Italia: età giolittiana (1901-14)
Svolta liberale
 Governo neutrale e mondo del lavoro
 Repressioni al Sud
 La questione ferroviaria
Difficile equilibrio
 Giolitti fra socialisti e cattolici
 La parentesi del governo Sonnino
 Un governo per le riforme
Dalla guerra di Libia al 1914
 L’Italia contro l’Impero turco
 Riforma elettorale e Patto Gentiloni
 Crisi, scioperi e “settimana rossa”
I.I.S. “Carlo Urbani” – Ostia
A cura del prof. Luigi O. Rintallo
Età giolittiana/1
Svolta liberale
A febbraio 1901, il re nomina
presidente del Consiglio Giuseppe
Zanardelli, già avanti negli anni. E’
una netta inversione in senso
liberale, dopo la crisi di fine
secolo.
Il periodo dal 1901 al ’14 è
definito Età giolittiana, per
sottolineare l’influenza esercitata
dallo statista piemontese. A lui si
deve il pronunciamento in favore
della imparzialità da parte dello
Stato nei contrasti sul lavoro e
l’affermazione del diritto di
associazione sindacale. Inoltre,
Giolitti tesse la tela politica
mirante a coinvolgere i socialisti
nel sostegno al governo.
Turati, leader riformista del PSI,
è il suo interlocutore privilegiato,
ma è fortemente condizionato
dalle spinte massimaliste
presenti nel suo partito e così
non si spingerà oltre la
concessione di una fiducia
all’indirizzo generale, senza
giungere mai a sottoscrivere una
vera alleanza politica.
Ministro dell’Interno è Giovanni
Giolitti, vero deus ex machina del
governo e ispiratore delle sue
iniziative.
E’ approvata una nuova legge per
la protezione del lavoro femminile
e minorile (portata a 12 anni l’età
minima per il lavoro industriale e a
15 per quello notturno). Previsti la
cassa maternità e il limite di 12 ore
per il lavoro delle donne. Viene
inoltre istituito il Consiglio
superiore del lavoro.
Il progetto del ministro delle
Finanze Wollemborg, volto ad
aumentare la progressività fiscale
si arena. Subentra il ministro
Carcano, che fa approvare una
riforma molto più moderata.
Il riavvicinamento socialista mira a
scongiurare che il governo appoggi la
controffensiva padronale dopo i molti
scioperi di braccianti nella Pianura
Padana, conclusisi in un nulla di fatto
nell’aprile 1902.
La questione ferroviaria domina l’agenda politica di governo: a seguito delle trattative
con le società concessionarie delle linee per il rinnovo delle convenzioni, il governo
procede con la disdetta e fissa la data per il nuovo regime ferroviario al 30 aprile
1905. Intanto, in Parlamento e presso i gruppi industriali metalmeccanici, cresce il
favore per la statalizzazione delle ferrovie. Dal 1903, Giolitti ha assunto la guida del
governo che mantiene anche dopo il voto del 1904. Nel suo programma annuncia il
passaggio del servizio ferroviario allo Stato. Il progetto è presentato il 21 febbraio
1905 e prevede anche il divieto di sciopero agli addetti del futuro servizio, scatenando
la protesta dei ferrovieri. Giolitti si dimette per favorire la decantazione.
In politica estera, pur mantenendo
l’alleanza con Germania e Austria,
il governo avvia una politica di
avvicinamento alla Francia tesa a
realizzare un compromesso sul
controllo in Africa settentrionale.
Tali tentativi sono malvisti dai
tedeschi.
Per evitare lo sciopero dei
ferrovieri Giolitti decide la loro
militarizzazione. Con la
mediazione socialista di Turati, si
riaprono le trattative coi ferrovieri.
Nonostante queste aperture sul
piano legislativo, nel Mezzogiorno il
governo reprime con violenza le
proteste dei braccianti. Nei mesi di
maggior lavoro agricolo (maggiosettembre), fra 1902 e 1904,
numerosi manifestanti restano
uccisi dalle fucilate dei soldati e i
feriti sono centinaia. Nel 1904, a
settembre è proclamato uno
sciopero generale che si estende a
tutto il paese. A ottobre si svolgono
nuove elezioni, che segnano la
sconfitta dell’estrema sinistra.
Età giolittiana/2
Difficile equilibrio
Come suo successore, Giolitti
indica al Re Alessandro Fortis che
porta a termine la statalizzazione
delle ferrovie. A fine 1905, si
dimette per la bocciatura
dell’accordo economico che
favorisce la Spagna.
Alle elezioni del marzo 1909
cresce la sinistra radicale e
socialista, ma Giolitti conserva la
maggioranza. Salvemini pubblica
Il ministro della malavita, contro il
sistema politico giolittiano. Si
delinea l’avvicinamento dei
cattolici della maggioranza
governativa. Giolitti si dimette per
la mancata riforma tributaria in
senso progressivo. Lo sostituisce
Sonnino sino al marzo 1910.
Sidney Sonnino è capo del
governo, che intraprende una
politica meridionalista e a favore
delle autonomie locali. Ha il
sostegno dei socialisti e per la
prima volta annovera ministri
radicali (Giustizia e Agricoltura).
Al culmine la crisi finanziaria, per
la quale rischia il fallimento la
Società bancaria italiana. La
Banca d’Italia non esita a
stampare moneta e a sostenere
un consorzio di salvataggio. Il 12
ottobre è proclamato lo sciopero
generale dopo che un operaio è
morto negli scontri di Milano. La
CGL lo sospende per non
aggravare la situazione, ma si
accentua la divisione coi
sindacalisti rivoluzionari..
Dopo 100 giorni, Sonnino si
dimette per gli ostacoli frapposti in
Parlamento alla questione del
riscatto ferroviario. Lo sostituisce
Giolitti, che vara un governo
moderato senza i radicali (1906).
I modernisti cattolici, guidati da Romolo
Murri, indicano nel conservatorismo
vaticano la causa del diffuso anticlericalismo e propongono un programma
in nome di una netta divisione fra società
civile e religiosa. Pio X risponde con la
riorganizzazione del movimento cattolico
dell’Unione popolare.
La direzione del PSI approva con un solo voto di scarto l’appoggio dato al governo, che
intanto chiude il contenzioso sulle convenzioni marittime. Al congresso socialista di
ottobre, prevale ancora il riformismo di Turati. Pur chiedendo il suffragio universale, il PSI
toglierà l’appoggio a Luzzatti perché teme che la semplificazione delle procedure elettorali
da questi proposta determini l’accesso al voto delle masse rurali più arretrate. Giolitti
durante il dibattito parlamentare sulla riforma elettorale si esprime a favore del suffragio
universale maschile. Luzzatti si dimette, per essere sostituito dallo stesso Giolitti nel
marzo 1911. Il suo è un governo più accentuatamente progressista, tanto da offrire un
incarico al socialista riformista Bissolati che però rifiuta per non incrinare l’unità del PSI.
Il governo chiude la pratica del
riscatto ferroviario. Gli imprenditori
di Torino danno vita alla Lega
industriale. Leghe e associazioni
di lavoratori fondano la
Confederazione Generale del
Lavoro, a prevalenza riformista. Si
sigla il primo contratto collettivo tra
FIOM e Fiat.
A luglio 1907 i sindacalisti
rivoluzionari escono dal PSI, ma a
Ferrara aderiscono alla CGL per
influenzarne le scelte. Estrema
sinistra e massoneria animano la
polemica anticlericale, tanto che
Pio X sospende i pellegrinaggi a
Roma.
1910: Luzzatti, su indicazione di
Giolitti, guida un governo che
ottiene il voto dei socialisti. Lo Stato
avoca a sé la scuola elementare,
nonostante l’ostilità dei cattolici.
Età giolittiana/3
Dalla guerra di Libia al 1914
Al voto di fiducia al governo,
Sonnino si dichiara contrario per
l’estensione della maggioranza a
sinistra. Giolitti replica che il PSI
ha mandato in soffitta Marx.
L’apertura di Giolitti ai socialisti è
compromessa dalla decisione di
occupare la Libia, dichiarando
guerra all’Impero turco. Il 26
settembre 1911 è inviato
l’ultimatum, scavalcando il
Parlamento che, chiuso a luglio,
riprenderà i lavori il 22 febbraio
1912. L’esercito italiano fronteggia
la guerriglia araba, che rallenta il
processo di conquista conclusosi
solo nell’autunno del 1912. Con il
Trattato di Losanna, la Turchia
rinuncia alla Libria e l’Italia ottiene
anche Rodi e il Dodecaneso.
Nonostante qualche reazione, i
socialisti votano a favore di Giolitti,
che annuncia il monopolio delle
assicurazioni sulla vita e la cassa
per le pensioni dei lavoratori.
Alle votazioni i socialisti
raddoppiano quasi i seggi. Uguale
successo hanno i cattolici, Se pure
indebolita, Giolitti conserva però la
maggioranza. Per tacitare le
accuse anti-clericali, nel discorso
alla Camera egli ribadisce la laicità
dello Stato. Il 10 marzo 1914, il
governo si dimette sul voto relativo
alle spese della guerra di Libia.
Alla presidenza del Consiglio, va il
conservatore Salandra, sostenuto
dallo stesso Giolitti.
Per protesta contro la guerra, il
PSI di Turati passa all’opposizione
mentre solo Bissolati e Bonomi
mantengono l’appoggio al
governo.
In vista delle elezioni di ottobre, si
stipula un accordo tra cattolici e
candidati moderati. E’ il patto
Gentiloni, con il quale l’unione
cattolica supera il non expedit
papale e partecipa attivamente
alla politica italiana.
E’ la “settimana rossa”, una serie di manifestazioni e scioperi che assume quasi i tratti di
una vera insurrezione. Gli scontri coi carabinieri e l’esercito (che impegna 100.000 uomini)
terminano con decine di morti. Lo sciopero generale avviato in modo spontaneo rientra
per volontà della CGL. Intanto, il 28 giugno 1914 avviene l’attentato di Sarajevo che
porterà allo scoppio della I guerra mondiale. In agosto, il governo Salandra dichiara la
neutralità italiana, anche se avvia le trattative con Inglesi e Francesi in vista di un
prossimo intervento contro l’Austria e la Germania.
E’ intanto approvata la riforma
elettorale (giugno 1912), che
estende al 24% della popolazione
il diritto di voto: sono elettori tutti i
maschi che abbiano 30 anni e i
ventunenni alfabetizzati. Sono
mantenuti i collegi uninominali. Al
13° congresso del PSI, la
maggioranza passa ai
massimalisti di Mussolini.
Mussolini inaugura una linea
intransigente, a sostegno delle
proteste e degli scioperi dei
lavoratori che all’inizio del 1913 si
estendono a causa della crisi
econonmica.
Al 14° congresso del PSI si
conferma la maggioranza
rivoluzionaria. Mussolini ottiene
l’incompatibilità fra iscrizione al
partito e massoneria. Il 7 giugno,
1914 in vista della festa dello
Statuto, sono proibite
manifestazioni anti-militariste e ad
Ancona vi sono tre morti fra i
manifestanti. Scoppia un’ondata di
proteste in tutta Italia, guidate da
Mussolini e dal repubblicano Nenni.
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