Orario lezioni.
Mercoledì, ore 16.00-18.00, aula AVILA, Corso Italia.
Giovedì, ore 18.00-20.00, aula AVILA, Corso Italia.
Venerdì, ore 16.00-18.00, aula AVILA, Corso Italia.
Sociologia dei processi
culturali
Sociologia della cultura
Prof. Luca Salmieri
Lezione 5
‘Il pensiero di Karl Marx e la sua influenza
per la sociologia e la sociologia della
cultura’
Karl Marx (1818-1883)
Karl Marx (1818-1883)
Marx non può essere considerato un sociologo perché le sue opere appaiono ben
prima della nascita della sociologia come scienza. Tuttavia, in qualità di filosofo,
economista, storico e in virtù della sua vasta opera politica, ha influenzato
direttamente e indirettamente le scienze sociali.
La sociologia è debitrice alle sue teorie più che a qualsiasi altro corpo di analisi.
L’intento che anima Marx è prima di tutto di fornire una nuova filosofia su cui
poggiare la critica dell’economia politica a lui contemporanea, nell’intento di
offrire un fondamento scientifico alla lotta operaia rivoluzionaria contro il
capitalismo.
Tale filosofia è stata battezzata come materialismo storico. «Senza un sistema
filosofico non si può concludere nulla».
L'hegelismo era l'espressione culturale e filosofica allora dominante in Germania.
Interpretazione conservatrice: «destra hegeliana»;
Interpretazione liberale e democratica: «sinistra hegeliana»,
Marx revisiona a filosofia di Hegel in modo radicale e prende le distanze della
sinistra hegeliana (giovani hegeliani): l’aspetto positivo della filosofia hegeliana è
la dialettica: tutta la realtà, anche sociale e politica, è un continuo divenire.
Ma una vera teoria della società è possibile, secondo Marx, solo mettendo da
parte ogni idea di società in generale, analizzando invece la società
materialmente determinata.
Karl Marx (1818-1883)
Dialettica, materialismo storico e rapporti sociali.
Per Marx l’uomo è l’artefice di se stesso, non in termini individuali, ma in
termini sociali.
Le operazioni di cui l’uomo è capace non sono date in assoluto dentro di sé o
nella sua natura, ma sono il frutto delle evoluzioni storiche e sociali. Per
uomo, Marx, intende l'essere che si realizza storicamente nel genere di cui
fa parte. Caratteristica del genere umano è il “lavoro”, che lo differenzia
dall'animale, e gli consente di istituire un rapporto con la natura attraverso
cui si appropria della natura stessa.
Gli uomini si distinguono dagli animali non tanto per il pensiero quanto perché
sanno prodursi i mezzi di sussistenza. Ciò che l'individuo è, dipende dalle
condizioni materiali della loro. Per Marx la base della società civile è
economica ed è data dal “modo di produzione “ attuato in essa.
Marx recupera la corporeità e sensibilità dell'uomo come prius della sua
essenza. L'uomo è un “essere naturale”, e non c'è negatività che vada superata
nel suo oggettivarsi nella natura, ma è anche un “essere storico” in quanto
capace di rimuovere l'alienazione.
In questo approccio si avverte l’influenza della tradizione idealistica tedesca, ma
rispetto a questa, Marx compie una rottura radicale, perché egli della storia
sociale non esalta la produzione culturale - istituzioni, miti, riti, credenze,
conoscenze, forme di espressione ed estetica - ma gli aspetti che riguardano la
riproduzione dell’esistenza fisica degli uomini, cioè le condizioni materiali.
Karl Marx (1818-1883)
Dialettica, materialismo storico e rapporti sociali.
In sintesi il materialismo storico riposa su 4 assunti:
1) nell’esistenza umana e nell’organizzazione sociale hanno importanza i
processi relativi alla produzione della vita materiale.
2) i mezzi di produzione hanno un ruolo centrale rispetto ai processi della vita
materiale, soprattutto perché in ogni momento storico recano con sé gli
elementi delle condizioni tecnologiche passate e quelli del futuro.
3) i mezzi di produzione sono sotto il controllo privilegiato di un gruppo
sociale a scapito di altri gruppi sociali.
4) vi è sempre un antagonismo latente o manifesto tra ha il controllo
privilegiato e gli altri gruppi sociali.
Marx definisce classi i gruppi sociali che emergono nel contesto dei processi di
produzione e distribuzione delle risorse materiali.
Karl Marx (1818-1883)
Dialettica, materialismo storico e rapporti sociali.
I processi che riguardano il funzionamento e il mantenimento di una
determinata società sono gli stessi che nel lungi periodo producono il
cambiamento.
Marx afferma la continuità degli antagonismi di classe in tutte le società che si
sono storicamente determinate di modo che il motore della storia è la “lotta tra
le classi”, o conflitto di classe. Secondo Marx il motore della storia è dato
dalle disuguaglianze nelle condizioni materiali dell’esistenza sociale.
«La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di
classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle
corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente
in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta;
lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la
società o con la comune rovina delle classi in lotta. Nelle epoche passate della
storia troviamo quasi dappertutto una completa articolazione della società in
differenti ordini, una molteplice graduazione delle posizioni sociali. In Roma
antica abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel Medioevo signori feudali,
vassalli, membri delle corporazioni, garzoni, servi della gleba, e, per di più,
anche particolari graduazioni in quasi ognuna di queste classi [...] La
società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha
eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche,
nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta».
Karl Marx (1818-1883)
Dialettica, materialismo storico e rapporti sociali.
«Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti
determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di
produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro
forze produttive materiali.
L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica
della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura
giuridica e politica alla quale corrispondono forme determinate della coscienza
sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il
processo sociale, politico e spirituale della vita. [...].
A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società
entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i
rapporti di proprietà (il che è l'equivalente giuridico di tale espressione) entro i
quali queste forze fino ad allora si erano mosse. Questi rapporti, da forme di
sviluppo delle forze produttive, si convertono nelle loro catene. E allora subentra
un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si
sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura [...].
Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre
fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione,
che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme
giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche,
che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo.
Karl Marx (1818-1883)
Dialettica, materialismo storico e rapporti sociali.
Ma se da queste condizioni di oppressione si sviluppa una lotta di classe, come
è possibile che per lunghissimi periodi storici la conflittualità resta potenziale?
Per Marx dato che i processi di produzione della vita materiale sono centrali, chi
ne detiene controllo, detiene il controllo di tutto e quindi anche delle
sovrastrutture attraverso cui si spiega il consenso dei gruppi sociali dominati.
Gli aspetti della vita sociale che non riguardano la produzione delle condizioni
materiali di vita sono altrettanto importanti, ma sono legati al tipo di rapporti
sociali definiti dai rapporti di produzione.
La classe che controlla i mezzi di produzione influenza la classe o le classi che
non li controllano: permettendo a queste ultime una realizzazione solo parziale
dei propri interessi; reprimendo le istanze di emancipazione; ammantando la
realtà sociale di una falsa concezione del mondo che legittima l’ordine sociale.
Secondo Marx è la divisione del lavoro intellettuale e manuale che produce
all'interno della stessa borghesia i suoi ideologi, gli intellettuali dei “valori” politici,
economici, religiosi, morali, giuridici, elaborati in sistemi che separano tali idee
dominanti dai rapporti che caratterizzano il modo di produzione della società,
diffondendo la falsa teoria del dominio storico delle idee le quali si
svilupperebbero attraverso un loro moto interno e indipendente.
Tali “ideologie”, o “false coscienze”, non possono trasformare la struttura
sociale ed economica, essendo esse stesse il prodotto delle relazioni umane
materiali che giustificano i rapporti di produzione e diventano strumento di
conservazione del dominio di classe.
Karl Marx (1818-1883)
La religione.
In contrasto con Ludwig Feuerbach che sosteneva che l'epoca in cui viveva
segnava il tramonto della religione, Marx precisa come invece nella religione
coabitino un'istanza critica oltreché illusoria. La religione è espressione, è
critica della miseria reale in cui l'uomo si trova, con la sua stessa presenza
denuncia l'insopportabilità del reale per l'uomo.
Essa è però «l’oppio dei popoli» ottunde i sensi nel rapporto con la realtà, è
un inganno che l'uomo perpetra a se stesso. Incapace di cogliere le
motivazioni della propria condizione, l'uomo la considera come dato di fatto
cercando consolazione e giustificazione nei cieli religiosi. Una concreta
liberazione dalla religione non si avrà eliminando la religione stessa bensì
cambiando le condizioni e i rapporti in cui l'uomo si trova degradato e privato
della sua propria essenza.
Se Feuerbach aveva smascherato il mondo rovesciato della religione,
ritrovando l'essenza alienata dell'uomo, egli non aveva colto il carattere
storico dell'uomo stesso, né che la religione è frutto di condizioni
storiche che la rendono possibile. Marx alla passività oppone la
“prassi”, cioè attività trasformatrice della natura, il mondo diventa
prodotto dell'attività umana.
«La religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, l'arte non sono che modi
particolari della produzione». «La soluzione delle opposizioni teoretiche è
possibile solo in maniera pratica [...] non è solo un compito teoretico, ma un
compito “reale”».
Karl Marx (1818-1883)
La concezione del sociale.
Marx considera il movimento della società come un processo di storia naturale
governato da leggi che non dipendono “soltanto” dalla volontà, dalla coscienza e
dall'intenzione degli uomini ma, al contrario, determinano la loro volontà, la loro
coscienza e le loro intenzioni.
La crescita demografica e la soddisfazione dei bisogni primari genera nuovi
bisogni i quali richiedono una maggior divisione del lavoro. La divisione del
lavoro è un fenomeno storico, quindi dinamico, che ha assunto varie forme tra
cui la divisione tra città (industria e commercio) e campagne (agricoltura).
Con il mutare della divisione del lavoro sono mutate anche le “forme della
proprietà”:
proprietà tribale, fondata su caccia, pesca, pastorizia e raccolta e solo in seguito
sull'agricoltura;
proprietà della comunità antica, in cui ormai c'è lo Stato, la differenziazione del
lavoro prende piede tra città e campagne e la forza produttiva di cui fanno uso i
proprietari sono gli schiavi;
proprietà feudale, in cui domina l'agricoltura e la società è organizzata
gerarchicamente per cui iniziano a formarsi le prime forme di capitale;
proprietà del modo di produzione capitalistico, in cui predomina l'industria e
l'impiego di salariati.
Karl Marx (1818-1883)
L’economia e i rapporti sociali.
Nella maturità Marx si applica allo studio dell’economia politica, analizzando la
merce e il denaro e teorizzando la creazione del valore di scambio della
merce mediante la quantità di lavoro sociale immesso in essa.
Marx indaga le leggi che regolano il mercato e l'industria: contrariamente a
quanto sosteneva Adam Smith, non vi era proprio nulla di armonico e naturale
nei rapporti economici, bensì l'economia è terreno di conflitti da cui non si può
astrarre (come fecero gli economisti classici considerandoli accidentali).
Marx contesta agli economisti classici di aver occultato e mascherato un certo
modo di produzione, quello capitalista, con leggi ritenute naturali e immutabili
considerando un dato di fatto l'esistenza della proprietà privata.
L'economia politica, per Marx, aveva trascurato il rapporto tra l'operaio, il suo
lavoro e la produzione per celare l'alienazione, caratteristica del lavoro nella
società industriale moderna. L'alienazione, termine che Marx recupera da Hegel,
è il «diventare altro», il «cedere ad altri ciò che è proprio». Nella produzione
capitalistica può assumere vari aspetti tra essi legati:
«L'operaio diviene tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che egli
produce [...] l'operaio viene a trovarsi rispetto all'oggetto del suo lavoro come a
un oggetto “estraneo” [...] l'alienazione dell'operaio nel suo prodotto significa non
solo che il suo lavoro diventa un oggetto, qualcosa che esiste all'esterno”, ma
che esso esiste “fuori” di lui, indipendente da lui, a lui “estraneo”, e diviene di
fronte a lui una potenza per sè stante; significa che la vita che egli ha dato
all'oggetto gli si contrappone ostile ed estranea». Marx attacca tutti coloro si
Karl Marx (1818-1883)
Il valore dell’analisi di Marx per la comprensione della società capitalista.
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti
di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima
condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece
l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo
rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni
sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi
fra tutte le epoche precedenti.
A differenza degli economisti classici, Marx ritiene, che l'oggetto dell'economia
politica non siano gli individui che producono isolatamente, bensì in società. Il
procedimento corretto nell'analisi dell'economia politica comporterà quindi la
sostituzione, a queste categorie astratte, dei dati storici specifici di ogni società.
Si potrebbe obiettare che le leggi generali dell'economia siano uniche e
medesime, sia che si riferiscano al presente che al passato. Marx nega proprio
questo. Per lui le leggi astratte non esistono: ogni periodo storico ha le sue
proprie leggi. Appena la vita economica passa da un determinato stadio di
sviluppo a un altro, comincia a essere retta da leggi diverse. I rapporti e le leggi
che regolano i gradi di sviluppo cambiano con la differenza di sviluppo delle
forze produttive. La spiegazione delle leggi specifiche che regolano nascita,
esistenza, sviluppo, morte di un organismo sociale derivano dalla dialettica
applicata al materialismo storico.
Karl Marx (1818-1883)
Il valore dell’analisi di Marx per la comprensione della società capitalista.
La massima importanza del pensiero di Marx per la sociologia non risiede
tanto nei tentativi di dimostrare scientificamente come nel capitalismo i rapporti
di produzione generino profitto per i capitalisti attraverso il plusvalore e una sorta
di approvazione indebita e per la classe proletaria un furto di ciò che essa
produce.
Questa dimostrazione è estremamente complessa ed è basata su tesi e
passaggi ripetuti in forma diversa in vari punti dell’opera di Marx, tra l’altro non
sempre intrinsecamente validi e accettabili.
L’importanza del pensiero di Marx per la sociologia risiede nella capacità di
descrivere la società moderna in funzione del capitalismo e sulla forza del
discorso sulla riproduzione delle disuguaglianze e del potere.
Le origini del capitalismo si fondano sulla crescente importanza di risorse
monetaria investite in attività commerciali o artigianali rispetto a quelle fondiarie,
e modi nuovi di gestire le proprietà terriere tramite la loro
commercializzazione.
La merce, forma elementare della ricchezza nella società capitalistica, ha innanzi
tutto un “valore d'uso”, un valore intrinseco che consente di soddisfare un
bisogno e che si realizza soltanto nel consumo di essa. Ma ogni merce è
depositaria anche di un altro valore che permette il suo scambio con certe
quantità di altre merci; il “valore di scambio”.
Karl Marx (1818-1883)
Il valore dell’analisi di Marx per la comprensione della società capitalista.
Per Marx, il fattore comune è la “quantità di lavoro” impiegato per produrle,
lavoro inteso indipendentemente dalla sua qualità specifica cioè lavoro come
dispendio di energia, il “lavoro astratto”. Il valore di scambio di una merce è
allora determinato dalla quantità di lavoro astratto racchiuso in essa e la quantità
di lavoro è misurabile per “durata temporale”. Cioè, il tempo di lavoro necessario
in media, “socialmente necessario”, per produrre una certa merce.
In seguito l’economia marginalista ha efficacemente smontato questa
spiegazione. Tuttavia, per l’interpretazione sociologica del funzionamento della
società capitalista, l’analisi di Marx resta illuminante: nel mercato gli scambi delle
merci si rifanno ad una merce che funge da “equivalente generale”, questa
merce è il denaro e può esser equivalente di ogni altra. Il denaro consente di
stabilire, tramite la legge della domanda e dell'offerta, il “prezzo” di un bene sul
mercato.
Il nuovo modo di produzione capitalistico si associa alle nuove modalità di
rapporto uomo/natura costituite dall’industria, che a sua volta trova la
rappresentazione più imponente nella grande fabbrica.
Attraverso un processo incessante di distruzione creativa, lo scambio
economico punta a riprodurre capitale, piuttosto che ad assicurare una
razionale distribuzione delle merci e del benessere.
Karl Marx (1818-1883)
Il valore dell’analisi di Marx per la comprensione della società
capitalista.
Nella società capitalista la conversione di merce in denaro e di denaro in merce
non è finalizzata al consumo della merce stessa, ma all'aumento di denaro, ossia
al “profitto” o “plusvalore “. Per Marx la merce dotata della capacità produttiva
e dalla quale possa estrarsi profitto, cioè un guadagno rispetto a quanto speso
per acquistarlo, è la “forza-lavoro”. La forza-lavoro è venduta, per sopravvivere,
dagli individui che non possiedono altro che loro stessi sul libero mercato, ed è
acquistata dal capitalista, il quale detiene come sua proprietà i “mezzi di
produzione”, corrispondendo un “salario”. Come ogni altra merce, la forza-lavoro,
ha un valore di scambio, quindi vale il tempo medio di lavoro necessario per
produrla. Il valore della forza lavoro non è calcolato al suo rendimento, ma è
calcolato sul costo necessario perché possa riprodursi. Il capitalista
corrisponderà all'operaio solo quanto è necessario alla sua sopravvivenza (cioè
alla riproduzione di forza-lavoro).
Nel mondo capitalistico i rapporti tra produttori e non produttori si configurano
come contrattuali, perché i primi vendono ai secondi la propria forza lavoro a
“prezzo di mercato; ma lo fanno in una condizione oggettiva di inferiorità, in
cui la proprietà dei mezzi di produzione permette ai non produttori di controllarne
l’impiego, e questo li mette in grado di praticare una forma latente di
sfruttamento.
Karl Marx (1818-1883)
La cultura nel pensiero di Marx.
Marx distingue tra:
- struttura: i modi di produzione, l'organizzazione economica
- sovrastruttura”: produzione delle idee e della cultura.
La realtà strutturale condiziona inevitabilmente la sovrastruttura.
Tutti i processi sociali e culturali che non attengono direttamente alla produzione
e alla distribuzione delle risorse materiali della società rientrano nell’ambito della
sovrastruttura e in quanto tali non possono determinare la reale organizzazione
di una società.
L'ideologia per Marx indica la funzione che religione, filosofia e produzioni
culturali in genere possono avere nel giustificare la situazione esistente.
Per comprendere il processo storico, non serve prestare attenzione alle idee,
alla cultura, ma serve prestare attenzione ai modi in cui si produce la vita
materiale. Tuttavia, è da rifiutare ogni interpretazione deterministica del
rapporto struttura-sovrastruttura, ritenendo il fattore economico importante per
l'analisi storica, ma non l'unico attraverso cui leggere la realtà. Certamente i
modi di produzione non racchiudono l'intera vita sociale, ma ne determinano le
istituzioni ed i rapporti sociali e politici.
«Cos'altro dimostra la storia delle idee, se non che la produzione intellettuale
si trasforma assieme a quella materiale? Le idee dominanti di un'epoca sono
sempre state soltanto le idee della classe dominante. Si parla di idee che
rivoluzionano un'intera società; con queste parole si esprime semplicemente il
fatto che entro la vecchia società si sono formati gli elementi di una nuova, e che
la dissoluzione delle vecchie idee procede di pari passo con la dissoluzione dei
vecchi rapporti d'esistenza».
Karl Marx (1818-1883)
La cultura nel pensiero di Marx.
Le “ideologie”, o “false coscienze”, non possono trasformare la struttura
sociale ed economica, essendo esse stesse il prodotto delle relazioni umane
materiali che giustificano “spiritualmente” i rapporti di produzione esistenti e
diventano strumento di conservazione del dominio di classe, del potere
politico.
Le forme ideologiche contribuiscono ad affermare la superiorità della classe che
controlla le risorse materiale e la subordinazione di quella che ne è esclusa
oppure contribuiscono a dissimulare o rendere sopportabile tale dominio e tale
subordinazione.
La storia tuttavia mostra cambiamenti strutturali. Ciò è possibile perché
secondo Marx ogni nuova tecnica e quindi ogni nuovo sistema di rapporti sociali
costituisce un’espressione più ampia e matura dell’umana creatività e quindi
dell’evoluzione sociale. Le svolte storiche poggiano sempre su 2 fattori:
1) Deve essere massimo il divario tra la situazione data delle
disuguaglianze e le potenzialità aperte dalle innovazioni produttive.
2) I gruppi che si identificano in tali potenzialità e che al momento dato sono
subordinati devono avere sviluppato una sufficiente coscienza per sé, tale da
poter sfidare l’ordine costituito, proponendo nuovi assetti istituzionali e nuove
prospettive culturali.
Karl Marx (1818-1883)
La cultura nel pensiero di Marx.
La storia è sempre in movimento anche quando vi sono innovazioni minori e le
sovrastrutture mutano lasciando inalterate o solo leggermente mutate le
condizioni strutturali.
Invece, nel passaggio dal feudalesimo al capitalismo, il sovvertimento dei
rapporti di produzione e lo sviluppo delle forze di produzione da essa
operato ha comportato un radicale mutamento delle sovrastrutture ideologiche
che si accompagnavano ai rapporti di produzione feudali.
Distinzione tra classe in sé e classe per sé.
Se l’evoluzione storica è dettata dalla dialettica prevede che il cambiamento
strutturale giunga di per sé, come spiegare la necessità di un atteggiamento
rivoluzionario basato sulla coscienza di classe?
Marx, da un lato proclama la dimensione soggettiva della condizione operaia,
contrassegnata dall’alienazione - l’operaio è alienato rispetto a ciò che produce,
alla propria attività, a se stesso e agli altri individui - dall’altro, le pratiche della
stessa borghesia hanno l’effetto indiretto di raggruppare in vasti aggregati urbani
e in unità produttive un numero crescente di proletari, rendendoli capaci di
comunicare, di associarsi e di divenire consapevoli dell’appartenenza di classe e
del ruolo della classe rispetto al cambiamento (condizioni oggettive).
Karl Marx (1818-1883)
La cultura nel pensiero di Marx.
Collocazione oggettiva e collocazione soggettiva.
La crescente maturità e capacità organizzativa della classe operaia
rappresentano l’elemento soggettivo per il cambiamento.
Le crescenti contraddizioni interne al capitalismo che rendono il sistema sempre
più instabile - crisi cicliche, sovrapproduzione, ampliamento delle disuguaglianze
- costituiscono l’aspetto oggettivo dei motivi strutturali di cambiamento.
La cultura si colloca nelle sovrastrutture della società.
Anche se Marx non nomina quasi mai la cultura o quando lo fa non si riferisce al
concetto che essa possiede all’interno della sociologia, egli la considera parte
delle sovrastrutture dei rapporti di produzione.
Tuttavia, nell’analisi della classe borghese e della classe proletaria, Marx
indica una serie di elementi culturali che influenzeranno non poco la sociologia
e indirettamente lo studio della cultura nella società capitaliste.
Innanzitutto distingue tra classe in sé e classe per sé.
La classe in sé descrive la collocazione oggettiva delle persone all’interno dei
rapporti di produzione.
La classe per sé descrive la presa di coscienza degli individui rispetto alla
appartenenza di classe oggettiva.
Karl Marx (1818-1883)
La cultura nel pensiero di Marx.
Marx è un attento osservatore delle modalità attraverso cui si dispiegono
tutte le forme del capitalismo, non solo quelle intimamente connesse ai
rapporti di produzione, ma anche a quelle che la sociologia e la sociologia
della cultura hanno in seguito prestato la loro attenzione:
La crescente centralità culturale di nuove forme di sapere, a loro volta prodotte
soprattutto nelle città e fondate sull’alfabetizzazione di massa, sulla diffusione
della stampa, sulla costruzione di nuove istituzioni per l’educazione e la
ricerca, trasmettono progressivamente al resto della società modelli e i valori
della moderna cultura occidentale rendendoli sempre più secolari,
individualistici, competitivi.
Il rapporto tra struttura e sovrastruttura non è deterministico.
Il riconosciuto sviluppo non parallelo di struttura e sovrastruttura è una prova che
non vi è, fra di esse, una ferrea e immediata relazione deterministica.
La produzione artistica come sovrastruttura può in alcuni casi permanere nella
nostra coscienza anche dopo radicali trasformazioni della struttura economica e
sociale. Per l'arte è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno
assolutamente in rapporto con lo sviluppo generale della società, né quindi con
la base materiale, con l'ossatura, per così dire, della sua organizzazione.
Karl Marx (1818-1883)
Le critiche al marxismo nel campo sociologico.
Nella “Miseria dello storicismo”, del 1944, Popper sostiene che il marxismo, non
tanto quello di Marx, il cui pensiero era influenzato dalla dialettica hegeliana e
dallo scientismo del positivismo imperante, quanto quello dei suoi epigoni, non
abbia validità
scientifica perché ipotizza, per induzione derivante
dall'osservazione storica del tramonto delle società succedutesi nel tempo - le
società tribali, schiavistiche e feudali - che anche il capitalismo subirà la stessa
sorte, ma la verifica di quest'accadimento, che viene rimandato a un tempo
indefinito, non è verificabile e controllabile.
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