Sistemi locali di welfare Lavinia Bifulco Il Piano sociale di zona Legge 328/2000: strumento della governance locale. Attraverso questo strumento le municipalità (associate) programmano il sistema locale dei servizi e degli interventi, sulla base degli obiettivi stabiliti dallo Stato e dei finanziamenti (stabiliti dallo Stato e distribuiti dalle Regioni), coinvolgendo le comunità locali. Il Piano sociale di zona Il piano sociale di zona, normalmente adottato attraverso un accordo di programma dai comuni che rientrano nello stesso ambito territoriale, ha il compito di individuare (Legge 328/2000, art. 19): a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti per la loro realizzazione; b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse, i requisiti di qualità; d) le modalità per l’integrazione tra servizi e tra prestazioni; e) le modalità per il coordinamento dei comuni con altre amministrazioni: f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con le organizzazioni del terzo settore e le comunità locali; g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale. Il Piano sociale di zona è volto a «favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi» (art. 19). [ Il Piano sociale di zona Arene aperte, integrate e inclusive della governance delle politiche socio-assistenziali locali. 3 idee-base: • l’azione associata fra comuni, che richiede capacità di coordinamento inter-istituzionale; • la negoziazione, che valorizza metodi consensuali di presa delle decisioni e la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di terzo settore; • la regia, che sollecita i comuni ad assicurare coerenza e continuità alla costruzione del sistema locale di servizi. Piani sociali di zona: implementazione ISFOL 2006: in più del 70% dei casi sono impegnate nella fase progettuale vera e propria, insieme al soggetto pubblico, le organizzazioni di terzo settore strutturate (come le cooperative sociali), seguite dalle organizzazioni del volontariato, dalle associazioni religiose, dalle organizzazioni sindacali, dalle fondazioni, dai patronati, dalle imprese private,dai cittadini singoli (il 20,5% dei casi). La varietà della partecipazione nei Piani di zona Implementazione: molto diseguale Il problema delle risorse Partecipazione Problemi del concetto La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy La programmazione negoziale: anni 90, nascono i Patti territoriali (Bobbio, 2000; Pichierri, 2001). Crescono le pratiche contrattuali o pattizie, basate su accordi formalizzati e volontari che impegnano reciprocamente una molteplicità di attori, pubblici e privati, al perseguimento di un interesse collettivo. Le politiche per lo sviluppo locale, la riqualificazione urbana, politiche sociali, ecc. La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy Strumenti negoziali: • I Patti territoriali hanno le loro radici nella concertazione triangolare (fra amministrazioni pubbliche, rappresentanze sindacali e imprese) e una struttura dei rapporti fra i poteri politico-istituzionali che, soprattutto in una prima fase, ha sofferto di un eccesso di centralizzazione. • Nell’ambito della riqualificazione urbana, i Contratti di quartiere, nati sulla scia degli omonimi programmi francesi, si caratterizzano per la compresenza fra principi solidaristici e meccanismi competitivi. • I Piani sociali di zona prevedono l’istituzione di arene decisionali inclusive. • Questi strumenti danno rilievo a dimensioni quali la costruzione/formalizzazione di accordi e la cooperazione (fra istituzioni e fra istituzioni e attori sociali). La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy L’espansione della programmazione negoziale deve molto a: • Processi isomorfici • Crisi del paradigma razionalistico maturata dagli anni 80, quando hanno guadagnato spazio modelli delle decisioni pubbliche improntati a una razionalità processuale, incrementale e interattiva. • Da considerare anche: la delegittimazione crescente dell’architettura politico-amministrativa, tendenzialmente centralizzata e gerarchica, del government; e la necessità di lubrificare i meccanismi ordinari del consenso. • La governance partecipata o partecipativa. Partecipazione: fattori e problemi Struttura delle opportunità e basi sociali della partecipazione Contesti; regole della partecipazione; culture politiche; meccanismi di aggregazione dei problemi; tipo di aggregazione della società locale Problemi della partecipazione: • • • • • Numeri chi inclusività effettiva (dei soggetti e dei punti di vista) incisività rappresentatività La varietà della partecipazione Coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni Chi Cosa Dove Come Inclusività Incisività La leadership politica Modello lombardo Sussidiarietà (terzo settore e famiglia, l.r. 23/99) Commercializzazione, quasi mercati, nella sanità «Asl terzo pagatore» (l. 31/1997) Centralismo regionale Libertà di scelta Importanza del privato (nel 2007 il 28% totale della spesa sanitaria lombarda è assorbito dalle prestazioni fornite dalle case di cura private) Modello lombardo: problemi La governance • Secondo le ultime rilevazioni Istat [2008] sulle cooperative sociali, in Lombardia si concentra il 19,5% del valore della produzione relativo a tutte le organizzazioni di questo tipo operanti nel territorio nazionale (1.248.136 euro su 6.381.275). • Meno della metà dei distretti lombardi ha attivato un tavolo di rappresentanza del terzo settore [Irer, 2010]. Pur non mancando casi di copro-grammazione fra amministrazione e terzo settore, i Piani sociali di zona sono stati attivati prioritariamente come strumento per ristrutturare e razionalizzare la rete dei servizi, portando così al centro dell’attenzione aspetti che riguardano l’organizzazione economica del sistema di offerta. Come viene sottolineato dall’Irer: «In alcuni ambiti la sussidiarietà è stata intesa come concorrenza fra erogatori paritetici in un mercato regolato» [Irer, 2010: 293]. Modello lombardo: problemi I vouchers… Modello lombardo: problemi Nei Piani socio-sanitari non c’è traccia dell’infrastruttura organizzativa necessaria a realizzare l’integrazione sociosanitaria, in particolare per quanto riguarda i rapporti fra Asl e Comuni. Il distretto sociosanitario è un’entità sfocata. Il rapporto fra la spesa sanitaria e la spesa sociale è da tempo sperequato e vede più del 68% del bilancio regionale assorbito dalla spesa per i servizi sanitari, contro il 7,37% dei servizi sociali [Colombo, 2008]. LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE LOCALE 2012-2014- Regione Lombardia Principi: persona e famiglia Sostenibilità, potenziare la domanda, pubblico-privato Strategie: integrazione, imprenditori di rete Prospettive Big society di Cameron Prospettive Manuel Castells, Pekka Himanen, Società dell’informazione e welfare state. La lezione della competitività finlandese, Milano, Guerini e Associati, 2006. The Finnish school success depends on classroom practices that systemically tailor pedagogy to the needs of individual students—the same kind of capacitating services on which the new welfare increasingly relies. Individualized Service Provision in the New Welfare State: Lessons from Special Education in Finland, Charles Sabel, AnnaLee Saxenian, Reijo Miettinen, Peer Hull Kristensen, and Jarkko Hautamäki