Schema La coscienza di Zeno Introduzione La vicenda I • • pubblicazione nuovo impianto narrativo Il tempo: tempo misto I PERSONAGGI E LE LORO RELAZIONI Antagonista (modello attrattivo e repulsivo) • Padre • Malfenti Moglie: salute e malattia Zeno: un inetto Antagonista (rivale: sa fare tutto ciò che a Zeno non riesce) Guido Speier Antagonista • Psicanalista (rifiuto della cura) Amante: desiderio e sensi di colpa Nuovo impianto narrativo Conclusioni Introduzione Il romanzo Scritto nel 1923, ben venticinque anni dopo l’ultimo Senilità. Perché un così grande periodo di silenzio? Precedenti lavori di Svevo accolti freddamente dalla critica e dal pubblico. La prosa sveviana presentava infatti caratteri molto moderni- in Italia un pubblico non pronto. Bisognerà attendere l’intervento di Joyce per una maggiore notorietà. Nuove correnti filosofiche hanno superato completamente il Positivismo Avanguardie letterarie ed artistiche Affacciarsi della psicoanalisi e della teoria della relatività Abbandono da parte di Svevo del modulo narrativo ottocentesco e passaggio alla confessione autobiografica Zeno Cosini: tipico personaggio sveviano dell’“inetto”. Triestino, di famiglia alto borghese: abulico ed incostante, trascorre la giovinezza passando da un’università all’altra. Sin dalla giovinezza ha col padre un rapporto conflittuale, caratterizzato dall’ambivalenza dei suoi sentimenti (amore conscio e inconsci impulsi ostili e aggressivi) Fuma senza riuscire a smettere, fatto che lo frustra. Alla morte del padre cerca un’altra figura paterna. La trova in Giovanni Malfenti, tipica figura di abile borghese con incrollabili certezze (lavoro e famiglia) Chiede la mano alla bella figlia di Malfenti: Ada. Rifiutato, chiede la mano alla sorella Alberta, e poi, dopo l’ennesimo fallimento, si sposa con la terza brutta sorella Augusta. Alla relazione con Augusta, che si rivela felice, affianca una storia sentimentale con Carla, che lo lascerà per un maestro di musica. Per realizzarsi meglio come borghese entra in associazione con Guido Speier, che si era nel frattempo sposato con Ada. L’associazione commerciale fallisce miseramente: Guido si suicida. Zeno si rivolge ad uno psicologo, tormentato da sensi di colpa e dolori psico-somatici. Lo psicologo gli fa riscrivere la sua vita in un memoriale. Zeno e abbandona il dottor S., che per vendetta pubblica le sue memorie. Zeno si dichiara perfettamente guarito. Il romanzo si conclude con una riflessione apocalittica di Zeno sull’uomo. I personaggi Zeno Zeno Cosini: tipico personaggio sveviano dell’“inetto”. Triestino, si differenzia da Alfonso ed Emilio perché non vive l’esperienza del declassamento: è di famiglia alto borghese. Abulico ed incostante, trascorre la giovinezza passando da un’università all’altra senza mai giungere ad una laurea e senza dedicarsi ad alcuna seria attività lavorativa In realtà l’inettitudine di Zeno si differenzia da quella dei personaggi precedenti: inconsciamente vuole essere inetto per contrapporsi alle incrollabili certezze del mondo borghese, mai sottoposte al dubbio Zeno e il padre I personaggi Rapporto ambiguo fra Zeno e suo padre. Mancanza di fiducia reciproca fra i due. Il padre lo giudica un inetto: affida il patrimonio al signor Olivi. Sentimento ambivalente di odio-amore per il padre: pur amandolo sinceramente, con il suo ozio e la sua inconcludenza negli studi non fa che procurargli amarezze e delusioni, rivelando così inconsci impulsi ostili ed aggressivi Il vizio del fumo di Zeno non è altro che un tentativo di “rubare” la forza virile del padre verso il quale non si identifica. Il padre, moribondo, colpisce il figlio con uno schiaffo. Questo evento lo segnerà per tutta la vita: cerca disperatamente di costruire alibi e giustificazioni per convincere la propria coscienza di essere privo di colpe nei confronti del padre e della sua morte I personaggi Zeno e Giovanni Malfenti Alla morte del padre Zeno, che ha bisogno di un punto (ambivalente) di riferimento, cerca una «figura sostitutiva» e la trova in Giovanni Malfenti, di cui diventa amico: tipica figura di borghese abile e sicuro nell’attività pratica, dominatore incontrastato del «suo» mondo, costituito dal lavoro e dalla famiglia. Il ruolo di Malfenti coincide con quello di Maller per Alfonso Nitti o di Balli per Emilio. Zeno cerca di «adottare» Malfenti come padre cercando di sposarne una figlia. Zeno sposa Augusta Malfenti dopo aver prima chiesto in moglie la stessa sera le sue due sorelle. La sceglie in modo “inconscio”: Augusta rappresenta la figura materna che cerca. In Augusta Zeno trova quella salute che a lui manca. Tuttavia si accorge ben presto di quanto sia fragile il complesso di idee che regge il suo mondo: descrivendo la sua salute per farla propria, si rende conto che elencando quelli che dovevano essere i punti cardine della salute di Augusta, finisce per tramutarla in malattia (la «vera» malattia, il limitato e ottuso sistema di certezza della «normalità» borghese). Augusta viene descritta in modo impietoso, giudicata ottusa, sempliciotta e ignorante. Tuttavia verso di lei proverà sempre affetto, anche mentre la tradirà. Zeno e l’amante Zeno affianca alla sua vita di “pater familias” la vicenda amorosa con Carla. Rapporto ambiguo padre-amante (come Emilio con Angiolina). La storia, iniziata per piacere fisico, si trasforma in una vera e propria passione, minata dai continui sensi di colpa verso la moglie. Continue autogiustificazioni di Zeno Kirchner, Marcella Carla lo lascerà per il maestro di canto da lui presentatole. Rapporto problematico e ambiguo di Zeno con Guido Speier. Ha tutte le qualità che mancano a Zeno: brillante uomo d’affari, capace di socializzare facilmente e abile suonatore di violino Gli ha “rubato” la bellissima Ada. Per dimostrare a se stesso che non ama più Ada, ma ama Augusta, gli si avvicina. Amicizia fra i due, malata alle radici. Durante l’avventura commerciale compiuta insieme Zeno prova un segreto compiacimento nel vedere l’amico fallire, cadere in rovina, e tradire la moglie come fa lui. Alla sua morte per suicidio Zeno recupera gran parte del capitale, sconfiggendo l’amico morto e prendendosi una rivalsa verso lui. Zeno sbaglia funerale. (Lapsus freudiano) Zeno/Svevo e la psicanalisi Sigmund Freud In realtà il suo odio per il dottor S. è il transfert freudiano. Il paziente (che in questo caso lo psicologo considera affetto dal complesso edipico) trasferisce nella figura dello psicologo l’odio o l’amore che provava per il genitore. Zeno è aggressivo contro il medico e cerca di screditarlo perché fa riemergere un rimosso inaccettabile alla coscienza e fa crollare il suo tentativo di «innocentizzazione», fa riemergere i suoi reali sentimenti nei confronti del padre, di Malfenti e della sua famiglia, di Guido. Zeno fa una critica impietosa della psicanalisi. Svevo non odiava la psicanalisi, ma la reputava una fonte di ispirazione per la letteratura che, modificandola, ne traeva grandi materiali. L’impianto narrativo della Coscienza è profondamente innovativo e mutato rispetto agli altri romanzi. La narrazione in terza persona, utilizzata nei precedenti romanzi, viene abbandonata. Gran parte del romanzo è un memoriale del protagonista stesso su invito del suo psicanalista, il dottor S., a scopo terapeutico, come preludio che avrebbe dovuto agevolare la cura. Lo psicologo pubblica le sue memorie per vendicarsi del paziente che ha abbandonato la cura. Il dottore scrive una prefazione in cui parla del manoscritto come di «un cumulo di verità e di bugie» Zeno chiude il memoriale con la spiegazione dell’abbandono della cura come conseguenza della propria guarigione, come frutto dei suoi successi commerciali La narrazione è quindi in prima persona, scritta dal protagonista stesso (Impianto autodiegetico) Un nuovo impianto narrativo Inattendibilità del protagonista Il fatto che l’intera vicenda sia raccontata dal nevrotico Zeno, in prima persona, la rende inaffidabile. L’autobiografia è costellata da tentativi di autogiustificazione del protagonista; anzi, tutta l’autobiografia è un’autogiustificazione. Le bugie che scrive Zeno hanno una radice inconscia: sono autoinganni, con i quali Zeno tenta di soffocare il senso di colpa. Lucian Freud,Interno a Paddington Un nuovo impianto narrativo L’ironia Zeno oggetto e soggetto di critica tramite l’ironia Ironia oggettiva Ironia soggettiva L’ironia è innanzitutto oggettiva • è lo strumento principale attraverso il quale noi percepiamo Zeno come un inetto • nasce dalla sproporzione tra la volontà di Zeno di analizzare i fatti e la sua costante mistificazione degli stessi. • è ancora attraverso l’ironia che spesso scopriamo i veri sentimenti di Zeno: basti pensare al famoso lapsus del funerale di Guido Speier, quando, apparentemente in perfetta buona fede, Zeno segue il funerale di un altro convinto di seguire quello dell’amico (in realtà nemico e rivale). Il romanzo è anche percorso dal distacco ironico con cui Zeno guarda il mondo che lo circonda la malattia di Zeno funziona da strumento straniante nei confronti dei cosiddetti sani e normali (il padre, il suocero, la moglie, Ada, Guido): porta alla luce l’inconsistenza della pretesa «sanità» degli altri, che in quella parte vivono perfettamente soddisfatti, incrollabili nelle loro certezze è sintomatico il ritratto di Augusta dove, grazie all’accostamento nella descrizione di quelle caratteristiche di “buon borghese” che noi siamo abituati a vedere separate, quello che giudichiamo normale ci si mostra finalmente un po' meno normale, un po' più ambivalente. L’inettitudine di Zeno quindi non è completamente negativa. Attraverso il suo straniamento dal mondo dimostra come la società, ben salda nelle sue futili convinzioni, sia la vera malata. La malattia di Zeno lo costringe a “muoversi”, e gli impedisce di cristallizzarsi come gli altri, che vanno incontro ad una sorta di “necrosi spirituale”. Si può parlare quindi di una funzione positiva dell’inettitudine, non più vista come marchio di inferiorità. Questa descrizione della salute assume ben presto un tono ironico: Zeno si rende conto che analizzando la salute la converte in malattia e comincia a dubitare che forse è proprio questa “salute” ad avere bisogno di essere curata. Se la salute è congelamento, cristallizzazione, tempo che ristagna, stasi ovvero cancrena, allora Zeno può ben rifiutare la salute e la cura, se questa è la “salute” di cui è portatore l’analista. È nelle ultime pagine del romanzo che questo discorso sulla malattia si chiarisce ulteriormente: la malattia vera è la vita stessa e non ammette cure; come si può sperare di guarire se la vita attuale è inquinata alle radici, se l’uomo ha inquinato l’aria e rovinato lo spazio? La salute è possibile per gli animali che vivono secondo il ritmo del proprio organismo e della natura, ma non per l’uomo inventore di ordigni e che è sottomesso alla legge del possessore del maggior numero di ordigni: sono proprio questi ordigni che creano la malattia. L’unica possibilità di salvezza è che un uomo più ammalato degli altri ponga un ordigno al centro della terra e provochi una catastrofe inaudita che faccia ritornare la terra alla forma di nebulosa. Ecco che la malattia non è più una questione privata ma sociale, e se qualcuno riuscirà a guarire dopo questa “esplosione” sarà proprio chi avrà rifiutato quella “salute” fatta di cristallizzazione e di tempo che ristagna. Il tempo della storia viene battezzato da Svevo stesso tempo misto. Il tempo è impostato in maniera soggettiva, in un continuo mescolarsi del presente e dei ricordi del protagonista. Le memorie sono divise per temi; ogni tema copre anche grandi porzioni di vita di Zeno, e si interseca con gli altri (eventi contemporanei possono ritrovarsi così in capitoli diversi perché legati a temi diversi) La narrazione oscilla continuamente avanti e indietro nel tempo, nel doloroso riepilogo che il protagonista fa della propria vita. Rapporti con Joyce Spesso si parla per Svevo di «monologo interiore», confrontandolo con Joyce. James Joyce Il critico Debenedetti nel suo libro Il romanzo del novecento ha escluso che si possa parlare per Svevo di monologo interiore. Analizzando il monologo interiore in Joyce e in particolare quello di Molly Bloom nell’Ulisse, Debenedetti lo definisce come la ricostruzione fantastica della confessione psicanalitica: quindi si presuppone da una parte la mancanza di qualsiasi volontà comunicativa, dall’altra l’assenza di qualsiasi spettatore che finirebbe per inibire il monologante; inoltre è un flusso di coscienza che diventa flusso di parole senza mediazione né dell’intelletto né delle normali strutture sintattiche della lingua comune, essendo ancorato alle “regole” dell’inconscio (è chiara la derivazione psicanalitica di questo modello). Non ci sono dubbi che la narrazione in prima persona di Svevo è ben diversa da quella di Joyce: in Svevo è chiaro che l’analisi della propria coscienza da parte di Zeno non è fatta seguendo la dissoluzione e frammentazione dell’io propria dell’inconscio, ma presuppone una volontà di ricostruzione razionale, evidente anche nella sua costante attività di “aggiustamento” e falsificazione del passato. La narrazione di Svevo presuppone un lettore che bisogna convincere dell’esattezza della propria ricostruzione, giusto il contrario della necessaria assenza di spettatori definita da Debenedetti. Rapporti con Proust Marcel Proust Molti critici hanno accostato la problematica del tempo in Svevo a quella di Proust, ma il critico Debenedetti nel suo libro Il romanzo del novecento ha rifiutato questa ipotesi. Per Proust il senso del tempo si recupera a posteriori, nella memoria, quindi il passato non è mai morto, si può recuperare. Al contrario secondo Svevo l’unico modo di salvare i “momenti” è quello di scrivere, ma subito, perché l’unico passato che resiste è quello di cui si è scritto; il ricordo non è mai preciso, falsa il passato (anche a causa delle «rimozioni» dell’inconscio), sostituisce al disordine del presente quello del passato. È chiaro però che, pur posto in termini differenti, il problema è identico: non si può più vivere nella sicurezza deterministica del succedersi degli istanti, sufficienti in sé (proprio la concezione del tempo che invece ha Augusta!). Rapporti con Pirandello Pirandello Sono riscontrabili analogie fra i personaggi di Svevo e Pirandello. Entrambi sono lacerati, i primi perché non riescono più a tenere la “maschera”, i secondi perché inetti e inadeguati. In entrambi il metodo dell’ironia. In entrambi critica alla borghesia e alla società. La coscienza di Zeno è un capolavoro della letteratura. Svevo è stato il primo a introdurre la psicanalisi nella letteratura italiana, quando Freud era ancora molto osteggiato. Il romanzo rappresenta un momento di alta coscienza della crisi del proprio ruolo di intellettuale, che non si risolve in fuga nella “bellezza” come nel suo coetaneo D’Annunzio, ma in consapevolezza della perdita di funzione pubblica della letteratura, che se può svolgere ancora un ruolo, lo può fare in un ambito strettamente privato: la letteratura diventa scrittura, pratica privata addirittura, come dice Svevo, di tipo igienico; la scrittura diviene uno strumento di recupero della vita e nello stesso tempo di conoscenza, perché aiuta a smascherare gli “autoinganni” dell’individuo. Sigmund Freud Il concetto di transfert Sigmund Freud ha elaborato nel tempo il concetto di transfert partendo dalla nozione di spostamento considerando che, nel transfert, il paziente “sposta” sul terapeuta i propri conflitti intrasoggettivi che, a loro volta, sono residui delle relazioni vissute nell’infanzia. Il transfert infatti, per Freud, rappresenta la ripetizione, la messa in scena, di una relazione più antica legata ad intense spinte libidiche. Pulsioni, sentimenti, quasi sempre di natura conflittuale e ambivalente, che comprendono dunque atteggiamenti di odio e amore, vissute nel passato nei confronti di figure fortemente significative, vengono riattivati e attualizzati e trasferiti sul terapeuta; proprio per tale motivo Freud usò il termine transfert che sta per trasferire. Tale processo compare sempre e non solo durante il percorso psicoterapeutico. Si conosce un transfert positivo o negativo in base alla qualità del sentimento prevalente che può essere affettuoso od ostile. Nel transfert cosiddetto positivo si nasconde inconsciamente l'aspettativa di essere amati in chiave infantile che genera successivamente atteggiamenti di forte delusione aperta o nascosta; nel transfert negativo l'atteggiamento ostile è manifesto. In entrambi i casi si utilizzano le sedute per riempire fantasmaticamente i propri vuoti affettivi infantili. Il tentativo fantasmatico di ottenere l'amore non ricevuto (soddisfazione degli impulsi libidici infantili) o di vendicarsi va incontro a inevitabili e profonde delusioni che alimentano e rinforzano tutte una serie di resistenze di cui Freud ha ampiamente trattato. Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Arnoldo Mondadori per la scuola Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, La letteratura, vol. 6, Paravia. Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Garzanti