MM: le dimensioni del problema • Malattia di derivazione B-linfocitaria le cui caratteristiche cliniche dipendono da accumulo di plasmacellule clonali e dalla produzione di immunoglobuline e di una varietà di citochine (tra cui IL-6, TNF a, IL1b). • 1% di tutte le neoplasie maligne, 10-15% di tutte le malattie ematologiche neoplastiche; • Incidenza in incremento costante (4 nuovi casi annui / 100 000 abitanti; • Prevalentemente colpita la popolazione anziana (età mediana di insorgenza: 63-65 aa) RILEVANTE PROBLEMA MEDICO ED ECONOMICOSOCIALE Meccanismi di espansione del clone PC Cellule mielomatose Cellule stromali VEGF IL-6 Neovasi MM: storia naturale ESTREMAMENTE VARIABILE Continua ricerca di nuovi parametri prognostici (cariotipo, immunofenotipo, oncogeni ..) che si affianchino a quelli più tradizionali (stadio, b2 microglobulina, PCR, labelling index) Migliore previsione dell’ andamento clinico e migliore programmazione terapeutica Alcuni aspetti terapeutici • CHEMIOTERAPIA CONVENZIONALE • TERAPIA DI SUPPORTO – Terapia e profilassi della malattia scheletrica mielomatosa – Terapia e profilassi dell’ anemia associata al mieloma – (Terapia e profilassi anti-infettiva) Chemioterapia convenzionale Chemioterapia convenzionale Plasmacellule Monociti Neutrofili Eritrociti Linfociti terapia orientata biologicamente Plasmacellule Monociti Neutrofili Eritrociti Linfociti Chemioterapia convenzionale + EPO Progenitori eritroidi Plasmacellule Monociti Eritrociti Neutrofili Linfociti Eritrociti Inizio della chemioterapia: orientamento attuale (1) • Vista l’ imprevedibilità del decorso e la dubbia possibilità di eradicare il clone neoplastico: inizio del trattamento solo in presenza di CHIARA SINTOMATOLOGIA O DI GRAVI ALTERAZIONI DEI PARAMETRI BIOCHIMICO-EMATOLOGICI. Dimostrazione derivante da almeno due studi randomizzati (Hjorth 93, Riccardi 2000). Inizio della terapia: orientamento attuale (2) • La presenza di una lesione ossea alla radiologia standard indica elevato rischio di progressione e costituisce indicazione al trattamento pur in assenza di sintomatologia (Dimopoulos 1993). • Anche i pazienti con alterazioni scheletriche documentate solo con la risonanza magnetica sono a più elevato rischio di progressione soprattutto se associate ad alti livelli di paraproteina, isotipo IgA. Caratteristiche ottimali di un regime di induzione in prospettiva trapiantologica • Non deve contenere alchilanti o nitrosouree, per i noti effetti negativi di questi farmaci sulla mobilizzazione di progenitori emopoietici ) • Deve ottenere una rapida e marcata riduzione della CM. I pazienti che giungono alla terapia ad alte dosi con bassi livelli di paraproteinemia hanno maggiore probabilità di ottenere una RC dopo il trapianto (Cunningam 94, Singhal 95) e quindi di migliorare significativamente la loro qualità di vita. Alcuni schemi di induzione (1) • VAD originale, con infusione continua di vincristina e doxorubicina, in relazione alla cinetica plasmacellulare (Barlogie, 1984) – In prima linea risposte nel 60-80% dei pazienti (RC nel 1025%), in modo rapido (Samson 1989, Abrahamson 96) – Ben tollerato, non intacca la riserva di cellule staminali, utilizzabile anche in pazienti con insufficienza renale – Scomodo perché richiede l’ ospedalizzazione • VAMP: che utilizza metil-prednisolone al posto del desametazone (Forgeson 1988, McElwain 1989) Alcuni schemi di induzione (2) • C-VAMP:in aggiunta al VAMP prevede la somministrazione endovenosa settimanale di ciclofosfamide • VID: vincristina, idarubicina, desametazone (Glasmaker 1997). Risultati simili al VAD. • ID: idarubicina per os x 4 gg + desametazone (Cook 96): 80% di risposte, 7% RC. La terapia di induzione nel paziente non candidato a terapia ad alte dosi • Pz > 70-75 anni • Pz con compromissione cardiorespiratoria grave o altre comorbidità Alchilanti ± prednisone (1) Introdotti in terapia agli inizi degli anni 60. a) Melphalan ± prednisone: (Alexanian 1969) • • • • • • • Intermittente (0,25 mg/Kg/die per os x 4 gg ogni 4-6 settimane; oppure 16 mg/mq ev ogni 2 settimane) Continua (0,07 mg/Kg/die fino a citopenia, poi 1-3 mg/die, mantenendo i GB tra 2-3,5 x 10 9/ l) Risposte nel 40-50% (parziali) Fase di plateau di 18-24 mesi; non serve terapia continuativa oltre il plateau; Survival: 2-4 anni (Bergsagel 1995) Assorbimento intestinale variabile, influenzato dagli alimenti, prevalente escrezione renale Terapia semplice, di basso costo e limitata tossicità ma CON RISPOSTA LENTA, in pazienti spesso sintomatici Alchilanti ± prednisone (2) b) Ciclofosfamide-prednisone (Brandes e Israel 1987) • Sovrapponibile a MP per quanto riguarda response rate e survival • Ciclofosfamide non cross-resistente con melphalan • Minore mielotossicità: farmaco ideale nei pazienti trombocitopenici e neutropenici • Eliminazione anche per via extrarenale: farmaco di elezione nei pazienti con IRC. Chemioterapia di combinazione (1) Schema Farmaci Dosaggio Freq Risp Survival a 5 aa VBMCP Vincristina BCNU Melphalan ciclofosfamide prednisone 1,2 mg/mq d 1 5 sett 20 mg/mq d 1 8 mg/mq po d1-4 400 mg/mq d 1 40 mg/mq po d 1-7 poi scalato 78% 38% ABCM Adriamicina BCNU ciclofosfamide melphalan 30 mg/mq d 1 30 mg/mq d 1 100 mg/mq po d 1-4 6 mg/mq po d 1-4 61% 42% 3 sett Chemioterapia di combinazione (2) Schema Farmaci Dosaggio Freq VCAP 1 mg/mq d 1 100 mg/mq po d 1-4 25 mg/mq ev d 1 100 mg/mq po d 1-4 3 sett 64% Vincristina Ciclofosfamide Adriamicina Prednisone Risp Survival a 5 aa 28% Chemioterapia di combinazione (3) • Richiedono maggior impegno delle strutture assistenziali • Presentano maggiore tossicità • Possono compromettere la raccolta di progenitori emopoietici • Analisi del Myeloma Trialist’ Collaborative Group (1998): rispetto a MP, con chemio di combinazione: – Aumento delle risposte – Nessun vantaggio di sopravvivenza, né complessivamente né per particolari sottogruppi Terapia e profilassi della malattia ossea mielomatosa MM: caratteristiche cliniche all’ esordio (Majo Clinic, 869 pts 1960-71) • Età > 40 aa • Sesso maschile 98% 61% • Dolori scheletrici 68% • Anemia • Insufficienza renale 62% 55% • Ipercalcemia 30% • Proteinuria • BJ proteinuria 88% 49% • Lesioni scheletriche 79% • Ipogammaglobulinemia 9% Tessuto osseo • Si rinnova molte volte nel corso della vita • Gli osteoblasti-osteociti sono le cellule che producono la matrice proteica (osteoide) che poi calcifica: sono responsabili della formazione di osso nuovo • Gli osteoclasti sono cellule multinucleate di derivazione monocitaria che distruggono l’ osso invecchiato Osteoclasti riassorb. l’osso vecchio Osteoblasti sul sito di riassorbimento Osso quiescente ricoperto da lining cells Osteoide mineralizzato Emat Univ GE Osteoblasti che riempiono di osteoide la cavità di riassorbimento Nell’ osso normale c’è equilibrio fra: Distruzione Formazione Nella malattia ossea mielomatosa c’è marcato sbilanciamento: Distruzione Formazione Meccanismi della malattia ossea mielomatosa • Le lesioni osteolitiche derivano da un’ aumentata attività degli osteoclasti associata ad una una ridotta neoformazione di osso • Il riassorbimento osseo si verifica in aree adiacenti alle cellule mielomatose e non nelle aree di midollo normale • I mediatori di questo processo, prodotti dalle cellule mielomatose e dalle cellule stromali, sono oggi ben conosciuti MIP-1alfa Cellule mielomatose IL-1, TNF a + + OCL Cellule stromali IL-6, RANKL RANK, RANKL, OPG • RANK: recettore espresso sugli osteoclasti, attivante NFkB; • NFkB: fattore di attivazione osteoclastica • RANKL: ligando di RANK, prodotto da cellule stromali ed osteoblasti • OPG: osteoprotegerina, recettore non funzionale, che blocca RANKL e pertanto inibisce formazione e attivazione osteoclastica (prodotto da cellule stromali e osteoblasti). RANKL, OPG e formazione-attivazione osteoclastica • Nel MM esiste sbilanciamento fra produzione di RANKL e di OPG RANKL OPG > formazione e attivazione OCL MIP-1a • Sostanza prodotta dalle cellule mielomatose • Incrementa le interazioni con le cellule stromali (con susseguente > produzione di IL-6 e RANKL) • E’ in grado di attrarre gli OCL • È in grado di aumentare la crescita di CFU-GM, i più precoci precursori identificabili degli OCL Altri attivatori osteoclastici • • • • TNF b IL-1 IL-6 e recettore solubile dell’ IL-6 Metalloproteinasi: degradano la matrice ossea e espongono il minerale osseo al riassorbimento osteoclastico • PTHrP (parathyroid hormone-related peptide) in una minoranza di pazienti. • VEGF: anche fattore di crescita per le cellule mielomatose Riassorbimento osseo e crescita mielomatosa • Durante il riassorbimento osseo c’è liberazione di numerosi fattori di crescita neoplastici presenti in forma latente (TGF, IGF, FGF) • Gli OCL inoltre producono molta IL-6 Esiste quindi una relazione simbiotica fra riassorbimento osseo e crescita mielomatosa Osteoclasti Cellule stromali RANK SC IL-6 OC IGF-1 PC VEC RANKL Cellule endoteliali OB L osteoblasti linfociti RANKL Osteoclasti RANK SC Cellule stromali OC IL-6 VEGF IGF-1 PC VEC MIP-1a VEGF Cellule endoteliali OB L linfociti osteoblasti La terapia con bisfosfonati nel mieloma multiplo Pirofosfato e bisfosfonati O O P OH R1 OH O OH OH C O P P O OH OH Pirofosfato R2 P OH OH Bisfosfonati Struttura chimica ed azione (1) • Simile a quella del pirofosfato inorganico (Ppi), un regolatore endogeno della mineralizzazione ossea. • La struttura P-C-P è molto resistente all’ idrolisi in ambiente acido o all’ azione delle pirofosfatasi ed è indispensabile per l’ azione farmacologica • Le catene R1 ed R2 possono essere molto variabili: – – – – Cl : clodronato H3C: etidronato H2N e OH : pamidronato anello imidazolico: zolendronato • Possiedono grande affinità per il Ca++ (base della selettività per l’ osso di questi composti) Struttura chimica ed azione (2) • La capacità di inibire il riassorbimento osseo non è proporzionale all’ affinità con Ca++ • Una maggior potenza è stata ottenuta inserendo in R2: – Catena alchilica (fino a 4 C: alendronato) – gruppo amminico primario (pamidronato) – Gruppo amminico terziaro con struttura ad anello (risendronato, zolendronato) Rapida clearance del farmaco e localizzazione e concentrazione sulle superfici di idrossiapatite dell’ osso (più esposte nelle lacume di riassorbimento) Nell’ ambiente acido della lacuna i bisfosfonati sono parzialmente rilasciati in soluzione Gli osteoclasti internalizzano i bifosfonati in vacuoli di endocitosi Meccanismo d’ azione prevalentemente intracellulare Modalità d’ azione dei bisfosfonati 1. Azioni dirette sugli osteoclasti 2. Azione sulla formazione di osteoclasti 3. Azione sugli osteoblasti 1: effetti sugli osteoclasti 1. Effetti tossici sugli osteoclasti: • • Alterazioni apoptotiche morfologiche (retrazione, condensazione nucleare, frammentazione cellulare) e biochimiche (frammentazione del DNA e attivazione delle caspasi) Alterazioni submicroscopiche (sulla formazione dell’ increspatura citoplasmatica adiacente alla superficie ossea, sulla formazione degli anelli di F-actina e a carico del citoscheletro) 2. Interferenze col metabolismo (enzimi lisosomiali, acidificazione delle lacune) 3. Interferenza con l’ adesione osteoclastica a proteine della matrice ossea 2: effetti sulla formazione degli osteoclasti Non sono certi; verosimilmente sono meno importanti • Basse concentrazioni di pamidronato inibiscono il recruitment, la differenziazione e la fusione dei precursori osteoclastici (importanza del farmaco legato alla superficie minerale) • Dimostrata da altri ricercatori inibizione della formazione in vitro di colonie di osteoclasti 3: effetti sugli osteoblasti • Poco chiari gli effetti sulla proliferazione osteoblastica e privi di significato fisiologico (i bisfosfonati non inibiscono la formazione ossea) • Induzione della secrezione osteoblastica di fattori inibenti la formazione e la funzione osteoclastica OIF (sostanze inibenti gli OCL Effetto sui precursori osteoclastici INIBIZIONE FORMAZIONE Effetto diretto sugli osteoclasti maturi Effetto sugli osteoblasti PERDITA FUNZIONE OSTEOCLASTICA APOPTOSI Osteoclasto senza BP Osteoclasto con BP BP BP BP Catene lipidiche BP BP GTPasi Formazione di osteoclasti Increspatura membrana osteoclastica Sopravvivenza degli osteoclasti Perdita di anelli di actina e del bordo Perdita di segnali di increspato sopravvivenza Perdita funzioni osteoclasti apoptosi Bisfosfonati ed ipercalcemia (1) • Effetti relativamente lenti: sono necessari 2-3 giorni. Ma i farmaci vanno associati all’ idratazione e alla terapia diuretica. • Per la terapia endovenosa sono disponibili: – Pamidronato : singola dose di 60-90 mg – Etidronato: 300 mg/die x diversi giorni – Clodronato: 1500 mg in singola infusione o ripartiti in 5 giorni consecutivi. – Ibandronato Con l’ eccezione dell’ ibandronato, gli altri BP vanno somministrati in soluzione salina in più di 2 ore (possibili danni renali con infusione rapida). Bisfosfonati ed ipercalcemia (2) • Non disponibili studi comparativi sui diversi bisfosfonati nell’ ipercalcemia da MM • L’ ipercalcemia del MM risponde meglio di quella dovuta a metastasi di neoplasie epiteliali • Etidronato sembra meno efficace di pamidronato e clodronato. • Da studi in neoplasie solide pare che una singola dose di pamidronato (90 mg) sia più efficace di una singola dose di clodronato (1500 mg). Bisfosfonati e dolore osseo • La chemioterapia è certamente efficace nel ridurre il dolore osseo: la percentuale di pazienti con dolore decresce dal 75%, alla diagnosi, a meno del 15% al raggiungimento del plateau (Malpas 1995). • Diversi studi in neoplasie epiteliali e nel MM hanno indicato l’ utilità dei bisfosfonati nel < dolore osseo. – marcata < dolore: 1/3; – moderata < del dolore: 1/3; – scarsa risposta: 1/3. -Clodronato 300 mg / die ev x 10 gg - alendronato 2.5 mg / die ev x 5 gg (da Attardo-Pariniello 1987; studio aperto, non controllato) % pazienti con dolore osseo 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Prima Dopo Clodronato Alendronato Bisfosfonati e trattamento a lungo termine della malattia ossea nel MM • La chemioterapia è la terapia più efficace della malattia scheletrica mielomatosa; • Tuttavia la malattia ossea può progredire anche nelle fasi di stabilizzazione del mieloma; • La dimostrazione dell’ utilità “in acuto” dei bisfosfonati nell’ ipercalcemia e nel controllo del dolore osseo ha stimolato l’ interesse per la sperimentazione clinica sugli effetti a lungo termine dei bifosfonati nella malattia ossea del MM. Clodronato per os (1) • Delmas et al (1982) doppio cieco – Clodronato per os 1600 mg/die per 18 mesi – Osservata con clodronato una significativa riduzione di dolore osseo, fratture vertebrali e non vertebrali. • Lahtinen et al Finnish Leukaemia Group (1992):in aggiunta a chemioterapia con MP random in doppio cieco fra: – Clodronato per os (2400 mg/die) e placebo (168 pz x braccio) – Dopo 24 mesi osservata con clodronato riduzione di: • Lesioni osteolitiche progressive (24% vs 12%) • Lesioni vertebrali in progressione (40% vs 30%) – Non osservate variazioni nell ‘ incidenza delle fratture degli arti e nella sopravvivenza Effetti di clodronato 1600 mg/die per os per una mediana di 34 mesi sulla morbilità scheletrica in pazienti affetti da MM (Mc Closkey 98) Pazienti Ipercalcemia % Fratt. non vertebr. % Fratt. Vertebrali % Perdita di altezza cm Dolore dorsale (% a 24 mesi) Poor perf status (% a 24 mesi) Sopr. mediana (anni) Clodronato Placebo p 264 5.1 6.8 38 1.97 10.9 272 10.1 13.2 55 3.43 19.9 0.05 0.05 0.02 0.01 0.05 18.3 30.5 0.02 2.9 2.8 ns Clodronato e.v (Riccardi et al 1994) • Studio randomizzato aperto in 231 pazienti • La dose media somministrata di clodronato fu di 330 mg i.v. / mese (equivalente a 1000 mg/die per os) • Nei pazienti trattati con clodronato si osservò: – < significativa della progressione della malattia scheletrica (51% vs 35%; p <0.02) – Miglioramento piccolo ma significativo della sopravvivenza Trattamento per 9 mesi con pamidronato nel MM (Barenson et al NEJM 1996) (1) • Arruolati pazienti in stadio III, con almeno una lesione osteolitica (392). • Prima della randomizzazione i pazienti vennero suddivisi in due gruppi: – Chemioterapia iniziale (prima linea di trattamento o malattia controllata da chemioterapia) – Chemioterapia di salvataggio • All’ interno di ogni gruppo i pazienti vennero randomizzati a ricevere: – Pamidronato 90 mg ogni 4 settimane per 21 mesi (196 pz) – Placebo (181 pazienti) Effetti del pamidronato (90 mg/mese x 9 mesi) sulla morbidità scheletrica nel MM (Berenson 96) (2) Pz Fratture % RT osso % Ipercalcemia % Tempo al I evento scheletrico Tempo alla I fratt T.alla I radioter. Survival (mesi) Pamidronato Placebo p 196 17 14 4 nr 181 30 22 6 nr 0.004 0.05 ns 0.001 nr nr 28 nr nr 23 0.006 0.05 ns Pamidronato per 9 mesi: conclusioni (Berenson 96) (3) 1) La percentuale di pazienti che presentarono un qualsiasi evento scheletrico era significativamente più bassa nel gruppo pamidronato (24 %) che nel gruppo placebo (41%, p < 0.001), e la riduzione era evidente sia nello strato 1 (p = 0.04) sia nello strato 2 (p = 0.004). 2) I pazienti che ricevettero il pamidronato ebbero una significativa riduzione del dolore osseo e non presentarono un deterioramento del performance status e della qualità di vita. 3) Il pamidronato fu ben tollerato. Trattamento a lungo termine con pamidronato nel MM (Barenson et al JCO 1998) (1) • Arruolati pazienti in stadio III, con almeno una lesione osteolitica. • Prima della randomizzazione i pazienti vennero suddivisi in due gruppi: – Chemioterapia iniziale (prima linea di trattamento o malattia controllata da chemioterapia) – Chemioterapia di salvataggio • All’ interno di ogni gruppo i pazienti vennero randomizzati a ricevere: – Pamidronato 90 mg ogni 4 settimane per 21 mesi – Placebo Berenson 98: conclusioni (6) 1) Con pamidronato la morbidità scheletrica continua ad essere < ad ogni valutazione. 2) Le fratture vertebrali e non le altre fratture sono < in modo significativo (in studi preclinici il farmaco si è dimostrato più efficace sull’ osso trabecolare che su quello corticale) 3) Nei pazienti nello strato 2 il pamidronato < in modo significativo il ricorso alla radioterapia ossea (controlla meglio il dolore osseo). 4) Si osserva una continua < dei markers urinari di riassorbimento e di neoformazione ossea. Pamidronato vs Placebo in MM Pain and analgesic score 55% 60% 18% 40% 20% Pamidr 0% Placebo -9% -20% -40% -60% -46% Pain score Analg. score Berenson 98: conclusioni (7) 5) I due gruppi di trattamento non differirono per quanto riguarda la riparazione delle osteolisi valutata radiologicamente (Rx standard, poco sensibile ?). 6) Nello strato 2 (chemioterapia di salvataggio) pamidronato > sopravvivenza (da 14 a 21 mesi). Possibile effetto antineoplastico ? Zolendronato (1) • Questo bisfosfonato eterociclico imidazolico di III generazione è da 100 a 800 volte più potente del pamidronato, sulla base di studi in vitro o su animali. • In un trial multicentrico di fase I (Body 1999) sono state testate varie dosi del farmaco per trattare ipercalcemie neoplastiche persistenti dopo idratazione: – alla dose di 0.02 mg/Kg ottenute 5/5 risposte – alla dose di 0.04 mg/Kg ottenute 14/15 (93%) risposte Le dosi somministrati variarono da 1.2 a 2.4 mg per un individuo di 60 Kg circa. Richiesti in media 2 giorni per la normalizzazione della calcemia. Durata media della risposta: 33 giorni. La risposta si associava a < dell’ escrezione urinaria di calcio. Zolendronato (2) • In un altro trial di fase I in 44 pazienti con metastasi scheletriche (Berenson Cancer 2001) sono state testate dosi crescenti (da 1 a 16 mg, ev bolo, in 30-60 secondi) • Il farmaco risultò ben tollerato a tutti i livelli di dose (effetti collaterali: febbre, anoressia, stipsi, nausea). • Il farmaco causò < markers urinari di turn-over osseo a partire dal dosaggio di 2 mg (durata fino a 8 settimane).. Gli effetti sono paragonabili a quanto ottenuto con 90 mg/ev di pamidronato. • Questi dati preliminari sono molto promettenti. Zolendronato vs pamidronato (3) (Lipton 1999, abstract) • 280 pazienti con lesioni osteolitiche (109 MM) sono stati inclusi in questo trial di fase II . • Random fra: – Infusioni mensili di zolendronato (0.4, 2, 4 mg in 5 minuti) – Infusioni mensili di pamidronato (90 mg in 2 ore) • La percentuale di pazienti con ogni evento scheletrico risultò più bassa (30-35%) nei pazienti trattati con zolendronato 2-4 mg e pamidronato 90 rispetto a quelli trattati con zolendronato 0.4 mg (46%). Evidenze di un effetto antineoplastico dei bisfosfonati • < produzione di IL-6 da parte di cellule stromali midollari di pazienti MM dopo esposizione a pamidronato (Savage 96) e zolendronato (Darenne 99). • Clodronato e pamidronato inducono apoptosi in linee cellulari mielomatose umane (Shipman 1997). • In modelli animali dimostrato effetto antiangiogenico. • Gli aminobisfosfonati possono indurre espansione di gdT cellule citotossiche per plasmacellule (Kunzmann et al, Blood 2000). • Pamidronato < % plasmacellule midollari, labelling index e stabilizza Ig in due pazienti (Dhodapkar 1998) Risultati ottenibili con i bisfosfonati 1. Riduzione incidenza fratture scheletriche patologiche (soprattutto vertebrali) 2. Riduzione della sintomatologia dolorosa 3. Riduzione consumo di analgesici maggiori 4. Riduzione necessità di interventi neurochirurgici sul midollo spinale e sulla colonna Risultati ottenibili con i bisfosfonati 5. 6. 7. 8. Riduzione necessità di radioterapia Riduzione episodi di ipercalcemia Miglioramento della qualità di vita Possibile miglioramento della sopravvivenza Terapia e profilassi dell’ anemia con eritropoietina MM: caratteristiche cliniche all’ esordio (Majo Clinic, 869 pts 1960-71) • Età > 40 aa • Sesso maschile • Dolori scheletrici 98% 61% 68% • Anemia 62% • • • • • • 55% 30% 88% 49% 79% 9% Insufficienza renale Ipercalcemia Proteinuria BJ proteinuria Lesioni scheletriche Ipogammaglobulinemia MM; Hb alla diagnosi (Majo Clinic 525 pts, 1990-94) • > 10 • 8,5 < 10 • < 8,5 g/dl g/dl g/dl 56% 23% 21% 46% dei pazienti con Hb < 10 g/dl Anemia: rilevante dato clinico Spesso unica manifestazione clinica Plasmacellule CM Infiltrazione midollare Infezioni < funzione renale A N E M I A < produzione e funzione di EPO Chemioterapia Classificazione dell’anemia (Hb g/dL) Grado 0 1 2 WHO 11 < 11-9.5 < 9.5-8.0 < 8.0-6.5 < 6.5 EORTC 12 < 12-10 < 10-8.0 < 8.0-6.5 < 6.5 Lieve 3 10 12 Moderata 8 10 Severa Groopman J, Itri L. J Natl Cancer Inst. 1999;91:1616–1634. 8 4 Conseguenze fisiopatologiche dell’ anemia Sistema cardiovascolare: Ipossia dei tessuti periferici e iperproduzione di lattato Accumulo di sostanze vasoattive (bradichinina, adenosina Aumentato lavoro cardiaco Scompenso cardiaco, insufficienza cardiaca congestizia Conseguenze fisiopatologiche dell’ anemia • Apparato respiratorio – Aumento frequenza respiratoria – Dispnea da sforzo – Edema polmonare • Sistema nervoso centrale – Riduzione della funzioni cognitive e della qualità della vita – Mal di testa, vertigine, insonnia, ronzi, depressione – fatigue Altre conseguenze fisiopatologiche dell’ anemia • Sintomi gastrointestinali (nausea, anoressia, anomalie motorie intestinali e malassorbimento) • Compromissione funzionale renale • Compromissione immunitaria • Compromissione del tratto genitourinario: menorragie, alterazioni mestruali, impotenza, riduzione o pedita della libido Anemia nel paziente oncologico: Segni clinici e sintomi • I sintomi si verificano quando la quantità di ossigeno trasportato dal sangue è inferiore alla quantità richiesta dai tessuti Sistema Nervoso Centrale • Fatigue • Vertigini • Depressione • Calo funzioni cognitive Apparato Gastroenterico • Anoressia • Nausea Sistema vascolare • Vasocostrizione • Pallore cute, membrane e congiuntive Ludwig H, Fritz E. Semin Oncol. 1998;25(suppl 7):2–6. Sistema Immunitario • Riduzione funzione macrofagi e cellule T Apparato cardio-respiratorio • Dispnea da sforzo • Tachicardia, palpitazione • Ipertrofia cardiaca • Rischio di insufficienza cardiaca Apparato genitale • Calo libido • Problemi mestruali Anemia ed efficacia terapeutica • La ridotta ossigenazione del tumore legata all’ anemia riduce l’ efficacia della terapia radiante e della chemioterapia (probabilmente interferendo con la formazione di radicali liberi) • L’ ipossia tumorale può esaltare la neo-angiogenesi, che accresce la capacità invasiva e diffusiva della neoplasia • L’ ipossia seleziona all’ interno della neoplasia le cellule con un fenotipo più maligno • L’ ipossia aumenta l’ instabilità genetica delle cellule tumorali e favorisce la selezione clonale. FATIGUE: definizione • E’ un fenomeno multidimensionale che si sviluppa nel tempo, riduce i livelli di energia, le capacità mentali e lo stato psicologico dei pazienti oncologici Portenoy, 1999 FATIGUE: definizione • Paziente: estrema stanchezza, spossatezza, debolezza, mancanza di energia, bisogno di riposare più frequentemente o comunque in maniera non proporzionale alle attività sostenute • Medico: astenia Portenoy, 1999 FATIGUE come malattia • Cancer-related fatigue è citata nella decima revisione della International Classification of disease (ICD10) come entità nosologica a sé stante Portenoy, 1999 FATIGUE: Incidenza • 78-96% della popolazione oncologica • 50% prima del trattamento • Aumenta nel corso del trattamento e persiste dopo la fine della terapia Portenoy, 1999 FATIGUE: Cause potenziali • • • • • Diversi fattori contribuiscono in maniera differente alla manifestazione della malattia: meccanismi fisiologici (disordini del metabolismo, anemia, ipossia, crescita del tumore, infezioni, febbre, dolore) psicologici (depressione) disturbi del sonno trattamento antitumorale variabilità interpaziente Portenoy, 1999; Vogelzang, 1997 Rapporti fra Hb e QoL F 40 A 35 C 30 T 25 An 20 S 15 c 10 o r e Fatigue Non-fatigue 5 Fatigue: p .01 0 Hb < 12 (N 24) Livelli di emoglobina Hb > 12 (N 25) Non fatigue: p .02 Strumenti per autovalutazione di QOL / fatigue • CLAS: Cancer Linear Analogue scala analogico visiva validata ed affidabile utilizzata frequentemente in trials clinici: un cambiamento di 10 mm riflette un cambiamento clinico • FACT-An. Functional assesment of Cancer therapy measurement system – Anemia subscale Scala Analogico-Visiva LASA o CLAS • COME VALUTA IL SUO LIVELLO DI ENERGIA NEL CORSO DELL’ULTIMA SETTIMANA? IL PIÙ BASSO POSSIBILE 10 20 30 40 50 60 70 STESSA SCALA PER: • ATTIVITÀ QUOTIDIANE •QUALITÀ DI VITA GLOBALE 80 90 100 IL PIÙ ALTO POSSIBILE Anemia parametro essenziale per lo staging di MM e CLL Durie SS Binet SS Rai SS Stage I: Hb > 10 Stage A: Hb > 10 Stage 0: linfocitosi Stage II: Ca norm osteolisi IgG < 5 g/dl IgA < 3 g/dl non I né III Plt norm <3 siti linfoad. Stage I: linfocitosi + linfoadenom. Stage B: Hb > 10 > 3 siti linfoad. Stage II: linfocitosi + splenomeg Stage III: almeno uno fra Stage C: Hb 10 Hb < 8,5 Ca > 12 osteolisi mult. IgG > 7 IgA > 5 light chain > 12 g/24h Plt < 100 Stage III: linfocitosi + anemia Stage IV: linfocitosi + piastrinopenia Rischi dell’ emotrasfusione Immunologici Non-immunologici Reazioni alloimmuni Infezioni ABO, Rh, HLA Proteine plasmatiche Epatiti, HIV, CMV EBV, HTLV-1 Ag piastrinici e neutrof. Parvovirus, batteri protozoi Sovraccarico di Fe Immunodepressione < CD4/CD8, < NK GVHD Sovraccarico di volume R-HuEPO nel paziente onco-ematologico. Effetti su Anemia e QoL / fatigue • Miglioramente statisticamente significativo dell ‘Hb • Riduzione statisticamente significativa delle esigenze trasfusionali • Miglioramento statisticamente significativo in QoL (LASA, FACT-An) – Relazione diretta tra il miglioramento di Hb e QoL – Il miglioramento della QoL è indipendente dalla risposta alla terapia antitumorale Incidenza dell’ anemia nei pazienti con MM • Kyle, 1975 n=869 <12 g/dL 62% • Ludwig, 1982 n=108 <12 g/dL 63% • Riccardi, 1991 n=345 <12 g/dL 61% n=341 <12 g/dL 39% n=120 <8 g/dL 25% • San Miguel, 1995 * Kyle (1975); Ludwig (1982); Riccardi (1991); San Miguel (1995) * Disegno dello studio • Tredici pazienti (età 52–79 years) con MM avanzato e anemia (Hb <11 g/dL) • Epoetina alfa amministrata (sc 2 volte / sett) per 6 mesi; dose iniziale 150 IU/kg. In assenza di risposta in 3 settimane, a 200 IU/kg, e di nuovo di 50 IU in assenza di risposte sostanziale risposta entro 3 settimane. • La dose nei pazienti responsivi viene aggiustata per mantenere la concentrazione di Hb a 12–14 g/dL. Ludwig (1990) Livelli di Hb e produzione di GR nei pazienti responsivi Hb level (g/dL) 18 6.0 5.5 16 5.0 Hb 14 12 4.5 4.0 RBCs 3.5 10 8 3.0 0 3 6 12 2.5 Months of treatment Ludwig (1995) * Regressione tumorale e sopravvivenza nei modelli murini durante trattamento con Epoetin Alfa 100 Survival (%) 80 Epoetin alfa 60 40 Control 20 . 0 20 30 giorni 40 50 60 70 Mittelman (2001) * * Risultati dello studio Risultati • Aumento dei livelli di Hb e correzione dell’ anemia nell’ 85% dei pazienti • Riduzione dei sintomi e miglioramento della qualità di vita (QOL) • I benefici dell’ epoetina alfa non sono diminuiti da chemio e radioterapia • Non significativi effetti collaterali • Modelli animali suggeriscono un possibile effetto anti-mielomatoso dell’ epoetina alfa Ludwig (1990) EPO/MM: obbiettivi e disegno dello studio (Dammacco 2001) Obbiettivo • Valutare l’ efficacia e la tollerabilità della somministrazione di epoetina alfa nella correzione dell’ anemia nei pazienti con MM Disegno dello studio • Studio multicentrico, randomizzato, controllato con placebo in 145 patients con MM e anemia (Hb <11 g/dL) • Fase di 12-settimane, in doppio cieco, controllata con placebo e successiva fase aperta di 12 settimane Dammacco (2001) * Valori medi settimanali di Hb: fase in doppio cieco Hb level (g/dL) mean ± 2 SEM 13 Epoetin alfa 12 Placebo 11 10 Increase, ± 2.05 g/dL 1.8 Increase, ± 1.18 g/dL 0.0 p<0.001 9 8 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Week Dammacco (2001) * Hb level (g/dL) mean ± 2 SEM Valori Hb settimanali medi: entrambe le fasi 13 12 11 10 Epoetin alfa 9 Placebo 8 0 4 8 12 16 20 24 Week Doppio cieco Fase aperta Dammacco (2001) * Resultati: Fabbisogno trasfusionale Epoetin alfa (n=69) Transfused, n (%) 19 (27.5) Not Transfused transfused pre-study pre-study Transfused (n=25) 14 (56.0) (n=44) 5 (11.4) Placebo (n=76) p-value 36 (47.4) 0.017 Not Transfused transfused pre-study pre-study (n=28) 22 (78.6) (n=48) 14 (29.2) 0.006 Dammacco (2001) * Conclusioni • Nei pazienti anemici con MM, epoetina alfa determina: – – – – – – Riduzione del fabbisogno trasfusionale (p<0.02) Aumento dei livelli medi di Hb (p<0.001) Aumento dei punteggi di Qualità della vita (p<0.05) Miglioramento dei punteggi di performance status (p<0.05) Maintenimento dei risultati durante la fase aperta Miglioramento dei punteggi nei pazienti precedentemente trattati con placebo e che passano al trattamento con eritropoietina. Epoetin alfa è ottimamente tollerata dai pazienti con MM Dammacco (2001) Dosaggio mono-settimanale disegno dello studio e obbiettivo • Disegno dello studio: – Prospettico, multicentrico, aperto, di 4 mesi – 3012 pazienti arruolati; 2964 valutabili per efficacia, con almeno due misurazioni dei livelli di Hb – Epoetina alfa 40,000 IU una volta la settimana nei pazienti anemici (Hb 11 g/dL) in chemioterapia • Sottoanalisi retrospettiva dei risultati nei pazienti con malattie ematologiche neoplastiche (NHL, MM, CLL, e HD) (n=488) Gabrilove (1999); Gabrilove (2001) * * Conclusioni • Epoetin alfa 40,000 IU (con > dose a 60,000 IU nel 36% dei pazienti) una volta la settimana determina una risposta eritrocitaria complessiva >65% • Inei pazienti anemici con onco-emopatie, epoetina alfa una volta / settimana > significativamente I livelli di Hb (p<0.001), riduce il fabbisogno trasfusionale (p<0.05), e migliora la QOL (FACTAn) (p<0.0001) • Le modifiche dei livelli di Hb correlano con le variazioni della QOL (r=0.173, p<0.001) Gabrilove (1999); Gabrilove (2001)