ODISSEA LE AVVENTURE DI ULISSE LE AVVENTURE DI ULISSE Le tappe del ritorno sono dodici, numero degli insiemi perfetti. Si alternano tappe in cui l'insidia è manifesta (mostruosità, aggressione, morte) a tappe in cui l'insidia è solo latente: un‘ospitalità che nasconde un pericolo, un divieto da non infrangere. Ulisse continua a non riuscire a tornare a Itaca perché il dio Poseidone, adirato con lui, gli scatena contro venti furiosi e continui naufragi e pericolosi approdi in altre terre. I Ciconi Dopo la partenza da Troia, Ulisse fa tappa a Ismaro,nella terra dei Ciconi e li attacca per fare bottino. Qui risparmia Marone, sacerdote di Apollo, che gli dona del vino forte e dolcissimo che gli tornerà utile nella grotta di Polifemo. I Lotofagi Seconda tappa nella terra dei Lotafogi, cioè mangiatori di loto. Essi sono ospitali ma insidiosi: offrono infatti ai compagni di Ulisse(Odisseo) il loto,un frutto che fa dimenticare il ritorno, costringendo l'eroe a legarli e a trascinarli a forza sulle navi. Il ciclope Polifemo Ulisse, insieme ai suoi compagni, approda su un'isola abitata dalle ninfe. Ulisse vuole andare a chiedere ospitalità in un'isola vicina e porta con sé una nave e alcuni suoi compagni. Giungono nella grotta di Polifemo,che nel frattempo è uscito a pascolare le pecore, e la trovano con i graticci pieni di formaggi enormi e il latte appena munto. I compagni pregano Ulisse di prendere i formaggi, rimettersi in mare e scappare, ma l'eroe vuole ricevere i doni dell'ospitalità. Polifemo ritorna: è orrendo, un gigante con un solo occhio in mezzo alla fronte. Quando li vede sta preparando la sua cena, e allora prende due compagni di Odisseo e li divora. Poi si mette a dormire, così Ulisse medita come scappare da quella disavventura. Inizialmente pensa di estrarre la spada e così ucciderlo, ma poi riflette che in quel modo sarebbero morti anche loro, perché nessuno poteva smuovere il grande macigno che il ciclope aveva posto davanti alla porta. Poi vede un ramo d‘ulivo , gigantesco, ancora verde, che a lui pareva l'albero di una nave da venti remi, e che Polifemo aveva conservato per farne un bastone. Ordina ai compagni di tagliarne un pezzo e intanto lui lo appuntisce. La sera dopo l'eroe offre al ciclope il vino che gli aveva donato Marone. Polifemo si ubriaca e chiede a Ulisse il suo nome. L'eroe acheo risponde che il suo nome è "Nessuno" (in greco antico parola assonante con il nome di Odisseo). Il ciclope si addormenta e Ulisse e i compagni colgono l'occasione: prendono il ramo,fanno diventare incandescente la punta dell'ulivo e accecano l'unico occhio del ciclope. Gli altri due fratelli di Polifemo accorrono ma ritornano indietro quando il ciclope dice: "Nessuno, amici, mi uccide con l'inganno e non con la forza". La mattina dopo Polifemo fa uscire a pascolare le sue pecore, ma per evitare che qualcuno fugga, stende le mani in modo da tastare il vello delle pecore. Allora l'eroe e i suoi compagni si legano sotto dei montoni, riuscendo così a sfuggire. Eolo Giunge quindi nell'isola di Eolo,dio dei venti, da cui viene ospitalmente accolto per un mese, ricevendo in dono l'otre dei venti, accompagnato da un divieto da non infrangere: nessuno dovrà aprire l'otre. Saranno i compagni però che, invidiosi del dono dell'ospite, ormai in prossimità di Itaca, approfittando del sonno di Odisseo, apriranno l'otre scatenando i venti che risospingeranno la nave al largo. I Lestrigoni Quinta tappa presso i Lestrigoni, giganti mostruosi quasi quanto i Ciclopi. Anche qui Odisseo perde alcuni compagni e i giganti bersagliano la sua flotta abbattendo undici navi. Solo quella dell'eroe si salva. Circe e L'Ade Giunge poi nell'isola di Circe, una maga seducente che trasforma i compagni di Odisseo in porci. Grazie all'aiuto di Ermes, che gli dà una misteriosa erba quale antidoto alla maledizione della maga, l'eroe riesce ad evitare l'insidia e costringe Circe a restituire ai compagni sembianze umane. Dopo essersi fermato un anno da Circe, Odisseo - su indicazione della stessa maga - si accinge a una nuova prova, la catabasi nel regno dei morti. Lì riesce a entrare in contatto con le figure dei compagni perduti durante la guerra di Troia, con la madre e con l'indovino Tiresia, che gli presagirà un ritorno luttuoso e difficile, invitandolo a guardarsi dal toccare le vacche del Sole iperionide. Le sirene Rimessosi in rotta, Ulisse se la vede con le pericolose sirene;allora tappa le orecchie ai compagni e si fa legare all'albero della nave per ascoltarle. Superato lo scoglio delle sirene Ulisse sta dirigendosi verso lo Stretto di Messina. Scilla, Cariddi e l'isola di Eolo Ulisse tenta di superare i mostri Scilla e Cariddi. Scilla mangia sei compagni di Ulisse. A impresa compiuta, Odisseo non riesce a frenare la voglia dei compagni di banchettare con le invitanti mucche di Elio (altre versioni dicono di Era o Apollo) Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, con la nave e i compagni uccisi da Cariddi. Calipso Scampato alla tempesta riuscì a salvarsi grazie all'arrivo sull'isola di Ogigia, dove incontra Calipso. Essa è una ninfa molto bella e immortale che andando a stendere i panni con le sue ancelle trova Ulisse naufrago nudo e sporco. Quindi lo accoglie e si innamora di lui e visto che tra poco deve celebrare le nozze spera di sposarsi con l'uomo dal multiforme ingegno. Dopo sette anni di "prigionia" lontano da casa, Ermes viene ad avvisare la ninfa di lasciare Ulisse, il quale costruita una barca parte per Itaca, ma ad un passo dalla terra natia, Poseidone lo ferma. I Feaci Odisseo un giorno sbarcò nell'isola dei Feaci, dove incontrò la figlia di re Alcìnoo e le chiese dei vestiti e dov'era la reggia del re. Andò alla reggia e chiese aiuto al re di dargli una nave per ritornare a casa. Lui accettò e gli organizzò anche un banchetto nel quale lui rivelò il proprio nome. Il giorno dopo si imbarcò, salutando tutti. Ritorno a Itaca Quando arrivò a Itaca con l'aiuto di Atena si fece ospitare da Eumeo, come mendicante. Dopo essersi rivelato al figlio e al fedele Eumeo si recò alla reggia facendosi accogliere appunto come un mendicante. Qui, schernito ripetutamente dai tracotanti Proci, partecipa alla gara di arco organizzata da Penelope, che aveva promesso di consegnarsi in sposa a colui che sarebbe riuscito a scoccare una freccia dal pesante arco del marito facendola passare per le fessure di dodici scuri allineate. Nessuno dei pretendenti riuscì anche solo a tendere l'arco, e così Odisseo chiese di poter fare un tentativo. Sotto gli occhi torvi dei Proci, dopo aver scaldato l'arma sulla fiamma, Odisseo riesce perfettamente nell'impresa di tendere l'arco e scoccare. A questo punto, spalleggiato da Atena, non gli rimane che scatenare la vendetta che aveva attentamente preparato con Eumeo, Filezio e il figlio, togliendo tutte le armi ai Proci per poi ucciderli. Euriclea andò a chiamare Penelope per dirle che Odisseo non era morto; quando lei lo vide non disse niente, non si convinceva che fosse suo marito, fino a quando lui disse qualcosa che poteva sapere solo lei e lei lo riconobbe, lo strette forte piangendo. Anche Telemaco fu felice per i suoi genitori.