Economia Regionale, 2014-2015
Perché una politica europea per la
coesione economica e sociale
Prof. Domenico Cersosimo
Sommario
I.
II.
III.
IV.
Le disparità regionali: i fatti
Le disparità regionali: le teorie
Una politica comunitaria per la coesione
Il valore aggiunto della politica di
coesione europea
I. Le disparità regionali: il PIL
PIL pro-capite (SPA), 2004
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: l’occupazione
Tasso di occupazione, 2005
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: la produttività
PIL per persona occupata
(euro), 2004
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: la disoccupazione
Tasso di disoccupazione, 2005
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: l’evoluzione
Crescita del PIL pro-capite,
1995-2004
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: l’evoluzione
Crescita dell’occupazione,
1995-2004
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: l’evoluzione
Crescita della produttività,
1995-2004
Fonte: CE, Quarto rapporto sulla coesione, 2007
I. Le disparità regionali: l’evoluzione
II. Le disparità regionali: le teorie
Alcune domande in cerca di risposte:
Perché esistono (e persistono) disparità regionali?
Lo sviluppo economico tende verso la convergenza?
L’integrazione europea favorisce le regioni arretrate?
Perché una politica di coesione economica e sociale?
Perché una politica a livello comunitario?
II Cause delle disparità regionali
Esistono molteplici cause possibili per spiegare le disparità
regionali che si possono combinare in molteplici modi e
possono essere il risultato di lunghi processi storici
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Diversa dotazione di risorse naturali
Diversa dotazione di capitale fisico
Diversa dotazione di capitale umano
Diversa capacità d’innovazione
Diversa efficienza delle istituzioni
Diverso ruolo delle élite al potere
Cause delle disparità regionali 2
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Diversa efficacia delle politiche economiche
Caratteristiche della struttura sociale
Diversa dotazione e tipo di capitale sociale
Sistemi prevalenti di valori
Inserimento nel contesto dell’economia globale
Fenomeni di path dependency
II. Convergenza? I fondamenti teorici
(i modelli neoclassici - Solow, ...)
Convergenza: processo nel quale le economie meno sviluppate
mostrano tassi di crescita economica più elevati rispetto a
quelli delle economie più avanzate
Divergenza: esistenza di forze che contribuiscono ad aumentare,
nel corso del tempo, le disparità tra le diverse economie
regionali (nazionali)
La teoria economica fornisce spiegazioni diverse dei processi di
convergenza. Due scuole di pensiero:
Teorie neoclassiche: ipotizzano meccanismi di crescita automatici
che portano alla convergenza del pil pro capite nel lungo
periodo (ovvero tassi di crescita più alti per le economie meno
avanzate)
II. Convergenza? I fondamenti teorici 2

1.
2.
3.
4.
5.
6.
Per i neoclassici esistono dei meccanismi che operano nella direzione
della convergenza tra i territori:
Produttività marginale del capitale decrescente
Economie di scala costanti
Vantaggi dei late comers: i territori in ritardo di sviluppo possono
assorbire la conoscenza tecnologica sviluppata altrove a costi più
bassi rispetto alla produzione di conoscenza originale
Cambiamenti strutturali legati al passaggio da settori a bassa
produttività a settori a più alto valore aggiunto
Apertura del commercio: la liberalizzazione degli scambi permette
alle regioni di specializzarsi a seconda dei rispettivi vantaggi
comparati. La concorrenza porta verso un livellamento dei prezzi dei
fattori (e quindi dei redditi)
Mobilità dei fattori su larga scala: i fattori produttivi si spostano
verso i territori dove ricevono un ritorno maggiore (contribuendo alla
sua erosione)
II. Convergenza? I fondamenti teorici 3
(teoria della crescita endogena, Neg, …)

La seconda scuola di pensiero:
Teorie (modelli di crescita endogena e new economic
geography) che ipotizzano l’esistenza di forze economiche
che possono produrre, attraverso un imperfetto
funzionamento dei mercati e l’azione di economie di scala
di diversa natura, divergenza
Questi modelli superano le ipotesi neoclassiche dei
rendimenti decrescenti e del progresso tecnologico
esogeno, mentre ritengono centrale l’esistenza di
esternalità positive che generano rendimenti crescenti ed
economie di agglomerazione
II. Convergenza? I fondamenti teorici 4
Esistono dunque meccanismi che operano nella direzione opposta
alla convergenza tra regioni/territori:
1. Rendimenti crescenti di alcuni fattori produttivi (capitale umano, spesa
pubblica)
2. Economie di agglomerazione: vantaggi derivanti dalla localizzazione in
luoghi dove la scala di attività e la domanda sono elevate
3. Economie di localizzazione: vantaggi derivanti dal posizionarsi in territori
con molte imprese operanti nella stessa industria, con capitale umano
specializzato, elevato capitale sociale, istituzioni locali funzionanti (distretti
industriali)
4. Condizioni di contesto: buona dotazione di infrastrutture e servizi per le
imprese e le persone
5. Commercio intra-industria e posizioni di mercato dominante fanno si che
le regioni più prospere si avvantaggino maggiormente del libero commercio
6. Migrazioni selettive del lavoro: impoverimento del capitale umano delle aree
deboli
II. Convergenza? I fondamenti teorici 4
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Teorie neoclassiche della crescita
convergenza
 Teorie della crescita endogena e Neg
divergenza
Paradigmi teorici e implicazioni di policy
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I due paradigmi teorici sono rilevanti anche per le implicazioni in
termini di politica economica
Nei modelli neoclassici la politica economica appare poco utile,
giacché non può influire sul tasso di crescita di lungo periodo (sono le
forze di mercato a garantire, all’interno di ogni regione, il pieno
utilizzo delle risorse e di conseguenza la crescita. Ciò che occorre è
semplicemente garantire il perfetto funzionamento dei mercati. La
politica regionale può essere addirittura dannosa se rappresenta una
distorsione del loro funzionamento
Nei modelli crescita endogena e Neg, un’attiva politica regionale può
giocare un ruolo significativo: incentivando l’accumulazione di
capitale fisico e umano; promuovendo l’innovazione e la diffusione
tecnologica….e così tentare di influire positivamente sul tasso di
crescita di lungo periodo
La politica regionale UE trova il suo fondamento teorico nelle nuove
teorie della crescita e nei modelli diNeg
II. I vantaggi dell’integrazione ai fini della coesione
PRO
CONTRO
Il mercato unico favorisce il
riposizionamento settoriale ed
intrasettoriale secondo i vantaggi
comparati con vantaggi diffusi a tutti i
partecipanti allo scambio
Il mercato unico favorisce le economie
di scala e la concentrazione nelle aree
forti dove i costi d’assemblaggio degli
input sono inferiori, il capitale umano
più ricco e i mercati più prosperi
Il mercato interno fa affluire
investimenti esteri nelle regioni
deboli, superare il saving gap,
aumentare competenze
Il mercato interno fa affluire gli
investimenti nelle aree più prospere
dove la domanda è più alta e dove ci
sono economie esterne.
Il mercato unico stimola la
concorrenza ed elimina le rendite e le
distorsioni legate al protezionismo
L’aumento della concorrenza ha effetti
asimmetrici tra territori e settori
III. Una politica di coesione comunitaria: ragioni a favore
Le ragioni per una politica di coesione comunitaria
1.
Equità: l’equità è uno dei valori alla base del modello europeo. Tutti
hanno interesse a perseguirla.
2.
Efficienza: l’aumento del benessere delle aree arretrate si trasmette alle
aree avanzate, genera più entrate e tasse a livello comunitario, abbassa
l’inflazione e attenua i problemi di congestione
3.
Politica: le politiche di coesione rendono politicamente più forte l’Unione
europea perché diffondono i benefici dell’integrazione a tutte le aree,
anche a quelle marginali
4.
Vincoli di bilancio: gli Stati nazionali da soli non sono in grado di
affrontare i ritardi regionali (specie per i paesi della coesione) anche a
causa delle rigide politiche di bilancio imposte per l’Unione monetaria
Coordinamento: coordina le politiche regionali dei diversi stati membri e
delle loro regioni, coordina le politiche regionali con le altre politiche
comunitarie, riduce i rischi di una competitività al ribasso tra le regioni,
consente il superamento di artificiali barriere amministrative
5.
III. Una politica di coesione comunitaria: ragioni a favore 2
6.
7.
Effetto integrazione: la politica regionale serve per bilanciare gli
impatti negativi dell’integrazione dei mercati a livello europeo sulle
aree deboli
Effetto di apprendimento: l’utilizzo di tecniche di benchmarking e
peer review consente il confronto delle politiche e l’imitazione delle
pratiche migliori
III. Una politica di coesione comunitaria: ragioni contro
1.
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3.
4.
5.
6.
7.
La crescita: la politica regionale può frenare la crescita se impedisce la
ristrutturazione delle economie arretrate e ostacola l’agglomerazione
La cattura: le elite locali catturano i trasferimenti e non li utilizzano per
l’interesse collettivo
La dipendenza: i trasferimenti creano una cultura della dipendenza
La dispersione: la politica regionale comunitaria tende a disperdere le
risorse sul territorio
Il coordinamento: la politica regionale, per essere efficace, deve
coordinarsi con altre politiche gestite a livello nazionale
La sussidiarietà: il rispetto del principio di sussidiarietà affiderebbe agli
Stati nazionali le politiche regionali
Parità di trattamento: c’è il rischio di violare il principio della parità di
trattamento
IV. Il valore aggiunto: una definizione
Il valore aggiunto comunitario alle politiche di coesione
risulta dalla partecipazione della Commissione europea
al processo di programmazione e gestione dei fondi
strutturali e del fondo di coesione.
Un valore addizionale rispetto a quello prodotto dalle
autorità nazionali e regionali e dal settore privato
IV. Il valore aggiunto: composizione
Si compone di quattro elementi:
1.
2.
3.
4.
Il perseguimento degli obiettivi comunitari di coesione e
l’implementazione delle priorità comunitarie e dei
mainstreaming
La mobilitazione di risorse ingenti addizionali rispetto
all’impegno nazionale, con spiccato carattere
redistributivo e rivolte a garantire il massimo effetto leva
Il metodo di implementazione basato sui principi
comunitari
La cooperazione e la costruzione di network, anche
internazionali
IV. Il valore aggiunto: la coesione
Impatto macroeconomico: nei paesi della coesione e nelle
grandi aree obiettivo 1 i fondi strutturali hanno avuto un chiaro
impatto positivo. Al di fuori di queste aree l’impatto effettivo
resta alquanto incerto
Impatto microeconomico: i fondi strutturali hanno permesso
l’avvio di nuove attività economiche, hanno agito come
catalizzatori di processi di rigenerazione e hanno contribuito a
migliorare la qualità dello sviluppo
Impatto su attori e strategie: i fondi hanno garantito o
aumentato gli investimenti nazionali nella politica regionale di
sviluppo e hanno stimolato un ampio numero di attori a
partecipare a programmi di sviluppo, in particolare al livello
locale. Hanno influenzato le strategie, le priorità di intervento
nazionali e gli obiettivi
IV. Il valore aggiunto politico
Visibilità dell’Unione Europea: i fondi strutturali
rappresentano il principale strumento che rende l’Europa
visibili ai cittadini, alle imprese, alle Autorità locali
Supporto alla costruzione europea: grazie all’apporto dei
fondi strutturali è cresciuto il favore per l’approfondimento
dell’integrazione economica e politica
Europeizzazione delle regioni: Attraverso la politica di
coesione i governi regionali e locali si sono avvicinati al
livello comunitario, interessandosi maggiormente agli affari
europei e internazionalizzando il loro raggio di azione
IV. Il valore aggiunto sulle politiche
Programmare per spendere: l’approccio comunitario alla
programmazione ha promosso la ricerca di una dimensione
strategica nel disegno delle politiche regionali, la loro
integrazione settoriale e territoriale
Stabilità nel tempo: la programmazione pluriennale ha garantito
stabilità delle risorse e ha permesso la realizzazione di interventi
complessi altrimenti impossibili
Osmosi: i metodi della programmazione comunitaria e i
mainstreaming orizzontali sono stati progressivamente trasferiti
alle politiche nazionali, rafforzando una base comune europea
Spazio all’innovazione: le politiche europee hanno indotto,
esplicitamente o implicitamente, l’innovazione amministrativa e il
rafforzamento della capacity building, soprattutto al livello locale
IV. Il valore aggiunto sulle procedure
Il principio del partenariato: la costruzione del partenariato per
la programmazione e l’attuazione degli interventi finanziati
con i fondi strutturali è associato a numerosi benefici:
1. Coerenza verticale fra i diversi livelli istituzionali
2. Spostamento del baricentro delle politiche verso il locale
3. Consapevolezza, condivisione e maggiore trasparenza del disegno
strategico
4. La fiducia fra istituzioni ha incoraggiato cooperazione e lavoro
collaborativo
5. Miglioramento del processo decisionale
Accountability: i fondi strutturali hanno diffuso una pratica
estesa di monitoraggio e valutazione degli interventi, e
un’enfasi sull’audit e sul controllo della spesa
Burocrazia, Rigidità, Costi
IV. Il valore aggiunto: l’apprendimento
Lo sviluppo delle capacità di apprendimento istituzionale è uno
dei compiti fondamentali dei fondi strutturali. La stabilità nel
tempo dei principi e della struttura fondamentale ha permesso
la sedimentazione nelle routine delle Amministrazioni
coinvolte.
Tre livelli dell’apprendimento:
1.
Livello di programma: le regole e le procedure europee hanno forzato le
Amministrazioni a investire in capacity building. La programmazione dei
fondi deve obbligatoriamente prevedere risorse dedicate a tale scopo
2.
Reti nazionali
3.
Reti internazionali: diffusione delle buone pratiche e programmi di
cooperazione fra regioni di diversi Stati membri
4.
Reti con i nuovi Stati membri: sostegno ai nuovi stati membri, ma con
vantaggi reciproci
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