FOCUS CLINICI REGOLAZIONE DELLA GLICEMIA. IL DIGIUNO Per glicemia si intende il tasso (livello) di glucosio presente nel sangue. A distanza di alcune ore dal pasto, i suoi valori normali sono compresi tra 80 e 110 mg/dl. L’organismo è in grado di regolare la glicemia, riportando o mantenendo i suoi valori entro il range di normalità, sia in risposta al suo rialzo dopo pasti contenenti carboidrati, sia in situazioni di digiuno più o meno prolungato. Dopo un pasto contenente carboidrati, si verifica un iniziale incremento dei valori di glicemia dal livello basale a circa il doppio, legato all’assorbimento del glucosio derivante dai processi digestivi; segue un progressivo ritorno al valore basale per effetto dell’azione dell’insulina secreta in risposta all’aumentata concentrazione del glucosio. Questo andamento, che in condizioni normali dura circa 2 ore, viene denominato risposta glicemica postprandiale e può essere influenzata dalla sensibilità individuale del soggetto al carico glicemico (“tolleranza al glucosio”) e dalla funzionalità gastrointestinale (tempo di svuotamento gastrico, efficienza dei processi digestivi e velocità di assorbimento intestinale). segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. La risposta dipende ovviamente dalla quantità di carboidrati ingeriti (carico glicemico), ma anche dalla loro qualità (i carboidrati semplici hanno un più rapido assorbimento rispetto ai complessi), dalla presenza di fibra alimentare (le fibre solubili e viscose riducono la risposta), dalla forma fisica del pasto (liquidi zuccherini come le bibite, a rapido assorbimento, sono più iperglicemizzanti, mentre semi di cereali o di legumi consumati interi sono meno iperglicemizzanti delle rispettive farine), dalla contemporanea presenza di altri nutrienti (proteine, grassi, alcol ecc.) che interferiscono in vario modo con la risposta. In ogni caso, in condizioni normali, dopo un pasto ricco di carboidrati l’aumento della glicemia è solitamente contenuto entro i limiti di 160-180 mg/dl. Ciò è dovuto alla risposta insulinica che si innesca ed è stimolata dai prodotti della digestione del pasto (glucosio, alcuni aminoacidi). L’insulina, ormone secreto dalle betacellule pancreatiche, ha il compito di promuovere l’utilizzazione del glucosio favorendone la penetrazione nelle cellule nelle quali, in relazione ai rispettivi bisogni metabolici, può essere depositato come glicogeno (glicogenosintesi) oppure essere ossidato con produzione di energia (glicolisi) oppure ancora, in particolari condizioni, dar luogo alla produzione di trigliceridi (liposintesi). Per contro, negli intervalli tra un pasto e l’altro, così come in situazioni anche prolungate di mancata ingestione di alimenti (digiuno), l’organismo deve comunque mantenere i valori della glicemia al di sopra di un minimo atto a garantire un adeguato flusso di glucosio ai tessuti. segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. Infatti il glucosio, il principale prodotto della digestione dei carboidrati (amido, saccarosio), è il substrato energetico utilizzato da tutti i tessuti e per alcuni di essi (sistema nervoso, globuli rossi) costituisce l’unica e insostituibile fonte di energia. L’organismo dispone di meccanismi fisiologici mediante i quali può ricavare glucosio anche da sostanze differenti dai carboidrati: aminoacidi costituenti delle proteine e glicerolo proveniente dai trigliceridi. Questo processo, denominato neoglicogenesi, si affianca a quello della produzione di glucosio a partire dal glicogeno epatico (glicogenolisi) in modo da fornire glucosio anche durante il digiuno prolungato, evitando ogni eventuale diminuzione della glicemia che potrebbe avere conseguenze avverse sul sistema nervoso centrale. Infatti, anche nel corso di un digiuno protratto a lungo, il livello della glicemia non scende mai al di sotto di 60 mg/dl. Nel corso del digiuno, non solo protratto ma anche quello intervallare tra un pasto e l’altro, la secrezione insulinica resta ai livelli basali, mentre prevalgono gli effetti di altri ormoni (glucagone, catecolamine) che favoriscono la produzione di glucosio attivando i processi sopraccitati di glicogenolisi e neoglicogenesi. In sostanza l’insulina ha un effetto ipoglicemizzante; il glucagone e le catecolamine, ai quali si deve aggiungere anche il cortisolo, hanno un effetto iperglicemizzante. Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. FOCUS CLINICI EDULCORANTI Le sostanze che hanno la proprietà di addolcire bevande o altri alimenti possono essere distinte in edulcoranti naturali (presenti in natura) o sintetici (preparati per sintesi chimica). La Food and Drug Administration statunitense preferisce utilizzare il termine carboidrati dolcificanti per una serie di sostanze dolci glucidiche (saccarosio, zucchero invertito, prodotti di idrolisi dell’amido, miele, sciroppi commestibili) ed edulcoranti intensivi per saccarina, ciclammato e aspartame. Tra gli edulcoranti naturali, oltre al saccarosio che è lo zucchero di riferimento per valutare il potere dolcificante delle altre sostanze, si devono menzionare: • il fruttosio, con potere dolcificante 1,7-1,8 volte quello del saccarosio; • i polialcol-zuccheri: sorbitolo e mannitolo, con potere edulcorante inferiore a quelli del saccarosio, e xilitolo. Il potere calorico dei polialcol-zuccheri è in media di 2,4 kcal/g. Caratteristica comune a queste sostanze è il metabolismo a livello epatico, indipendente dalla presenza di insulina. Per questa ragione sono proposti come sostituti del saccarosio nell’alimentazione del diabetico; tuttavia il loro impiego dev’essere limitato e controllato perché possono favorire l’evoluzione di alcune complicanze del diabete (neuropatia, aterosclerosi). segue Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l. Tra gli edulcoranti sintetici meritano menzione: • la saccarina: è il primo edulcorante sintetico privo di potere calorico, usato dai diabetici da quasi un secolo. Ha un potere edulcorante 300-400 volte superiore a quello del saccarosio. I possibili effetti cancerogeni (neoplasie vescicali) e teratogeni (danni all’embrione) già prospettati in passato sono stati ritenuti superati con i moderni processi di sintesi. L’OMS consiglia di non superare la dose giornaliera di 5 mg/kg di peso per l’adulto, con l’esclusione delle gravide e dei bambini fino a 3 anni di età (salvo i casi di provata necessità come il diabete); • l’aspartame: è una sostanza di sintesi, composta dall’associazione di due aminoacidi naturali. Ha un potere calorico di 4 kcal/g ma, poiché la sua capacità edulcorante è 200-300 volte superiore a quella del saccarosio, l’apporto calorico è da considerare trascurabile; • l’acesulfame K: resistente ai trattamenti termici, non è metabolizzato dall’organismo (escreto tal quale nelle urine), ha un potere edulcorante 130-200 volte più elevato del saccarosio. Elementi di Fisiologia e Scienza dell’Alimentazione – E. Battaglia, D. Noè Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l.