheur de la fable, en tombant dans la mer
deviendrai-je un dieu?
Giuseppe Ungaretti, L’Allegria
Storia della raccolta
1916, Il Porto Sepolto, Udine, STU (32 testi)
1919, Allegria di Naufragi, Firenze, Vallecchi (105 testi,
alcuni in francese); struttura molto articolata: 11 sezioni con al
centro PS
1923, Il Porto sepolto, La Spezia, St. Apuana (67 testi)
Divisione in 4 sezioni: Sirene+Elegie e madrigali+AN+PS
1931, L’Allegria, Milano, Preda (74 testi)
Giuseppe Ungaretti, L’Allegria
Struttura della raccolta 1931
Ultime → 12 testi
Il Porto Sepolto → 33 testi
= Il Porto Sepolto 1916 con varianti nei titoli, nella disposizione dei
testi, e lo sdoppiamento di La notte bella > La notte bella + Universo
Naufragi → 17 testi
Girovago → 5 testi
Prime → 7 testi
Eterno [Ultime]
da A31 poesia incipitaria della raccolta, con il titolo Eternità
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile nulla
< I red. (1915)
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile vanità
Fiore doppio
nati in grembo alla madonna
della gioia
Agonia
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
AN 1919
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
< O come le quaglie
< traversato il mare
< nei primi cespugli incontrati
< non ne hanno più voglia
Ma non vivere di lamento < Ma non morire di lamento
come un cardellino accecato
Veglia [Il Porto Sepolto]
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
10
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
5
Non sono mai stato
tanto
15
attaccato alla vita
Veglia [Il Porto Sepolto]
Un’intera notTATA
butTATO vicino
a un compagno
massacraTO
con la bocca
digrignaTA
volTA al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetraTA
10
nel mio silenzio
ho scritTO
lettere piene d’amore
5
Non sono mai sTATO
TAnTO
15
attaccaTO alla viTA
Stasera [Il Porto Sepolto]
Versa il 22 maggio 1916
Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia
I red. Finestra a mare
Balaustrata di brezza
per appoggiare la mia malinconia
>per appoggiare la malinconia
stasera
Silenzio [Il Porto Sepolto]
Mariano il 27 giugno 1916
Conosco una città
Che ogni giorno s’empie di sole
E tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una seta
Nel cuore durava il limio
delle cicale
Dal bastimento
Verniciato di bianco
Ho visto
La mia città sparire
Lasciando
Un poco
Un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi
5
10
Dannazione [Il Porto Sepolto]
Mariano il 29 giugno 1916
Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?
NB Il punto interrogativo finale compare in PS 1916 e AN 1919
Viene eliminato – come le parentesi a v. 2 – in PS 1923, A 1931 e A 1936
Viene reintrodotto – come le parentesi – in A 1942
Destino [Il Porto Sepolto]
Mariano il 14 luglio 1916
Volti al travaglio
come una qualsiasi
fibra creata
perché ci lamentiamo noi?
Fratelli [Il Porto Sepolto]
Mariano il 15 luglio 1916
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
5
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
Fragilità
Fratelli
10
PS 1916
Fratello
tremante parola
nella notte
come una fogliolina
appena nata
Saluto
accorato
nell’aria spasimante
implorazione
sussurrata
di soccorso
all’uomo presente alla sua
fragilità
Sono una creatura [Il Porto Sepolto]
Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
5
10
In dormiveglia [Il Porto Sepolto]
Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
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nelle trincee
come le lumache nel loro guscio
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
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I fiumi [Il Porto Sepolto]
Cotici il 16 agosto 1916
Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposta
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un’acrobata
sull’acqua
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Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
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Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
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Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
Questo è il Nilo
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Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
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Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
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Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
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Pellegrinaggio [Il Porto Sepolto]
Valloncello dell’Albero Isolato il 16 agosto 1916
In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascinato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba
Ungaretti
uomo di pena
ti basta un’illusione
per farti coraggio
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Un riflettore
di là
mette un mare
nella nebbia
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Universo [Il Porto Sepolto]
Devetachi il 24 agosto 1916
Col mare
mi sono fatto
una bara
di freschezza
San Martino del Carso [PS]
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
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San Martino del Carso [PS]
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Redazione Il Porto Sepolto 1916
Di queste case
non c’è rimasto
che qualche
brandello di muro
esposto all’aria
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
nei cimiteri
Ma nel cuore
nessuna croce manca
Innalzata
di sentinella
a che?
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Sono morti
cuore malato
Perché io guardi al mio cuore
come a uno straziato paese
qualche volta
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Allegria di Naufragi [Naufragi]
Versa il 14 febbraio 1917
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare
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Natale [Naufragi]
Napoli il 26 dicembre 1916
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
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Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
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Dolina notturna [Naufragi]
Napoli il 26 dicembre 1916
Il volto
di stanotte
è secco
come una
pergamena
Questo nomade
adunco
morbido di neve
si lascia
come una foglia
accartocciare
L’interminabile
tempo
mi adopera
come un
fruscio
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Mattina [Naufragi]
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
M’illumino
d’immenso
Dormire [Naufragi]
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve
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Un’altra notte [Naufragi]
Vallone il 20 aprile 1917
In quest’oscuro
colle mani
gelate
distinguo
il mio viso
Mi vedo
abbandonato nell’infinito
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Rose in fiamme [Naufragi]
Vallone il 17 agosto 1917
Su un oceano
di scampanellii
repentina
galleggia un’altra mattina
Vanità [Naufragi]
Vallone il 19 agosto 1917
D’improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido stupore
dell’immensità
E l’uomo
curvato
Sull’acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un’ombra
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Cullata e
piano
Franta
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Prato [Girovago]
Villa di Garda aprile 1918
La terra
s’è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre
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Sereno [Girovago]
Bosco di Courton luglio 1918
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo
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Mi riconosco
immagine
passeggera
Presa in un giro
Immortale
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Soldati [Girovago]
Bosco di Courton luglio 1918
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Preghiera [Prime]
Quando mi desterò
dal barbaglio della promiscuità
in una limpida e attonita sfera
Quando il mio peso si farà leggero
Il naufragio concedimi Signore
di quel giovane giorno al primo grido
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Giuseppe Ungaretti, L*Allegria