UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA
Facoltà di Economia
Diritto del Contenzioso d’Impresa
Anno Accademico 2014-2015
Avv. Ermenegildo Costabile
Diritto del contenzioso d'impresa
PARTE SECONDA
DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA
1) REATI SOCIETARI
Diritto del contenzioso d'impresa
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DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA
WHITE COLLAR CRIME
«Il crimine commesso da
una persona rispettabile e
di elevata condizione
sociale nel corso della sua
occupazione».
(Edwin SUTHERLAND, White Collar Crime. The Uncat
Version, 1983, trad. it. a cura di Gabrio Forti, Il
crimine dei colletti bianchi, Milano, 1987).
Diritto del contenzioso d'impresa
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DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA
Il diritto penale dell'economia è una parte sempre più speciale del diritto
penale e ricomprende gli illeciti che hanno ad oggetto condotte di
aggressione a beni economici, ritenuti dall'ordinamento meritevoli di una
tutela energica, quale è quella che può essere assicurata dalla sanzione
penale.
Nell'ambito del diritto penale dell'economia rientrano: i reati societari, i reati
fallimentari, gli abusi di mercato, i reati tributari e tutti quei reati che
attengono, oggettivamente e soggettivamente, a fatti ed interessi
economici.
La caratteristica del diritto penale dell'economia risiede dunque nella
connessione con l'esercizio dell'attività economica, oltre nella generale
“rispettabilità” degli autori e nell'appartenenza degli stessi ad una fascia
sociale elevata.
Diritto del contenzioso d'impresa
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DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA
Un delitto può qualificarsi economico quando, a causa dei suoi effetti, sia in
grado di turbare o porre in pericolo la vita economica e l'ordine che la
stessa esprime e pregiudicare così anche interessi individuali.
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DIRITTO PENALE DELL’ECONOMIA
Che cosa si intende per “crimini dei colletti bianchi”?
• Edwin Sutherland, criminologo statunitense, nel 1949 ha coniato
l'espressione “white collar crime” per indicare un reato commesso da una
persona rispettabile, di elevato status sociale, nel quadro della sua
professione.
• Questa forma di criminalità ha struttura dinamica, perché intimamente
legata all’evoluzione della società.
Diritto del contenzioso d'impresa
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E. Sutherland ha calcolato che il costo dei crimini dei “colletti bianchi” è molte volte
maggiore del costo dei reati comuni: ciò non solo per quanto attiene al danno
economico, ma anche per il pregiudizio arrecato ai rapporti sociali.
Questa forma di crimine rappresenta un abuso della fiducia che deprime la morale
pubblica, creando disorganizzazione sociale su larga scala.
Diverse tipologie di white collar crimes possiedono un minor grado di disvalore
morale che rischia di non essere percepito all’interno di quella cerchia sociale.
La mancata percezione del disvalore intrinseco delle condotte criminose rende i
white collar crimes estremamente contagiosi.
Diritto del contenzioso d'impresa
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ALCUNE TIPOLOGIE DI CRIMINI DEI
COLLETTI BIANCHI
Diritto del contenzioso d'impresa
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I BENI GIURIDICI TUTELATI DAL DIRITTO
PENALE SOCIETARIO
•
•
•
Le “Disposizioni penali in materia di
società e consorzi” nel Titolo XI del
Libro V del Codice Civile sono poste a
tutela di interessi rilevanti.
Alcuni reati contemplati hanno natura
plurioffensiva, vale a dire sono lesivi
di più beni giuridici.
Il legislatore del 1940 anteponeva la
tutela degli interessi di stampo
pubblicistico a quelli di natura
privatistica. Nel tempo l’interesse
pubblico ha ceduto il passo ai beni
giuridici privatistici.
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LE FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI
Art. 2621 c.c.
Art. 2622 c.c.
• Ipotesi contravvenzionale
• cd falso non dannoso
• Ipotesi delittuosa
• cd falso dannoso
Diritto del contenzioso d'impresa
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•
Art. 2621 c.c. "False comunicazioni sociali”:
1.
2.
3.
4.
5.
Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con
l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un
ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla
legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero
ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è
imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o
del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla
predetta situazione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o
amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la
rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del
gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le
omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle
imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore
all'1 per cento.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che,
singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella
corretta.
Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la
sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle
persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di
amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione
dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza
della persona giuridica o dell'impresa.
Diritto del contenzioso d'impresa
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Diritto del contenzioso d'impresa
12
•
Art. 2622 c.c. “False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori”:
1.
Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,
i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per
sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste
dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non corrispondenti al vero ancorché
oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in
modo idoneo ad indurre in errore i destinatati sulla predetta situazione, cagionano un danno
patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
2.
[…]
3.
Nel caso di società […] (quotate in borsa), la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro
anni e il delitto è procedibile d’ufficio.
La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai
risparmiatori.
Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1
per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella
distruzione o riduzione del valore dei titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto
interno lordo.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e dal terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni
riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto terzi.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e dal terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non
alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria
della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le
omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non
superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente
considerate, differiscano in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
[…]
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Diritto del contenzioso d'impresa
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Caso Ligresti - Fondiaria-SAI
4 dicembre 2013 – A Torino si apre il processo
nei confronti dei Ligresti. Migliaia di azionisti
si costituiscono parte civile.
Caso Ligresti - Fondiaria-SAI
Caso Ligresti - Fondiaria-SAI
Caso Banca Italease
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Le altre fattispecie di illeciti societari
(artt. 2626 c.c. e ss.)
Diritto del contenzioso d'impresa
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Art. 2626 c.c. “Indebita restituzione dei conferimenti”:
1. Gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del
capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti
ai soci o li liberano dall'obbligo di eseguirli, sono puniti con la
reclusione fino ad un anno.
Art. 2627 c.c. “Illegale ripartizione degli utili e delle riserve”:
1. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli amministratori
che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti
o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve,
anche non costituite con utili, che non possono per legge essere
distribuite, sono puniti con l'arresto fino ad un anno.
2. La restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del
termine previsto per l'approvazione del bilancio estingue il reato.
Diritto del contenzioso d'impresa
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INDEBITA RESTITUZIONE DEI
CONFERIMENTI
ILLEGALE RIPARTIZIONE DEGLI
UTILI E DELLE RISERVE
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Diritto del contenzioso d'impresa
Art. 2628 c.c. “Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società
controllante”:
1. Gli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge,
acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, cagionando una
lesione all'integrità del capitale sociale o delle riserve non
distribuibili per legge, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.
2. La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dei casi
consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote
emesse dalla società controllante, cagionando una lesione del
capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.
3. Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti prima del termine
previsto per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio in
relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è
estinto.
Diritto del contenzioso d'impresa
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ILLECITE OPERAZIONI SULLE AZIONI O QUOTE
SOCIALI O DELLA SOCIETA’ CONTROLLANTE
Diritto del contenzioso d'impresa
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Art. 2629 c.c. “Operazioni in pregiudizio dei creditori":
1.
Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei
creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o
scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona
offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2.
Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.
Art. 2629-bis c.c. "Omessa comunicazione del conflitto d'interessi":
1.
L'amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con
titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell'Unione
europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del
testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive
modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo
unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, del citato testo
unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, del decreto legislativo 7
settembre 2005, n. 209 (2), o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che
vìola gli obblighi previsti dall'articolo 2391, primo comma, è punito con la
reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o
a terzi.
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OPERAZIONI IN PREGIUDIZIO DEI
CREDITORI
OMESSA COMUNICAZIONE DEL
CONFLITTO D’INTERESSI
Diritto del contenzioso d'impresa
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Art. 2630 c.c. “Omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o depositi”:
1. Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite
in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini
prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle
imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e
nella rete telematica le informazioni prescritte dall'articolo 2250,
primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia,
la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi
alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa
pecuniaria è ridotta ad un terzo.
2. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione
amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo
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OMESSA ESECUZIONE DI DENUNCE,
COMUNICAZIONI O DEPOSITI
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Art. 2631 c.c. “Omessa convocazione dell'assemblea”:
1. Gli amministratori e i sindaci che omettono di convocare l'assemblea
dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto, nei termini ivi
previsti, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
1.032 a 6.197 euro. Ove la legge o lo statuto non prevedano
espressamente un termine, entro il quale effettuare la
convocazione, questa si considera omessa allorché siano trascorsi
trenta giorni dal momento in cui amministratori e sindaci sono
venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione
dell'assemblea dei soci.
2. La sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo in
caso di convocazione a seguito di perdite o per effetto di espressa
legittima richiesta da parte dei soci.
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OMESSA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA
Diritto del contenzioso d'impresa
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Art. 2632 c.c. “Formazione fittizia del capitale”:
1. Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano
od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzioni
di azioni o quote in misura complessivamente superiore
all'ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni
o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in
natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di
trasformazione, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.
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FORMAZIONE FITTIZIA DEL CAPITALE
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Art. 2633 c.c. “Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori”:
1. I liquidatori che, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del
pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme
necessario a soddisfarli, cagionano danno ai creditori, sono puniti, a
querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2. Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il
reato.
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INDEBITA RIPARTIZIONE DEI BENI SOCIALI DA
PARTE DEI LIQUIDATORI
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Art. 2634 c.c. “Infedeltà patrimoniale”:
1. Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un
interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o
ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a
deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando
intenzionalmente alla società un danno patrimoniale, sono puniti con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
2. La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni
posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a
questi ultimi un danno patrimoniale.
3. In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del
gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente
prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo.
4. Per i delitti previsti dal primo e secondo comma si procede a querela
della persona offesa.
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INFEDELTÀ PATRIMONIALE
Che abbiano un interesse in conflitto
con quello della società
Diritto del contenzioso d'impresa
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INFEDELTÀ PATRIMONIALE
“I VANTAGGI COMPENSATIVI”
Cass. Pen. Sez. V, 23 giugno 2003 n. 38110:
“La disposizione del comma 3 dell'art. 2634 c.c., che esclude la configurabilità del
reato di infedeltà patrimoniale, trova applicazione in presenza di concreti vantaggi
compensativi dell'appropriazione e del conseguente danno provocato alle singole
società, non essendo sufficiente la mera speranza, ma che i vantaggi corrispondenti,
compensativi della ricchezza perduta, siano "conseguiti" o "prevedibili" fondatamente
e, cioè, basati su elementi sicuri, pressoché certi e non meramente aleatori o costituenti
una semplice aspettativa; deve trattarsi, quindi, di una previsione di sostanziale
certezza”.
CASO BPM
CASO BPM
REATI DI INFEDELTÀ PATRIMONIALE
Art. 2636 c.c. “Illecita influenza sulla assemblea”:
1. Chiunque, con atti simulati o fraudolenti, determina la
maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a sé o
ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da
sei mesi a tre anni.
Diritto del contenzioso d'impresa
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ILLECITA INFLUENZA SULL’ASSEMBLEA
Diritto del contenzioso d'impresa
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•
Art. 2638 c.c. “Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza".
1.
Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti
sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro
confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge,
al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali
non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica,
patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine,
occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto
comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da
uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni
riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
2.
Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di
società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di
vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche
omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne
ostacolano le funzioni.
3.
La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati
italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai
sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.
58.
Diritto del contenzioso d'impresa
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OSTACOLO ALLE FUNZIONI DI VIGILANZA
Diritto del contenzioso d'impresa
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Caso BNL
Caso Risanamento
Caso Fondazione San Raffaele
• Art. 2639 c.c. “Estensione delle qualifiche soggettive”:
1. Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente
investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge
civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione,
diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e
significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
2. Fuori dei casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei
pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, le disposizioni
sanzionatorie relative agli amministratori si applicano anche a coloro
che sono legalmente incaricati dall'autorità giudiziaria o dall'autorità
pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa
posseduti o gestiti per conto di terzi.
Diritto del contenzioso d'impresa
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REATI DEI REVISORI
• Originariamente la disciplina era prevista nell’art. 2624 c.c. “Falsità
nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione”.
• Successivamente, con il D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 39 “Attuazione
della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti
annuali dei conti consolidati che modifica le direttive 78/660/CEE e
83/349/CEE e che abroga la direttiva 84/253/CEE”, la disciplina è
stata interamente riformata e sono state aggiunte ulteriori ipotesi
delittuose e contravvenzionali incentrate sulle attività di revisione
legale.
Diritto del contenzioso d'impresa
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FALSITA’ NELLE RELAZIONI O NELLE COMUNICAZIONI DEI
RESPONSABILI DELLA REVISIONE LEGALE
Art. 27 D.Lgs. 39/2010 (già art. 2624 c.c.)
1. I responsabili della revisione legale i quali, al fine di conseguire per se o per altri un ingiusto
profitto, nelle relazioni o altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e
l’intenzione d’ingannare i destinari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano
informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società,
ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari
delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti, se la condotta non ha loro
cagionato un danno patrimoniale, con l’arresto fino ad un anno.
2. Se la condotta di cui al comma 1 ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle
comunicazioni, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.
3. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso dal responsabile della revisione legale di un ente
d’interesse pubblico, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
4. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso dal responsabile della revisione legale di un ente
di interesse pubblico per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con gli
amministratori, i direttori generali o i sindaci della società assoggettata a revisione, la pena di
cui al comma 3 è aumentata fino alla metà.
5. La pena prevista dal comma 4 si applica a chi da o promette l’utilità nonché ai direttori
generali e ai componenti dell’organo di amministrazione e dell’organo di controllo dell’ente di
interesse pubblico assoggettato a revisione legale, che abbiano concorso a commettere il
fatto.
Diritto del contenzioso d'impresa
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Diritto del contenzioso d'impresa
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Diritto del contenzioso d'impresa
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CASO PARMALAT
Diritto del contenzioso d'impresa
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(omissis)
III)
del reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv, 110, 61 n. 7, 112 n. 1 e n. 2
c.p., 2624 commi 1 e 2 codice civile,
in concorso tra loro e con altri, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, al fine far conseguire ai responsabili del gruppo
Parmalat un ingiusto profitto, nelle relazioni di certificazione emesse a
Milano dalla società Deloitte & Touche in relazione ai bilanci civilistici e
consolidati di Parmalat Finanziarla spa, riguardanti gli esercizi 1999 - 2002
e semestrale 2003 nonché del bilancio consolidato della subholding
Parmalat spa, consapevolmente e con l’intenzione di ingannare i
destinatari delle comunicazioni, attestavano il falso ed occultavano
informazioni rilevanti sulle effettive condizioni economiche della predetta
società sottoposta a revisione, in modo da indurre in errore i destinatari
delle comunicazioni sociali e cagionando agli stessi un danno patrimoniale
di
rilevante
entità.
Con le circostanze aggravanti di aver cagionato un danno patrimoniale di
rilevante gravità, di aver commesso il fatto concorrendo con più di cinque
persone, nonché, limitatamente a MAMOLI, ROVELLI, TANZI Calisto,
PENCA, BIANCHI, TONNA, DEL SOLDATO di aver promosso e organizzato la
cooperazione nel reato nonché di aver diretto l’azione delle persone che
sono concorse nel reato.
Diritto del contenzioso d'impresa
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(omissis)
IV)
del reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv, 110, 61 n. 7,
112 n. 1 e n. 2 c.p., 2624 commi 1 e 2 codice civile,
in concorso tra loro e con altri, con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, al fine far conseguire ai
responsabili del gruppo Parmalat un ingiusto profitto,
essendo la Grant Thorton incaricata della revisione dei
bilanci civilistici di alcune società del gruppo (tra le quali la
BONLAT e la PARMALAT spa), nelle attività di certificazione
effettuate, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione
di ingannare i destinatari delle comunicazioni.
Con le circostanze aggravanti di aver cagionato un danno
patrimoniale di rilevante gravità, di aver commesso il fatto
concorrendo con più di cinque persone, nonché,
limitatamente a MAMOLI, ROVELLI, TANZI Calisto, PENCA,
BIANCHI, TONNA, DEL SOLDATO di aver promosso e
organizzato la cooperazione nel reato nonchè di aver
diretto l’azione delle persone che sono concorse nel reato.
Diritto del contenzioso d'impresa
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CORRUZIONE DEI REVISORI
Art. 28 D.Lgs. 39/2010
1. I responsabili della revisione legale, i quali, a seguito della dazione o
della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione
degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla
società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La stessa pena
si applica a chi da o promette l’utilità.
2. Il responsabile della revisione legale e i componenti dell’organo di
amministrazione, i soci, i dipendenti della società di revisione
legale, i quali, nell’esercizio della revisione legale dei conti degli enti
di interesse pubblico o delle società da queste controllate, fuori dei
casi previsti dall’articolo 30, per denaro o altra utilità data o
promessa, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi
inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da uno a cinque
anni. La stessa pena si applica a chi da o promette l’utilità.
3. Si procede d’ufficio.
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Diritto del contenzioso d'impresa
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IMPEDITO CONTROLLO
Art. 29 D.Lgs. 39/2010
1. I componenti dell’organo di amministrazione che,
occultando documenti o con altri idonei artifici,
impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle
attività di revisione legale sono puniti con l’ammenda fino a
settantacinquemila euro.
2. Se la condotta di cui al comma 1 ha cagionato un danno ai
soci o a terzi, si applica la pena dell’ammenda fino a
settantacinquemila euro e dell’arresto fino a diciotto mesi.
3. Nel caso di revisione legale di enti di interesse pubblico, le
pene di cui ai commi 1 e 2 sono raddoppiate.
4. Si procede d’ufficio.
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Diritto del contenzioso d'impresa
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COMPENSI ILLEGALI
Art. 30 D.Lgs 39/2010
1. Il responsabile della revisione legale e i componenti
dell’organo di amministrazione, i soci, e i dipendenti della
società di revisione legale, che percepiscono, direttamente
o indirettamente, dalla società assoggettata a revisione
legale compensi in denaro o in altra forma, oltre quelli
legittimamente pattuiti, sono puniti con la reclusione da
uno a tre anni e con la multa da euro mille a euro
centomila.
2. La stessa pena si applica ai componenti dell’organo di
amministrazione, ai dirigenti e ai iliquidatori della società
assoggettata a revisione legale che hanno corrisposto il
compenso non dovuto.
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ILLECITI RAPPORTI PATRIMONIALI CON LA SOCIETA’
ASSOGGETTA A A REVISIONE
Art. 31 D.Lgs. 39/2010
1. Gli amministratori, i soci responsabili della
revisione legale e i dipendenti della società di
revisione che contraggono prestiti, sotto qualsiasi
forma, sia direttamente che per interposta
persona, con la società assoggettata a revisione o
con una società che la controlla, o ne è
controllata, o si fanno prestare da una di tali
società garanzie per debiti propri, sono puniti con
la reclusione da uno a tre anni e con la multa da
euro 206 a euro 2065.
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DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 32 D.Lgs. 39/2010
Se dai fatti previsti dagli articoli 27, commi 3,4,5, 28
comma 2, 30 e 31 deriva alla società di revisione o alla
società assoggettata a revisione un danno di rilevante
gravità, la pena è aumentata fino alla metà.
La sentenza penale pronunciata a carico dei responsabili
della revisione legale per i reati commessi nell’esercizio
della revisione legale è comunicata al Ministero
dell’economia e delle finanze e alla Consob a cura del
cancelliere dell’autorità giudiziaria che ha emesso la
sentenza
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