CARL MENGER (1840-1921) e il METHODENSTREIT Nasce a Neu Sadec in Galizia regione dell’Impero austro-ungarico, oggi parte della Polonia Studia giurisprudenza alle Università di Vienna, Praga e Cracovia, dove si laurea nel 1867 Nel 1867 ottiene un importante incarico governativo In questo periodo scrive i Principi di economia nazionale (1871) 1879. Cattedra di economia alla facoltà di Diritto di Vienna Qui crea una scuola di fama internazionale Negli ultimi anni lavora a una nuova edizione dei Principi e a un trattato sul metodo delle scienze sociali (Le Untersuchungen über die Methode der Sozialwissenschaften). Entrambi vengono pubblicati postumi dal figlio Karl Muore a Vienna nel 1921 Nell’ambiente germanico, Menger ebbe come principali oppositori i rappresentanti della “Scuola storica tedesca”. La polemica tra Menger e la Scuola Storica (Schmoller, in particolare) è nota come Methodenstreit (controversia sul metodo). Essa riveste grande importanza: si può dire che da essa scaturiscono i principali filoni di riflessione sul metodo della scienza economica novecentesca. La Scuola Storica Tedesca A. “vecchia” scuola storica: Gli autori principali sono : - Wilhelm Roscher (1817-94) Bruno Hildebrand (1812-78) Karl Knies (1821-98) Il metodo della Scuola Storica 1. Induttivismo •Critica all’approccio logico-deduttivo, considerato immaturo. •I fenomeni economici possono essere studiati solo con riferimento a uno specifico contesto sociale e culturale. •Oggetto della scienza economica è studiare l’evoluzione storica di istituzioni, comunità nazionali e settori produttivi. •Da questo studio “positivo” si deve partire per costruire leggi di sviluppo più generali (metodo induttivo), ma mai astratte. 2. Organicismo o ‘olismo’ metodologico •Le realtà storico-sociali sono simili a organismi, caratterizzati da una loro dinamica autonoma e distinta da quella dei singoli individui che la compongono. •Ciascun popolo è una comunità organica, caratterizzata da un distinto Volksgeist (spirito nazionale). B. “nuova” scuola storica Gustav Schmoller (1838-1917) Riprende l’impostazione storicistica E’ contrario a separare l’analisi dei fenomeni economici da quella degli altri fenomeni sociali e culturali: l’agire economico non può essere ricondotto alla semplice razionalità massimizzatrice: è influenzato da usanze, istituzioni, legislazione, legami comunitari e culturali. Tuttavia il metodo induttivo non è sufficiente. Occorre raggiungere un certo livello di astrazione, e per farlo occorre applicare la logica deduttiva, che indaga i nessi causali. Ma non è possibile pervenire a generalizzazioni troppo estese (“Robinsonaden”). Esse vanno sempre riferite a determinati contesti storico-sociali. Il Positivismo e l’indirizzo statistico-induttivo in economia Oltre all’indirizzo storicistico, fin dagli anni 1860 si afferma nel clima culturale positivistico anche un altro indirizzo che si oppone al metodo deduttivo dei classici e propone di rifondare la scienza economica adottando un metodo rigorosamente induttivo. Questo indirizzo ritiene che la scienza economica debba arrivare a formulare leggi generali dei fenomeni economici, ma a partire dal metodo galileiano-newtoniano: dall’esperienza si ricavano per via induttiva generalizzazioni sempre più ampie, fino a giungere alle leggi generali. La nuova statistica a base matematica e probabilistica è lo strumento cui si affida la ricerca di queste leggi generali. Protagonisti di questo movimento sono tra gli altri anche alcuni economisti italiani come Angelo Messedaglia, Fedele Lampertico, Giacomo Boccardo F. Lampertico A. Messedaglia In Ricardo e negli economisti classici lo spazio lasciato all’osservazione era troppo ridotto. Era impiegato per desumere «pochi e più o men semplici dati (e alle origini quasi assiomatici), al primo limitare del processo deduttivo, e poi al termine di esso a titolo di mera verificazione». Diversamente, l’osservazione deve «intervenire, a vario grado, e in forma più o meno complessa secondo la natura del caso, a tutti gli stadj della costruzione scientifica». Il suo ruolo, inoltre, non deve essere confinato alla sola verifica empirica, «ma può diventare di ulterior correzione e ricostruzione altresì» (Messedaglia). In un libro del 1872, discutendo l’importanza della statistica per l’economia politica, Emilio Morpurgo scrive: “Tutto il novello meccanismo scientifico riposa sopra un concetto semplicissimo: osservare ed apprezzare i fenomeni in modo più rigoroso e [...] considerare le questioni più importanti della vita siccome altrettanti problemi di probabilità”. La “legge dei grandi numeri” è la nozione chiave su cui si basa questa metodologia. Con gli strumenti della statistica quantitativa si può giungere a comprendere le leggi generali anche di fenomeni complessi, caratterizzati da multicausalità. Il Methodenstreit I fatti 1883. Menger pubblica le Ricerche sul metodo delle scienze sociali e in particolare dell’economia politica, attaccando la scuola storica. Schmoller risponde con una recensione sullo Jahrbuch für Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft. Menger replica con un pamphlet: Gli errori dello storicismo nell’economia politica tedesca (1884). La controversia si estese a tutti i membri della scuola storica e della scuola di Menger (nota poi come “scuola austriaca”). La posizione di Menger Sul metodo delle scienze sociali Cap. 1. I diversi presupposti scientifici nel campo dell’economia “Il mondo fenomenico può essere considerato da due diversi punti di vista. L’oggetto conoscitivo del nostro interesse scientifico può essere costituito dai concreti fenomeni nella loro collocazione spazio-temporale e nei loro reciproci rapporti concreti oppure dalle forme nelle quali i fenomeni ricorrono pur nel mutamento di quei rapporti. Il primo indirizzo di ricerca è formato alla conoscenza del concreto, meglio dell’individuale; il secondo a quella del generale. A questi due indirizzi principali dell’aspirazione alla conoscenza corrispondono due grandi classi della conoscenza scientifica, delle quali chiameremo in breve l’una individuale, l’altra generale.” Tra la miriade di fenomeni oggetto di analisi scientifica ve ne sono alcuni che si ripetono con maggiore regolarità: i tipi e le relazioni tipiche. “I fenomeni della compravendita del denaro, della domanda e dell’offerta, del prezzo, del capitale, del saggio d’interesse sono esempi di forme tipiche di fenomeni economici. Invece, la costante diminuzione del prezzo di una merce in seguito all’aumento dell’offerta, l’incremento del prezzo delle merci in seguito all’aumento del denaro circolante, la diminuzione del saggio d’interesse in seguito ad un notevole accumulo di capitali, e così via, si presentano come relazioni tipiche tra i fenomeni economici.” “La ricerca dei tipi e delle relazioni tipiche dei fenomeni è di incommensurabile importanza per la vita umana, per nulla inferiore alla conoscenza degli stessi fenomeni concreti. Senza conoscere la forma dei fenomeni non ci sarebbe possibile comprendere la miriade di fenomeni concreti che ci circondano, né dar loro un ordine nella nostra mente. È questa la premessa di ogni ampia conoscenza del mondo reale. Senza la conoscenza delle relazioni tipiche ci mancherebbe non soltanto … la comprensione profonda del mondo reale, ma evidentemente anche qualsiasi conoscenza in grado di superare l’osservazione immediata, cioè qualsiasi previsione e dominio sulle cose. Ogni previsione umana, e di conseguenza ogni modificazione delle cose, è condizionata da quelle conoscenze che abbiamo definito generali.” Lo studio empirico dei fenomeni concreti che si svolgono nel tempo e nello spazio è legittimo e importante, ma il metodo da applicare a questo studio è radicalmente diverso da quello impiegato per analizzare le relazioni tipiche. storia economica, statistica fatti concreti economia teorica relazioni tipiche La scuola storica ha confuso questi distinti ambiti disciplinari Menger si oppone anche al metodo basato sull’induzione statistica (che chiama “realistico-empirico”). Cap. 4: “L’idea più immediata per risolvere questo problema (teorico) [cioè il problema di giungere a una conoscenza scientifica generale] è indagare i tipi e le relazioni tipiche come si presentano nella loro ‘piena realtà empirica’, dunque nella totalità e complessità della loro essenza. In altre parole, si tratta di ordinare l’insieme dei fenomeni reali in forme fenomeniche definite e di rintracciare le regolarità nella coesistenza e successione di queste ultime per via empirica… Ma l’indagine ci mostra che questa idea è inattuabile nella sua piena rigorosità. Conformemente all’esperienza, i fenomeni si ripetono nella loro piena realtà empirica in certe forme, e tuttavia mai con la più completa rigorosità. Mentre di regola due fenomeni concreti, e ancor meno un più folto gruppo di essi non mostrano mai una concordanza.” “Il desiderio di stabilire categorie fenomeniche rigorose che comprendano ‘tutte le realtà empiriche’ … è pertanto uno scopo irraggiungibile per la ricerca teorica… Non diversamente stanno le cose riguardo al … la determinazione delle relazioni tipiche, delle leggi dei fenomeni. Se il mondo fenomenico viene considerato in modo rigorosamente realistico, le leggi dei fenomeni significano soltanto regolarità di fatto, constatate per via di osservazione, nella successione e nella coesistenza di fenomeni reali che appartengono a certe forme fenomeniche… La conclusione che di regola (cioè sempre, e non solo nei casi osservati!) ai fenomeni A e B succede il fenomeno C, … va oltre l’esperienza e oltre il punto di vista rigorosamente empirico: sulla base di quel metodo di osservazione essa non è rigorosamente garantita. Aristotele ha ben riconosciuto questo fatto quando ha ben negato il carattere rigorosamente scientifico dell’induzione…” L’unica regola conoscitiva per la ricerca di verità teoriche che sia giustificata in modo indubitabile (per quanto possibile) dall’esperienza e dalla nostra struttura mentale … consiste nella proposizione secondo cui ciò che è osservato anche in un solo caso deve tornare a ripetersi a parità di condizioni. Ovvero, ciò ch’è lo stesso, che nelle medesime circostanze a rigorosi fenomeni tipici di una certa specie devono sempre seguire sempre, necessariamente secondo la nostra struttura mentale, rigorosi fenomeni tipici di un’altra data specie.” NB. Questa metodologia va contro tutta la tradizione empiristica moderna, da Bacone (citato polemicamente) a Newton a David Hume (che basa le relazioni di causa ed effetto sulla “credenza” (belief). E non intraprende nemmeno la strada segnata Da Kant delle “forme a priori” della ragione. Riprende invece il metodo deduttivo di Aristotele. Qual è dunque il metodo dell’economia teorica? 1. analisi che astrae dalla realtà empirica gli elementi tipici 2. i fenomeni tipici tuttavia non sono osservabili nella realtà allo stato puro e indipendente 3. l’analisi utilizza il metodo deduttivo studiando in particolare i rapporti di causa-effetto e formulando “leggi” rigorose, simili a quelle delle scienze naturali. 4. È illegittima la verifica empirica diretta di tali leggi: esse valgono solo date le condizioni teoriche astratte entro cui sono state formulate 5. Ipotesi: comportamento basato esclusivamente sul selfinterest. 6. Individualismo metodologico 6.1. la spiegazione dei fenomeni sociali si basa sull’analisi del comportamento dei singoli individui che compongono la società. 6.2. Si studiano poi le “leggi di composizione” delle scelte individuali che generano i fenomeni e le istituzioni sociali (es. il mercato, la moneta, le leggi) 6.3. Le istituzioni sociali sono il frutto di una lenta e graduale evoluzione storica, di carattere inintenzionale. E si adattano ai reciproci bisogni. 6.4. Le istituzioni non hanno vita autonoma rispetto alla somma degli individui che le compongono e le determinano. Non sono le istituzioni a spiegare il comportamento individuale (olismo metodologico), ma i comportamenti individuali spiegano l’origine, l’esistenza e il tramonto delle istituzioni. La teoria del valore di Menger Concezione soggettiva del valore Beni economici: “le cose giudicate adatte a soddisfare bisogni umani e disponibili a questo scopo”. Il valore è dunque basato su un giudizio mentale: la maggiore o minore capacità di soddisfare bisogni più o meno prioritari e intensi. I beni giudicati capaci di soddisfare i bisogni del consumatore vengono da quest’ultimo ordinati in classi di priorità decrescente. A ogni bisogno corrisponde un bene (es. fame pane). Ogni dose successiva del bene soddisfa un bisogno di intensità decrescente (è un modo di esprimere l’utilità marginale decrescente). Tavola di Menger I II III IV V VI VII VIII IX X 8 7 6 5 4 3 2 1 10 9 7 6 5 4 3 2 1 0 9 8 6 5 4 3 2 1 0 8 7 5 4 3 2 1 0 7 6 4 3 2 1 0 6 5 3 2 1 0 5 4 2 1 0 4 3 1 0 3 2 0 2 1 1 0 (numeri romani = beni; numeri arabi = utilità delle dosi successive) Equilibrio del consumatore: Il consumatore distribuirà il suo reddito in modo da eguagliare le utilità delle ultime dosi (cioè marginali) di beni consumati. Es. Se l’ultima dose del bene I gli dà un’utilità maggiore dell’ultima del bene II, gli conviene rinunciare a un’unità del bene II e consumarne una in più del bene I. CASO 1 Ø Supponiamo dapprima che ogni bene abbia un prezzo unitario identico (1 euro). Ø Il reddito del consumatore è 3 lire (vincolo di bilancio). Ø La sua scelta ottimale è: 2I + 1II (u. tot.) = 28 NB. L’utilità dell’ultima dose prescelta è sempre maggiore o uguale della prima dose scartata. CASO 2 Supponiamo prezzi diversi. L’utilità delle dosi dei diversi beni va ora ponderata per i rispettivi prezzi. Il reddito del consumatore è di 5 euro (vincolo di bilancio). Supponiamo che il consumatore possa scegliere solo tra i beni I e VII. unità Intensità bisogno del Prezzo unitario Utilità di 1 lira spesa (= u.marg.) (= u.marg. pond.) Bene I 1 2 3 10 9 8 2 2 2 5 4,5 4 Bene VII 1 2 3 4 3 2 1 1 1 4 3 2 La scelta ottimale è 2I + 1VII (£ 4 spese per I e £ 1 spesa per VII). U. tot. = 23 Passo avanti di Menger rispetto a Jevons: estensione dei principi marginalistici all’analisi generale della produzione. Classificazione dei beni: Beni di 1° ordine = beni finali = beni di consumo (soddisfano direttamente un bisogno umano). Beni di ordine superiore (2°, 3°, ecc. ordine) = beni di produzione (soddisfano indirettamente un bisogno, contribuendo alla produzione di un bene di 1° ordine). NB. Sono beni di ordine superiore non solo i beni capitali, ma anche il lavoro e la terra: Beni capitali = beni intermedi Terra e lavoro = fattori di produzione (si noti che terra e lavoro si combinano con i beni intermedi a ogni stadio della produzione) Si ha la c.d. “analisi periodale” della produzione: •beni labour-intensive: corrispondono a un periodo di produzione più breve per passare dalla originaria combinazione di lavoro e terra al bene di consumo (bene finale). •beni capital intensive: corrispondono a un periodo di produzione più lungo. •una intensificazione capitalistica della produzione corrisponde a un allungamento del periodo di produzione. Il valore dei beni di 1° ordine è determinato dalla loro utilità per il consumatore. I beni di ordine superiore hanno un’utilità solo indiretta. Il loro valore può essere calcolato “imputando” a essi la parte di utilità del bene di ordine inferiore che hanno contribuito a produrre. Soluzione di Friedrich von Wieser I beni di ordine superiore possono essere combinati in due modi: in proporzioni variabili: valore del bene superiore = diminuzione di valore del bene inferiore al diminuire di una parte del bene superiore. in proporzioni fisse: la sottrazione di un fattore in questo caso può portare alla produzione di un bene diverso. La minore soddisfazione procurata dal nuovo bene misura il valore del bene intermedio sottratto. Sovranità del consumatore