Elementi di etnopsicologia
(etnopsichiatria e psichiatria transculturale)
Alain Goussot
. Identità , cultura e personalità
. Le diverse scuole di etnopsicologia e psicologia
transculturale
. Psicologia della migrazione e del migrante
. Identità meticce, creolizzazione , mescolanze
Identità e migrazione
• Il concetto di identità: un concetto rischioso ed ambiguo
• I rischi di una concezione essenzialistica, unidimensionale, statica ,
singolare e astorica
• Le tesi di Amin Malouf e Amartya Sen
• Verso una concezione plurale, dinamica , aperta e situata nel tempo
e nello spazio
• L’identità tra continuità e discontinuità
• L’emigrato/immigrato (tesi di Abdelmalek Sayad) è un processo
complesso, una storia fatta di tante esperienze e contaminazioni ; le
condizioni dell’emigrazione e dell’immigrazione
• Meticciamento, creolizzazione, complessità e molteplicità
• Acculturazione e processo sincretico : approccio socio-culturale,
storico ed antropologico (Roger Bastide )
• Le migrazioni nell’era della globalizzazione (C.Geertz)
Identità, cultura, personalità , psicologia
e salute mentale
Etnopsicologia e etnopsichiatria
• Dove e come nasce l’etnopsicologia e l’etnopsichiatria?
• Il problema dell’incontro tra due saperi problematici: l’etnologia e la
psichiatria
• La relazione tra etnologia e antropologia: i lavori di Franz Boas e
Alfred Kroeber (la scuola di antropologia culturale americana) ,
Lucien Lévy-Bruhl, Marcel Mauss, Claude Lèvi-Strauss e Roger
Bastide (la scuola di etnosociologia francese); Ernesto De Martino,
Anna Maria Rivera, Francesco Remotti e Ugo Fabietti (scuola di
antropologia storico-culturale italiana)
• Critica del concetto di razza, approccio processuale e complesso,
dimensione storica , la culture come linguaggi e codici , approccio
costruttivistico e interazionistico, critica di ogni determinismo e del
naturalismo nelle scienze umani
Le prime tappe della costruzione dei saperi
dell’etnopsicologia e dell’etnopsichiatria
. I processi di costruzione della personalità sono sempre mediati ed organizzati
dal linguaggio e dalla cultura: la teoria storico-culturale dello sviluppo
psicologico di Lev Vygotsky: mediazioni, interazioni, linguaggio ,
apprendimenti e pensiero, dall’interpsichico all’intrapsichico
. L’antropoanalisi di Geza Roheim : la teoria ontogenetica , l’importanza del
rapporto madre- figlia/o nella costruzione della personalità , ogni cultura ha
una concezione del rapporto madre-figlia/o
. L’interesse della psicoanalisi per l’antropologia e la dimensione culturale:
Sigmund Freud , Marie Bonaparte , Geza Roheim e B.Malinowski (messa in
discussione dell’universalità del complesso di Oedipe)
. Louis Mars (psichiatra haitiano) studia la questione delle crisi di possessione
nel Voudu haitiano: si chiede se si tratta di una psicopatologia o l’effetto di
variabili socio-culturali e religiose (vedi De Martino e lo studio del tarantismo
pugliese)
Quando e dove nasce l’etnopsichiatria?
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E.Kraeplin , medico e psichiatra tedesco che viaggia a Java nel 1881 (colonia
olandese) ; scrive nel 104 “Psichiatria comparata” dove tenta di dimostrare la validità
universale della sua elaborazione nosografica
Henri Aubin , psichiatra francese scrive “Introduzione allo studio della psichiatria
presso i neri” (1939) . Osserva che “presso i negri i bisogni fisici (nutrimento ,
sessualità) prendono un posto prioritario”. Sostiene che gli indigeni del Maghreb
mancano di curiosità intelletuale e sono in preda alle emozioni, incapaci di controllarsi
Colin Carothers (anni 50); viaggia in Kenya durante la rivolta dei Mau Mau; scirve “I
disturbi mentali negli africani” e “la mente africana sana e disturbata. Studi di
etnopsichiatria” (1953). . Teorizza la differenza come forma d’inferiorità; spiega la
rivolta dei Mau Mau in Kenya come espressione di disturbi psichici dovuti a tratti
etnici. Incaricato dall’OMS di realizzare una ricerca sulle capacità mentali degli
africani e i disturbi della mente arriva alla conclusione dell’inferiorità neurologica degli
africani
Octave Mannoni (anni 50) : psichiatra francese che critica il colonialismo ma nel suo
studio sulla “Psicologia del colonizzato” finisce per giustificare la rivolta dei popoli
indigeni del Madagascar contro i colonizzatori francesi con degli argomenti di tipo
etnico e psicopatologico (emotività eccessiva, senso d’inferiorità, sentimento di
dipendenza)
Due modelli di osservazione
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Si può dire che esistono due modelli di osservazione nel rapporto con
l’altro:
Osservare per classificare e catalogare: tipico dell’approccio medicodiagnostico, del naturalismo e dell’etnografia coloniale, pensiero
rubricato, catalogazione, non implicazione nella relazione, estraneità e
lontananza rispetto all’altro, vi è chi osserva (il soggetto attivo: lo
psichiatra, l’operatore, l’etnologo) e chi è osservato (oggetto passivo,
reso oggetto ) , si tratta di un rapporto unilaterale e a senso unico.
Osservare per comprendere: tipico dell’approccio della ricerca che
considera che tutti sono osservatori e osservati, il ricercatore, l’etnologo,
lo psicologo e l’operatore sono implicati nella relazione con l’altro,
accettano lo scambio e creano le condizioni per l’ascolto comprensivo e
l’incontro.
Superare ogni etnocentrismo? Come ? Le posizioni della fenomenologia
e dell’antropologia storica di De Martino (la tesi dell’etnocentrismo critico)
Il caso Henri Collomb
La scuola di Fann (Senegal)
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Psichiatra francese che costruisce all’ospedale di Fann una équipe interdisciplinare con
psichiatri, psicologi, sociologi ed etnologi europei ed africani
Nel gruppo degli africani vi sono dei medici e delle infermieri formati in Europa e dei guaritori
tradizionali
H.Collomb si posta in tutto il Senegal e incontra guaritori e malati
Aspetti innovativi dell’approccio di Collomb:
Per il nero africano la visione occidentale dell’uomo appare riduttiva: al dualismo corpospirito o psiche-soma, l’africano sostituisce il complesso “teo-socio-psico-somatico”: i
guaritori fanno intervenire l’anima , la religione e l’appartenenza al gruppo
L’io africano è sempre un io collettivo
Esiste il mondo e il pensiero magico (la mentalità magica): tutto ha un’anima
La diagnosi: lo psichiatra europeo (o africano formato all’europea) si limita ad identificare i
segni (i sintomi) e la varietà della malattia (il come, schizofrenia, depressione). Per il guaritore
poco importa che il paziente abbia angosce e allucinazioni ; la sua diagnosi vuole identificare
‘il perché’ e anche l’aggressore ; uno stregone, un ‘rabb’ , come mettere fine all’aggressione e
ricollocare l’individuo malato nel suo gruppo (il ‘folle’ è parte integrante della comunità, non è
separato)
Superamento dell’opposizione scienza/superstizione: Henri Collomb contesta la mentalità
coloniale seconda la quale ‘il bianco ha tutto da insegnane e niente da imparare ’ ; lui si mette
invece all’ascolto del guaritore. Collomb mette in piede la collaborazione tra psichiatra
europeo e guaritore africano (il ‘ cortile terapeutico’ : un malato è eletto capo dell’incontro, si
parla, si balla, si manga, sono presenti malati famiglie, medici e guaritori)
L’approccio transculturale di Georges Devereux :
sviluppo psicologico, cultura e relazione di aiuto
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Georges Devereux è considerato come il fondatore moderno della psicologia
transculturale e dell’etnopsichiatria. Meticcio: di origine magiara , nato in lugos
(attuale Romania) , di una famiglia di origine ebraica, padre amante di lingua
francese e madre tedesca. Vive tra l’est dell’Europa, Parigi, Stati Uniti, Sud
Vietnam
Integra antropologia, sociologia, storia e psicoanalisi: a Parigi studia
etnologia, va negli Stati Uniti da A.Kroeber , fondatore della scuola di
antropologia culturale americana, passa diversi anni nelle tribù indiani delle
riserve dell’Arizona per studiare la loro concezione della salute mentale, della
psicopatologia e della cura (Etnopsichiatria degli indiani Mohave)
Si specializza in psicoanalisi e applica gli strumenti dell’analisi freudiana allo
studio dei processi psicoculturali
Accompagna le truppe americane nel Sud Vietnam durante la seconda guerra
mondiale; vive fino al 1947 tra le tribù Sedang Moi e studia la loro sessualità e
la loro concezione dell’aborto e della maternità
Di ritorno negli Stati Uniti lavora in un Ospedale del Kansas che cura i reduci
della guerra; ha in cura un indiano wolf Jimmy Picard (Psychothérapie d’un
indien des plaines) (1953)
Viene chiamato a Parigi dall’antropologo Claude Lévi Strauss per creare la
prima cattedra di etnopsichatria all’Ecole des Hautes Etudes
Diventa il maggiore esperto di mitologia greca (studia il greco antico all’età di
55 anni) allo studio della quale applica le categorie della psicoanalisi
Muore nel 1985 a Parigi ma nel suo testamento esprime il desiderio di essere
seppellito nel cimitero degli indiani Mohave dell’Arizona (“Questi miei cari
indiani che ho tanto amato”)
L’approccio transculturale di Devereux: concetti
fondamentali e pratica terapeutica
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Alcuni concetti fondamentali:
Complementarismo
Indeterminazione
Frontiera mentale: dentro e fuori
Concezione pluridimensionale e complementaristica dell’identità: critica
della concezione unidimensionale e dell’”iperinvestimento etnico”
Acculturazione e complessità nel processo di sviluppo: diverse forme di
acculturazione (antagonistica, dissociativa e reciproca)
L’identità psicologica: identità idiosincratica (meccanismi mentali) e
identità etnico-culturale (i materiali culturalmente e storicamente
determinati)
Globalità , repertorio potenziale e traiettoria: essere connesso a se
stesso
L’astigmatismo culturale: decentramento rispetto alla propria cultura e al
proprio sé
Cultura/culture: unità psichica del genere umano . Siamo insieme tutti
quanti simili e diversi. Concetto fondamentale di condizione umana
La relazione di aiuto: un processo transculturale
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I rischi dell’esperto:
Relativismo culturale : identificare adattamento e salute
Riduzionismo e determinismo culturale: spiegazione unifattoriale, si vede
solo la categorie culturale o diagnostica e non si vede più la persona
Ascoltare e dal spazio al racconto della storia della persona
L’angoscia dell’incontro e il controtransfert : usare i meccanismi proiettivi
come risorsa; il terapeuta non deve difendersi dai sentimenti e le
emozioni che li provoca l’altro. Questo materiale psichico lo aiuta a
creare il contatto e a comprendere. Così apre lo spazio per l’incontro e la
cura (dall’angoscia al metodo).
2 rischi: culturalizzare dei disturbi psicopatologici o medicalizzare dei
tratti culturali
Il terapeuta deve sapere decentrarsi e usare la similitudine della
condizione umana per costruire lo spazio della relazione di aiuto
Migrazione e processi di acculturazione
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Devereux si riferisce esplicitamente ai lavori dell’antropologo Melville
Herskovits (studioso delle culture afro-americane negli Stati Uniti e dei
processi di contaminazione ) : parla dell’intreccio tra acculturazione(
discontinuità, trasformazioni, contatti) come processo orizzontale e
inculturazione (educazione transgenerazionale, continuità ) come processo
verticale. Nell’intreccio tra acculturazione ed inculturazione avviene un
processo mentale e culturale di adattamento creativo e di reinterpretazione
del sé.
Riprende le teorie di Sandor Ferenczi per parlare dei meccanismi di
adattamento in una situazione di cmabiamento: identificazione, introiezione,
proiezione. In questo processo la persona può vivere una implicazione
reciproca ridefinendo il sé senza essere ‘sconnessa rispetto a se stessa ‘ ;
ma può anche vivere una acculturazione antagonistica che la porta ad
attivare dei processi dissociativi: regressione, differenziazione assoluta,
negazione.
Etnopsicoanalisi e identità
• La dialettica psichica dentro e fuori: confini e mappe mentali
Scrive Devereux: “ In ogni istante , ogni persona , è soggetto per se
stessa e costituisce l’ambiente per gli altri: tutto ciò che è dentro per
il soggetto è fuori per l’Altro. Infine , per diventare essere sociale , il
soggetto deve imparare a osservarsi , sotto certi aspetti, e
soprattutto nelle relazioni intersoggettive in quanto ‘fuori’ , in quanto
ambiente per gli altri”. “Si può concepire l’Io, come qualcosa che
costituisce una frontiera (e non è una frontiera) fra ‘ dentro’ e ‘fuori’ ,
una frontiera sempre mobile e revocabile in ogni momento”.
“Una cosa che sia ‘dentro’ in un momento può benessimo essere ‘fuori’
in un altro momento. Analogamente , ciò che prima era ‘fuori’ , può
trovarsi ‘dentro’ più tardi. Lo stesso fatto , quando viene percepito, è
‘fuori’ , e dunque ‘ambiente’ , ma, successivamente diventa ricordo,
cioè ‘dentro’ , e continua ad agire in seguito come un ‘dentro’ “.
L’identità: una cosa imprecisa e molteplice
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Per Devereux “ l’identità è una unicità definita per mezzo di un
irreproducibile accumulo di determinazioni imprecise”
“Nessuna azione particolare può essere prevista in base alla conoscenza di
una identità etnica ‘pura’ o spiegata in funzione di tale identità”
Il sé della persona di costruisce come un “insieme di relazioni
funzionalmente multiple”
“Considerando specificamente l’identità etnica , si può osservare che
quando una identità etnica iperinvestita prevale su tutte le altre , cessa di
fungere da strumento e , a maggior ragione , da scatola degli strumenti e
diventa una camicia di forza”. “Attualizzando la propria identità etnica iperinvestita , si tende sempre più a minimizzare la propria identità individuale.
E’ la differenza funzionalmente pertinente , di un uomo rispetto a tutti gli altri
, a renderlo umano, simile agli altri proprio per l’elevato livello di
differenziazione. E’ questo che permette all’uomo di attribuirsi una ‘identità
umana ’ e di conseguenza una ‘identità personale ’ “.
Franz Fanon e la psicologia della liberazione
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Psichiatra originario della Martinique e formato in Francia alla scuola di François
Tosquelles all’ospedale psichiatrico di Saint Alban: prima esperienza di
deistituzionalizzazione, uso degli strumenti della psicoanalisi e della socioterapia
per curare i pazienti. Un modo diverso di concepire la malattia mentale e la terapia
Fanon scopre in Francia il razzismo : osserva che i martinichesi si sentivano
francesi e che guardavano gli africani come ‘inferiori ‘; è uno choc scoprire che i
francesi non fanno differenza tra lui e gli africani immigrati(in quell’epoca vi è
ancora il colonialismo)
Fanon elabora una teoria sui meccanismi che producono il razzismo e la
discriminazione partendo proprio da due diversità: la diversità culturale e la
differenza nella struttura di personalità e nel suo funzionamento
Fanon si specializza in piscopatologia del migrante e del colonizzato, viene
influenzato dalle sue letture di Carl Jung (la dimensione simbolico-culturale della
struttura di personalità) e da Victor Adler (l’importanza della dimensione sociale
nello sviluppo psicologico; nozioni di complesso d’inferiorità e di complesso di
superiorità) ; legge i testi di Jean Paul Sartre e s’ispira della sua filosofia
esistenzialistica e dell’impegno, legge anche la fenomenologia di Maurice MerleauPonty(fenomenologia delle percezioni)
Viene mandato nel 1957 a dirigere l’ospedale psichiatrico di Blida nel nord
dell’Algeria (è il più grande di tutto il Nord Africa): si rende conto che la struttura
razzista della società coloniale si riproduce all’interno dell’ospedale (reparti
separati per europei e arabi). Rompe la separazione e la discriminazione all’interno
del manicomio , apre la struttura alla società (prima esperienza di
deistituzionalizzazione), gli operatori arabi si comportano come dei custodi
discriminando in modo anche spesso brutale i propri connazionali algerini, Fanon
lavora nel cambiare il loro punto di vista sia sul malato di mente (una persona con
dei diritti) che nel farli riflettere sui meccanismi di dominio tipico del colonialismo,
pratica la socioterapia e apre degli spazi di libertà ai malati costituendo dei gruppi
misti europei /arabi
Quando inizia la lotta di liberazione in Algeria si schiera con il fronte di liberazione
algerino, cura i guerriglieri e i partigiani algerini nel suo ospedale, denuncia l’uso
Fanon e la psicologia del colonizzato e
dell’immigrato
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Vi sono due testi fondamentali di Franz Fanon:
Pelle nera e maschere bianche
I Dannati della terra
Tesi fondamentali:
1) La strutturazione del complesso d’inferiorità e come superarlo:
Fanon considera che si crea un rapporto da ‘doppio legame ‘ tra il colonizzato, l’immigrato e l’europeo bianco;
un rapporto di odio/amore, rigetto/attrazione che rispecchia la strutturale relazionale di dominio
Il colonizzato e l’immigrato finiscono spesso per interiorizzare lo ‘sguardo bianco ‘ e per diventare nei
comportamenti più bianco del bianco (processo mentale di lattificazione)
Facendo questo il colonizzato e l’immigrato cancellano in modo doloroso una parte di sé e riversano la loro
rabbia per le ‘ferite psichiche ‘ sui propri simili (l’effetto specchio)
Nel rapporto di tipo coloniale vi è un rapporto di dominio dove chi domina fa vivere il dominato in condizioni
disumani per spingerlo a comportarsi in modo disumano e confermare così le proprie concezioni
razzistiche (vedete come sono gli arabi, i neri o i rom!)
Solo una accettazione e conoscenza di sé, una presa di coscienza della propria condizione di dominato può
liberare il colonizzato dallo sguardo bianco che ha interiorizzato
2) Critica della negritudine come altra forma di razzismo rovesciato; critica della reazione fondamentalista ed
etnicistica:
La reazione dei movimenti di liberazione dei neri per combattere il potere dei bianchi con il movimento della
negritudine (vedi afro-americani e Aimé Césaire) è secualre nella sua logica a quello dei razzisiti
bianchi. Si parla di bellezza e superiorità nera. Fanon sottolinea quanto l’identità sia qualcosa di
complesso e molteplice (basta pensare l’importanza del linguaggio) ; la chiusura su se stesso in
modo unidimensionale è speculare a quella del razzista che deforma e impoverisce la realtà
3) Fanon crede nell’unità dell’umanità come condizione umana: solo nel riconoscere nell’altro un altro sé pure
se diverso; apparteniamo tutti ad una stessa umanità che si manifesta attraverso diverse storie e
diversi linguaggi
4) L’approccio di Fanon è quello di partire dalla storia delle persone e di proporre un percorso di socialità: la
relazione e la socialità sono gli elementi fondamentali del suo approccio terapeutico (socioterapia);
non separare, non escludere ma creare spazi e luoghi d’incontro e di sperimentazione della propria
libertà e dignità nel rapporto con l’altro
Il dibattito attuale nel mondo e in Italia
• L’essenziale della discussione odierna gira intorno alle relazioni
complesse tra identità culturale e identità psicologiche. Ma anche
sui dispositivi di cura e di riabilitazione legati a queste interpretazioni
• I termini della discussione:
Concezione dell’identità etnica e culturale, concezione della cultura e
della sua formazione, concezione della relazione tra cultura ,
sviluppo psicologico e struttura di personalità
. Tobie Nathan (che fu un allievo di Devereux) ha mostrato l’importanza
della dimensione culturale nel processo di costruzione psicologica
della personalità del migrante; ha anche mostrato che il dispositivo
terapeutico deve tenere conto di questa dimensione. Altro aspetto
innovativo : il setting deve essere un gruppo con dei coterapeuti e
degli interpreti che favoriscono la comunicazione.
. Aspetti critici: essenzialismo dell’identità etnico-culturale, biologismo
culturale (De Martino) , il differenzialismo , la logica della
separazione e del ghetto , l’eliminazione della complessità
L’approccio transculturale di Marie Rose Moro
L’esperienza di Bobigny- Ospedale Avicenna
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Marie Rose Moro, etnopsichiatra infantile (allieva di Devereux) ha aperto da
diversi anni a Bobigny all’Ospedale Avicenna un centro di ascolto e di
counseling transculturale per famiglie , bambini ed adolescenti provenienti dal
mondo dell’immigrazione.
Parla di una dispositivo di presa in carico meticcio e transculturale:
Il setting è un gruppo composto da co-terapeuti (medici psichiatri, psicologi,
interpreti, mediatori culturali e guaritori tradizionali)
Il servizio sta all’interno di un ospedale pubblico aperto a tutti
Oltre a Devereux i riferimenti teorici sono a: John Bowlby e la toeira
psicologica dell’attaccamento, Boris Cyrulnik e l’approccio della resilienza,
Serge Lebovici e le interazioni precoci madre-figlio, il bambino vulnerabile
Decentramento culturale: sapere predere le distanze da se stesso per entrare in
relazione con l’altro
Analizzare il proprio controtransfert culturale e farne un materiale emotivo che
permette di creare un contatto comprensivo con l’altro
Marie Rose Moro lavorando con gli adolescenti della cosidetta seconda e terza
generazione osserva che vivono il doppio problema della filiazione e
dell’affiliazione
L’esperienza del gruppo di coterapia è una esperienza di decentramento e di
transculturalità
La questione del trauma dovuto allo choc psicoculturale
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Identità, cultura, personalità , psicologia e salute mentale