Corso di
Economia dello Sviluppo Internazionale
Lezione 15
LA CRISI ATTUALE E LE PROSPETTIVE DELLO SVILUPPO (3):
NASCITA, SVILUPPO (E CRISI?) DEL LIBERISMO
Pier Giorgio Ardeni
Dipartimento di Scienze Economiche
Riferimenti essenziali


Jason Hickel, A short history of neoliberalism (an how e
can fix it), New Left Project, 10 April 2012
Intervista di Tom Mills a Mark Blyth sulle politiche
dell'austerità (Agosto 2013)
Sulle origini del liberismo odierno
Grande Depressione (dal 1929 al 1936): crescita della
produttività e diminuzione dei salari. Crisi finanziaria porta a
crisi del sistema bancario, crisi monetaria, investimenti
crollano, risparmi crollano, crisi di sovra-produzione
esacerbata da bassi redditi e bassissimi consumi (domanda).
 La soluzione di consenso fu: intervento dello Stato per
stimolare la domanda aggregata (politiche keynesiane),
ovvero aiuti all'economia per aumentare salari e garantire
sussidi e servizi (circolo "virtuoso")
 Dopo la guerra: boom economico (aumento produzione,
produttività, aumento dell'offerta di beni di largo consumo e
di massa, consumismo, aumento del reddito, etc)
 Crisi 1973-79: stagnazione + inflazione, poi ristrutturazione
industriale, ma non c'è consenso sulle soluzioni.

Sulle origini del liberismo odierno
Secondo i conservatori (“liberisti”): tasse troppo alte, troppe
regole e norme restrittive, spesa pubblica troppo alta, salari
troppo alti, sindacati troppo forti
 Secondo i liberali (“progressisti”): tassi di interessi e crisi di
bilancia dei pagamenti provocano crollo del dollaro, alti prezzi
del petrolio, inflazione. Ristrutturazione industriale a spese
del lavoro, capitale e profitti “rivogliono” la loro ampia quota.
 Quota del reddito da lavoro raggiunse livelli mai avuti prima
(fino a 50% del reddito nazionale) – top 1% reddito scese in
USA da 16% a 8%
 Come si uscì dalla crisi: aumentando il tasso di sconto (fino al
20%!!!), restringendo base monetaria recessione,
disoccupazione (via al taglio del lavoro e della quota salari,
non dei profitti).

Sulle origini del liberismo odierno

Poi venne la supply-side economics: incentivare l'offerta, a
vantaggio di capitalisti e industriali, ridurre tasse su top
redditi e capitali, deregulation del settore finanziario [Reagan,
Greenspan, Thatcher]
Figura: salari
reali e produttività
negli USA
Sulle origini del liberismo odierno

I compensi dei manager sono aumentati del 400% (negli anni
'90) mentre i salari sono aumentati di meno del 5% (e il
salario minimo è diminuito del 9%)
Figura: Quote
del reddito
nazionale USA
Affermazione del liberismo
Il liberismo viene dalla cosiddetta “dottrina” del laissez-faire:
solo un capitalismo dove i mercati sono liberi di agire otterrà
la massimizzazione dei profitti (per i produttori) e della
soddisfazione (per i consumatori). Non andrebbe confuso con
liberalismo, che è la filosofia politica liberale (che enfatizza
l'importanza delle libertà individuali e della democrazia).
 Il liberalismo economico – propugnato da Adam Smith e dagli
economisti “classici” - è alla base del liberismo, anche se vi si
riconosce anche il pensiero del liberalismo sociale che ha
ispirato J.M. Keynes e anche l'approccio socialdemocratico
all'economia.
 Il neo-liberismo, come viene anche definito il liberismo
odierno, ha fondamenta liberali ma si ispira direttamente al
liberismo classico.

Affermazione del liberismo
Negli anni '70, i liberisti guadagnarono terreno in quanto la
crisi economica provocò alta inflazione e un'eccessiva
espansione della spesa pubblica (e quindi del prelievo fiscale,
da una parte, e del debito, dall'altra) .
 L'alta inflazione fu addebitata non solo all'alto costo delle
materie prime ma alla pressione salariale per via
dell'eccessivo potere dei sindacati (ma si era vicini alla piena
occupazione)
 La spesa pubblica e la vasta presenza dello Stato in economia
furono invece viste come causa di inefficienza e di freno alla
libertà di impresa e alla libera contrattazione tra capitale e
lavoro: se il capitale è lasciato “libero”, si disse, l'intera
economia ne beneficerà (trickle from top down)

Affermazione del liberismo
Nella realtà, però, non vi è stato alcun tricke-down: i ricchi
sono diventati più ricchi, i poveri sono rimasti poveri (e sono
aumentati in numero), la classe media si è ridotta.
 Poi è venuta la globalizzazione e i policy makers democratici
(di destra e di sinistra) si sono stretti nelle spalle dicendo:
“che ci possiamo fare? Se vogliamo competere con le
economie emergenti dobbiamo ridurre il costo del lavoro”
 I redditi da lavoro tra gli anni '90 e i primi del 2000 sono
rimasti fermi o sono calati (in tutte le economie avanzate)
mentre i redditi da capitale e i profitti hanno continuato a
crescere … come mai?
 Ma come si è affermato il liberismo se la maggioranza non ne
ha beneficiato?

Affermazione del liberismo
Parcellizzazione del lavoro e precarizzazione del lavoro,
assieme a crescita dei servizi hanno portato alla diminuzione
del lavoro operaio e di grandi imprese diminuzione influenza
sindacati
 Le sinistre hanno preso le distanze dal "modello sovietico"
dopo il crollo del muro, gettando però alle ortiche anche il
"buono" del socialismo (egualitarismo, protezione per le classi
popolari, solidarismo, etc)
 Si è passati da una società di soggetti e classi ad una di
individui che da cittadini divengono consumatori, sulla base
di una ideologia della "libertà" individuale contrapposta allo
stato massificante e onnipresente (passata la sbornia
egalitaria … ma l'individuo si influenza più facilmente)

Affermazione del liberismo
Il neo-liberismo sulla scena internazionale:
 politiche monetarie restrittive “per controllare
l'inflazione” (in realtà per stringere la domanda),
 tagli della spesa pubblica per diminuire l'onere del debito
e anche il prelievo fiscale (però, tagliando la spesa
sociale),
 Flessibilizzazione del lavoro, perché le imprese possano
assumere “di più e più rapidamente” e licenziare più
facilmente (altrimenti rallentando l'economia)
 Conseguenze diffuse sono state: aumento di povertà e
indigenza, stagnazione di economie generalmente
statalistiche crisi del debito estero, intervento delle IFI,
piani di aggiustamento strutturale, "condizionalità"
Affermazione del liberismo
Indice del reddito procapite in America latina
Affermazione della (idea di)
austerità, ovvero riduzione della spesa pubblica
Consolidamento fiscale prende il nome di "austerità" quando
avviene in condizioni di mancata crescita del PIL, con tagli alla
spesa pubblica e riduzione del welfare
 Due versioni nel dibattito accademico (entrambe in favore
dell'austerity): 1) troppo debito rallenta la crescita; 2)
consolidamento fiscale espansivo, un ossimoro!
 Critica: come si fa a ridurre il debito se si riduce la spesa
pubblica (domanda aggregata) e quindi il reddito? Il debito va
ridotto quando il reddito aumenta, non quando diminuisce...!
 “No, ci sarà crowding out!” Ma nella realtà succede il
contrario! Investimenti pubblici tirano quelli privati,
l'economia riparte.
 Nel 2008 un fatto nuovo: gli Stati sono intervenuti per il bailout di banche e finanza... ma il debito pubblico è aumentato!

Affermazione della (idea di)
austerità, ovvero riduzione della spesa pubblica
Quale è stata la reazione? “Ehi, il vostro debito pubblico è
enorme! Dovete tagliare la spesa pubblica!!!” (in realtà il
debito non era alto per quello e poi per quale spesa)
 Come andavano le cose in Europa: Germania e Paesi del nord
vendevano ai Paesi del sud. Con quei soldi compravano i loro
titoli di Stato molto redditizi. I Paesi del sud acquistavano beni
del Nord con i soldi ricevuti dai titoli...
 Ma se il credito collassa... tutto si blocca
 La spesa pubblica contribuisce all'aumento del debito se...
 Vendere i beni di Stato e privatizzare aiuta forse a diminuire il
debito? No! Però lo stato fa “cassa”... ma quanto?
 Più i mercati sono liberi, con meno Stato, più l'economia
tornerà a crescere e ciò porterà a riduzione del debito...

Affermazione della (idea di)
austerità, ovvero riduzione della spesa pubblica
L'occasione è stata ghiotta per i neo-liberisti. Anche se la crisi
ha avuto origini finanziarie (per comportamenti spregiudicati,
per giunta, come la storia dei sub-prime), il suo effetto
sull'economia è stato pesante, come quello sul mercato
bancario e del credito
 Per salvare le banche e impedire il congelamento del mercato
del credito, gli Stati sono intervenuti... ma sono anche
intervenuti per tamponare gli effetti della crisi. Salvate le
banche, la crisi si è spostata sul debito sovrano (accumulato
per l'alta spesa pubblica corrente e passata), che è divenuto
l'anello debole dei mercati finanziari
 Ma la crisi valutaria latente, dovuta agli squilibri di bilancia dei
pagamenti e commerciale di vari paesi, si è riverberata sui
mercati finanziari, penalizzando i debiti sovrani

Affermazione della (idea di)
austerità, ovvero riduzione della spesa pubblica
Ovunque si sono quindi invocate riduzioni della spesa
pubblica con riduzione della spesa sociale (“austerità”) e dei
consumi pubblici
 Ma si sono anche invocate misure che rilanciassero
l'economia, puntando tutto sul lato dei costi di produzione,
piuttosto che sulla domanda o sulla qualità dell'offerta
 Si è quindi invocata una generalizzata maggiore e più
dinamica flessibilizzazione del lavoro, per consentire alle
imprese di mobilitarsi rapidamente
 Gli effetti della globalizzazione e della “divisione
internazionale del lavoro” in profondo mutamento sono stati
così interpretati in chiave di sola riduzione dei costi

Crisi del liberismo?
Negli ultimissimi anni, l'austerità non sembra però aver
prodotto i frutti sperati dai neo-liberisti e si è parlato di crisi
del neo-liberismo. Ma davvero il liberismo è in crisi?
 Il neo-liberismo ha finito per essere identificato con il
capitalismo non regolato (e fuori controllo), con lo strapotere
delle multinazionali, con le organizzazioni finanziarie
internazionali (che operano su base non democratica) che
governano sui paesi e esercitano pressioni su governi
democraticamente eletti
 Il neo-liberismo ha invocato le politiche di austerity che, come
era facile prevedere, non hanno portato gli effetti voluti (di far
ripartire il reddito, diminuendo la spesa pubblica). Ma questo
non comporta necessariamente alla crisi del liberismo

Crisi del liberismo?
Si parlò già di crisi del neo-liberismo all'indomani della crisi
finanziaria del 2008-2009. Poi, grazie all'intervento statale
(con stimoli e regolamentazioni) la crisi finanziaria è passata,
anche se i suoi effetti si sono diffusi all'economia reale. Il
pensiero neo-liberista è addirittura “passato al contrattacco”
sostenendo che l'uscita dalla crisi avrebbe dovuto passare per
ulteriori de-regolamentazioni, liberalizzazioni, riduzione della
spesa pubblica e flessibilizzazione del lavoro.
 Si sono allora invocate politiche di austerity (riduzione della
spesa sociale), di liberalizzazione del mercato del lavoro e di
diminuzione delle “rigidità” del lavoro per rilanciare
l'economia e ridurre il peso del debito sovrano

Crisi del liberismo?
I neo-liberisti sostengono che il lungo periodo di crescita
vissuto dall'economia mondiale dalla fine degli anni '80 al
2007 è stato dovuto alle politiche inaugurate da Reagan e
Thatcher e poi accolte ovunque di minore regolamentazione,
meno Stato in economia, privatizzazioni, liberalizzazioni dei
mercati e dei prezzi, flessibilizzazione del lavoro
 In realtà, sono stati forse più la globalizzazione e le tecnologie
informatiche e delle comunicazioni a portare alla
liberalizzazione dei mercati e alla crescita delle economie
emergenti. Certo, le politiche neo-liberiste hanno
accompagnato questa crescita del reddito che è però andata
soprattutto a vantaggio di una parte sempre più minoritaria
della popolazione

Scarica

Lezione 15 slides