A.a 2013-1014 Laurea in Filosofia Jünger Habermas Storia e critica dell’opinione pubblica 1962 Seminario a cura del dott. Francesco Cerrato, per i corsi di Storia della Filosofia moderna (Prof. A. Burgio), Storia della filosofia contemporanea (Prof. V. d’Anna), Bioetica (Prof.ssa M. Lalatta Costerbosa) Definiamo pubbliche quelle istituzioni che, contrariamente alle società chiuse, sono accessibili a tutti – nello stesso senso in cui parliamo di pubbliche piazze o di case pubbliche. Intro., p. 4. Lo Stato è il potere pubblico. Deve l’attributo di “pubblico” al suo compito di provvedere al bene pubblico e comune di tutti coloro che sono consociati sotto lo stesso diritto. Intro., p. 4 La parola acquista un altro significato se si parla, per esempio, di un “ricevimento pubblico”; in tali occasioni si manifesta, una forza di rappresentanza nel cui carattere pubblico trapassa, in qualche modo, il pubblico riconoscimento. Ciò nonostante il significato si modifica se diciamo che qualcuno si è fatto pubblicamente un nome: il carattere pubblico della reputazione o addirittura della fama risale a epoche che non sono quelle della dottrina della “buona società”. Intro., p. 4 Il soggetto di questa sfera pubblica è il pubblico quale depositario della pubblica opinione; alla sua funzione critica si riferisce la pubblicità: per esempio, il carattere pubblico dei dibattiti processuali. Intro, p. 4 La vita pubblica, bios politikos si rivolge sulla piazza del mercato, l’agorà, ma non è legata a fatti locali: il carattere pubblico si costituisce tanto nel dialogo (lexis), che può assumere anche la forma del dibattito e della sentenza giudiziale, quanto nell’agire comune (praxis) riguardi esso la condotta oppure i giochi agonistici. Intro, p. 5 Con il Cortigiano, un uomo di corte di formazione umanistica subentra al posto del cavaliere cristiano. La loro socievolezza vivace ed eloquente contraddistingue la nuova “società”, che si rapporta alla corte come suo centro. Intro, p. 12 Alla “società” aristocratica, scaturita dalla società rinascimentale, non compete più, o comunque non più in primo grado, una funzione di rappresentanza della propria signoria, vale a dire della propria signoria terriera; essa serve alla rappresentanza del monarca. […] L’ultima figura dell’elemento pubblico rappresentativo, concentrata e al contempo intensificata nella corte del monarca, è già una riserva all’interno di una società che si separa dallo Stato. Ora soltanto si distaccano in un senso specificatamente moderno la sfera privata e la sfera pubblica. Intro, p. 13 Privat indica l’esclusione dalla sfera dell’apparato statale, mentre pubblico si riferisce allo Stato formatosi con l’assolutismo, che si oggettiva rispetto alla persona del sovrano. Il pubblico, the public, le public, si contrappone alla “persona privata” come potere pubblico”. I servitori dello Stato sono persone pubbliche, public persons, persone publiques; essi occupano una carica pubblica, i loro affari d’ufficio sono pubblici (public office, service public) e pubblici sono detti gli edifici e gli istituti del governo. Intro, p. 13 Nel nostro contesto è importante l’osservazione goethiana che la borghesia non può più conseguire di per sé un carattere pubblico rappresentativo. L’aristocratico è ciò che rappresenta, il borghese ciò che produce…. Intro, p. 17 Questo rapporto di scambio si evolve secondo regole che indubbiamente risultano manipolate altresì dal potere politico; si dispiega tuttavia una rete orizzontale, largamente estesa, di dipendenze economiche che in via di principio non possono più essere ricondotte a rapporti verticali di dipendenza, fondati su forme di economia chiusa di tipo familiare, e propri del sistema di dominio dei ceti. Intro, p. 19 Definizione di sfera pubblica La sfera pubblica borghese può essere concepita in un primo momento come la sfera dei privati riuniti come pubblico; costoro rivendicano subito contro lo stesso potere pubblico la regolamentazione della sfera pubblica da parte dell’autorità, per concordare con questa le regole generali del commercio nella sfera privatizzata in linea di principio, ma pubblicamente rilevante, dello scambio di merci e del lavoro sociale, Peculiare e storicamente senza precedenti è il tramite di questo confronto politico: la pubblica argomentazione razionale. II.4, p. 33 Fino ad allora i ceti avevano pattuito con i principi contratti nei quali venivano bilanciate caso per caso le contrastanti rivendicazioni di potere separando le libertà di ceto dalle giurisdizioni o dai privilegi signorili. […] Una separazione della sovranità mediante la delimitazione dei diritti signorili (tali erano anche le “libertà” di ceto) non è più possibile sulla base dell’economia mercantile; il potere di disposizione di diritto privato sulla proprietà rispondente a funzioni capitalistiche è appunto impolitico. I borghesi sono privati; come tali non “dominano”. II.4, p. 33 La città La «città» non è soltanto centro di vita economica della società civile; in antitesi politico-culturale alla «corte» essa caratterizza innanzi tutto una primitiva sfera pubblica letteraria che trova le sue istituzioni nelle coffee-houses, nei salons e nei sodalizzi conviviali. II.4, p. 36 La sfera privata abbraccia la società borghese non in senso stretto, l’ambito quindi del traffico di merci e del lavoro sociale; la famiglia con la sua sfera intima vi è inserita. La sfera pubblica politica emerge da quella letteraria; attraverso l’opinione pubblica essa fa da mediatrice tra lo Stato e le esigenze della società. II.4, p. 37 Pubblico e privato. Famiglia A misura che il traffico delle merci infrange i limiti dell’economia familiare, la sfera del piccolo nucleo familiare si delimita nei confronti della sfera di riproduzione sociale: il processo di polarizzazione di Stato e società si ripete ancora una volta all’interno della società. Lo status di un privato vede il ruolo del possessore di merci combinato con quello del padre di famiglia, quello del proprietario con quello dell’ «uomo» come tale. II.4, p. 35 Accanto all’economia politica è appunto la psicologia, l’altra scienza specificatamene borghese che ha la sua origine nel XVIII secolo. Interessi psicologici guidano altresì quel gusto dell’argomentazione razionale che si accende a contatto con i prodotti culturali diventati accessibili al pubblico – nella sala di lettura, nel teatro, nei musei e nei concerti. Dal momento che la cultura prende forma di merce e comincia in tal modo a dispiegarsi come propriamente tale (cioè come qualcosa che pretende di esistere in forza di se stessa), viene rivendicata come oggetto maturo di dibattito circa il quale la soggettività, rapportata al pubblico, si accorda con se stessa. II.4, p. 35 La sfera pubblica politica emerge da quella letteraria; attraverso l’opinione pubblica essa fa da mediatrice tra lo Stato e le esigenze della società. II.4, p. 37 Ambito Privato • Società borghese (ambito dello scambio di merci e del lavoro sociale) • Spazio interno del nucleo familiare (intellettualità borghese) Sfera pubblica politica Sfera pubblica letteraria (club, stampa, mercato dei beni culturali) città Sfera del pubblico potere Stato (ambito della polizia) Corte (società aristocraticocortigiana) In primo luogo si richiede un tipo di relazioni sociali che non presupponga l’eguaglianza di status, ma ne astragga sistematicamente. […] Parità di ciò che è semplicemente umano. II.5 p. 43 La discussione in un siffatto pubblico presuppone, in secondo luogo, la problematizzazione di ambiti che fin allora non si era neppure pensato di mettere in questione. L’ “universale”, di cui il pubblico si occupa criticamente continuava ad essere riservato al monopolio interpretativo delle autorità ecclesiastiche e statali, non solo dall’alto del pulpito, ma soprattutto in filosofia, letteratura e arte anche quando lo sviluppo del capitalismo già richiedeva per certe categorie sociali un comportamento orientato razionalmente in base a informazioni, e a sempre più numerose informazioni. Ma nella misura in cui le opere filosofiche e letterarie, le opere d’arte in genere, sono prodotte per il mercato e da esso mediate, questi beni culturali si avvicinano a quel genere di informazioni: in quanto merci, diventano, in via di principio, accessibili a tutti. II.5, p. 44 Lo stesso processo, che dà alla cultura la forma di merce e così soltanto la rende suscettibile di discussione, porta, in terzo luogo, all’impossibilità in principio di chiudere il pubblico verso l’esterno. Per quanto il pubblico si volesse porre come esclusivo, non poteva mai isolarsi del tutto e irrigidirsi in conventicola; infatti esso si concepiva e si trovava sempre in mezzo a un pubblico più vasto di tutti i privati che come lettori, ascoltatori e spettatori, fermo restando il presupposto della cultura e della proprietà, potevano impadronirsi tramite il mercato degli oggetti in discussione. II, 5, p. 44 Essi (gli excursus storici) possono attestare che la dimensione pubblica assume funzioni politiche nel corso del XVIII secolo, ma il tipo della funzione stessa può essere colto in pieno soltanto in quella fase specifica di sviluppo della società civile borghese in cui lo scambio delle merci e il lavoro sociale si emancipano largamente. III, 9, p.86. Il presupposto sociale di questa pubblicità borghese “sviluppata” è un mercato tendenzialmente liberalizzato, che fa delle relazioni nella sfera della riproduzione sociale – per quanto è possibile – un affare tra privati, e in questo modo, appunto, porta a termine la privatizzazione della società civile. III, 9, p.86. Dalla società civile al diritto Secondo l’idea che la società civile borghese ha di se stessa, il sistema della libera concorrenza è in grado di autoregolarsi; anzi, soltanto a condizione che nessuna istanza extraeconomica interferisca nei rapporti di scambio il sistema promette di funzionare nel senso del benessere di tutti e dell’equità, nella misura delle rispettive capacità individuali. La società determinata esclusivamente dalle leggi del libero mercato si presenta non solo come sfera sottratta al dominio ma anche, e soprattutto, libera dalla violenza; il potere economico di ciascun possessore di merci viene pensato all’interno di un sistema di grandezze nel quale esso non può esercitare nessun influsso sul meccanismo dei prezzi né quindi agire direttamente come potere su altri possessori di merci. III.11, p. 92 Limitazione delle competenze e legalismo sono quindi i criteri dello Stato di diritto borghese, amministrazione “razionale” e magistratura “indipendente” ne sono la premessa organizzativa. La legge stessa cui debbono attenersi esecutivo e magistratura deve essere egualmente vincolante per tutti; in linea di massima non deve permettere né dispense né privilegi. In ciò le leggi dello Stato corrispondono a quelle del mercato: entrambe non concedono eccezioni né al cittadino né al privato; sono oggettive, cioè non manipolabili dai singoli (il prezzo si sottrae all’influenza dei singoli possessori di merci); non si indirizzano a nessuno in particolare (il libero mercato vieta accordi particolari). III, 11, p. 93 Il diritto • Allo status libertatis, allo status civitatis e allo status famialiae subentra uno status naturalis, che ora viene attribuito generalmente a tutti i soggetti di diritto, il che corrisponde alla fondamentale uguaglianza dei possessori di merci sul mercato e degli uomini colti nella sfera pubblica. • Con le grandi codificazioni del diritto privato si sviluppa un sistema di norme che assicura, in senso stretto, una sfera privata, cioè il complesso di relazioni tra privati tendenzialmente liberate da oneri di ceto e di Stato. Anche se costruita come “potere”, l’attività legislativa deve essere lo sbocco non di una volontà politica, ma di un accordo razionale. III.11, p. 95 L’opinione pubblica, secondo le sue proprie finalità, non vuole essere un limite di potere o un potere, e neppure fonte di tutti i poteri. III.11, p. 95 Il “dominio” della sfera pubblica è, secondo l’idea che le è propria, un ordinamento in cui si dissolve la sovranità in generale: veritas non auctoritas facit legem. III.11, p. 96 I diritti fondamentali garantiscono quindi le sfere pubblica e privata (con la sfera intima come suo nucleo, garantiscono le istituzioni e gli strumenti del pubblico da un lato (stampa, partiti) e la base dell’autonomia privata (famiglia e proprietà) dall’altro; garantiscono infine le funzioni dei privati, sia quelle politiche nella loro qualità di cittadini, sia quelle economiche riferite agli stessi come possessori di merci (e, come “uomini, quelle della comunicazione individuale, per es. mediante il segreto epistolare). Kant In questo contesto si colloca la frase: «La vera politica non può dunque procedere di un passo senza aver prima reso omaggio alla morale; e quantunque la politica sia per se stessa una difficile arte, non è affatto un’arte l’unione di essa con la morale, poiché questa taglia il nodo che quella, non appena entrambe vengono a conflitto, non riesce a sciogliere» [I. Kant, Progetto per una pace perpetua (1795)]. IV, 1, 120. Kant La liberazione della minorità imputabile a se stessi è l’illuminismo. Rispetto al singolo esso definisce una massima soggettiva, cioè pensare con la propria testa; rispetto all’umanità in generale esso definisce una tendenza oggettiva, cioè il progresso verso un ordine perfettamente giusto. In entrambi i casi l’illuminismo deve essere mediato da un elemento pubblico. IV, 13, 121 Kant Il pubblico ragionante degli uomini si costituisce in pubblico dei «borghesi», dove ci si informa sugli affari della «comunità». IV, 13, p. 124 Questa sfera pubblica con funzioni politiche diventa nella «costituzione repubblicana» il principio organizzativo dello Stato di diritto liberale. Nel suo ambito si stabilisce la società civile come sfera di autonomia privata (ognuno deve poter cercare la “felicità” con i mezzi che gli sembrerebbero più opportuni). IV, 13, p. 124 Kant Le libertà civili sono garantite da leggi generali; alla libertà degli uomini corrisponde l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (abolizione di tutti i “diritti di nascita”). IV, 13, p. 124 La legislazione stessa si rifà alla «volontà del popolo che scaturisce dalla ragione», poiché le leggi hanno la loro origine empirica nel «pubblico accordo del pubblico che ragiona; per questo motivo Kant le chiama anche leggi pubbliche […]. IV, 13, p. 124 Filosofia della storia per Kant Kant scioglie questo dilemma in modo storico-filosofico. Anche senza l’aiuto degli individui interiormente liberi, si producono rapporti apparentemente liberi entro i quali la politica si risolve durevolmente in morale. Come è noto, Kant costruisce un progresso del genere umano e della sua costituzione sociale verso il meglio, dovuto alla semplice costrizione della natura, anche prescindendo da quello che gli uomini dovrebbero compiere secondo le leggi della libertà; Elementi problematici immanenti alla filosofia kantiana Nella filosofia politica di Kant si possono chiaramente distinguere due versioni. Quella ufficiale si avvale della costruzione di un ordinamento cosmopolitico generato solo dalla costrizione della natura e dal cui presupposto la dottrina del diritto può poi derivare le azioni politiche nella forma di azioni morali; L’altra versione della filosofia della storia, quella non ufficiale, parte dalla considerazione che la politica debba per prima cosa premere per l’instaurazione di uno stato di cose giuridico. Essa si avvale, perciò, della costruzione di un ordinamento cosmopolitico derivante allo stesso tempo dalla costrizione naturale e dalla politica morale. Hegel La scienza per Hegel ricade al di fuori del campo dell’opinione pubblica. Ma il suo esame del carattere insieme anarchico e antagonistico di questo sistema dei bisogni distrugge decisamente le finzioni liberali sulle quali riposa la nozione di sé dell’opinione pubblica come semplice ragione. Tuttavia Hegel scopre la profonda scissione della società civile, che « non soltanto non elimina l’ineguaglianza posta dalla natura…ma l’innalza a ineguaglianza dell’abilità, della ricchezza e persino dell’educazione intellettuale e morale» IV, 14, p. 137 Sull’ambiguità della società civile in Hegel L’opinione pubblica ha la forma del buon senso umano, è diffusa fra il popolo sotto la specie dei pregiudizi, ma rispecchia ancora in questa confusione, «i veri bisogni e le rette tendenze della realtà». Essa giunge alla coscienza di se stessa nell’assemblea dei ceti, quando cioè i ceti professionali della società civile sono chiamati a partecipare alla legislazione. «La dimensione pubblica dell’assemblea dei ceti» non serve perciò a collegare le discussioni parlamentari con il dibattito politico del pubblico che criticava e controllava il potere dello Stato. Essa è piuttosto il principio dell’integrazione dei cittadini dall’alto. •IV, 14, p. 139. Hegel Hegel disattiva l’idea di sfera pubblica borghese, poiché la società anarchica e antagonistica non rappresenta la sfera, emancipata dal dominio e neutrale rispetto al potere, dell’insieme dei rapporti dei privati autonomi, sulla cui base un pubblico di privati poteva volgere l’autorità politica in autorità razionale. Anche la società civile non può fare a meno del dominio; anzi proprio in misura della sua naturale tendenza alla disorganizzazione essa esige l’integrazione da parte del potere politico. IV, 14, p. 141 Marx denuncia l’opinione pubblica come falsa coscienza; essa nasconde anche a se stessa il suo vero carattere di maschera dell’interesse di classe borghese. La sua critica dell’economia poltica investe di fatto i presupposti sui quali poggiava la nozione di sé della sfera pubblica con funzioni politiche. Di conseguenza il sistema capitalistico, lasciato a se stesso, non può riprodursi senza crisi, come “un ordinamento naturale”. IV, 14, p. 143. Questa critica distrugge tutte le finzioni alle quali si richiama l’idea della pubblicità borghese. Mancano palesemente e innanzi tutto i presupposti sociali per la parità delle occasioni, perché ognuno possa raggiungere, con l’abilità e la fortuna , lo status di proprietario e con ciò i requisiti di un privato ammesso alla sfera pubblica:possesso e cultura. IV, 14, p. 143 Già con dieci anni di anticipo Marx intuisce le prospettive di questa evoluzione: nella misura in cui gli strati non-borghesi irrompono nella sfera pubblica politica e si impossessano delle sue istituzioni, partecipano alla stampa, ai partiti, al parlamento, l’arma della pubblicità, forgiata dalla borghesia, rivolge la sua punta contro la borghesia stessa. IV, 14, 146 La sfera pubblica che ora deve mediare queste esigenze, diventa il campo di concorrenza degli interessi nelle forme più rozze della controversia violenta. Le leggi emanate “sotto la pressione della piazza”, possono difficilmente essere ricondotte al consenso ragionevole di privati che discutono pubblicamente: esse corrispondono, più o meno apertamente, al compromesso di interessi privati concorrenti. IV, 15, p.151 Mill Mill si lamenta del“giogo dell’opinione pubblica” , dei “mezzi di costrizione morale dell’opinione pubblica” e la sua grande arringa On liberty si indirizza già contro il potere della sfera pubblica, che fino allora aveva avuto il valore di garanzia della ragione contro ogni potere in generale. Il dominio dell’opinione pubblica appare come il dominio dei molti e dei mediocri. IV, 15, p. 155. Tocqueville lamenta l’annientamento dei vecchi pouvoirs intermédiaires e chiede la creazione di nuovi poteri intermedi, per inserire efficacemente l’opinione pubblica nella divisione e limitazione dei poteri; Mill lo chiamò, per tale motivo, il “Montesquieu del nostro tempo”. La borghesia non più liberale, convertendosi al liberalismo, si rifà alle garanzie delle istituzioni preborghesi: a questi diritti di resistenza delle libertà di ceto che sono essenzialmente diversi dalle libertà sancite dai diritti borghesi dell’uomo. IV, 15, p.158. A partire dalla grande depressione, che ha inizio nel 1873, si conclude l’era classica del liberalismo, con un visibile rivolgimento anche degli indirizzi di politica economica. Lentamente tutti i paesi capitalistici avanzati sacrificano a un nuovo protezionismo i sacri principi del free trade cui, del resto, la sola Inghilterra si era attenuta senza tentennamenti, grazie alla propria supremazia sul mercato mondiale. Parallelamente si rafforza la tendenza alla concentrazione oligopolistica sui mercati interni, soprattutto nelle industrie – chiave. V, 16, 164 Lo Stato interviene in profondità nella sfera dello scambio di merci e del lavoro sociale mediante leggi e provvedimenti, poiché i contrastanti interessi delle forze sociali si convertono in dinamica politica e si ripercuotono nella propria sfera attraverso la mediazione dell’interventismo statale. V, 16, 170 Il momento pubblicistico dell’interesse pubblico si collega a quello privatistico della formulazione del contratto nella misura in cui, con la concentrazione del capitale e l’intervento statale, dal processo della reciproca socializzazione dello Stato e dalla statalizzazione della società emerge una nuova sfera. Questa non può essere ragionevolmente concepita né come meramente privata né come genuinamente pubblica e neppure può essere assegnata in maniera inequivocabile al campo del diritto privato e di quello pubblico. V, 16, p. 175 Il cosiddetto comportamento nel tempo libero è apolitico già per il fatto che, inserito com’è nel ciclo della produzione e del consumo, non è in grado di costituire un mondo emancipato dalle necessità quotidiane immediate. Se il tempo libero resta legato al tempo di lavoro come suo completamento, esso assicura solo il prolungamento della cura degli affetti privati di ognuno e non si converte in comunicazione pubblica dei privati fra loro. V, 18, 185 Le forme borghesi della socievolezza hanno trovato nel corso del nostro secolo, dei sostituti ai quali, malgrado tutte le molteplici differenze regionali e nazionali, è tendenzialmente comune una cosa: l’astensione dal dibattito politico letterario. Per esempio, la discussione sociale dei singoli cede il campo alle attività di gruppo a carattere più o meno facoltativo. […] le group activities non creano pubblico. Nel frequentare insieme il cinema, nell’ascoltare in comune trasmissioni radiofoniche o televisive non resta più nulla del rapporto caratteristico della privatezza riferita al pubblico: la comunicazione del pubblico culturalmente critico dipendeva dalle letture che venivano compiute nel ritiro della sfera pubblica privata. Invece, le attività del tempo libero di un pubblico di consumatori culturali hanno luogo anche in un clima sociale e senza neppure il bisogno di avere un seguito nella discussione. V, 18, 188 Tuttavia il grado di concentrazione economica e di ordinamento tecnologico-organizzativo nell’industria della stampa è basso a paragone con i nuovi mezzi di comunicazione del XX secolo: radio, cinema televisione. Il fabbisogno di capitale è così ingente e la potenza pubblicistica così minacciosa, che in alcuni paesi, l’organizzazione di questi mezzi è stata assunta, sin dall’inizio dallo Stato in forma di gestione diretta o di controllo. VI, 20, p. 216