CONTROLLO PER LA
SICUREZZA E LA QUALITÀ
DEGLI ALIMENTI
INTRODUZIONE
Obiettivo di qualsiasi industria alimentare deve essere la produzione,
trasformazione e commercializzazione di prodotti alimentari in grado di
soddisfare i requisiti basilari della sicurezza igienico-sanitaria e le richieste
del mercato.
Denunce di casi di malattia di origine alimentare sono sicuramente
disastrose per le industrie in quanto comportano perdite di immagine e di
credibilità, di clientela e quindi di fatturato.
Oggi sono disponibili tecnologie necessarie per risolvere il problema della
sicurezza, la qualità e la conservabilità degli alimenti, tra i quali i sistemi
HACCP, LISA, Qualità e Total Quality Management.
I SISTEMI DI CONTROLLO
Fino agli anni ’70 la sicurezza dei prodotti alimentari veniva garantita
attraverso il sistema retrospettivo, basato sulla trilogia “analisi-controlliinterventi”.
Venivano analizzati campioni di prodotto finito allo scopo di individuare
l’eventuale presenza di markers di patogenicità e/o di danno per la salute
del consumatore.
Tale strategia si è rivelata inefficace in campo preventivo per i seguenti
motivi:
 Impossibilità e/o difficoltà a risalire alle cause che hanno provocato il
difetto
 Impossibilità di un controllo su tutti i lotti
 Distribuzione non omogenea dei microrganismi nell’alimento
 Costi elevati per controllare tutta la produzione
 Inaccuratezza ed imprecisione dei metodi di analisi
I SISTEMI DI CONTROLLO
L’attuale strategia della sicurezza alimentare si basa su metodologie di
intervento integrato ed articolato, secondo un sistema prospettivo basato
sulla trilogia “interventi-controlli-analisi”.
Il fine è quello di :
 Limitare la contaminazione attraverso la selezione di idonee materie
prime e l’applicazione di appropriate misure igieniche durante la
lavorazione
 Arrestare la moltiplicazione microbica durante la lavorazione, la
conservazione e la distribuzione attraverso il controllo dei fattori che
condizionano la crescita dei microrganismi
 Eliminare organismi indesiderati attraverso procedure di risanamento
I SISTEMI DI CONTROLLO
Le attività fondamentali dei sistemi di controllo prospettivi
comprendono:

Programmazione (plan) - definire gli obiettivi che si vogliono
raggiungere, le modalità, le tecniche e le procedure per conseguirli

Azione (do) - operare secondo le modalità e le procedure previste

Verifica (check) - stabilire se i risultati raggiunti sono conformi agli
obiettivi

Intervento (act) - riportare il sistema sotto controllo nel caso si
riscontrino delle non conformità.
I SISTEMI DI CONTROLLO
Ne deriva che tali sistemi non solo sono sistemi di prevenzione che
consentono di evitare che danni dovuti a carenze igieniche si
verifichino per la prima volta (per questo è necessaria la
programmazione), ma anche:

Sistemi di allerta che evitano l’uscita dall’azienda di prodotti non
conformi (verifica ed intervento)

Sistemi di apprendimento che permettono di imparare dagli errori
(evitare che i danni verificatisi una prima volta continuino a
prodursi)

Sistemi flessibili, applicabili a qualsisai tipo di industria
indipendentemente dalla dimensione e dalla complessità della
struttura controllata.
I SISTEMI DI CONTROLLO
TAPPE FONDAMENTALI
A.
B.
C.
Analisi del rischio
Intervento in caso di rischio
Valutazione dell’efficacia del sistema
ANALISI DEL RISCHIO
Consiste nell’esame sistematico di un prodotto alimentare,
delle sue materie prime e dei suoi ingredienti per determinare
i rischi di natura biologica, chimica e fisica e definire le
necessarie misure preventive.
Richiede
1.
Identificazione di un pericolo per la salute
2.
Valutazione delle probabilità di comparsa del pericolo
(rischio)
3.
Gestione del pericolo attraverso opportuni interventi
preventivi e correttivi
1 - IDENTIFICAZIONE DEL PERICOLO
PERICOLO : qualsiasi “proprietà” dell’alimento che lo rende
insicuro per il consumo umano costituendo un rischio inaccettabile
per la salute del consumatore.
CLASSI DI PERICOLO :
 Biologico
 Chimico
 Fisico
L’identificazione del pericolo presuppone anche la valutazione della
gravità delle conseguenze derivanti dall’esposizione a quel
determinato pericolo.
2 - VALUTAZIONE DEL RISCHIO
RISCHIO : probabilità che un pericolo si realizzi e/o si manifesti e
porti all’insorgenza dell’evento indesiderato (malattia).
Consiste in una stima scientifica degli effetti di danno reali o
potenziali per la salute derivante dall’esposizione umana a pericoli
di origine alimentare.
Costituisce l’elemento chiave per arrivare alla gestione del rischio
in quanto, consentendone la tipizzazione e la quantificazione,
permette di predisporre interventi, linee guida, raccomandazioni
che lo riducano ai livelli più bassi possibili o comunque che lo
contengano entro valori di accettabilità.
2 - VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Una volta definito il profilo quali-quantitativo, la valutazione del
rischio prevede una sua classificazione per creare una scala di
priorità.
La classificazione dei rischi può essere effettuata in diversi modi:
1.
In funzione del tipo di alimento
2.
In funzione delle possibili conseguenze
3.
Secondo il modello del National Advisory Committee on
Microbiological Criteria for Food.
CLASSIFICAZIONE IN FUNZIONE DEL TIPO DI
ALIMENTO
1° GRUPPO : alimenti che offrono un’ampia opportunità di crescita di
patogeni anche dopo il processo di risanamento (es.latte pastorizzato).
2° GRUPPO : alimenti che, per caratteristiche intrinseche, sono poco
soggetti a proliferazione microbiologica (es. frutta acida).
3° GRUPPO : prodotti nei quali è improbabile che si verifichi una
proliferazione microbiologica in quanto attraverso trattamenti tecnologici
è stato attuato un controllo del pH, dell’acqua libera o è stata potenziata la
protezione intrinseca antimicrobica (es.conserve). Solo cambiamenti
drastici di processo o distribuzione possono costituire un rischio.
CLASSIFICAZIONE IN FUNZIONE DELLE
POSSIBILI CONSEGUENZE
1A CLASSE : esistenza di una realistica probabilità che il consumo del
prodotto provochi malattie gravi con conseguenze serie o morte del
paziente (es.alta carica batterica).
2A CLASSE : esistenza di una bassa probabilità che il consumo del
prodotto provochi malattie gravi con conseguenze serie o morte del
paziente (es.bassa carica batterica).
3A CLASSE :sviluppo di una situazione senza conseguenze per la salute.
MODELLO DEL NATIONAL ADVISORY
COMMITTEE ON MICROBIOLOGICAL
CRITERIA FOR FOOD
Suddivide gli alimenti in 6 classi (A-F) in funzione della possibile
presenza di pericoli e in 6 categorie (0-VI) in funzione dei rischi.
MODELLO DEL NATIONAL ADVISORY
COMMITTEE ON MICROBIOLOGICAL CRITERIA
FOR FOOD
CLASSI A-F
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Prodotti non sterili destinati a gruppi di popolazione suscettibili
alle
infezioni/intossicazioni
(bambini,
anziani,
malati,
immunocompromessi, gravidanza)
Prodotti costituiti da ingredienti associati ad alto rischio biologico
Prodotti trattati con processi che non sterilizzano
Prodotti soggetti a ricontaminazione tra processo ed imballaggio
Prodotti soggetti a ricontaminazione per manipolazione impropria
al momento della distribuzione/consumo
Prodotti non sottoponibili a trattamento termico finale dopo
confezionamento o nella fase di utilizzo domestico
MODELLO DEL NATIONAL ADVISORY COMMITTEE
ON MICROBIOLOGICAL CRITERIAL FOR FOOD
CATEGORIE 0-VI
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
0
Categoria speciale che si applica ai prodotti non sterili destinati a
soggetti a rischio
Prodotti alimentari con 5 classi generali di pericolo
Prodotti alimentari con 4 classi generali di pericolo
Prodotti alimentari con 3 classi generali di pericolo
Prodotti alimentari con 2 classi generali di pericolo
Prodotti alimentari con 1 classe generali di pericolo
Nessuna classe di rischio
3 - GESTIONE DEL RISCHIO
Mira a stabilire le regole per ridurre un rischio valutato, a
selezionare e porre in atto le strategie necessarie per il suo
controllo.
Ha l’obiettivo di rendere minima, attraverso procedure di
sicurezza, la probabilità di esposizione al rischio.
È la componente dell’analisi del rischio che permette di
giungere all’individuazione di norme e procedure di
controllo.
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
Processo interattivo di scambio di informazioni e di opinioni sui
rischi tra esperti (di valutazione, gestione, ecc…) ed altre parti
interessate (individui, gruppi, istituzioni).
Riguarda non solo argomenti strettamente inerenti la natura del
rischio, ma anche dubbi e/o reazioni a messaggi sul rischio e/o a
provvedimenti legali e istituzionali intrapresi per la sua gestione.
Deve basarsi su messaggi chiari e comprensibili, finalizzati a fornire
all’individuo elementi di giudizio e a creare una coscienza alimentare
per il consolidamento di un corretto, igienicamente salutare ed
adeguato modo di alimentarsi (ruolo attivo del consumatore
nell’insorgenza di episodi tossinfettivi).
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
Gli scienziati definiscono i rischi considerandone la natura, la
probabilità che si verifichino e il numero di persone che possono
essere coinvolte.
I cittadini, invece, risultano maggiormente colpiti dagli attributi
qualitativi : se il rischio è assunto in modo volontario, se è
controllabile dall’uomo, se è necessario e inevitabile o se esistono
alternative più sicure, se è familiare o esotico, se è di natura
tecnologica, se rischi e benefici sono distribuiti imparzialmente,ecc…
Più che il rischio stesso, dunque, sono le caratteristiche sociali,
culturali e individuali dei destinatari a determinarne la percezione.
FATTORI CHI INFLUENZANO LA PERCEZIONE DEL
RISCHIO











Volontarietà dell’esposizione
Controllabilità
Chiarezza dei benefici
Fonte ed origine del rischio
Familiarità
Impatto sui bambini
Incertezza scientifica
Comprensione
Spaventosità delle conseguenze
Fiducia
Attenzione dei media
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
L’ambito di lavoro della comunicazione del rischio riguarda proprio
questo divario esistente che separa la descrizione scientifica dei
rischi, in costante evoluzione, dalla percezione pubblica degli stessi.
Il settore alimentare, in particolare, presenta ancora numerosi
problemi nella comunicazione del rischio, come evidenziato dal
desiderio dei consumatori di conoscere la verità sugli episodi di
malattie alimentari, dalle preoccupazioni sulla sicurezza alimentare,
sugli additivi e sulle procedure di lavorazione.
In tal senso, si rendono indispensabili maggiori sforzi per migliorare
il processo di comunicazione del rischio alimentare.
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
TAPPE DA SEGUIRE NELLA PREDISPOSIZIONE DI UN
INTERVENTO DI COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
A.
B.
C.
D.
Conoscere i destinatari (chi sono, come sono, che cosa li
interessa)
Scegliere i canali di comunicazione (opuscoli, conferenze, media,
ecc…)
Presentare le informazioni nel modo migliore

Individuare i messaggi chiave

Preparare sussidi audiovisivi efficaci

Gestire le situazioni ostili in modo efficace

Concludere in maniera incisiva
Valutare l’efficacia
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
REGOLE CARDINALI DELLA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Rendere il pubblico informato, non destare preoccupazioni o
modificare i fatti
Pianificare obiettivi, audience e canali di comunicazione
Ascoltare le specifiche preoccupazioni del pubblico
Fiducia e credibilità sono fondamentali per il pubblico
Collaborare con fonti credibili
Andare incontro ai bisogni dei media
Parlare chiaro e con compassione
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
ERRORI DA EVITARE NELLA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Apparire impreparati
Trattare le questioni in modo superficiale ed improprio
Scusarsi per se stesso e per la propria azienda/associazione
Non conoscere informazioni note
Usare in modo non professionale i supporti audiovisivi
Non coinvolgere i partecipanti
Non stabilire un rapporto
Apparire disorganizzati
Presentare un contenuto errato
COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
La comunicazione del rischio non è un processo volto
a manipolare l’opinione pubblica ma a permettere che
le decisioni politiche e le discussioni pubbliche si
basino sulle migliori informazioni disponibili.
Una comunicazione efficace del rischio, aumentando
il grado di comprensione di particolari problemi ed
interventi e assicurando le persone coinvolte di essere
adeguatamente informate, nei limiti delle conoscenze
disponibili, aiuterà a ripristinare il livello di fiducia
nelle politiche di sicurezza alimentare.
LA STRATEGIA LISA
LISA = Assicurazione di Sicurezza Integrata e Longitudinale
È una strategia di controllo che segue il prodotto alimentare a partire
dalle materie prime fino al piatto del consumatore.
Si basa sul principio secondo cui la responsabilità dell’attuazione dei
controlli deve essere condivisa fra tutti i settori che in modo sequenziale
caratterizzano la filiera alimentare.
Presuppone il coinvolgimento, nel processo di prevenzione, del settore
agricolo e zootecnico, i macelli, le macchine e le tecnologie dell’azienda
di trasformazione, deposito e distribuzione ed anche tutto il settore
industriale che ruota attorno alla produzione alimentare, occupandosi di
mangimi, farmaci, concimi e pesticidi.
LA STRATEGIA LISA
FONDAMENTI
IDENTIFICAZIONE dei punti microbiologicamente critici lungo la
linea di lavorazione
ELIMINAZIONE di tutti i pericoli identificati lungo la filiera attraverso
il rispetto delle “buone pratiche di produzione e distribuzione” (GMPD)
VALIDAZIONE del programma GMPD attraverso l’analisi del rischio;
controllo dei punti critici, valutazione dell’efficacia delle misure di
controllo
INTRODUZIONE di un sistema di monitoraggio che consenta rapide
correzioni e rettifiche in caso di errori accidentali o carenze del processo
CONFRONTO fra i dati ottenuti dal monitoraggio e quelli definiti
predittivamente (standard) sulla base di valutazioni di campioni ottenuti
in condizioni ottimali (best-case scenario)
LA STRATEGIA LISA
La strategia LISA segue ogni singolo passo della filiera
alimentare (raccolta delle materie prime, costruzione e
manutenzione delle attrezzature, trattamenti per la
conservazione, strategie per formazione degli addetti al settore,
ecc…).
La strategia LISA segue un programma che si articola in sette
punti e viene indicato come il “Metodo delle sette P”.
LA STRATEGIA LISA
METODO DELLE SETTE “P”
P1 PROMUOVERE
Assicurare i presupposti e gli strumenti per il rispetto
della GMPD (progettazione degli ambienti di lavoro)
P2 PROCURARE
Garantire materie prime ed ingredienti di ottima qualità
P3 PROCESSARE
Introdurre trattamenti chimici o fisici appropriati per il
risanamento (es.sterilizzazione,additivi)
P4 PRESERVARE
Strategie per la corretta conservazione degli alimenti
P5 PERSONALE
Formare, coinvolgere e motivare il personale
P6 POSTControlli sui prodotti, identificazione e correzione di
LAVORAZIONE eventuali errori
P7 PUBBLICO
Considerare e comprendere le preoccupazioni del
consumatore per certi aspetti della sicurezza alimentare
IL SISTEMA QUALITÀ
Struttura organizzativa, procedure, processi e risorse necessarie
ad attuare la gestione della qualità.
È finalizzato ad ottenere il controllo di ogni aspetto del ciclo
produttivo che concorre a determinare la qualità del prodotto
finale e a garantire la soddisfazione del cliente.
Prevede un sistema integrato di strumenti, tecniche e
formazione con coinvolgimento, in una piramide di
responsabilità, dell’intera struttura aziendale, dalla direzione a
tutte le maestranze.
QUALITÀ
Q=
Prestazioni aziendali
Bisogni del cliente
1
Q = 1  cliente soddisfatto (le prestazioni sono esattamente
corrispondenti alle sue attese).
Q > 1  cliente piacevolmente sorpreso (il servizio ricevuto è per
qualche aspetto superiore alle sue attese).
Q >>1  il cliente non percepisce più le prestazioni aggiuntive (si ha
uno spreco perché le prestazioni superano di di molto le attese).
Q < 1  il cliente avverte un senso di disagio nel caso in cui lo
scostamento sia lieve, mentre dimostra profonda insoddisfazione
quando l’entità dello scostamento è maggiore.
I COSTI DELLA QUALITÀ
COSTI DI PREVENZIONE : attività e risorse dedicate a prevenire
l’insorgere della non qualità (studio, analisi, ricerca, procedure di
qualità, formazione ed addestramento del personale, controlli, ecc…).
COSTI DI VALUTAZIONE : attività e risorse dedicate a verificare il
rispetto delle norme e delle procedure (raccolta dati, elaborazione
statistica e valutazione, ispezioni e verifiche, controlli e rilevazioni della
qualità percepita dal cliente).
COSTI DELLA NON QUALITÀ : attività e risorse dissipate per non
aver fatto bene le cose la prima volta ( ricerca errori, disservizi, mancate
vendite, gestione dei reclami, assistenza ai clienti, penalizzazioni, oneri
finanziari, campagne promozionali di recupero).
LA QUALITÀ
QUALITÀ TECNICA : che cosa viene fornito a fronte di un certo prezzo ( oggetto
della transazione tra erogatore del servizio e cliente utilizzatore)
QUALITÀ RELAZIONALE : come viene fornito il servizio (aspetti comunicazionali
e relazionali della transazione)
QUALITÀ AMBIENTALE : dove il cliente riceve il servizio (strutture immobiliari,
mobiliari, impianti, ecc…)
QUALITÀ IMMAGINE : da chi il cliente riceve il servizio (credibilità, rinomanza,
leadership, prestigio, esclusività, visibilità, ecc..)
QUALITÀ ECONOMICA : quanto spende il cliente per ottenere la soddisfazione dei
propri bisogni e quanto spende l’azienda per assicurare la soddisfazione del cliente
QUALITÀ ORGANIZZATIVA : con che cosa l’azienda eroga il servizio, si riferisce
ai bisogni di funzionalità, semplicità e di efficienza espressi dal cliente
QUALITÀ ORGANIZZATIVA
Il sistema organizzativo (insieme di strategie, strutture organizzative,
sistema informativo, sistema decisionale, sistema di programmazione
e controllo, processi produttivi, cultura, valori, ecc…) è ciò che
determina in realtà la soddisfazione del cliente.
Il cliente filtra, decodifica e valuta sulla base di segnali
inequivocabili : errori, ritardi, non rispetto di impegni, errata gestione
del disservizio, ecc…
Il cliente non è più disposto ad accettare servizi da un’azienda
inefficiente, sprecona, sorpassata, approssimativa.
CONTROLLO DELLA QUALITÀ
PUNTI CRITICI DI VERIFICA
QUALITÀ PREVISTA (ATTESA) : che cosa desidera il cliente
QUALITÀ PERCEPITA : cosa ritiene di ricevere il cliente
QUALITÀ PROGETTATA : cosa si vuole dare e come
QUALITÀ PRESTATA (EROGATA) : cosa si eroga realmente
QUALITÀ PARAGONATA (O RELATIVA) : come ci si posiziona
rispetto alla concorrenza
CONTROLLO DELLA QUALITÀ
Un sistema basato su questi concetti consente di raggiungere 3 obiettivi:
1)
Affrontare con lucidità e tranquillità ogni situazione di pericolo che
potrebbe presentarsi;
2)
Gettare basi solide per lo sviluppo di un sistema di garanzia della
qualità semplice da gestire, affidabile nello standard qualitativo
offerto all’utente e migliorabile nel tempo;
3)
Conciliare le diverse variabili in gioco:

Sicurezza (assenza di rischi)

Salute (adeguatezza nutrizionale)

Soddisfazione

Servizio (utilizzo pratico e comodo dell’alimento)
NORME ISO 9000
Normativa internazionale relativa ai sistemi aziendali per la gestione e
l’assicurazione della qualità.
Pubblicate nel 1987 dall’Organizzazione Internazionale per gli Standard.
Aggiornate nel 1992 e nel 1994 dal CEN (Comitato Europeo di
Normalizzazione).
Nuova riedizione (“Vision 2000”) recentemente pubblicata.
OBIETTIVI

facilitare il commercio,

aumentare la fiducia del consumatore nella qualità delle
produzioni,

stabilire procedure per la certificazione dei prodotti.
NORME ISO 9000
Riflettono le Buone Pratiche di Fabbricazione (trattazione
chiara ed esauriente di tutte le fasi di un ciclo produttivo, dalla
scelta delle materie prime alla distribuzione del prodotto finito).
Non sono norme obbligatorie e non sono norme prescrittive.
Le industrie possono decidere liberamente se costituire il
proprio sistema Qualità e attenersi ai requisiti degli Standard.
Lasciano all’azienda la più ampia libertà di scegliere i metodi
che meglio si adattano alle proprie esigenze e caratteristiche.
NORME ISO 9000
Comprendono cinque Standard, tre dei quali propongono un
modello per un sistema di gestione della qualità e due riportano
le linee guida per la scelta e l’applicazione dell’appropriato
sistema Qualità.
Comprendono, inoltre, norme accessorie relative ad aspetti
specifici o tecnici della gestione qualità, quali le 30011, inerenti
le visite ispettive sul sistema Qualità, e le 45000, per
l’accreditamento dei laboratori e degli enti di certificazione.
NORME ISO 9000
I CINQUE STANDARD DELLE ISO 9000
1.
EN-ISO 9000 “Norme di gestione per la qualità e di assicurazione
della qualità.
2.
EN-ISO 9001 “Modello per l’assicurazione della qualità nella
progettazione, sviluppo, fabbricazione, installazione ed assistenza”
3.
EN-ISO 9002 “ Modello per l’assicurazione della qualità nella
fabbricazione, installazione ed assistenza”
4.
EN-ISO 9003 “Modello per l’assicurazione della qualità nelle
prove, controlli e collaudi finali”
5.
EN-ISO 9004 “Gestione per la qualità ed elementi del sistema
qualità”
EN ISO 9000
NORME DI GESTIONE PER LA QUALITÀ E DI
ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ
Fornisce informazioni generali riguardanti definizioni e concetti
relativi alla qualità.
Elenca situazioni in cui possono essere adottate le norme della
serie ISO 9000.
Presenta modalità di scelta ed utilizzazione delle norme per
l’assicurazione della qualità.
Fornisce le indicazioni per l’applicazione dei punti delle norme
contrattuali al sistema organizzativo preesistente.
EN ISO 9001
MODELLO PER L’ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ
NELLA PROGETTAZIONE, SVILUPPO, FABBRICAZIONE,
INSTALLAZIONE ED ASSISTENZA.
Rappresenta il modello normativo più completo per garantire la
qualità di un prodotto o di un servizio in tutte le fasi del
processo produttivo.
È la norma per l’azienda che, a fronte delle esigenza definite ed
implicite del consumatore, relative ad un prodotto o ad un
servizio, progetta e sviluppa le caratteristiche del
prodotto/servizio e successivamente attiva il processo di
produzione/distribuzione, ne verifica la qualità, interviene per
correggere e migliorare.
EN ISO 9002
MODELLO PER L’ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ
NELLA FABBRICAZIONE, INSTALLAZIONE ED
ASSISTENZA.
Costituisce un modello normativo, analogo al precedente, valido
per le aziende che non hanno tra le loro attività la progettazione
e lo sviluppo perché l’imput del cliente è espresso in termini di
specifica del prodotto o del servizio che vuole acquisire.
Per l’azienda non si tratta quindi di progettare il
prodotto/servizio ma di verificare se sia fattibile con le risorse
aziendali, eventualmente proponendo delle modifiche per
assicurare la qualità richiesta.
EN ISO 9003
MODELLO PER L’ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ
NELLE PROVE, CONTROLLI E COLLAUDI FINALI.
Rappresenta il modello normativo che si limita alla verifica delle
caratteristiche del prodotto in uscita, tralasciando il controllo del
ciclo produttivo vero e proprio.
È praticamente caduta in disuso perché improntata secondo una
logica (assicurare la qualità solo mediante prove, controlli e collaudi
finali) ampiamente superata.
EN ISO 9004
GESTIONE PER LA QUALITÀ ED ELEMENTI DEL SISTEMA
QUALITÀ.
Costituisce le linee guida per creare, gestire, valutare e certificare il
sistema Qualità di un’azienda.
NORME ISO 9000
Accanto alle norme ISO serie 9000 si collocano, poi,una serie di
norme complementari (norme ISO serie 10000) che costituiscono
linee guida per le verifiche ispettive dei sistemi di Qualità (auditing)
e contengono indicazioni relative alla valutazione della loro corretta
applicazione, trattando, in particolare:

le verifiche ispettive dei sistemi qualità

la gestione degli apparecchi di misura

le linee guida per la preparazione dei manuali della qualità

gli aspetti economici relativi alla qualità
IL SISTEMA HACCP
HACCP = Hazard Analysis Critical Control Point (Analisi dei Rischi
e dei Punti Critici di Controllo)
È un sistema di gestione di un processo produttivo teso a garantire la
qualità igienico-sanitaria dei prodotti alimentari, evitando l’esplosione
dei pericoli attraverso il controllo dei rischi.
Si tratta di uno strumento preventivo capace di anticipare potenziali
problemi per la sicurezza degli alimenti, attraverso l’applicazione di
misure di controllo (stabilite sulla base di conoscenze scientifiche ed
epidemiologiche) e/o di adottare opportune misure correttive prima
che si verifichi un danno per il consumatore.
IL SISTEMA HACCP
Può essere applicato attraverso una serie di passi:





Studio del processo/prodotto dall’inizio alla fine
Individuazione dei rischi potenziali
Controllo e monitoraggio
Documentazione e registrazione di quanto fatto
Verifica della continua efficacia di quanto messo in atto
IL SISTEMA HACCP
PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Analisi del rischio
Individuare i Punti Critici di Controllo (CCP)
Stabilire i limiti per ciascuna misura preventiva associata ad ogni
CCP
Stabilire le procedure di monitoraggio dei CCP
Stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso il
monitoraggio indichi uno scostamento dai limiti critici
Stabilire le registrazioni necessarie per documentare il sistema
Stabilire le procedure di verifica necessarie per confernare
l’efficacia del sistema implementato
1 – ANALISI DEL RISCHIO
È il processo di valutazione e gestione dei rischi.
La valutazione del rischio consente di definire il profilo del rischio,
di classificarlo creando una scala di priorità e di identificare gli
obiettivi da raggiungere con il controllo del rischio, attraverso:

Identificazione dei pericoli

Stima della dose-risposta (quantità di pericolo necessaria
per causare la malattia)

Stima dell’esposizione (probabilità di contatto o consumo
da parte della popolazione)

Definire l’epidemiologia del rischio (incidenza)
1 – ANALISI DEL RISCHIO
In termini pratici, la prima tappa nello sviluppo di un piano HACCP,
è la descrizione del prodotto:





Composizione del prodotto finito e delle materie prime, elenco
degli ingredienti utilizzati
Caratteristiche intrinseche e profilo microbiologico nelle fasi di
lavorazione e post-lavorazione
Procedure di lavorazione e trattamenti utilizzati per garantire la
sicurezza
Modalità di confezionamento, stoccaggio e distribuzione,
istruzioni per l’uso
Destinazione d’uso, categoria di consumatori cui tale prodotto è
destinato.
2 – INDIVIDUAZIONE DEI CCP
PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (CCP) = un punto, una fase o una
procedura a livello della quale una perdita di controllo può tradursi in un
rischio inaccettabile per la salute del consumatore. Agendo a livello di un
CCP è possibile prevenire, eliminare o ridurre un pericolo per la
sicurezza degli alimenti.
MISURA PREVENTIVA : qualsiasi fattore fisico, chimico o di altra
natura che può essere utilizzato per controllare un identificato rischio per
la salute.
CCP 1 (o CCPe, e = elimination) la misura preventiva associata aa CCP
elimina il pericolo
CCP 2 (o CCPr, r = reduction) la misura preventiva associata al CCP
minimizza o ritarda l’esplosione del pericolo, senza tuttavia eliminarlo.
2 – INDIVIDUAZIONE DEI CCP
L’individuazione dei CCP è la fase più importante di applicazione
dell’HACCP. Per facilitare il riconoscimento dei CCP è stata elaborata
una guida definita “albero della decisione” (Decision tree).
Per ciascun pericolo, associato ad ogni fase produttiva, è necessario dare
una risposta alle domande riportate nel decision tree, procedendo come
segue:
D1 Esiste un danno a questa fase del processo produttivo?
D2 Esistono misure preventive per il pericolo identificato?
D3 Questa fase elimina o riduce l’eventualità del pericolo ad un livello
accettabile?
D4 La contaminazione, a causa dei danni identificati, può verificarsi o
raggiungere un livello inaccettabile?
D5 Una fase successiva può eliminare i danni identificati o ridurli ad un
livello accettabile?
3 – INDIVIDUAZIONE DEI LIMITI CRITICI
Passo successivo all’identificazione dei CCP è decidere come
controllarli. Bisogna stabilire criteri che “segnano il confine” tra
prodotto accettabile ed inaccettabile, alimento sicuro ed insicuro.
Diversi sono i modi per esprimere i limiti critici e fondamentalmente
sono correlati al tipo di pericolo che il CCP deve controllare:

Limiti chimici

Limiti fisici
Limiti critici possono essere la temperatura massima di
conservazione per un prodotto refrigerato, il tempo massimo di
conservazione, ecc…
3 – INDIVIDUAZIONE DEI LIMITI CRITICI
PRINCIPALI PARAMETRI UTILIZZATI NELLA
DEFINIZIONE DI LIMITI CRITICI
Tempo
Temperatura
Umidità
Valore di acqua libera
pH
Acidità titolabile
Additivi
Concentrazione di sale
3 – INDIVIDUAZIONE DEI LIMITI CRITICI
POSSIBILI FONTI DI INFORMAZIONI PER LA
DEFINIZIONE DEI LIMITI CRITICI
Letteratura
Legislazione
FDA
Dati sperimentali
3 – INDIVIDUAZIONE DEI LIMITI CRITICI
È importante che i limiti critici siano pratici, tecnicamente
raggiungibili e amministrativamente fattibili.
Il superamento dei limiti critici può comportare:

Potenziale presenza di un rischio per la salute
(es.ritrovamento di un corpo metallico)

Potenziale sviluppo di un rischio per la salute
(es.inadeguato trattamento termico)

Evidenza che una materia prima possa compromettere
la sicurezza del prodotto finale (es. residui di pesticidi
a valori inaccettabili)
4 – DEFINIRE LE PROCEDURE DI
MONITORAGGIO
Monitorare significa sorvegliare sul campo il corretto andamento di un
passaggio produttivo.
Il monitoraggio consiste in una sequenza pianificata di osservazioni e
misure dei limiti critici atte a produrre un’accurata documentazione e
garantire la sicurezza del prodotto processato.
Il monitoraggio permette di raccogliere dati ed informazioni su cui
basare le proprie decisioni e rappresenta un avviso che il processo sta
perdendo o è già fuori controllo.
La scelta dei modi e delle tecniche di monitoraggio dipenderà
fondamentalmente dai limiti critici fissati, dalle strumentazioni e dal
tempo disponibili, dai costi sostenibili.
4 – DEFINIRE LE PROCEDURE DI
MONITORAGGIO
Le osservazioni visive sono le più economiche ed accessibili per tutte le
industrie. Per essere utili devono essere condotte con l’ausilio di apposite
check list, ossia moduli che riportano gli aspetti di particolare rilevanza
per lo specifico punto critico ed i relativi limiti critici. Molto del successo
di tali tecniche dipende dall’abilità e dall’esperienza di chi effettua il
monitoraggio.
Più obiettive e standardizzabili sono le misurazioni di parametri fisici,
chimici e microbiologici. I parametri principalmente misurati sono tempo,
temperatura e pH in quanto facilmente determinabili. Anche test chimici
per tossine, additivi alimentari, contaminanti sono comunemente
impiegati.
I test microbiologici possono essere utilizzati, ma trovano scarso impiego
per il monitoraggio dei CCP perché eccessivamente lunghi.
4 – DEFINIRE LE PROCEDURE DI
MONITORAGGIO
Per massimizzare l’efficacia del sistema HACCP ed evitare
un’eccessiva dispersione del controllo, a scapito del risultato finale
(sicurezza alimentare) è necessario:
1.
Focalizzare il controllo solo su ciò che è realmente importante
1.
Stabilire con chiarezza la frequenza del monitoraggio nel caso non
possa essere effettuato in continuo per problemi logistici ed
organizzativi.
La frequenza va stabilita con opportuna analisi statistica in funzione del
tipo di rischio, prodotto, processo, utenza, ecc… che consenta di
garantire, comunque, il mantenimento del controllo ai CCP.
5 – STABILIRE LE AZIONI CORRETTIVE
Insieme delle procedure che devono essere intraprese per:

Mantenere il processo sotto controllo quando si osserva una
tendenza alla deviazione dai criteri stabiliti  anticipare e
prevenire l’esplosione di problemi

Gestire il processo una volta che si sia verificata una deviazione
dai criteri stabiliti  gestire una situazione non conforme
5 – STABILIRE LE AZIONI CORRETTIVE
GESTIONE DELLA NON CONFORMITÀ
1.
Interrompere la produzione o comunque correggere rapidamente
il processo produttivo
2.
Gestire i prodotti che sono stati lavorati in condizioni non
conformi mediante

Segregazione dei prodotti sospetti in attesa di valutazioni

Verificare se la sicurezza dei prodotti sospetti è sufficiente per
consentirne la commercializzazione

Indirizzare i prodotti sospetti ad impieghi alternativi

Riprocessare i prodotti sospetti

Scartare e/o distruggere i prodotti non conformi
5 – STABILIRE LE AZIONI CORRETTIVE
In tutti i casi, sia che si tratti di semplici deviazioni dai criteri stabiliti, sia
di gravi non conformità, per lo scopo che si prefigge il sistema HACCP è
necessario:




Stabilire chi è responsabile delle azioni correttive e con quali
modalità devono essere intraprese
Individuare e correggere la causa del problema
Registrare e documentare le azioni correttive intraprese
Rivedere e migliorare l’intero sistema quando opportuno
6 – STABILIRE LE REGISTRAZIONI NECESSARIE
PER DOCUMENTARE IL SISTEMA
Il sistema HACCP, per funzionare sfruttando le proprie potenzialità
(preventive – learning – improving system) deve essere documentato.
Ogni azienda alimentare, pertanto, deve possedere un proprio manuale
HACCP o protocollo di autocontrollo (DL.vo 155/97) che deve
contenere e raccogliere la documentazione prescrittiva (regole del
sistema) e consuntiva (registrazioni dei dati operativi e dei risultati
dell’autocontrollo).
6 – STABILIRE LE REGISTRAZIONI NECESSARIE
PER DOCUMENTARE IL SISTEMA
In particolare è indispensabile che la documentazione contenga due tipi
di informazione:
A.
Piano HACCP (schema che riporta tutti i criteri riguardanti
l’organizzazione e l’implementazione del sistema di sorveglianza
creato e che delinea le procedure applicate per garantire il controllo
del processo produttivo)
B.
Registrazioni delle misurazioni chimiche o fisiche effettuate ai CCP,
rapporti delle decisioni e delle azioni correttive adottate e procedure
intraprese per la gestione dei prodotti
6 – STABILIRE LE REGISTRAZIONI NECESSARIE
PER DOCUMENTARE IL SISTEMA
Tutte le registrazioni, per essere utili, devono contenere:

Titolo e data di registrazione

Identificazione del prodotto

Materiali ed attrezzature utilizzate

Lavorazioni eseguite

Criteri e limiti critici

Azioni correttive (quali e da chi intraprese)

Identificazione dell’operatore

Dati e osservazioni raccolte
6 – STABILIRE LE REGISTRAZIONI NECESSARIE
PER DOCUMENTARE IL SISTEMA
L’esame della documentazione è l’unico modo possibile per
verificare se il prodotto è stato preparato e manipolato in
modo sicuro e in accordo ai criteri HACCP riportati nel piano
aziendale.
Il periodico riesame della documentazione, effettuato sia da
personale interno sia dall’Autorità preposta, garantisce non
solo l’effettivo rispetto del piano HACCP predisposto e dei
criteri stabiliti ai CCP, ma anche la tempestiva individuazione
di problemi e di non conformità sistemiche e quindi
l’adozione di interventi risolutivi prima che si possa
manifestare un rischio per la salute del consumatore.
6 – STABILIRE LE REGISTRAZIONI NECESSARIE
PER DOCUMENTARE IL SISTEMA
La documentazione va conservata presso il sito produttivo e mantenuta
sempre a disposizione dell’Autorità preposta al controllo, che ha diritto di
accedere in qualsiasi momento a tutte le informazioni inerenti la sicurezza
del prodotto.
Il sistema HACCP,
autocertificazione.
infatti,
non
rappresenta
un
sistema
di
Non esistono regole fisse o vincoli di legge relativi ai tempi di
conservazione della documentazione e delle registrazioni. Molti
consigliano di conservare tutte le registrazioni relative ai CCP per almeno
un anno presso il sito produttivo e per altri due in un posto facilmente
accessibile.
7 – STABILIRE LE PROCEDURE DI
VERIFICA
Il sistema HACCP prevede l’effettuazione di periodiche verifiche per
accertare l’efficace funzionamento del piano di sorveglianza applicato.
Le procedure di verifica devono comprendere:
1.
Revisioni periodiche all’interno del piano HACCP (es. in caso di
cambiamenti delle tecnologie impiegate, degli ingredienti, ecc…)
2.
Riesame delle registrazioni effettuate per accertare che il
monitoraggio sia regolarmente effettuato secondo le frequenze
indicate nel piano HACCP, che i limiti critici siano rispettati e per
individuare eventuali non conformità
3.
Ispezione di tutte le attività critiche per la sicurezza igienico-sanitaria
Degli alimenti (comportamento, igiene e formazione del personale,
attrezzature ed impianti,ecc…)
7 – STABILIRE LE PROCEDURE DI
VERIFICA
Le verifiche possono essere effettuate sai mediante osservazione diretta in
produzione, con ausilio di check list, sai mediante intervista del personale
operante.
A validazione finale di tutto il sistema possono essere previste analisi
microbiologiche per valutare:


Stato di pulizia di superfici, impianti, attrezzature
Qualità microbiologica delle materie prime, del prodotto in fase di
lavorazione e finito
Risultati conformi attesteranno la corretta esecuzione di tutte le procedure
previste e della buona qualità del prodotto alimentare.
CONCLUSIONI
Diverse sono le ragioni che sostengono l’adozione del sistema HACCP da
parte di tutte le aziende che trattano prodotti alimentari:







È un approccio sistematico e razionale basato su evidenze scientifiche
Migliore rapporto costi/benefici per garantire la sicurezza alimentare
Prevede una documentazione che costituisce prova verificabile del
controllo attuato
Identifica e assegna ruoli e responsabilità
Permette aggiustamenti periodici del processo prima che si verifichino
perdite di controllo del prodotto
Consente di attuare adeguate procedure correttive in caso di perdita di
controllo
Indirizza sforzi e risorse al miglioramento della sicurezza alimentare
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